Sezione Seconda. Le altre fonti di obbligazione: da atti unilaterali e da atti illeciti
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- Agnello Salvatore
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1 Capitolo 4 Sezione Seconda Le altre fonti di obbligazione: da atti unilaterali e da atti illeciti 1. Obbligazioni nascenti da atti unilaterali 1.1 Le promesse unilaterali in generale (art. 1987) La promessa unilaterale è un negozio giuridico unilaterale con il quale un soggetto si obbliga ad eseguire una determinata prestazione, a favore di un altro soggetto, indipendentemente dall accettazione di questi. I caratteri delle promesse unilaterali sono: l obbligatorietà: la promessa importa il dovere di adempimento indipendentemente dall accettazione del destinatario; l irrevocabilità; l inapplicabilità del binomio onerosità-gratuità: la prestazione non acquista mai il carattere di corrispettivo; il numero chiuso (numerus clausus). Tra le figure di promesse unilaterali previste dalla legge si ricordino: la promessa di pagamento (art. 1988); la ricognizione (o riconoscimento) di debito (art. 1988); la promessa al pubblico (art. 1989); i titoli di credito (artt ). 1.2 Promessa di pagamento e ricognizione di debito (art. 1988) La promessa di pagamento è un atto unilaterale con il quale una persona promette il pagamento di una determinata somma nei confronti di un altra. La ricognizione di debito, invece, è un atto unilaterale con cui un soggetto riconosce l esistenza di un proprio debito verso un altro soggetto. Gli istituti suddetti hanno caratteristiche comuni. Infatti entrambi consistono in: dichiarazioni di volontà «inter vivos» unilaterali (in quanto poste in essere da una sola parte); recettizie (in quanto rivolte ad un determinato destinatario); obbligatorie (in quanto chi promette o riconosce il proprio debito si obbliga unilateralmente); astratte, perché da esse non si desume la causa per la quale si promette il pagamento o si riconosce il debito; con effetti probatori (in quanto, una volta poste in essere, dispensano il destinatario dall onere di provare l esistenza del rapporto fondamentale, ossia del titolo e, quindi, del fatto costitutivo del credito, che, pertanto, si presume). Si realizza, cioè, l inversione dell onere della prova su chi ha emesso la dichiarazione: in altre parole chi promette il pagamento o riconosce il debito, per liberarsi dall obbligo di pagamento (cd. astrazione processuale) dovrà accollarsi l onere di provare l eventuale inesistenza o l illiceità del rapporto sottostante, sul cui presupposto è stata fatta la promessa o il riconoscimento. La promessa si differenzia dal contratto in quanto mentre il contratto è un negozio bilaterale (tipico o atipico) ed è fonte generale di obbligazioni, la promessa è un negozio unilaterale e produce effetti obbligatori nei soli casi previsti dalla legge (art. 1987). 1
2 Parte I: fondamenti delle discipline di insegnamento - Libro I: discipline giuridiche Sezione V: diritto civile 1.3 La promessa al pubblico (art. 1989) 2 È la promessa unilaterale, rivolta ad un destinatario indeterminato («in incertam personam»), di effettuare una data prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione (es.: prometto di dare cinquecento euro allo studente che riporterà la media più alta al termine dell anno scolastico) o compia una data azione (es.: prometto una ricompensa a chi ritroverà un bassotto smarrito). La promessa al pubblico diviene vincolante per il promittente appena è portata a conoscenza del pubblico. La promessa è revocabile purché (art. 1990): la revoca avvenga per giusta causa e sia resa pubblica nella stessa forma della promessa; non si sia già verificata la situazione considerata o non sia stata già compiuta l azione prevista. Differenze La promessa al pubblico va tenuta distinta dall offerta al pubblico: la prima è caratterizzata da «una prestazione unilaterale che si farà in una determinata circostanza, senza che sia necessaria la formazione di un contratto; offerta al pubblico è, invece, la proposta in incertam personam a concludere un contratto» per il quale è comunque necessaria l accettazione. 2. Obbligazioni nascenti dalla legge Si parla di obbligazione legale quando manca una volontà intesa a creare l obbligazione stessa. Si tratta di ipotesi in cui l ordinamento giuridico, per esigenze di ordine sociale, fa ricadere sul soggetto un obbligazione: o in quanto questi si trova in una determinata situazione giuridica; o perché si verificano presupposti ai quali l ordinamento stesso ricollega la nascita di un obbligazione, indipendentemente dalla volontà dell obbligato. Esaminiamole brevemente. 2.1 La gestione di affari altrui (artt ) Si ha gestione di affari quando un soggetto (gestore) assume spontaneamente, cioè senza esservi obbligato e senza averne avuto incarico dall interessato («dominus»), l amministrazione di uno o più affari patrimoniali altrui. A tale fatto la legge, concorrendo alcuni requisiti, ricollega il sorgere di obbligazioni sia a carico del gestore che a carico del «dominus», cioè del soggetto a vantaggio del quale si è operato. La gestione di affari altrui è riconosciuta solo quando l interessato non sia in grado di provvedere da sé (art. 2028). Esempio frequente di gestione di affari altrui è quello del vicino che provvede ad una riparazione urgente dell immobile mentre il proprietario è assente (l impossibilità dell interessato di provvedere da sé può anche derivare da cause diverse dalla sua lontananza quali malattia, incapacità temporanea di intendere e di volere etc.). Requisiti della gestione di affari altrui sono l utilità iniziale della gestione (valutata obiettivamente), la mancanza di divieto da parte del «dominus», la consapevolezza dell alienità dell affare, la liceità dello stesso e la capacità di agire del gestore (art. 2029). La negotiorum gestio produce i seguenti effetti: il gestore ha l obbligo di continuare la gestione intrapresa, finché l interessato (o l erede in caso di morte del dominus) non sia in condizione di provvedervi da sé (art. 2028), ed è sottoposto a tutti gli obblighi del mandatario (diligenza del buon padre di famiglia, obbligo di rendiconto etc.); il «dominus» deve adempiere, verso i terzi, agli obblighi che gli derivano dai negozi compiuti dal gestore in nome di lui e deve «tenere indenne» il gestore dalle obbligazioni che questi abbia assunto in nome proprio, rimborsandogli le spese sostenute ed i relativi interessi. Da ciò si deduce che il gestore non agisce a proprio rischio (art. 2031).
3 Quanto alle azioni nascenti dalla gestione d affari, si distingue tra: actio negotiorum gestorum directa, che spetta al dominus per ottenere l adempimento delle obbligazioni del gestore; actio negotiorum gestorum contraria che spetta, invece, al gestore per ottenere l adempimento delle obbligazioni del dominus. Differenze L istituto della gestione di affari si differenzia da: la promessa del fatto del terzo, in quanto in questo caso nessuna influenza si ha nella sfera giuridica del terzo; il mandato, poiché in questo caso l interposizione avviene in forza di contratto; il contratto a favore di terzo, si tratta di un negozio e non di un atto unilaterale, e inoltre, perché mentre nel contratto a favore del terzo la prestazione deve essere fatta al terzo, nella gestione il terzo deve eseguirla a favore del gestore. È l esecuzione di un pagamento non dovuto. Esso dà luogo ad un obbligazione di restituzione con il correlativo diritto da parte di chi ha eseguito la prestazione non dovuta di ripetere (ossia di riottenere) quanto dato. La disciplina contemplata dagli artt e ss. concerne l ipotesi nella quale indebitamente sia stata ricevuta una «cosa determinata»; relativamente alle prestazioni di fare, indebitamente eseguite, manca una normativa «ad hoc». In tal caso, analogicamente, possono trovare applicazione, in quanto compatibili, le norme dell istituto dell «arricchimento senza causa». Si ha indebito oggettivo quando chi paga salda un debito che assolutamente non esiste (come ad es. nel caso di prestazione eseguita in esecuzione di un negozio nullo o di un debito già estinto). Si ha, invece, indebito soggettivo quando «l adempiente», che non è debitore, paga per errore scusabile ad un creditore quanto a costui è dovuto da un terzo. In questo caso, invece, il credito esiste, ma chi paga non è il debitore, trattandosi di un debito altrui. Nel caso di indebito soggettivo la ripetizione non è ammessa: quando il creditore si sia privato, in buona fede, del titolo o delle garanzie che assistevano il credito. In tal caso colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore; quando il pagamento è stato eseguito non ricorrendo la scusabilità dell errore. Sussistono casi in cui il pagamento non dovuto non legittima colui che ha adempiuto alla restituzione; tali sono: l adempimento di una obbligazione naturale; l esecuzione di una prestazione contraria al buon costume: è il caso del cd. «negozio immorale» (art. 2035); l adempimento di un debito prescritto (art. 2940). 2.3 L ingiustificato arricchimento (artt ) Tutte le volte in cui al depauperamento di un soggetto corrisponda l arricchimento senza causa di un altro soggetto, l ordinamento riconosce al depauperato una speciale azione di ingiustificato arricchimento (art c.c.). Non è, pertanto, necessario che l arricchimento abbia un fondamento economico o etico: è sufficiente giustificazione ogni idoneo titolo legale, giuridico o convenzionale. Quindi, elementi per l esperimento dell azione sono l arricchimento di un soggetto, la diminuzione patrimoniale di un altro, il nesso causale fra le due variazioni patrimoniali e la mancanza di causa giustificatrice. 2.2 Il pagamento dell indebito (artt ) 3
4 Parte I: fondamenti delle discipline di insegnamento - Libro I: discipline giuridiche Sezione V: diritto civile 4 L azione in esame è generale e sussidiaria; essa può essere esercitata solo se al danneggiato non spetti altra azione specifica. Ciò è giustificato dalla circostanza che chi agisce ex art c.c. può ottenere, laddove la restituzione non sia più possibile, un indennizzo, limitato alla somma minore tra l impoverimento da lui ricevuto e il corrispondente arricchimento ottenuto da altra persona in buona fede: in sostanza un indennizzo inferiore a quello ottenibile mediante l esercizio di altre azioni specifiche. 3. Obbligazioni nascenti da atto illecito I fatti illeciti rientrano tra le fonti dell obbligazione (cfr. l art. 1173), in quanto da essi deriva l obbligo di risarcimento del danno a carico del loro autore. Sono fonti non negoziali (o legali), perché l obbligazione di risarcimento è conseguenza non voluta dall autore del fatto. 3.1 L illecito civile (art. 2043) L art definisce illecito «qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto», sancendo l obbligo per colui che lo ha commesso di risarcire il danno. Tale norma costituisce il cardine del sistema della responsabilità extracontrattuale. Da ciò risulta che l attività illecita è fonte di responsabilità civile (e quindi dell obbligo di risarcimento) in quanto è causa di danno. Atto o fatto illecito non è, tuttavia, ogni fatto dannoso bensì solo quello che cagiona un danno ingiusto. Elementi della responsabilità civile (cd. extracontrattuale o aquiliana) sono: la capacità di intendere e di volere; il fatto (atto) commissivo o omissivo; la colpa o il dolo; il danno; l ingiustizia del danno; il nesso di causalità tra fatto e danno. 3.2 La capacità di intendere e di volere La responsabilità civile presuppone l imputabilità: perché il fatto dannoso possa essere imputato all agente, l art richiede che questi sia capace di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso. Non è dunque necessaria la capacità legale di agire, richiesta invece per il compimento di negozi giuridici: si ritiene infatti sufficiente, per rendersi conto che è illecito cagionare ad altri un danno ingiusto, un grado di maturità inferiore rispetto a quello necessario per potere amministrare un patrimonio. L art precisa che l esclusione della responsabilità dell incapace di intendere e di volere cessa nell ipotesi in cui il soggetto si sia trovato in tale stato psichico per propria colpa (es.: per essersi ubriacato) o per averlo dolosamente determinato (es.: allo scopo di procurarsi una scusa). 3.3 Il fatto, la colpa e il dolo Il fatto è un comportamento umano che può consistere in un atto positivo (commissivo), dal quale il soggetto avrebbe dovuto astenersi, o in un fatto omissivo, cioè in un non facere che determinerà illecito solo se vi era un obbligo giuridico ad agire. La colpa, invece, consiste nella violazione di un dovere di diligenza, cautela o perizia, nei confronti dei terzi: l atto illecito è colposo quando l evento dannoso non è voluto ma è cagiona
5 to per negligenza, imprudenza o imperizia (cd. colpa generica), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (cd. colpa specifica). Sono esempi di fatti colposi: per negligenza, la diffusione di notizie che risultano diffamatorie allorché il giornalista non si preoccupi di controllarne la veridicità; per imprudenza, il ferimento involontario di una persona mentre si maneggia un arma da fuoco; per imperizia, il crollo di un edificio causato da un errore dell ingegnere nel calcolo del cemento armato. Il dolo, invece, consiste nella volontaria violazione del dovere giuridico; l atto illecito è doloso quando chi l ha commesso ha agito con la coscienza e la volontà (rectius: con l intenzione) di cagionare l evento dannoso. 3.4 Il danno ingiusto e il nesso di causalità Danno ingiusto è la lesione provocata ad un interesse altrui giuridicamente protetto. In altri termini il danno è ingiusto quando lede illegittimamente la sfera giuridica altrui. Si distingue il danno patrimoniale, che si traduce direttamente o indirettamente in un pregiudizio al patrimonio, dal danno non patrimoniale (o danno morale) che consiste in un pregiudizio recato direttamente alla persona (art. 2059), senza colpire né il patrimonio di essa né la sua capacità produttiva. Secondo l insegnamento tradizionale, il danno biologico, ossia la menomazione dell integrità psico-fisica del soggetto: o si traduce in un danno patrimoniale, nella misura in cui incide sulla possibilità di guadagno (es. mediante una menomazione della capacità lavorativa), ed è allora risarcibile in via generale; o costituisce un danno non patrimoniale, e in tal caso è risarcibile (ex art. 2059) solo nei casi determinati dalla legge, cioè nel caso in cui esso sia cagionato da un fatto costituente reato. Il riconoscimento costituzionale (art. 32) del diritto alla salute come diritto primario ed assoluto ha tuttavia indotto la dottrina e la giurisprudenza più recenti a considerare la violazione di tale bene come fonte di responsabilità ex art al di là delle conseguenze che tale violazione ha prodotto sull attitudine a produrre reddito. La Corte di Cassazione (sentenza n del ) ha perciò formulato il principio secondo il quale «il danno cd. biologico deve essere considerato risarcibile ancorché non incidente sulla capacità di produrre reddito ed anzi, indipendentemente da quest ultima, le cui menomazioni vanno indipendentemente risarcite». Il danno biologico va considerato come danno connesso al «valore uomo» nella sua concreta dimensione: in esso, perciò, rientrano anche quelle forme di danno non relative alla capacità lavorativa, come il danno estetico, il danno alla sfera sessuale. Tale principio è stato ribadito anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3564/1996 che fa confluire nel danno biologico anche le limitazioni alla vita di relazione, decretando, dunque, la fine del danno alla vita di relazione come figura autonoma di danno patrimoniale. Da ultimo, una definizione di danno biologico è contenuta nel Codice delle assicurazioni private (D.Lgs , n. 209) che, all art. 139, definisce il danno biologico come la lesione temporanea o permanente all integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. Conseguentemente all ammissione del danno biologico la giurisprudenza ha enucleato ulteriori possibilità di lesione, in rapporto alle molteplici esplicazioni della personalità umana. Con la sent. n. 7713/2000 la Cassazione aveva, pertanto, riconosciuto la risarcibilità del danno cd. esistenziale. La nozione di danno esistenziale farebbe riferimento a qualsiasi evento che, per la sua negativa incidenza sul complesso dei rapporti facenti capo alla persona, è suscettibile di ripercuotersi in maniera consistente sulla esistenza di questa determinando una «lesione in sé», a prescindere da lesioni concrete (a differenza del danno biologico) e da una incidenza del fatto-evento su prospettive reddituali (a differenza del danno patrimoniale). Da ultimo, però, la categoria del danno esistenziale è stata rivisitata dalle Sezioni Unite della Cassazione, che ne hanno negato l esistenza come voce autonoma di danno, statuendo che (26972/2008) il pregiudizio di tipo esistenziale può essere risarcito solo se ed in quanto vi è una lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona. Tra il fatto imputabile ed il danno deve intercorrere un rapporto di causa ed effetto (nesso causale). Non basta, però, che l evento dannoso scaturisca da una causa, occorre che ne sia Controverso è il problema della risarcibilità del cd. danno biologico o danno alla salute. 5
6 Parte I: fondamenti delle discipline di insegnamento - Libro I: discipline giuridiche Sezione V: diritto civile 6 una conseguenza immediata e diretta. Il nesso causale sussiste allorché il danno si verifica, in dipendenza del fatto umano, secondo l ordine naturale delle cose e non rappresenta il prodotto di circostanze eccezionali (principio della causalità adeguata). 3.5 L effetto della responsabilità civile: il risarcimento del danno Il risarcimento può essere corrisposto: per equivalente, con il versamento di una somma di danaro corrispondente alla perdita subìta e al mancato guadagno. L obbligo del risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale (considerata la sua funzione di composizione di interessi tra soggetto leso e soggetto danneggiante e, quindi, di riparazione di un danno) si configura come un «debito di valore». Si converte in «debito di valuta» successivamente alla «liquidazione», ossia alla quantificazione risultante da sentenza di condanna del giudice; in forma specifica che, invece, consiste nel ripristino della situazione anteriore al danno (art. 2058). Le tabelle sul risarcimento del danno non patrimoniale elaborate dal tribunale di Milano sono quelle maggiormente applicate dalle corti di merito e, pertanto, sono le più idonee a essere assunte come parametro generale di valutazione dell entità del risarcimento, con l apporto dei necessari e opportuni correttivi ai fini della menzionata personalizzazione del danno. In altri termini, le tabelle di Milano hanno assunto, nel tempo, una vocazione nazionale, in quanto contengono parametri di valutazione del danno idonei, più di altre tabelle, a tradurre in concreto l attività equitativa del giudice nella determinazione del danno e a evitare (o quantomeno ridurre), al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, ingiustificate disparità di trattamento (Cass /2011). 3.6 La responsabilità Responsabilità vuol dire essere chiamati a rispondere di un certo fatto e subirne le conseguenze; normalmente il criterio di imputazione del danno è costituito dalla colpa del soggetto agente. Quella di cui abbiamo fin qui parlato è l ipotesi normale di responsabilità, e cioè quella dolosa o colposa per fatto proprio. Accanto ad essa, però, la legge prevede ipotesi particolari in cui si è tenuti a risarcire il danno anche se questo deriva dal comportamento di un soggetto diverso (cd. responsabilità indiretta) o dal fatto commesso senza dolo e senza colpa in base alla sola sussistenza del rapporto di causalità (cd. responsabilità oggettiva) (GALGANO). In tale ultima evenienza, per liberarsi dalla responsabilità, occorre dimostrare la mancanza del rapporto di causalità fra la condotta e l evento. Tra i principali casi di responsabilità oggettiva si ricordino la responsabilità per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli (art. 2054) e la responsabilità per l esercizio di attività pericolose (art. 2050). Non ogni fatto dannoso genera l obbligo di risarcimento, ma solo il fatto che contrasta con un dovere giuridico (contra ius). Solo in questo caso il danno può ritenersi ingiusto e quindi meritevole di risarcimento. Di regola, l obbligo di risarcire il danno incombe su colui che ha commesso il fatto. Talvolta, però, allo scopo di rafforzare la tutela dei danneggiati, è prevista la responsabilità di un soggetto diverso dall autore del danno, accanto, eventualmente, alla responsabilità di quest ultimo. Tra le forme di responsabilità indiretta ricordiamo: a) la responsabilità dei padroni e dei committenti (art. 2049); b) la responsabilità del proprietario per i danni cagionati dal veicolo (art comma 3), qualora il proprietario sia persona diversa dal conducente; c) la responsabilità dei genitori per i danni cagionati dal fatto illecito dei figli minorenni che abitano con essi; analoga responsabilità è prevista per i precettori e i maestri d arte per i fatti illeciti dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (art. 2048). La responsabilità è esclusa solo se gli interessati provano di non aver potuto impedire il fatto (cd. prova liberatoria).
7 3.7 Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale Si ha responsabilità contrattuale nel caso di violazione di un dovere specifico, e cioè di un precedente rapporto obbligatorio: l art precisa che, se il debitore non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno (1). Si ha, invece, responsabilità extracontrattuale o aquiliana nel caso di violazione del dovere generico del «neminem laedere», cioè del dovere di non ledere l altrui sfera giuridica correlativo a interessi protetti in modo diretto ed immediato «erga omnes» (diritti soggettivi, siano essi reali, siano essi diritti della personalità, artt e ss.). La differenza di disciplina giuridica tra i due tipi di responsabilità vige: riguardo all onere della prova: nella responsabilità extracontrattuale chi pretende il risarcimento dei danni (l attore) deve dimostrare il fatto materiale, cioè la condotta dell agente, il danno subìto e il rapporto di causalità tra la condotta e il danno, nonché la colpa (o il dolo) dell agente; nella responsabilità contrattuale, invece, l attore deve dimostrare soltanto l esistenza dell obbligazione e l oggettivo inadempimento, mentre è a carico del debitore, l onere di provare che l inadempimento non è a lui imputabile; riguardo ai danni risarcibili: mentre in caso di responsabilità contrattuale se l inadempimento è colposo, e non doloso, sono risarcibili solo i danni prevedibili al tempo in cui è sorta l obbligazione, nella responsabilità extracontrattuale sono risarcibili tutti i danni che siano conseguenza immediata e diretta della condotta dell agente; in materia di prescrizione: in caso di responsabilità contrattuale, il diritto al risarcimento dei danni si prescrive, di regola (per i termini più brevi cfr. ad es. gli artt ), nel termine ordinario di dieci anni; mentre in caso di responsabilità extracontrattuale, il diritto al risarcimento si prescrive, di regola, in cinque anni. 7 (1) Va precisato che la responsabilità contrattuale nasce dall inadempimento di una precedente obbligazione qualunque sia la fonte contratto, fatto illecito o altro fatto o atto previsto dall ordinamento da cui tale rapporto nasce sicché, più correttamente, dovrebbe parlarsi di «responsabilità da inadempimento di un obbligazione».
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