STUDI DI STORIA DELLA FILOSOFIA ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO

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1 STUDI DI STORIA DELLA FILOSOFIA LUCA ALICI ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO In questo testo tenterò di cogliere alcuni aspetti, sviluppi ed esiti della teoria repubblicana dell ordine politico e della libertà, per fornirne una reinterpretazione alla luce della riflessione di Jean-Jacques Rousseau, articolando un percorso di riflessione in tre momenti: 1) innanzitutto affronterò il dibattito attuale sul repubblicanesimo, cercando di illustrare i temi principali attorno ai quali si articola; 2) in secondo luogo cercherò di focalizzare l attenzione sugli aspetti che, a mio avviso, collegano la riflessione di Rousseau alla prospettiva repubblicana: emergerà un Rousseau lettore di Aristotele e Machiavelli, la cui antropologia è fondamentale per inquadrare nozioni centrali come quelle di libertà, legge e virtù civile; 3) infine proverò ad offrire un interpretazione in chiave non individualistica del repubblicanesimo, che ruota attorno alle idee russoiane di comunità ed identità, e che non dovrebbe prestarsi, per la sua interna morfologia, all accusa di organicismo, risultando anzi utile per superare alcune aporie interne al repubblicanesimo e avvicinare alcuni concetti portanti dell attuale dibattito sulla comunità. 1. Il repubblicanesimo Repubblicanesimo è un concetto politico di recente formazione. Elaborato dapprima dalla ricerca storica, è passato a occupare un ruolo sempre più importante nei testi di politica solo negli ultimi vent anni 1. La conquista di 1 M. GEUNA, Introduzione a Q. SKINNER, La libertà prima del liberalismo, trad. it. M. GEUNA, Einaudi, Torino 2001, p. V.

2 4 LUCA ALICI una porzione tanto importante del dibattito politico contemporaneo si deve soprattutto a Pocock, Skinner e Pettit. Nell opera Il momento machiavelliano, Pocock espone, agli inizi degli anni Ottanta, l idea che sia possibile innanzitutto riscontrare una continuità teorica tra l umanesimo fiorentino, e in particolare Machiavelli, gli anni dell Interregno (e più in specifico Harrington) e le riflessioni dei rivoluzionari americani; in secondo luogo, arriva ad affermare che le idee cardine che animano tale tradizione repubblicana sono da considerarsi riformulazioni di idee chiave aristoteliche: il cittadino di Machiavelli e dei repubblicani inglesi non sarebbe altro che la reincarnazione dello zóon politikón di aristotelica memoria; la vita politica da questi ultimi è pensata come la piena realizzazione dell individuo; si parla nuovamente di una nozione condivisa del bene comune. Il repubblicanesimo nascerebbe, quindi, come una forma di aristotelismo politico, in cui divengono fondamentali le idee di partecipazione al potere politico e di realizzazione della natura umana nel contesto pubblico: Il repubblicanesimo classico [ ] altro non fu in sostanza che una riformulazione della scienza politica esposta da Aristotele nella sua Politica e proprio tale scienza si dimostrò quanto mai flessibile e idonea a rendere ragione dei fenomeni sociali dei secoli decimosettimo e decimottavo 2. Secondo Pocock, infatti, le idee proprie della tradizione dell umanesimo civile (quella mescolanza di aristotelismo e di machiavellismo sulla natura dello zóon politikón) forniscono una chiave per capire i paradossi delle tensioni moderne tra la consapevolezza che l individuo ha della propria personalità, da un lato, e, dall altro, la coscienza della società, della proprietà, della storia 3. Infatti tali idee identificano l uomo onesto e probo nel cittadino (civis), [trasportano] la virtù nella sfera politica [ ], rendendo poi dipendente la virtù del singolo dalla virtù degli altri suoi concittadini. Se la virtus poteva esistere solo quando c erano dei cittadini associati per realizzare una res publica, allora la politeia ossia la costituzione e l organizzazione della comunità politica (vale a dire: la struttura funzionalmente differenziata che Aristotele aveva teorizzato per consentire la partecipazione alla cosa pubblica) in pratica veniva ad identificarsi proprio con la virtù 4. Skinner propone un interpretazione diversa, sia sul piano della ricostruzione storica, sia sul piano teoretico. Innanzitutto mette in luce il legame tra 2 J.G.A. POCOCK, Il momento machiavelliano. Il pensiero politico fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone, trad. it. A. PRANDI, Il Mulino, Bologna 1980, p Ibi, p Ibi, pp

3 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 5 repubblicanesimo e tradizione romana, svincolando quindi il repubblicanesimo da una matrice aristotelica. Vi è, a suo avviso, un ideologia repubblicana abbastanza definita già dal XIII secolo in Italia, la quale s ispira al pensiero romano (Cicerone, Livio, Sallustio) e si radica prima dell arrivo della filosofia pratica aristotelica in Occidente: se analizziamo la teoria repubblicana della libertà politica scrive Skinner possiamo vedere che la libertà individuale è connessa con la virtù civile senza ricorrere a nessuna dottrina della realizzazione umana 5. Skinner non presenta l uomo come un animale politico e sociale : nella res publica [ ] egli scrive gli individui perseguono fini diversi gli uni dagli altri, non si può assumere l esistenza di fini necessariamente condivisi da tutti 6. In questo modo il repubblicanesimo perde ogni vincolo metafisico e si presenta come terza via tra l individualismo liberale e il comunitarismo di matrice aristotelica 7. La principale divergenza interpretativa, dunque, riguarda la possibilità di una concezione condivisa di bene comune e di un idea della comunità politica come luogo di realizzazione dell uomo, che Pocock accetta, mentre Skinner respinge. John Rawls preciserà questa distinzione parlando di classical republicanism e civic republicanism per designare rispettivamente l interpretazione alla Pocock o alla Skinner del repubblicanesimo 8. La discussione si fa ancora più articolata se l attenzione si sposta sul concetto di libertà, come sostiene Pettit. Non si tratta infatti semplicemente della distinzione tra libertà positiva (Pocock) e libertà negativa (Skinner); il confronto tra Skinner e Pettit è interno, piuttosto, al concetto di libertà come immunità da interferenze altrui e assenza di dipendenze. Innanzitutto va precisato lo sfondo comune, connotato da una duplice radice: da un lato il rifiuto dell idea che la libertà sia legata ad una volontà e capacità di dare norme a se stessi 9 ; 5 Q. SKINNER, Le origini del pensiero politico moderno, a c. di M. VIROLI, trad. it. G. CECCARELLI, Il Mulino, Bologna 1989, p M. GEUNA, La tradizione repubblicana e i suoi interpreti: famiglie teoriche e discontinuità concettuali, «Filosofia politica», 12 (1998), p Anche Maurizio Viroli tende a presentare il repubblicanesimo non come una forma di aristotelismo politico, legato quindi ad una idea di bene comune, ma piuttosto nel suo legame con le fonti romane: cfr. M. VIROLI, Repubblicanesimo, Laterza, Roma-Bari 1999, p. 53. Sempre su questo aspetto, cfr. ID., Repubblicanesimo, liberalismo e comunitarismo, «Filosofia e questioni pubbliche», 5 (2000), p. 79, n Cfr. J. RAWLS, Liberalismo politico, a c. di S. VECA, trad. it. G. RIGAMONTI, Edizioni di Comunità, Milano 1994, pp Gli scrittori politici repubblicani non hanno mai sostenuto che la libertà consiste nell azione regolata dalla legge autonoma, ovvero accettata volontariamente, o nel potere di dare norme a se stessi e di seguire solo le norme che ci diamo; essi hanno invece sostenuto che il potere di darsi le leggi [ ] è il mezzo efficace (accanto ad altri) per poter vivere

4 6 LUCA ALICI dall altro la determinazione della libertà come protezione dall arbitrio 10. Le due posizioni divergono invece nel momento in cui l attenzione si sposta sui concetti di dominio e interferenza, costrizione e arbitrarietà: Si è sottoposti a dominio quando si è soggetti alla volontà arbitraria di un altro, alla sua interferenza arbitraria; l altro, però, può decidere per lunghi periodi di non interferire di fatto: si può così essere sottoposti a forme di dominio senza subire interferenze dirette. La concezione repubblicana della libertà come assenza di dominio tiene conto non solo delle interferenze attuali, ma anche delle interferenze potenziali. L ideale repubblicano della libertà non si propone semplicemente di eliminare ogni interferenza attuale, ma intende mettere al bando tutte le potenziali interferenze di carattere arbitrario 11. Ciò comporta, secondo Pettit, maggiori garanzie e sicurezze per l individuo e un idea di libertà che avrebbe un elemento concettuale in comune con la concezione negativa il privilegiare l assenza, non la presenza e un elemento in comune con quella positiva: il privilegiamento della padronanza, non dell interferenza 12. Pettit giudica dunque la concezione repubblicana della libertà una terza famiglia, una terza via tra l idea di libertà negativa, che richiama l opportunità, e l idea positiva di libertà, che rinvia all esercizio 13. liberi nel senso di non essere sottoposti alla volontà arbitraria di uno o di pochi o di molti individui (VIROLI, Repubblicanesimo, pp ). 10 La libertà commenta Rosati coincide infatti con quella protezione che solo i diritti possono fornire, in quanto sistema che rende la libertà sicura. Questa è una dimensione su cui tanto Pettit quanto Skinner insistono fortemente. Il repubblicanesimo è associato ad una teoria della libertà sicura, alla qualità resilient della libertà, ossia alla possibilità di ripristinare la libertà in presenza di corsi d azione in cui ci sia interferenza arbitraria. Inoltre, a questa teoria della libertà sicura, Pettit e Skinner associano una dimensione psicologica. È solo infatti la consapevolezza della libertà goduta come diritto e non come gentile concessione, e la consapevolezza di poter impugnare in caso di violazione dei propri diritti la legge, anziché dover fare ricorso alla benevolenza di qualcuno in posizione dominante (e il fatto che questa consapevolezza sia comune a tutte le parti in causa), che fa di un uomo un uomo libero e non un servo, e che mette tutti in condizione di guardarsi negli occhi? (M. ROSATI, La libertà repubblicana, «Filosofia e questioni pubbliche», 5, 2000, p. 123). 11 GEUNA, Introduzione a SKINNER, La libertà, pp. XVIII-XIX. 12 P. PETTIT, Il repubblicanesimo. Una teoria della libertà e del governo, trad. it. P. COSTA, Feltrinelli, Milano 2000, p Per la distinzione tra libertà positiva e libertà negativa mi limito a rinviare a I. BERLIN, Due concetti di libertà, in Quattro saggi sulla libertà, trad. it. M. SANTAMBROGIO, Feltrinelli, Milano 1989; la riflessione sull idea di libertà esercizio o opportunità si trova invece in CH. TAYLOR, Cosa c è che non va nella libertà negativa, in L idea di libertà, a c. di I. CARTER e M. RICCIARDI, Feltrinelli, Milano 1996.

5 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 7 Skinner, di fronte a tale posizione, opera una revisione della sua idea negativa della libertà, secondo cui la libertà non è autodeterminazione collettiva, e, privilegiando il debito nei confronti del pensiero e delle istituzioni della repubblica romana, elabora quella che definisce la teoria neoromana della libertà, portando l attenzione sul significato della costrizione. È proprio Pettit a sottolineare queste differenze: Mentre io sostengo che per i repubblicani la libertà equivaleva al non dominio la non dipendenza dalla volontà altrui egli [Skinner] ritiene che i romani e i neoromani ripudiassero in egual misura tutte le forme di dominio e tutte le forme d interferenza, compresa l interferenza non arbitraria, esercitata da un governo della legge degno di questo nome [ ]. Skinner propone un antonimo della nozione di libertà orizzontalmente complesso: dominio e interferenza: per quanto mi riguarda invece privilegio un antonimo verticalmente complesso: in primo luogo, dominio; in secondo, subordinato luogo, fattori condizionanti che includono l interferenza 14. Per Pettit, dunque, centrale è la critica alla dipendenza arbitraria e alla dominazione; al contrario, Skinner lega indissolubilmente la libertà repubblicana all assenza di qualsiasi dominazione e interferenza, potenziale o effettiva, arbitraria o legislativa, criticando ogni tipo di vincolo 15. Emerge un percorso articolato, talvolta contraddittorio, spesso ricco di sollecitazioni, ma non sempre attento a un concreto dibattito istituzionale 16, che aprirebbe peraltro importanti questioni su cui riflettere, relativamente alle quali l opera di Rousseau può offrire spunti interessanti e una positiva fecondità politica. 2. Rousseau, Aristotele e Machiavelli Per introdurre il pensiero di Rousseau nel dibattito relativo al repubblicanesimo mi soffermo sul Rousseau lettore di Aristotele e di Machiavelli e interprete del clima politico della Francia illuminista del Settecento, in cui si diffonde il sentimento repubblicano: il recupero di questi elementi rap- 14 PETTIT, Il repubblicanesimo, pp Cfr. VIROLI, Repubblicanesimo, pp Gli autori che si richiamano ad un approccio repubblicano hanno spesso poco determinato e distinto eventuali assetti politici da semplici questioni di ethos o recuperi di tradizioni e atteggiamenti, rimanendo astrattamente imprigionati nel tentativo di differenziarsi nettamente tanto dall insofferenza liberista nei confronti dei vincoli quanto dall insensibilità autoritaria nei confronti della dominazione (Ibi, p. 37).

6 8 LUCA ALICI presenta una base utile di riferimento per capire l antropologia filosofica e la teoria politica del filosofo ginevrino. a) Una premessa: l idea di repubblica nella Francia del 700 I philosophes sono impegnati in una riflessione che tocca un problema di fondo, quello del modo di governare gli uomini senza snaturarli, [ ] nell eterna difficoltà di conciliare il massimo di giustizia distributiva con il minimo di sacrificio in termini di libertà individuale [ ] problema che, nel Settecento, fu del radicale Rousseau come del riformista Mably e del borghese Quesnay 17. Il clima della Francia del Settecento, però, sullo sfondo del quale tali problematiche vengono affrontate, è influenzato dall esempio offerto da tre repubbliche, Ginevra, Venezia e le Province Unite, che servono da modello 18, e dall eco del pensiero dei repubblicani inglesi: eco che, da Montesquieu alla Rivoluzione, dà vita ad un entusiasmo per la repubblica e la virtù civica, che si sviluppa prima all interno e poi in opposizione ad ogni potere assoluto, pur se sotto le sembianze di un idea più culturale e morale che politica 19. Montesquieu e Rousseau, insieme ad altre voci ed esperienze, forniscono forse le coordinate più adatte per cogliere questa progressiva diffusione. Nell Esprit des lois Montesquieu parla della complicata situazione di una Francia di repubbliche e stati assoluti ed illustra i problemi connessi ad una simile compresenza, come, per esempio, quelli legati alle dimensioni e allo spirito delle repubbliche, o al ruolo della virtù e dei mœurs: Montesquieu esalta la virtù repubblicana (ossia il civismo), la frugalità e l eguaglianza necessarie alla repubblica, e tutto lascia credere che siano questi termini a costituire l immaginario della repubblica, foss anche per giudicare e criticare le repubbliche contemporanee 20. Si sottolinea, però, che il problema storico posto dalle repubbliche moderne è solubile soltanto all interno delle monarchie, in un compromesso, sempre difficile ma 17 A. MAFFEY, L idea di stato nell illuminismo francese, Studium, Roma 1975, p Cfr. J.-M. GOULEMOT, Sul repubblicanesimo e sull idea repubblicana nel XIII secolo, trad. it. P. VILLANI, in L idea di repubblica nell Europa moderna, a c. di F. FURET e M. OZOUF, Laterza, Roma-Bari 1993, p Cfr. Ibi, p. 36. Sottolinea questo aspetto anche Viroli: Inoltre, la tradizione repubblicana fu una delle fonti più importanti dell Illuminismo, ovvero la corrente di pensiero che più di ogni altra ha contribuito a costruire il mondo moderno [ ]. Ed è proprio sotto l aspetto etico che questa tradizione repubblicana fa appello agli scrittori dell Illuminismo, a Voltaire, a Diderot, a D Alembert e, naturalmente, a Rousseau (VIROLI, Repubblicanesimo, p. 14). 20 GOULEMOT, Sul repubblicanesimo, p. 37.

7 pur fecondo, tra le strutture nobiliari, cittadine, giudiziarie e il sovrano, che caratterizza gli stati moderni 21. Rousseau entra in questo dibattito da una prospettiva nuova: Pubblicando il suo Discours sur l origine et les fondemens de l inégalité parmi les hommes, scrive Venturi Jean-Jacques Rousseau poneva un nuovo rapporto tra le nuove idee e la tradizione repubblicana. Sembra aver ritrovato la patria perduta [Ginevra] [ ]. Quel che egli cercava era un paese in cui società civile e governo si confondono e in cui governanti e governati facciano tutt uno, in cui le peuple et le souverain ne soient qu une même persone. Un gouvernement démocratique, sagement tempéré dunque, in cui domina la legge e non la volontà dei singoli governanti, in cui la tradizione è tutto e nulla l arbitrio [ ]. Così, per pagine e pagine, continua quella che un contemporaneo ginevrino chiamò l inestimable épître di Rousseau, e che era in realtà uno dei più curiosi e paradossali documenti della volontà d inserire la tradizione repubblicana al cuore stesso del pensiero politico illuminista 22. Le pagine di Venturi ci permettono di cogliere come Rousseau viva il progressivo contatto e contrasto tra le idee politiche dell illuminismo e le istituzioni repubblicane esistenti ancora nel secondo Settecento [ ]. Le idee di contratto, di eguaglianza, di democrazia trovarono nella tradizione repubblicana, nella realtà ginevrina, messe in movimento dai contrasti fra i patrizi e la borghesia, un primo elemento concreto, una prima soluzione politica. È utile leggere il Contrat social continua Venturi in chiave ginevrina, non, evidentemente, per identificare la visione politica di Rousseau con la realtà della città di Calvino, ma per vedere appunto come si venga stabilendo un rapporto sempre più stretto fra gli ideali e i fatti, tra le speranze e il movimento reale 23. Su questo sfondo, rappresentato dal clima repubblicano della Francia in lotta con l assolutismo, si inseriscono i riferimenti ad Aristotele e a Machiavelli. b) Rousseau e la tradizione aristotelica ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 9 Non in depravatis, sed in his quae bene secundum natura se habent, considerandum est quid sit naturale. Questa epigrafe, tratta dalla Politica di 21 F. VENTURI, Utopia e riforma nell Illuminismo, Einaudi, Torino 1970, p Ibi, pp Ibi, pp

8 10 LUCA ALICI Aristotele 24, con cui Rousseau apre il suo Discorso sull origine e i fondamenti della disuguaglianza, costituisce forse lo spunto migliore per cercare di cogliere la radice aristotelica, secondo cui ogni cosa tende ad un suo proprio compimento, in relazione all idea russoiana di un telos della natura umana e di una sua perfettibilità. Rousseau è lettore di Aristotele, e di questa influenza qui interessano principalmente due aspetti: l idea di natura umana, che emerge principalmente nei due Discorsi, e la convinzione secondo cui si è uomini solo dopo essere stati cittadini, come viene sottolineato nel libro I del Manoscritto di Ginevra. Tutto l itinerario teorico di Rousseau, dai primi discorsi al Contratto sociale, è infatti animato dalla persuasione che il passaggio dall uomo naturale all uomo civile comporti la perdita dell innocenza originaria, ma soprattutto la piena realizzazione delle potenzialità umane in società. L ingresso nel corpo politico costituisce l attuazione e il compimento della perfettibilità che contraddistingue la constitution humaine. Ci troviamo perciò di fronte ad un autore per il quale il concetto di natura è più ricco rispetto alla tradizione giusnaturalistica (cui comunque Rousseau fa riferimento, ma dalla quale per molti aspetti prende le distanze) e al tempo stesso ambivalente. La natura infatti non è solo l origine, il principio originario a livello ontogenetico e filogenetico, ma anche l insieme delle facoltà di cui l uomo è dotato, lo stadio di queste facoltà in potenza, il loro primo embrione: l uomo selvaggio aveva nel solo istinto tutto ciò che gli abbisognava per vivere nello stato di Natura, ha in una ragione coltivata ciò che gli occorre per vivere in società 25. L uomo selvaggio vive isolato, non può essere méchant perché non sa cosa vuol dire être bon 26, possiede la libertà del volere e la perfettibilità en puis- 24 Cfr. ARISTOTELE, Politica, 1, 5, 1254a cit. in J.J. ROUSSEAU, Discours sur l origine et les fondemens de l inégalité parmi les hommes, in Oeuvres complètes, III, éd. B. GAGNEBIN e M. RAYMOND, Éditions Gallimard, Paris 1964, p Ibi, p Nella traduzione di Rousseau si è mantenuta la stessa accentazione della versione delle Oeuvres complètes (cfr. n. 24). Lo stesso si è fatto con le maiuscole, mentre si è cambiata, pur se minimamente, la punteggiatura per rispettare le esigenze della lingua italiana. 26 Ibi, p Chiarificatore in tal senso il seguente passaggio di Gouhier: L uomo allo stato di natura non è né buono né cattivo nel senso morale della parola. Jean-Jacques Rousseau riprende qui il vecchio tema di san Paolo: non c è né bene né male là dove manca una legge che definisca per la coscienza il bene e il male. L Adamo di Jean-Jacques si trova nella stessa disposizione di quello della Genesi prima di aver mangiato il frutto dell albero che sta in mezzo al giardino, ossia prima di aver acquisito la conoscenza del bene e del male: la sua innocenza non è l opposto della colpevolezza, ma un altro termine per indica-

9 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 11 sance 27, l istinto di conservazione e la pietà, entrambi pre-morali e quindi anteriori alla ragione, come istinti fondamentali 28 : l uomo naturale dunque si distingue per la sua capacità di perfezionarsi, per la sua ripugnanza nei confronti della sofferenza dei propri simili e per un sentimento naturale che non ha nulla di sociale, ma che nella dimensione politica troverà, grazie a ragione e coscienza, il luogo della propria evoluzione in senso morale 29. Questa ambivalenza del concetto di natura, come origine e sviluppo, che pone anche una differenza essenziale tra Rousseau, da un lato, Hobbes e Locke 30, dall altro, avvicina Rousseau ad Aristotele, sia pure in modo del tutto peculiare: basti pensare al concetto di natura come sostanza delle cose 31 e all idea di una potenzialità e quindi di un teleologismo interno alla natura umana 32. re l ignoranza (H. GOUHIER, Filosofia e religione in J.-J. Rousseau, trad. it. M. GARIN, Laterza, Roma-Bari 1976, p. 19). 27 Cfr. Ibi, p Cfr. I. FETSCHER, La filosofia politica di Rousseau, trad. it. L. DERLA, Feltrinelli, Milano 1972, p L espressione bontà della natura è legittima se esprime la vecchia idea che le facoltà e le inclinazioni dell uomo hanno per fine naturale il suo bene [ ]; per cosciente che sia della propria radicale rottura col mondo classico, a questo proposito non può esimersi dal parlare come Aristotele. Rousseau mostra una tale bontà nelle due tendenze che scopre come naturalmente insite nell uomo: l istinto di conservazione e la pietà [ ]. Lo stato di natura è extramorale, com è extrastorico; ma la natura è buona: quindi, gli uomini che vivono secondo la legge di natura, se non sono buoni nel senso che non violano la legge morale, lo sono nel senso che usano come si deve, quando si deve, e non più di quanto si deve, delle inclinazioni e delle facoltà che hanno come fine il bene che è connaturato al loro stesso essere (GOUHIER, Filosofia e religione, pp ). 30 L idea di una natura intesa non esclusivamente come principio originario, ma come progressivo sviluppo, tramite la perfettibilità di facoltà potenziali contenute già in origine nella constitution humaine, pone infatti Rousseau su di un piano radicalmente differente sia rispetto a Hobbes che a Locke. Mentre questi due ultimi autori hanno in comune l idea che l ingresso nel body politics non aggiunga né tolga nulla all identità dell individuo, che è quindi già un tutto di per sé e non ha alcun bisogno di legami interpersonali per realizzarsi, Rousseau, in virtù dell idea di una natura dotata di un telos, ancora incompiuto nello stato di natura puro (cioè nell isolamento), può guardare alla progressiva evoluzione della comunità come alla realizzazione della natura stessa dell uomo. 31 La sostanza è un principio ed una causa [ ] e questa è, in alcuni casi, causa finale [ ]; in alcuni altri casi, invece, essa è causa motrice prossima [ ]. La causa motrice si ricerca quando si tratti di spiegare il generarsi e il corrompersi delle cose, mentre l altra causa si ricerca anche quando si tratti di spiegare l essere delle cose (ARISTOTELE, Metafisica, VII, 17, 1041a 10-30, trad. it. G. REALE, Rusconi, Milano 1978, pp ). 32 Abbiamo trattato dell essere che è primo e al quale si riferiscono tutte le altre categorie dell essere, ossia della sostanza [ ] l essere viene inteso nel significato di essenza,

10 12 LUCA ALICI Ma non si può fare riferimento a tali questioni senza rilevarne la problematicità, che tocca, principalmente, il rapporto tra contingenza e teleologia della natura umana, o, altrimenti detto, tra libertà e perfettibilità, da un lato, ed esposizione alla non prevedibilità, dall altro. Scrive Rousseau al termine della prima parte del Discorso sull origine dell ineguaglianza: La perfettibilità, le virtù sociali, e le altre facoltà che l uomo Naturale aveva ricevuto in potenza, non avrebbero potuto mai svilupparsi da se stesse, poiché avevano bisogno per questo del concorso fortuito di numerose cause esterne che avrebbero potuto non verificarsi mai, e senza le quali sarebbe rimasto eternamente nella sua condizione primitiva 33. Con quella che possiamo definire un argomentazione al limite, un vero e proprio escamotage retorico, il filosofo ginevrino mette in luce, in questo passo, l assoluta sovranità della contingenza e il sussidio delle circostanze. Non vi è allora una contraddizione con l idea di un teleologismo? A mio avviso non necessariamente. Scrive Gouhier: In una tale prospettiva qual è il problema? In primo luogo la storia è contingente nel senso che non è la natura e, quindi, non risponde a una necessità di natura. Un umanità senza storia non è contraddittoria. Relativa all universo in cui viviamo, la storia è una necessità di fatto. C è dunque un problema che non si propone: quello di un ritorno allo stato di natura [ ]. In secondo luogo la storia è una necessità di fatto: ma è una necessità questa storia, che è stata la storia dell umanità e che l uomo concreto scopre quando cerca di conoscere se stesso? Le circostanze esterne sono tali che una storia è inevitabile: ma era inevitabile che la storia fosse questa, in cui oggi siamo impegnati? La lotta contro l ambiente fisico impone all uomo di usare della propria ragione e di vivere in società: ma ciò non significa che egli abbia fatto della propria ragione il solo uso possibile, né, quindi, il miglior uso possibile; ciò non significa che egli abbia creato la sola società che si può concepire né, quindi, la migliore tra le società che si possono concepire 34. Se dunque l origine del male è d ordine storico, e non è quindi una colpa che determini la reità di tutta la specie 35, lo scacco delle società storicamente realizzate impone all uomo di pensare le forme possibili della buona società 36 : la vita civile diviene perciò al contempo una necessità e una pos- o di qualità, o di quantità e, in un altro senso, l essere viene inteso secondo la potenza e l atto (Ibi, IX, 1, 1045b 25-35, p. 378). 33 ROUSSEAU, Discours sur l origine, p GOUHIER, Filosofia e religione, pp Ibi, p Cfr. R. GATTI, L enigma del male. Un interpretazione di Rousseau, Studium, Roma 1996, p. 60.

11 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 13 sibilità, il luogo dell incontro problematico tra la contingenza umana e il suo fine ultimo. Studiare l uomo originario, come Rousseau fa nei suoi due Discorsi, vuole essere il primo passo per cogliere nella politica lo spazio atto al compimento delle potenzialità umane e svelare la complessità di tali mutamenti. Il Contratto sociale, riferendosi al passaggio dallo stato di natura allo stato civile, afferma quanto segue: È solamente allora che, subentrando la voce del dovere all impulso fisico e il diritto all istinto, l uomo, che fino a quel momento non aveva guardato che se stesso, si vede costretto ad agire sulla base di altri principi, e a consultare la sua ragione prima di ascoltare le sue inclinazioni. Benché egli si privi in questo stato di numerosi vantaggi che riceve dalla natura, ne ottiene in cambio di così grandi, le sue facoltà si esercitano e si sviluppano, le sue idee si estendono, i suoi sentimenti diventano più nobili, la sua anima tutta intera si eleva a tal punto, che se gli abusi di questa nuova condizione non lo degradassero spesso al di sotto di quella da cui è uscito, dovrebbe benedire senza sosta l istante felice che lo strappò per sempre da essa e che, di un animale stupido e limitato, fece un essere intelligente e un uomo 37. La socievolezza, dunque, non è facoltà già data all origine, ma è, in ogni caso, potenziale e connaturata all uomo; grazie a questa, avviene il passaggio da una dimensione istintuale ed irriflessa ad una morale, legata alla ragione e alla coscienza. È in questo senso forte, e non meramente strumentale, che l uomo non può più fare a meno dei suoi simili 38. Decisivo in tal senso, nella riflessione russoiana, è il rapporto tra ragione e coscienza, coordinate centrali dell impianto dualistico dell antropologia filosofica di Rousseau: solo partendo da qui si può infatti spiegare il senso del passaggio allo stato civile. Accolgo l interpretazione di Iring Fetscher: In contrasto con la concezione dei giusnaturalisti, la coscienza non è, per Rousseau, né identica alla ragione, né un giudizio (jugement): essa è un sentimento e più precisamente il sentimento dell amore per l ordine, un ordine entro il quale il singolo si ordina in rapporto al centro comune 39. La relazione tra ragione e coscienza va dunque interpretata in senso sostantivo e la loro cooperazione permette lo sviluppo della moralità e della socievolezza. La ragione non è sufficiente, da sola, per agire secondo moralità: è strumento idoneo a fornire indicazioni, senza offrire un efficace 37 J.J. ROUSSEAU, Du contract social, in Oeuvres complètes, III, p ID., Fragments politiques, (De l état de nature), in Oeuvres complètes, III, p FETSCHER, La filosofia politica, p. 73.

12 14 LUCA ALICI movente. Subentra, a colmare questo vuoto, la coscienza, espressione della sensibilità attiva del soggetto, contrapposta alla sensibilità passiva, circoscritta all esistenza materiale 40. Ma la stessa coscienza come puro istinto morale non ha la forza sufficiente per imporsi alle passioni né per chiarire il significato e il fondamento della legge morale 41. Perciò, solo la ragione e la coscienza, insieme, possono indirizzare all esercizio della virtù e consentire il sorgere di una condotta morale: tale dualismo antropologico ( ragione e coscienza come espressione della componente métaphysique et morale, e passioni come manifestazioni della componente fisico-materiale 42 ) fa sì che l uscita dallo stato di natura si configuri prioritariamente come un compito morale. Si afferma dunque una sorta di circolo virtuoso per cui ragione e coscienza consentono e fondano il passaggio all uomo morale e ad uno stato politico ben ordinato; la société bien ordonnée, a sua volta, fa sì che l individuo sia posto in condizioni istituzionali tali da favorire lo sviluppo e l espressione delle sue proprietà distintive 43. Si giustifica in tal modo anche la trascrizione politica delle premesse antropologiche sinteticamente ricostruite 44. Si ricordi Rousseau: Questo passaggio dallo stato di natura allo stato civile produce nell uomo un cambiamento molto importante, sostituendo nella sua condizione la giustizia all istinto, e conferendo alle sue azioni la moralità che ad esse prima man- 40 R. GATTI, Una fragile libertà. Esercizio di lettura su Rousseau, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2001, p A. BONETTI, Antropologia e teologia in Rousseau. La professione di fede del Vicario Savoiardo, Vita e Pensiero, Milano 1976, p Rinvio all Emilio per una considerazione più sistematica dell idea russoiana di passioni e del rapporto tra componente morale e fisico-materiale. Mi limito qui a far cenno a due passi: Le nostre passioni scrive Rousseau sono i principali strumenti della nostra conservazione; è quindi un impresa tanto vana quanto ridicola il volerle distruggere; significa padroneggiare la natura, riformare l opera di Dio (J.J. ROUSSEAU, Emile, in Oeuvres complètes, IV, pp ). E ancora: In che cosa dunque consiste la saggezza umana o la via della vera felicità? Non sta precisamente nel diminuire i nostri desideri; perché se fossero al di sotto del nostro potere, una parte delle nostre facoltà resterebbe inattiva, e noi non godremmo di tutto il nostro essere. Non sta neppure nell estendere le nostre facoltà, perché se i nostri desideri si estendessero contemporaneamente in un rapporto più grande, noi diventeremmo solo più miserabili: sta nel diminuire l eccesso dei desideri sulle facoltà, e nel porre in eguaglianza perfetta il potere e la volontà. È allora soltanto che essendo tutte le forze in azione l anima rimarrà ciò nonostante in pace, e l uomo si troverà ben ordinato (Ibi, p. 304). 43 GATTI, Una fragile libertà, p Anche Ch. Taylor sottolinea questo aspetto parlando di Montesquieu e Rousseau: La vita politica [ ] è in un senso importante prioritaria rispetto agli individui. La vita politica fonda la loro identità, rappresenta la matrice in virtù della quale essi possono diventare i tipi di esseri umani che sono (CH. TAYLOR, Radici dell io. La costruzione dell identità moderna, trad. it. R. RINI, Feltrinelli, Milano 1993, p. 248).

13 cava 45. E ancora, poco più avanti: Si potrebbe, tenendo conto di quanto precede, aggiungere all acquisto dello stato civile la libertà morale, che sola rende l uomo veramente padrone di sé 46. c) Rousseau e la tradizione machiavelliana ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 15 L influenza di Machiavelli su Rousseau non è sistematica, ma la relazione tra i due è significativa per l argomento qui trattato: si pensi, per esempio, al rapporto tra libertà dell individuo e libertà della città, alla figura del Legislatore, al tema della dittatura e dell uguaglianza sociale. Scrive Viroli, riferendosi a Rousseau: L uomo, come la Città, è libero quando non dipende da un altro. L analogia fra la libertà della Città e la libertà degli individui, si trova già in Machiavelli 47. E qualche pagina dopo: La costituzione repubblicana di Rousseau rivela un affinità sostanziale con il vivere libero di Machiavelli. Come la repubblica di Rousseau il vivere libero di Machiavelli si fonda sul prevalere dell interesse comune sugli interessi particolari 48. Sia Rousseau che Machiavelli parlano dunque dei rischi della perdita di libertà, in riferimento alla quale si richiamano entrambi all esempio della Roma uscita dall oppressione dei Tarquini 49. Rousseau apprezza in Machiavelli il valore riconosciuto alla libertà, all indipendenza dalla tirannide e dall aggressione esterna, nonché il riconoscimento dell importanza di un legame profondo tra la libertà pubblica della città e la libertà dell individuo, costruito attorno alla virtù civica. In secondo luogo, entrambi elaborano una concezione dell uguaglianza sociale che implica anche la garanzia nei confronti delle condizioni economiche: 45 ROUSSEAU, Du contract social, p Ibi, p M. VIROLI, Jean-Jacques Rousseau e la teoria della società ben ordinata, Il Mulino, Bologna 1993, p Ibi, p Se tentano di scuotere il giogo, si allontanano tanto più dalla libertà, in quanto, confondendola con una licenza sfrenata che ne è l opposto, le loro rivoluzioni li mettono quasi sempre nelle mani di seduttori che non fanno che appesantire le loro catene. Lo stesso Popolo Romano, questo modello di tutti i Popoli liberi, non fu affatto in grado di governarsi uscendo dall oppressione dei Tarquini (ROUSSEAU, Discours sur l origine [Dedica alla Repubblica di Ginevra], p. 113). Cfr. Machiavelli: E debbesi presupporre per cosa verissima che una città corrotta che viva sotto uno principe, come che quel principe con tutta la sua stirpe si spenga, mai non si può ridurre libera [ ]. Ma non si vede il più forte exemplo che quello di Roma; la quale, cacciati i Tarquini, poté subito prendere e mantenere quella libertà; ma morto Cesare, morto Gaio Gallicola, morto Nerone, spenta tutta la stirpe cesarea, non potette mai, non solamente mantenere, ma pure dar principio alla libertà (N. MACHIAVELLI, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, 17, in Opere, a c. di R. RINALDI, Utet, Torino 1999, pp ).

14 16 LUCA ALICI L uguaglianza repubblicana non comprende solo l uguaglianza dei diritti civili e politici, scrive Viroli ma afferma l esigenza di garantire a tutti i cittadini le condizioni sociali, economiche e culturali che consentono a ciascuno di vivere la propria vita con la dignità e il rispetto di sé che sono propri della vita civile. I maestri del repubblicanesimo moderno ci hanno lasciato due considerazioni particolarmente preziose sul tema dell uguaglianza sociale. La prima, formulata da Machiavelli, è che la povertà non deve tradursi né nell esclusione dagli onori pubblici, né nella perdita della stima. La seconda, che dobbiamo a Rousseau, è che in una repubblica degna del nome nessuno deve essere così povero da essere costretto a vendersi, ovvero a vendere la sua lealtà e la sua obbedienza a cittadini potenti e ricchi, e diventare quindi un servo o un cliente 50. La vicinanza tra i due autori riguarda poi, almeno per certi aspetti, la figura del Legislatore: Tanto il Legislatore di Rousseau quanto quello di Machiavelli sono ordinatori. Il primo trasforma una moltitudine di individui in una società bene ordinata ; il secondo instaura una repubblica bene ordinata. Entrambi si ispirano al principio del bene comune e meritano gloria imperitura in quanto fondatori della libertà. Tra il prudente ordinatore di Machiavelli e il grande Legislatore di Rousseau c è tuttavia una differenza di rilievo: il primo deve avere un autorità assoluta, il secondo non ha alcun potere 51. Ha sottolineato tale prossimità anche Aldo Maffey: Machiavelli penetra nel Settecento trasformando il principe in legislatore, attraverso una mediazione tra la tradizione corrente cinquecentesca empirico-realistica e quella seicentesca giusnaturalistico-razionale [ ]. Rousseau, accettando la pratica machiavelliana, si preoccupa di dare una giustificazione morale anche all operato dell autore del Principe, ponendosi come anello di congiunzione tra Alberico Gentili, Francesco Bacone e la tesi romantico-liberale che troverà espressione poetica nei Sepolcri di Ugo Foscolo 52. In quest ottica si può rileggere in primo luogo la considerazione della dittatura da parte dei due autori 53 e, quindi, il riferimento a Numa, che Rousseau condivide, al di là del mito, con Machiavelli, quasi negli stessi iden- 50 VIROLI, Repubblicanesimo, pp ID., Jean-Jacques Rousseau, p MAFFEY, L idea di stato, pp Tutto il capitolo sesto del libro quarto del Contratto sociale, com è noto, riprende motivi espressi nei capitoli trentaquattro e trentacinque del primo libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.

15 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 17 tici termini: Coloro che hanno visto in Numa solo un istitutore di riti e cerimonie religiose hanno giudicato proprio male questo grande uomo. Numa fu il vero fondatore di Roma [ ]. Fu Numa che la rese solida e stabile 54. A Numa viene riconosciuto ciò che Rousseau definisce lo stesso spirito che guidò tutti gli antichi legislatori nelle loro istituzioni. Tutti cercarono dei legami che facessero affezionare i cittadini alla patria e gli uni agli altri, e li trovarono in delle usanze particolari, in delle cerimonie religiose che per loro natura erano sempre esclusive e nazionali [...], in dei giochi che tenessero parecchio i cittadini riuniti, in degli esercizi che aumentassero, con il loro vigore e le loro forze, anche la loro forza e la stima di se stessi, in degli spettacoli che, ricordandogli la storia dei loro antenati, le loro sventure, le loro virtù, le loro vittorie coinvolgessero i loro cuori, li infiammassero di una viva emulazione e li legassero fortemente a quella patria della quale non si cessava di occuparli 55. Simili e altri riferimenti, presenti nell opera di Rousseau, consentono di mettere in luce il fatto che il filosofo francese consideri Machiavelli esponente importante della tradizione repubblicana, attento non più alla virtù del singolo principe, legata alla contingenza delle situazioni, ma alla possibilità che la virtù stessa riguardi il corpo cittadino nel suo complesso: Machiavelli era un honnête homme et un bon citoyen, che, costretto dalle circostanze a deguiser son amour pour la liberté, aveva tuttavia manifestato la sua intention secrète nei Discorsi e nelle Storie fiorentine e che per secoli era stato frainteso da lecteurs superficiels et corrompus. In quanto al Principe, Rousseau faceva propria la sua interpretazione in chiave obliqua sino a definirlo le livre des républicains [ ]. Ormai l immagine (e il mito) del Machiavelli repubblicano aveva definitivamente soppiantato quella del consigliere dei principi e del teorico della ragion di Stato J.J. ROUSSEAU, Considérations sur le gouvernement de Pologne et sur sa réformation projettée, in Oeuvres complètes, III, p Queste le parole di Machiavelli nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio: [Numa], trovando uno popolo ferocissimo e volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come cosa al tutto necessaria a voler mantenere una civiltà; e la costituì in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella repubblica; il che facilitò qualunque impresa che il senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare [ ]. Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città (MACHIAVELLI, Discorsi sopra la prima deca, pp ). 55 ROUSSEAU, Considérations sur le gouvernement, p G. PROCACCI, Machiavelli nella cultura europea dell età moderna, Laterza, Roma- Bari 1995, pp

16 18 LUCA ALICI Sono note le parole di Rousseau nel Contratto sociale: Fingendo di dare lezioni ai Re ne ha date di grandi ai popoli. Il Principe di Machiavelli è il libro dei repubblicani 57. Emerge quindi, da parte di Rousseau, un interpretazione di Machiavelli in chiave repubblicana, che fa riferimento più al Machiavelli dei Discorsi che al Machiavelli del Principe. Machiavelli e Rousseau scrive a tal proposito Viroli parlano il medesimo linguaggio repubblicano. Tuttavia anche se l immagine di una repubblica bene ordinata presenta nell uno e nell altro i medesimi caratteri, l approccio resta diverso: Machiavelli si pone il problema di realizzare in concreto, non di giustificare razionalmente, la repubblica; Rousseau dedica la sua opera politica principale al problema della giustificazione razionale della repubblica e solo occasionalmente si interroga sui modi concreti di instaurare una costituzione politica repubblicana. Machiavelli e Rousseau appartengono entrambi alla tradizione repubblicana moderna e furono sostenitori dell idea repubblicana della politica come l arte di fondare e preservare una repubblica. Furono tuttavia repubblicani in modi diversi e le loro idee sul significato e sulla possibilità di una repubblica rivelano slittamenti importanti all interno della tradizione repubblicana Una versione comunitaria del repubblicanesimo Secondo Maffettone, la concezione, tipica del repubblicanesimo, della libertà come assenza di dominio non può essere scissa dall idea di virtuosa partecipazione alla vita pubblica, dato che è proprio quest ultima ad assicurare che il cittadino non sia un suddito 59. Partendo da questa osservazione vorrei sottolineare come in Rousseau si possano ridurre le discordanze interne alla tradizione repubblicana attorno all idea di libertà come assenza di dominio e virtuosa partecipazione alla vita pubblica. a) L idea di libertà Scrive Derathé: Il fine principale, per non dire l unico, di Rousseau, è la libertà [...]. L originalità di Rousseau consiste proprio nell avere posto il problema in questi termini. Tutti i suoi predecessori si chiedevano in quali condizioni potesse essere istituita un autorità politica e rispondevano invariabilmente: con l alienazione della libertà naturale [ ]. Per Rousseau, la sicurezza comune non deve comportare la sottomissio- 57 ROUSSEAU, Du contract social, p VIROLI, Jean-Jacques Rousseau, p S. MAFFETTONE, Repubblicanesimo, «Filosofia e questioni pubbliche», 5 (2000), p. 52.

17 ROUSSEAU E IL REPUBBLICANESIMO 19 ne, e il problema è appunto far sì che gli uomini possano unirsi in un corpo politico senza per questo rinunciare alla libertà, che è un diritto inalienabile 60. Per Rousseau la libertà non è un prezzo da pagare nel passaggio alla società civile, è anzi una conquista morale dell individuo che in società forma il proprio être moral. L idea che l ordine politico non deve nascere a discapito della libertà lo separa, quindi, in generale e in primis, dalla tradizione giusnaturalistica 61, dalle posizioni di Hobbes 62, e infine dall individualismo atomistico del liberalismo. Sono i concetti di contratto sociale e volontà generale, in certo senso condizioni trascendentali dell ordine politico, che consentono a Rousseau di assegnare un senso nuovo a nozioni quali quelle di perdita della libertà e alienazione dei diritti personali. L originalità sta nel fatto che egli prende in considerazione l atto in virtù del quale un popolo è un popolo 63, grazie al quale cioè si crea la società politica come corpo e compare il bene pubblico : il suo artificio non accosta singoli individui monadologicamente strutturati e non crea un semplice vincolo formale, ma permette la costruzione di un legame, in base al quale le braccia e la vita stessa di tutti i suoi membri 64 sono comunitariamente intrecciate. Il contratto sociale deve legare e obbligare senza assoggettare: anzi la cessione della libertà naturale e l acquisizione della facoltà di partecipazione equivalgono all acquisizione della libertà morale. L ingresso nella società politica creata dal patto, infatti, consente la realizzazione delle condizioni per una condotta non improntata all arbitrio e condizionata dalla passionalità. Rousseau esclude il patto di sottomissione e parla solo di patto di associazione da parte di un uomo libero in quanto, contemporaneamente, souverain e sujet. Osserva a tal proposito Derathé come per Rousseau [ ] non sono gli individui a impegnarsi gli uni con gli altri, perché l atto di associazione comporta un impegno reciproco del pubblico con i singoli. Questi contraggono un impegno reciproco con il corpo di cui diventano membri [...]. Si tratta dunque di una vera promessa reciproca fra il corpo del popolo, considerato come una persona morale, e i singoli 65. Si realizza così un contratto in cui l impegno è della comunità, intesa come 60 R. DERATHÉ, Rousseau e la scienza politica del suo tempo, trad. it. R. FERRARA, Il Mulino, Bologna 1993, p Cfr. ROUSSEAU, Discours sur l origine, pp Cfr. FETSCHER, La filosofia politica, p Ibi, p ROUSSEAU, Discours sur l économie politique, p DERATHÉ, Rousseau e la scienza, p. 274.

18 20 LUCA ALICI una sola persona morale, e un obbligazione etica che è personale 66, bilaterale, incondizionata 67 e indirizzata al governo delle passioni 68. La volonté générale è invece regle du juste et de l injuste 69 : deve partire da tutti e dirigersi a tutti in quanto costituisce contemporaneamente la volontà di tutto il popolo e di ognuno degli associati non in quanto individuo, bensì in quanto membro della comunità o del corpo sovrano 70. Bisogna comprendere da ciò argomenta Rousseau che a generalizzare la volontà è meno il numero dei voti che l interesse comune che li unisce: perché in questa istituzione ciascuno si sottomette necessariamente alle condizioni che impone agli altri 71. Quindi l essenza del corpo politico è nell accordo dell obbedienza e della libertà e [ ] questi termini di suddito [sujet] e sovrano [souverain] sono delle correlazioni identiche la cui idea si riunisce sotto il solo nome di Cittadino 72. Si comprende perciò il significato della contrapposizione russoiana tra liberté naturelle e liberté civile, effetto del patto secondo giustizia: Bisogna distinguere bene la libertà naturale, scrive Rousseau che ha per limiti solo le forze dell individuo, dalla libertà civile, che è limitata dalla volontà generale [ ]. Si potrebbe, tenendo conto di quanto precede, aggiungere all acquisto dello stato civile la libertà morale, che sola rende l uomo veramente padrone di sé; poiché l impulso del solo istinto è schiavitù e l obbedienza alla legge che ci si è prescritti libertà 73. Rousseau è dunque vicino all idea repubblicana di libertà come condizione in cui una persona è nella sostanza immune, e immune nelle questioni cruciali, rispetto ad atti d interferenza basati sull arbitrio 74 : si rifà qui alle origini antiche della tradizione repubblicana, legate all idea di libertà come opposto della servitù e alla relazione tra libertà e intersoggettività. Non solo: a mio avviso, egli consente di riconsiderare in modo meno problema- 66 Emblematiche le parole di Rousseau: Gli impegni che ci legano al corpo sociale sono obbligatori solo perché sono reciproci, e la loro natura è tale che adempiendoli non si può lavorare per altri senza lavorare anche per se stessi (ROUSSEAU, Du contract social, p. 373). 67 Cfr. FETSCHER, La filosofia politica, p Torna a farsi evidente la centralità del dualismo dell antropologia di Rousseau: sono infatti ragione e coscienza che, insieme, indirizzano all esercizio della virtù e al controllo delle passioni. 69 ROUSSEAU, Discours sur l économie politique, p DERATHÉ, Rousseau e la scienza, p ROUSSEAU, Du contract social, p Ibi, p Ibi, pp PETTIT, Il repubblicanesimo, p. 4.

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