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Adelina Parodi
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2 storicamente.org Laboratorio di Storia Marco Cavarzere Michele Mancino e Giovanni Romeo, Clero criminale. L onore della Chiesa e i delitti degli ecclesiastici nell Italia della Controriforma, Roma-Bari: Laterza, 2013, IX-237 pp. Numero ISSN: X Art. 12 pp. 1-3 DOI: /stor559 Editore: BraDypUS Data di pubblicazione: 08/07/2014 Sezione: Biblioteca

3 Michele Mancino e Giovanni Romeo, Clero criminale. L onore della Chiesa e i delitti degli ecclesiastici nell Italia della Controriforma Roma-Bari: Laterza, 2013, IX-237 pp. Marco Cavarzere Il libro qui recensito si rivela esemplare per due ragioni: 1) gli autori non offrono una delibazione di poche fonti scelte, ma affrontano una crociera non facile in gurgite vasto, esaminando migliaia di processi istruiti dalla Chiesa nelle sue numerosissime giurisdizioni; 2) nel far questo, perseguono l ambizioso obiettivo di offrire uno spaccato inedito della vita religiosa della prima età moderna, sparigliando le carte sul tavolo della discussione storiografica. Nelle prime pagine del volume gli autori espongono il nocciolo della questione: la cosiddetta riforma tridentina della Chiesa non esistette se non nei progetti pastorali di pochissimi; gli abusi non furono riparati né i costumi del clero corretti; la repressione valse solo a ridistribuire quote di potere all interno della Chiesa e nei rapporti con gli Stati italiani. Per Mancino e Romeo si può parlare pertanto solo di una Controriforma, secondo la sua accezione controversistica più classica. L Italia della prima età moderna conobbe in altre parole un arroccamento ad oltranza delle istituzioni ecclesiastiche e sperimentò un avanzata senza precedenti del centralismo romano. Da questo punto di vista, gli autori si pongono dalla parte di quanti, in questi ultimi anni, hanno largamente ridimen-

4 2 Storicamente Biblioteca sionato il ruolo del Tridentino nella formazione del cattolicesimo moderno (Massimo Firpo). Ora la prospettiva si allarga ad altri luoghi in cui si rafforzò il centralismo romano e ad altri strumenti di intervento: le nunziature coi loro tribunali; le congregazioni romane (soprattutto la congregazione del Concilio e quella dei Vescovi e Regolari); le visite triennali ad limina dei vescovi; le inchieste dei visitatori apostolici allo scopo di controllare da vicino l opera dell episcopato. L impresa di studiare la giustizia ecclesiastica, seppure soltanto nella sua parte criminale, è titanica. Manca una bibliografia adeguata; gli archivisti diocesani fanno spesso muro contro le ricerche che si indirizzano verso l attività dei tribunali; la quantità dei documenti è immane e, per di più, si tratta di documentazione composita, che va intrecciata e confrontata con le fonti dei mille altri fori competenti, ecclesiastici e laici. Malgrado tutto, Mancino e Romeo riescono a individuare alcuni dati sicuri a cui ancorare la propria analisi: dopo il concilio di Trento aumentò in maniera esponenziale l attività dei tribunali diocesani, mentre il clero fu particolarmente preso di mira, tanto che quasi un terzo dei chierici italiani fu probabilmente messo a processo. Sembrerebbero, questi, dati atti a confermare la tesi dello sforzo tridentino di riforma promosso dagli ordinari diocesani. Gli autori non si dimostrano d accordo e sviluppano una interpretazione alternativa, confermata da una mole difficilmente confutabile di documenti. Nella loro analisi l attivismo post-tridentino dei vescovi non riuscì a trasformare la vita religiosa italiana secondo i dettami del concilio non tanto per l incapacità ecclesiastica d imporre la propria forza, quanto perché la riforma non era l obiettivo primario della Chiesa. La giustizia ecclesiastica post-tridentina fu impegnata soprattutto a sottrarre spazi di intervento ai poteri statali e non a portare ordine nelle vite dissolute di chierici di ogni ordine e grado. Non si vuole incidere sulla realtà sociale; basta sottrarre i chierici alle corti di giustizia degli Stati, che, nei medesimi anni, stavano ugualmente rinserrando i ranghi e migliorando la propria efficienza burocratica. Per di più, fino al Settecento i disordini del clero non suscitarono al-

5 Marco Cavarzere 3 Michele Mancino, Giovanni Romeo, Clero criminale. L onore della Chiesa e i delitti degli ecclesiastici cuna sanzione sociale a ragione di una diversa concezione dei compiti affidati ai sacerdoti. Ai curati, ai frati e ai monaci era richiesto solo di svolgere una funzione di mediazione tra il cielo e la terra attraverso la pratica sacramentale, quasi del tutto priva di qualsivoglia significato teologico e dotata invece di un valore antropologico più ampio. I tribunali ecclesiastici non intaccarono queste convinzioni profonde, ma si limitarono a saggiare i confini della propria autorità, in una prova di forza tra periferia e centro che assunse diverse forme: in alcuni casi, l aspetto di un acceso contrasto interecclesiale tra giudici diocesani, nunzi e congregazioni vaticane; in altri, quello più classico e avvertibile delle continue dispute giurisdizionali tra Stato e Chiesa. Come accennano gli autori nell ultimo capitolo del volume, denso di suggerimenti di ricerca, quando i rapporti di forza iniziarono a fondarsi su altre concezioni del potere, ovvero nell età delle riforme settecentesche, anche il sistema della giustizia ecclesiastica andò incontro a una radicale trasformazione, che aspetta ancora di essere studiata. Questa, in sintesi, l intelaiatura della ricerca. E si deve aggiungere essa appare solida: la riforma tridentina non ci fu e, senz altro, non poté essere attuata attraverso il diritto, che, per sua stessa tradizione dottrinale, aveva altri obiettivi. Infine, uno dei risultati meno evidenti, ma non per questo meno importanti del volume, riguarda la nuova consapevolezza della giustizia ecclesiastica che il lettore attento trae dalla lettura di Clero criminale. Essa non fu un apparato separato e segreto, come spesso si presenta l Inquisizione, ma un sistema di giustizia pienamente integrato con gli innumerevoli altri esistenti in età moderna, un sistema che giudicò materie assai simili a quelli delle corti laiche (poca morale e tanti crimini violenti) e applicò spesso gli stessi criteri di composizione extragiudiziale.

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