Uso della PET-in vivo come strumento di controllo dosimetrico in trattamenti di adroterapia con ioni carbonio

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1 Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica Uso della PET-in vivo come strumento di controllo dosimetrico in trattamenti di adroterapia con ioni carbonio Relatore Interno: Relatore Esterno: Correlatore: Prof.ssa Daniela Bettega Dott. Giuseppe Battistoni Dott. Andrea Mairani Tesi di laurea di: Annalisa PANFILI Matr Codice P.A.C.S.: j Anno Accademico

2 Dedicata ai malati di cancro, affinchè sappiano trovare in Dio la forza per resistere e nella scienza il coraggio per sperare.

3 Sommario Tra le diverse strategie di cura che vengono adottate per combattere le patologie tumorali si annovera la radioterapia con ioni carbonio, attualmente in fase di sperimentazione. Rispetto alla radioterapia convenzionale, basata sull utilizzo di raggi X, questo tipo di trattamento consente un irraggiamento più efficace del tumore, riducendo nel contempo la probabilità di danni al tessuto sano, grazie alla maggiore selettività spaziale (sia in profondità che in direzione trasversale) della deposizione di dose caratteristica degli ioni (picco di Bragg) e alla loro maggiore efficacia biologica relativa (RBE). Questi vantaggi rendono tuttavia indispensabili controlli più accurati nella precisione del trattamento applicato, in particolar modo quando il volume bersaglio è collocato in prossimità di organi critici. Errori minimi potrebbero avere come conseguenza sottodosaggi del volume tumorale e sovradosaggi delle strutture critiche. Tra le alternative più promettenti per il controllo di qualità della radioterapia con protoni e ioni si sta facendo strada l imaging PET in vivo o PET in-beam (chiamata così perchè il monitoring avviene durante l irraggiamento). I protoni e ioni 12 C, infatti, durante l attraversamento del mezzo interagiscono con i nuclei del bersaglio producendo degli isotopi emettitori β +, quali principalmente 11 C e 15 O. Questi, decadendo, emettono ciascuno un positrone, dalla cui successiva annichilazione con un elettrone si originano due fotoni da 511 kev in direzione opposta che andranno poi ad essere rilevati dai tomografi PET. Utilizzando PET off-line, cioè monitorando l attività solo una volta terminato il trattamento, circa 5 minuti dopo la fine dell irraggiamento, può essere osservato solo il range dei nuclei 11 C, a causa della loro vita media abbastanza lunga ( 1223 sec). Invece, la soluzione on-line evita di perdere il significativo contributo all attività dovuto agli emettitori β + con vita media breve (principalmente 15 O e 10 C). La posizione del paziente, inoltre, non è soggetta a variazioni dovute al trasporto al PET scanner situato a distanza. La PET in-beam è capace di rilevare eventuali indesiderate deviazioni del fascio e modifiche anatomiche del corpo altrimenti imprevedibili, dato che il completo arresto degli ioni nel paziente impedisce l applicazione dei metodi di portal imaging utilizzati nella normale radioterapia.

4 L informazione del range è dedotta dal pronunciato picco di attività, formato dai frammenti proiettili 11 C che si fermano leggermente prima dell end point degli ioni primari 12 C. In Europa, la prima e per ora unica telecamera tomografica PET inbeam è stata realizzata al GSI (Gesellschaft für Schwerionenforschung) a Darmstadt. Il sistema a due teste, che utilizza dei detector come componenti, permette di monitorare la dose in contemporanea all irraggiamento di 12 C. In Italia, a CATANA (Centro di AdroTerapia e Applicazioni Nucleari Avanzate) a Catania, è in via di sviluppo il progetto DoPET, che prevede la realizzazione di una apposita telcamera PET in-beam per il monitoraggio del trattamento di lesioni oculari utilizzando fasci di protoni di energia massima pari a 62 MeV. Da un confronto tra la distribuzione di attività misurata sperimentalmente e la distribuzione di attività aspettata, calcolata a partire dal Piano di Trattamento tramite Codici Monte Carlo, si è in grado di verificare l accuratezza dell irraggiamento e di fornire al radioterapista una stima della differenza di dosaggio tra quello emesso e quello pianificato. Il controllo del range ed il monitoring della terapia con protoni risultano più complessi, rispetto alla terapia con ioni carbonio, a causa della mancanza di frammentazione del proiettile e della sola presenza della frammentazione del target. Considerazioni simili si possono estendere all uso di ioni leggeri Z < 6 (He, Li, Be, B) che non producono, o producono una quantità insufficiente di frammenti proiettili emettitori β +. Lo scopo di questa tesi è evidenziare come tale tecnica, seppur necessiti ancora di miglioramenti per quanto riguarda il tempo e le incertezze, stia dando ottimi risultati nei trattamenti clinici con ioni carbonio al GSI, Darmastadt. La tesi è organizzata come segue. Il primo capitolo accenna alla fisica su cui si basa l adroterapia, evidenziando il perché della scelta degli ioni carbonio a livello terapeutico; le problematiche biologiche ancora aperte e i pro e i contro delle diverse tipologie di irraggiamento. Si definisce infine cos è un Piano di Trattamento e si accenna allo stato attuale della ricerca nel mondo. Il secondo capitolo descrive la tecnica di imaging della PET, su quali meccanismi fisici si basa (decadimento β + ), e confronta l utilizzo della PET tradizionale con l innovativa PET in beam. Il terzo capitolo vuole mostrare l evidenza sperimentale che la PET rappresenta un ottimo metodo per poter rilevare la differenza di dose irraggiata da quella misurata (con un precisione spaziale dell ordine del mm). L ultimo capitolo delinea conclusioni e prospettive future. 2

5 Indice 1 Introduzione all adroterapia La scelta di ioni Carbonio Problematiche biologiche Modalità di irraggiamento Piano di trattamento Centri e stato della ricerca Monitoring Decadimento β Positron Emission Tomography (PET) Pet-in beam Diversi approcci per il calcolo delle attività Il progetto sperimentale del GSI Metodi matematici per l analisi degli esperimenti Uso del Monte Carlo per la PET in-beam Risoluzione del problema inverso Conclusioni e prospettive future 49 1

6 Elenco delle figure 1.1 Deposizione di dose di fotoni provenienti da differenti sorgenti di radiazione e ioni carbonio in funzione della profondità di penetrazione in acqua [2] Andamento del LET, in funzione dell energia cinetica dei diversi ioni di interesse terapeutico [2] Diffusione laterale dei diversi fasci ioni di interesse terapeutico calcolata in acqua [40] Dose depositata in acqua per effetto di un fascio di ioni carbonio di 270 MeV/u. Sono mostrati i contributi forniti dagli ioni primari (in rosso), dai frammenti primari (in blu) e dai frammenti secondari (in verde). La dose è stata normalizzata rispetto alla dose all ingresso. Figura tratta e rielaborata da [20] Definizione dell RBE, illustrato per curve di sopravvivenza cellulare [13] (a) Profilo della dose calcolato per fascio di 12 C a 195 MeV/n. (b) Sopravvivenza delle cellule CHO in funzione della profondità in acqua [21] Profilo della dose in funzione della profondità di un fascio di protoni monoenergetico (linea rossa) che mostra il picco di Bragg alla fine del range. Dalla sovrapposizione di fasci di protoni di diverse energie (ranges) adeguatamente pesati risulta la formazione dell - SOBP (spread-out-bragg-peaks) che provvede a fornire una dose uniforme sopra l intera regione del target [7] Schema dell irraggiamento attivo [7] Centri di adroterapia nel mondo [17] **con beam scanning (tutti gli altri con fascio diffuso) Decadimento ed annichilazione [23] Un tipico apparato ospedaliero per la PET (Tomografia ad emissione di positroni [27]

7 2.3 Caratteristiche dei cristalli scintillatori più comunemente usati nella costruzione degli scan PET. Un cambiamento nella scelta del materiale dopante produce variazioni nei valori della lista [33] Definizione della rivelazione in coincidenza: vengono considerati solo i fotoni che raggiungono il rivelatore in coppia, ovvero in un intervallo di tempo di pochi ns [23] Proprietà degli emettitori β + rilevanti per la PET-in beam [36] A sinistra: Criterio di verifica del range in situ, attraverso l uso della PET. A destra: Sovrapposizione della distribuzione dell attività misurata (profilo colorato) e corrispondente CT del paziente. L irraggiamento con ioni carbonio avviene da destra in alto, le teste del PET-detector sono collocate verticalmente sopra e sotto il lettino del paziente [30] Telecamera PET in-beam del GSI [38]. La freccia (a) mostra il percorso del fascio, la freccia (b) mostra i movimenti orizzontali, e la (c) indica la possibile rotazione delle teste del detector [40] Schema del trattamento dei dati per la Pet in-baem [38]. Le due teste lavorano in contemporanea. Gli eventi coincidenti sono conservati insieme all informazione sulla stato del fascio. I dati possono essere interpretati attraverso una rete di connessioni Distribuzione dell attività β + (linea continua) in funzione della profondità confrontata con la distribuzione di dose calcolata (linea tratteggiata) per un fascio di ioni 12 C a 212 MeV/n fermato da un fantoccio di PMMA [41] Schema delle routine clinica. A sinistra è mostrato il piano di trattamento con il tumore (verde) vicino all organo a rischio (rosso) e le linee di calcolo della dose. Dal piano di trattamento e dall informazione sullo stato del fascio si ottiene la predizione dell attività β + (figura al centro), che è confrontata con l attività β + misurata (immagine destra). Nel caso le immagini non si accoppino si ricerca la ragione della discrepanza e, se necessario, si interviene [38] Esempio di conteggi di coincidenze sperimentali all inizio dell irradiazione [36]. I conteggi delle coincidenze sono mostrati in rosso, il primo spill inizia a 32 secondi e termina a circa 35 secondi. La linea blu mostra lo stato del fascio, la sua altezza è stata scelta per visibilità, non ha uno speciale significato

8 3.2 Confronti tra conteggi di attività misurati e simulati per fascio di 12 C a 260 AMeV. I dati misurati sperimentalmente sono mostrati in nero, a colori sono invece quelli calcolati. La somma dei contributi individuali è mostrata in blu. I diversi target sono da sinistra verso destra rispettivamente PMMA, acqua e grafite [36]. La crescita dipende dalla vita media dei nuclidi. Si osserva che 10 C raggiunge la saturazione dopo circa 100 secondi. Alla fine dell irradiazione la probabilità 15 O inizia ad appiattirsi pur non avendo raggiunto la saturazione. Il tempo di irradiazione è troppo corto per raggiungere la saturazione del 11 C. Dopo la fine dell irradiazione il contributo del 10 C 15 O calano velocemente. Dopo circa 10 minuti dalla fine dell irradiazione la probabilità è dominata da 11 C, gli altri nuclidi non contribuiscono più significativamente Conteggi di produzione relativa P, dei differenti isotopi, a seconda del tipo di irradiazione: fascio di protoni o ioni carbonio, a cui corrispondono incertezze e rate di produzione di attività relativa β + da/dt. Misure dedotte dagli eventi misurati con la PET per irraggiamento di protoni e ioni carbonio su fantocci di PMMA. Tali valori relativi, se divisi per il fattore di correzione C danno i valori assoluti Ammontare di isotopi creati da un irraggiamento con fascio di 12 C a 260 AMeV su target d acqua, PMMA e grafite. IP significa particelle incidenti. [36] Confronto tra curve di decadimento, cioè tra i conteggi ottenuti dopo la fine dell irraggiamento. [36] Sinistra: Rapporto picco-plateau dell attività β + prodotta da fascio di 12 C a 269 AMeV su acqua, PMMA e grafite. Destra: Come figura di sinistra ma con fascio di 16 O. [36] Istogrammi in funzione del tempo e profili di attività β + in funzione della profondità indotti da fasci di e He e 12 C rispettivamente di e AMeV, in target di grafite (sinistra), acqua (centro) e PMMA (destra) [40]. Prima riga: istogramma degli eventi in funzione del tempo per ioni e He. Seconda riga: come 1, ma con proiettili 12 C. Terza riga: profilo di attività in funzione della profondità per ioni 3 He. Le linee continue mostrano l attività misurata durante l irraggiamento (area evidenziata a sinistra nella prima riga), le linee grigie tratteggiate danno l attività, normalizzata al massimo misurato durante irraggiamento, tra i 10 e i 20 minuti dopo la fine dell irraggiamento (area marcata a destra nella prima riga). Ordinate espresse in unità arbitrarie. Quarta riga: stesso della 3, ma con proiettili 12 C

9 3.8 Distribuzione di dose, simulata con FLUKA, prodotta da fascio 16 O di 298.5, 300.0, 301.5, AMeV su PMMA [36]. Al centro è mostrato uno zoom dei picchi Posizioni dei picchi di attività creati da fasci di 16 O di energie vicine tra loro, durante le pause tra gli spill e 20 minuti dopo irraggiamento. La ragione dello scostamento dei picchi è conseguenza della differente influenza dei diversi isotopi in tempi diversi. [36] Sovrapposizione dei profili di attività dei fasci di 16 O di energie simili. A sinistra: la backprojection è stata fatta durante le pause tra gli spill. A destra: backprojection eseguita tra i 10 e i 10 minuti dopo la fine del irraggiamento. [36]

10 Capitolo 1 Introduzione all adroterapia Sessant anni fa Robert R.Wilson, dopo aver studiato la penetrazione di fasci di protoni a 150 MeV ed il metodo migliore per schermarli, seguitò nell analizzare la deposizione di energia nei tessuti: I jumped into the almost obvious thing I could see next: because one could hurt people with protons, one could probably help them too [1]. Intuì così che il picco appuntito nella curva della deposizione di dose in funzione della profondità (Picco di Bragg) avrebbe offerto potenziali vantaggi nella radioterapia con particelle cariche pesanti, detta adroterapia. Wilson si dedicò allo studio dei requisiti tecnici per l applicazione di tali fasci di protoni nel trattamento dei tumori in radiologia [13]. Questa fu la nascita della terapia a protoni, che si avviò a Berkely nel 1954 con la cura dei primi pazienti. Nel corso degli anni numerosi centri di protonterapia sono stati costruiti in tutto il mondo (paragrafo 1.5). Si definisce tumore una classe di malattie caratterizzata da una incontrollata riproduzione di alcune cellule dell organismo, che smettono di rispondere ai meccanismi fisiologici di controllo cellulare a seguito di danni al loro patrimonio genetico [15]. Nelle società industrializzate circa il 30% della popolazione soffre di cancro e circa la metà di queste muore per tale malattia. Le principali strategie di intervento che vengono adottate oggigiorno nella cura dei tumori sono: la rimozione chirurgica del tessuto tumorale; la radioterapia; la chemioterapia; l immunoterapia. 6

11 Le statistiche [16] mostrano come in Europa queste tipologie di trattamento riescano a guarire 1 il 45% dei pazienti. Di essi il 40% viene guarito grazie ad interventi mirati, finalizzati al controllo loco-regionale del tumore primario, che corrispondono essenzialmente ad azioni chirurgiche e/o radioterapiche. A livello teorico qualsiasi tessuto può essere distrutto dalla radiazione, applicando un dosaggio abbastanza elevato; nella pratica però la radioterapia è limitata dalla tolleranza alla radiazione del tessuto sano che circonda il tumore. Quindi, per migliorare il trattamento radioterapico dei tumori locoregionali, si deve agire massimizzando la dose 2 ceduta al volume tumorale preservando i tessuti sani circostanti. Poiché il 20% dei tumori risultano radioresistenti alla radiazione convenzionale (fotoni e elettroni) si ha l esigenza di utilizzare un tipo di radiazione più efficace, in grado di depositare un alta densità di energia in pacchetti microscopicamente localizzati. Per la cura di alcune patologie tumorali, situate in profondità e radio-resistenti, le tradizionali sorgenti a raggi X sono state sostituite dai moderni acceleratori di protoni ad alta energia, che aumentano la conformità della dose alla struttura tridimensionale del tumore (vedi paragrafo 1.3). L utilizzo di particelle adroniche quali i protoni e gli ioni carbonio è dovuta alle loro favorevoli proprietà fisiche e biologiche. 1.1 La scelta di ioni Carbonio Fotoni ed elettroni risultano inadatti per il trattamento di tumori in profondità, in quanto sono caratterizzati da un elevata dispersione laterale e da un rilascio di energia maggiore all inizio del volume di trattamento (Figura 1.1). I neutroni, adatti nel caso di tumori radio-resistenti, poiché depositano una elevata densità di energia, sono però dotati di distribuzione di dose in profondità non selettiva, vista la decrescita esponenziale dell energia depositata (come per i fotoni). I protoni e gli ioni leggeri (es.carbonio, ossigeno e neon), mostrano invece un profilo di dose diverso: l energia depositata cresce con la profondità di penetrazione e raggiunge un valore massimo e localizzato appena prima della fine del range (picco di Bragg), rendendo tali particelle molto efficaci. Come indicato dalla relazione di Bethe-Bloch (eq. 1.1), il rilascio di energia dei protoni e degli ioni leggeri è proporzionale al quadrato della loro 1 Si intende generalmente per guarito un paziente che, in seguito alle cure, vive in condizioni asintomatiche per un periodo non inferiore a cinque anni. 2 La dose è definita come il rapporto tra la quantità di energia depositata in un certo volume e la massa di quel volume. Si misura in gray (Gy), dove 1 Gy rappresenta 1 J di radiazione assorbita per 1 kg di massa. 7

12 Figura 1.1: Deposizione di dose di fotoni provenienti da differenti sorgenti di radiazione e ioni carbonio in funzione della profondità di penetrazione in acqua [2]. carica e inversamente proporzionale al quadrato della loro velocità de [ ( ) dx = 2πr2 em e c 2 z 2 2me c 2 T max β 2 N e ln 2β 2 2 C ] δ β 2 I 2 (1 β 2 ) Z t (1.1) dove z e β sono la carica e la velocità (scalata in rapporto alla velocità della luce) della particella incidente; m e e r e sono rispettivamente la massa a riposo e il raggio classico dell elettrone, T max è l energia cinetica massima che si può fornire ad un elettrone libero in una singola collisione, ben approssimata nel limite non relativistico da 2m e c 2 β 2. N e e I sono la densità elettronica e il potenziale di ionizzazione del mezzo assorbitore che ha numero atomico Z t, mentre C e δ sono rispettivamente correzioni quantistiche alla perdita di energia. L andamento del LET (Linear Energy Transfert), ovvero della perdita di energia per unità di percorso in funzione dell energia cinetica del fascio incidente è riportato in Figura 1.2. L utilizzo di ioni carbonio consente dunque una maggiore deposizione di dose localizzata; in più, avendo il 12 C una massa maggiore rispetto al protone, la diffusione laterale risulta inferiore (vedi Figura 1.3) ed il potere di ionizzazione locale,a cui corrisponde una maggiore efficacia biologica, espressa mediante il concetto di RBE (Relative Biological Effectiveness, vedi sezione 1.2) più intenso. 8

13 Figura 1.2: Andamento del LET, in funzione dell energia cinetica dei diversi ioni di interesse terapeutico [2]. Figura 1.3: Diffusione laterale dei diversi fasci ioni di interesse terapeutico calcolata in acqua [40]. La scelta di ioni carbonio piuttosto che particelle a più alto numero atomico è dovuta anche alla loro maggiore facilità di produzione e accelerazione, alle caratteristiche di assorbimento da parte dell organismo e alla deposizione di energia espressa da Bethe-Bloch. Uno svantaggio legato all uso degli ioni, rispetto alla terapia con fasci di protoni, è dovuto alla loro frammentazione, che porta alla formazione di particelle secondarie in seguito alle collisioni del fascio incidente con il target. Si definisce range della radiazione R: R = A f(β) (1.2) z2 9

14 Figura 1.4: Dose depositata in acqua per effetto di un fascio di ioni carbonio di 270 MeV/u. Sono mostrati i contributi forniti dagli ioni primari (in rosso), dai frammenti primari (in blu) e dai frammenti secondari (in verde). La dose è stata normalizzata rispetto alla dose all ingresso. Figura tratta e rielaborata da [20]. dove A è il numero di massa del target, z la carica del proiettile e f(β) funzione della velocità dello ione. I frammenti prodotti, poiché possiedono la stessa velocità del fascio primario ma sono più leggeri, a causa del numero atomico inferiore, penetrano dunque più in profondità nella materia e danno luogo ad un aumento della dose assorbita dopo il picco che non è possibile trascurare (vedi Figura 1.4). Inoltre la presenza di altre specie ioniche influisce sulle proprietà del fascio, modificandone l efficacia biologica. In generale la frammentazione tende a deteriorare la precisione della dose accrescendo lo scattering laterale e longitudinale del fascio primario. Questo fatto non risulta essere tanto importante al canale di entrata, bensì è di grande influenza oltre il picco di Bragg, a livello della coda prodotta dai frammenti leggeri. Poiché all aumentare del numero atomico del fascio di ioni utilizzato aumenta il numero di frammenti prodotti, tale frammentazione risulta essere un fattore discriminante nella scelta del numero di massa del nucleo da utilizzare nel fascio. Gli ioni carbonio, se trattati secondo metodi di scanning attivo (vedi sezione 1.3), presentano un numero accettabile di frammentazioni. 1.2 Problematiche biologiche Gli effetti biologici vengono solitamente misurati esponendo delle colture cellulari monostrato a radiazioni dalle caratteristiche semplici e controllate. Ciò 10

15 che viene effettivamente misurato è la perdita della capacità riproduttiva della cellula, che viene impropriamente indicata con morte cellulare. La radiazione infatti causa la perdita della capacità riproduttiva della cellula per effetto delle ionizzazioni provocate, qualora queste portino ad un danneggiamento della struttura del DNA. La rottura di uno solo dei due filamenti che compongono il DNA (Single Strand Break, SSB) non è generalmente sufficiente a provocare l inattivazione cellulare, perché le cellule possiedono dei meccanismi di riparazione in grado di porvi rimedio. La rottura in punti ravvicinati di entrambi i filamenti (Double Strand Break, DSB) rappresenta un danno più serio, difficilmente riparabile. Grazie alla più intensa e concentrata ionizzazione locale, gli ioni sono generalmente più efficaci dei fotoni nel provocare DSB. Pertanto la probabilità di sopravvivenza, detta S 3, relativa ad un irraggiamento con ioni è, a parità di dose, solitamente inferiore a quella ottenuta utilizzando raggi X e le curve S(D) degli ioni risultano coerentemente più ripide, vedi Figura 1.5. Figura 1.5: Definizione dell RBE, illustrato per curve di sopravvivenza cellulare [13]. Queste misure evidenziano quindi che ad una stessa dose fisica D, intesa come quantità di energia depositata sul campione per unità di massa, che può essere descritta da D = Φ ρ de dx (1.3) 3 Il rapporto tra le cellule che hanno mantenuto le loro capacità riproduttive ed il totale delle cellule irraggiate fornisce una stima della probabilità di sopravvivenza cellulare S relativa alla tipologia di irraggiamento utilizzata. Tipicamente questa misura viene ripetuta al variare della dose D somministrata alla coltura, così da stimare la dipendenza S(D) della probabilità di sopravvivenza rispetto all intensità dell irraggiamento. A seconda delle caratteristiche delle cellule irraggiate e della radiazione utilizzata si ottengono andamenti diversi per S(D). 11

16 (dove Φ è la fluenza del fascio primario e ρ la densità del materiale e de la dx media di energia persa), data da due diverse radiazioni, non corrisponde uno stesso effetto biologico. Figura 1.6: (a) Profilo della dose calcolato per fascio di 12 C a 195 MeV/n. (b) Sopravvivenza delle cellule CHO in funzione della profondità in acqua [21]. Fissata la tipologia del tessuto cellulare e del fascio di ioni utilizzato, si usa quantificare l effetto biologico tramite il concetto di efficacia biologica relativa (Relative Biological Efficiency, RBE), definita come il rapporto tra la dose D x somministrata con i raggi X e la dose D fornita per irraggiamento con ioni che servono per ottenere lo stesso effetto in termini di sopravvivenza cellulare: RBE = D x D S (1.4) Questa grandezza risulta utile per due motivi: fornisce un termine di paragone tra l efficacia dell irraggiamento con ioni rispetto all impiego dei raggi X e permette di definire il concetto di dose biologica o dose equivalente D eq = D RBE (1.5) che indica l effetto biologico causato da un fascio di ioni in termini della dose depositata con raggi X che sarebbe necessaria per ottenere lo stesso effetto. L uso di un concetto così involuto ha la sua motivazione nel fatto che la radioterapia è nata e si è sviluppata servendosi dei raggi X e la maggior parte delle informazioni radiobiologiche disponibili, incluse le normative sanitarie sulle massime prescrizioni di dose, si riferiscono a dosi fornite con quella modalità. 12

17 Da misure fatte su colture cellulari al LBL, NIRS, GSI gli ioni carbonio hanno mostrato avere i migliori requisiti possibili. Ad alte energie infatti essi possiedono nella regione di entrata una densità di ionizzazione sufficientemente bassa e si comportano come i fotoni, producendo danni riparabili al DNA. Nelle vicinanze del picco di Bragg invece la densità di energia di ionizzazione cresce significativamente, con conseguenti danni irriparabili e alto potere di uccisione della cellula (Figura 1.6). 1.3 Modalità di irraggiamento Figura 1.7: Profilo della dose in funzione della profondità di un fascio di protoni monoenergetico (linea rossa) che mostra il picco di Bragg alla fine del range. Dalla sovrapposizione di fasci di protoni di diverse energie (ranges) adeguatamente pesati risulta la formazione dell SOBP (spread-out-bragg-peaks) che provvede a fornire una dose uniforme sopra l intera regione del target [7]. Le dimensioni di un fascio di protoni ad alta energia che proviene dall acceleratore ( 10 mm) e la larghezza del suo picco di Bragg ( 20 mm) sono molto piccole; il fascio deve quindi essere opportunamente modificato in modo da depositare la dose richiesta sull intero volume tridimensionale del bersaglio (vedi Figura 1.7). A questo scopo si utilizzano due strategie di irraggiamento: sistema di scanning passivo; sistema di scanning attivo. La prima, più comunemente diffusa, consente di ottenere la variazione delle caratteristiche dell irraggiamento mediante l inserzione di materiali assorbenti (sistemi di filtri rigidi interposti tra l acceleratore e il volume da trattare). 13

18 Tali materiali, provocando fenomeni di scattering e di perdita di energia, deviano le particelle e causano la modulazione delle loro velocità. Il fascio ad energia fissata proveniente dall acceleratore viene innanzitutto allargato lateralmente tramite l utilizzo di sofisticati diffusori, fino ad un estensione sufficiente da ricoprire il del volume bersaglio. Si provvede quindi a modulare le velocità delle particelle, così da ottenere un SOBP il più possibile conforme alla sezione longitudinale del tumore. La tipologia di irraggiamento passiva ha il pregio di non necessitare di acceleratori in grado di variare la velocità delle particelle durante l irraggiamento (si possono utilizzare acceleratori lineari), con conseguente risparmio sui costi di realizzazione dell impianto. L inserzione di materiali assorbenti e di collimatori lungo la linea del fascio aumenta però gli effetti di frammentazione nucleare. Questo, unitamente al fatto che la deposizione viene effettuata contemporaneamente su un ampia zona, non consente un alta qualità conformazionale dell irraggiamento. Un altro difetto della tecnica è che i compensatori devono essere progettati e realizzati specificatamente per ogni trattamento, a seconda della particolare forma del tumore. La seconda consiste nel variare direttamente l energia del fascio incidente tramite utilizzo di acceleratori piu potenti (i sincrotroni). Il direzionamento del fascio avviene tramite un sistema di deviazione magnetica (vedi Figura 1.8). Figura 1.8: Schema dell irraggiamento attivo [7]. Tale modalità, seppure di gran lunga piu costosa, consente di aumentare il controllo e l ottimizzazione dell irraggiamento. La zona da trattare viene virtualmente divisa in volumetti cubici, detti voxel, che vengono irraggiati singolarmente. I voxel sono normalmente raggruppati in fette, disposte trasversalmente rispetto alla direzione d arrivo degli ioni, che sono scansionate in sequenza. Ogni voxel viene colpito dal fascio collimato fornito dall acceleratore, calibrando l energia in modo da dare luogo ad un picco di Bragg localizzato nel suo punto centrale. Il tempo di permanenza sul voxel regola l altezza del picco di Bragg e di conseguenza la dose depositata. Al GSI attualmente dispongono di 252 energie, 7 dimensioni e 15 intensità possibili 14

19 per il fascio. Ciò garantisce una flessibilità sufficiente a trattare in modo conforme tumori di forma qualsiasi. L elevato numero di gradi di libertà aumenta però la complessità della procedura di ottimizzazione, che deve essere gestita da un software dedicato, il Treatment Planning System (vedi paragrafo 1.4). Il metodo di scanning attivo presenta dunque il vantaggio di non avere restrizioni di sorta per quanto riguarda la forma del volume del target e, a livello teorico, qualsiasi distribuzione di dose tridimensionale può essere generata. Inoltre minimizza le perdite del fascio e la contaminazione di esso da parte di frammenti dovuti al metodo passivo. La dose è depositata con la precisione del millimetro, preservando quindi gli organi critici posti nelle vicinanze della regione tumorale. Risulta un metodo particolarmente adatto alla cura di tumori alla testa e al collo; in questi casi il paziente viene immobilizzato attraverso l uso di opportune maschere. 1.4 Piano di trattamento L obiettivo principale della radioterapia è la conforme distribuzione della dose prescritta al volume del target, risparmiando il più possibile i tessuti sani e le strutture critiche che circondano il tumore. Il TPS (Treatment Planning System) è un pacchetto software che, tenendo conto dei meccanismi biologici del corpo umano permette al radioterapista, al momento della pianificazione del trattamento, di verificare le possibilità terapeutiche simulando e visualizzando diversi scenari di irraggiamento (energie coinvolte, posizioni e intensità del fascio incidente), allo scopo di individuare quello ottimale. Si tratta di uno strumento complesso, che deve eseguire una pianificazione inversa, sulla base delle informazioni spaziali fornite dalla risonanza magnetica (RM) e dalla tomografia assiale computerizzata (TC), nonché delle indicazioni date dal radioterapista sulla posizione del tumore e dell effetto da ottenere su di esso. Oggigiorno per la radioterapia convenzionale e per l adroterapia con protoni il TPS costituisce un pacchetto standard di riferimento per la scelta di una adeguata terapia. Per l adroterapia con ioni leggeri, invece, si ha una situazione diversa: avendo a che fare con una più selettiva distribuzione di energia in profondità ed una maggiore efficacia biologica (RBE) è necessaria una maggiore precisione nella pianificazione e nella distribuzione del trattamento. I problemi legati alla definizione di uno standard di terapia nel trattamento con 12 C sono dovuti alle conoscenze ancora limitate sulla frammentazione 15

20 del fascio, sull RBE e sulla variazione dell RBE per campi misti di particelle 4. Inoltre l RBE dipende dal tipo di tessuto irraggiato. In particolare, cambia la prescrizione della dose medica da fornire alle diverse tipologie di tumore [18]. L obiettivo della ricerca attuale è dunque quello di far sì che il TPS sia in grado di trattare serie di dati relativi ai diversi effetti biologici voxel-pervoxel, considerando i diversi endpoints nel target e distinguendo tra tessuti normali e organi a rischio. Il compito del TPS può dirsi concluso qualora si conoscano le intensità, le energie e le direzioni che devono avere i fasci che puntano ai singoli voxel per soddisfare le specifiche. Ciò è tutt altro che banale, perché la dose che ciascun voxel riceve durante la scansione non può essere ottimizzata singolarmente, visto che un fascio calibrato per avere il picco di Bragg centrato su uno specifico voxel deposita della dose anche su tutti gli altri voxel attraversati. Come anticipato sopra, lo sfruttamento dell elevato RBE degli ioni leggeri richiede grande precisione nella conformazione della dose da applicare. Ciò rende il TPS per ioni più complicato di quello coi protoni, perché è ancora limitato il livello di ottimizzazioni biologiche raggiunto. Ad oggi, infatti, non si possiede ancora una completa comprensione dei meccanismi biologici e fisici implicati e ci si serve di alcuni modelli radiobiologici approssimativamente validi. Rimane ancora da quantificare il contributo di ogni specie di ioni al danno prodotto dalla radiazione per l intero range di energie utilizzate nelle terapie. Perciò, è necessario un modello che trasferisca i pochi dati sperimentali relativi agli ioni già studiati a tutte le altre particelle caratterizzate da differenti LET. A tal fine, ad esempio, al GSI, Darmstat, il modello a cui si fa riferimento è il TRiP (Treatment PlannIng for Particles [24]). Attualmente, all interno degli INFN, si sta portando avanti un progetto da realizzare insieme all industria, in cui si servono del modello radiobiologico LEM (Local Effect Model) e della sua estensione a cluster per calcolare l RBE della trasformazione neoplastica [25]. Il modello LEM è ancora ben lontano dal rappresentare una soluzione soddisfacente al problema. Tuttavia, al momento, rappresenta l unica alternativa disponibile per un progetto che ha come scopo quello di portare a termine, in pochi anni, un prodotto utilizzabile nei contesti clinici pratici. Si elencano in seguito alcune questioni che potrebbero rappresentare un sostanziale miglioramento derivante da progetti di ricerca applicati: ottimizzazione di campo misto; 4 A causa della frammentazione del fascio primario contro il target vengono prodotti frammenti più leggeri che rilasciano nel volume una quantità di dose non trascurabile. Si parla di campo misto di radiazione in quanto il fascio non è più monocromatico. 16

21 sviluppo di modelli di frammentazione tra i 20 e i 200 MeV/n; sviluppo di strumenti di simulazione per verifica dell implementazione TPS (Monte Carlo,..); sviluppo di strumenti di verifica dell implementazione del TPS (PETin-beam); fattorizzazione del calcolo dei diversi RBE a seconda del tipo di radiazione utilizzata ; sviluppo di un TPS in 4D, ovvero che includa anche la variazione nel tempo della geometria, in modo da ottimizzare il trattamento tenendo conto del possibile movimento degli organi; ottimizzazione della definizione del campo di radiazione: ricerca del miglior angolo di campo che può essere introdotto; valutazione dei possibili metodi matematici e degli algoritmi in grado di alleggerire la pesantezza del calcolo computazionale ed ottenere informazioni utili in un tempo minore, occupando meno memoria; definizione dei tipi di output del TPS. È da sottolineare che, per ottenere progressi per ciascun punto, sono necessarie profonde sinergie con gli sviluppi degli altri punti. Il mio lavoro di tesi si concentra sul considerare l utilizzo della PETin beam (positron emission tomography, vedi sezione 2.3) come tecnica di monitoraggio del trattamento, attualmente in fase di sperimentazione. Nella frammentazione del 12 C si producono infatti gli isotopi 11 C e 10 C, emettitori β + (sezione 2.1); osservando la distribuzione delle loro attività all interno del target,è possibile risalire al fascio primario e quindi verificare l efficacia del piano di trattamento scelto. 1.5 Centri e stato della ricerca Vista la complessità e il costo degli acceleratori usati per l adroterapia, nonché delle linee di trasporto del fascio e dei sistemi di distribuzione della dose, l adroterapia è stata condotta inizialmente utilizzando acceleratori dedicati in precedenza alla ricerca in fisica nucleare e delle particelle. Attualmente nel mondo i centri costruiti a scopi clinici adroterapici funzionanti sono 30. La tabella 1.9 ne riporta un elenco dettagliato. Come si vede, la maggior parte utilizza protoni (in USA, Russia, Giappone ed Europa), mentre la terapia con 17

22 Figura 1.9: Centri di adroterapia nel mondo [17] **con beam scanning (tutti gli altri con fascio diffuso) ioni carbonio è ancora di frontiera tra la ricerca e la pratica clinica. Ad oggi, sono solo tre i centri dove pazienti vengono trattati con fasci di ioni carbonio: in Germania al GSI (Gesellschaft für Schwerionenforschung mbh) a Darmstadt e in Giappone allo Heavy Ion Medical Accelerator Center (HIMAC) e allo Hyogo Ion Beam Medical Center (HIBMC). Le energie coinvolte nei centri di protonterapia vanno dai 60 ai 250 MeV [19], che corrispondono a profondità di penetrazione nel tessuto comprese tra 5 cm e 38 cm, come richiesto per il trattamento sia di tumori dell occhio che di tumori profondi. Le cifre relative al numero di pazienti trattati mostrano come la protonterapia possa considerarsi ormai avviata; i dati clinici disponibili ne dimostrano inequivocabilmente le potenzialità curative e 18

23 vi sono numerosi paesi che si stanno adoperando per aprire nuovi centri, tra cui anche l Italia. È attualmente in costruzione a Pavia il centro ospedaliero CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) espressamente dedicato alla cura dei tumori mediante l adroterapia. Sarà dotato di un sincrotrone in grado di accelerare sia protoni che ioni carbonio [22]. La scarsa diffusione dei centri che utilizzano ioni è indice delle maggiori difficoltà tecnologiche che si incontrano nel costruirli: costo degli acceleratori del tipo sincrotrone; difficoltà realizzative della macchina. Il costo stimato per la produzione di un centro che utilizza ioni carbonio è di 100 milioni,circa il doppio di uno a protoni. Le difficoltà realizzative sono legate alla struttura della macchina: per accelerare ioni carbonio fino a 400MeV/n [19], energia che permette di raggiungere i25 cm di profondità di penetrazione, occorre un sincrotrone di circa 30 metri di diametro. L esistenza di queste problematiche parzialmente irrisolte fa di questo tipo di irraggiamento una terapia sperimentale; molti centri attendono di conoscere gli esiti dei test clinici in corso in Giappone ed in Germania per decidere se dotare le loro strutture di linee di trattamento con ioni carbonio. 19

24 Capitolo 2 Monitoring A livello medico, le tradizionali metodiche di diagnostica oncologica per immagini(tomagrafia computerizzata, Risonanza magnetica, Ecografia) mostrano gli aspetti morfologici ma non il metabolismo del tessuto neoplastico. La Tomografia ad emissione di positroni è una tecnica di immagine biologica che fornisce informazioni di tipo funzionale (attraverso la rivelazione degli emettitori β +, paragrafo 2.1). In adroterapia con fasci di ioni è importante determinare la distribuzione di dose fornita nel piano di trattamento e, ad oggi, l unica tecnica utilizzabile come verifica è la PET. L estrapolazione delle informazioni relative alla dose provengono dalla distrubuzione delle attività. Le proprietà degli ioni di carbonio rendono il fascio come un bisturi molto affilato che deve essere utilizzato con molta precauzione, cosicché il tessuto esposto ad alta dose venga ristretto esclusivamente alla superficie tumorale da trattare. Per questa ragione, le tecniche di ricostruzione di immagine per monitorare la localizzazione del fascio sono molto utili. Uno tra i metodi attualmente in fase di sviluppo è proprio la PET in-beam (paragrafo 2.3), che si basa sulla frammentazione nucleare tra proiettili di 12 C del fascio e nuclei del target. In particolare, una frazione di ioni 12 C del fascio, frammentandosi per collisione lungo il percorso da luogo a 11 C o 10 C, entrambi radioattivi β + ; in aggiunta, si producono altri β + emettitori nei processi di frammentazione del target. I positroni emessi dal decadimento vanno incontro, come detto, ad annichilazione e dunque producono una coppia di fotoni che possono essere rivelati. Questo è il metodo utilizzato al GSI, con l utilizzo di uno speciale rivelatore di fotoni di annichilazione per la misura dell attività radioattiva durante l irradiazione del paziente. La PET in-beam è capace di rilevare, durante l irraggiamento, eventuali e indesiderate deviazioni del fascio e modifiche anatomiche del corpo. Riesce quindi a verificare l accuratezza dell irraggiamento fornendo al radioterapista una stima della 20

25 differenza di dosaggio tra quello emesso e quello pianificato. I primi prototipi di PET in-beam, implementati al GSI sono stati ottimizzati per tumori di piccole dimensioni (vedi esperimento DOPET dell INFN [33]). 2.1 Decadimento β + Il decadimento β + è uno dei possibili processi di decadimento che rientrano sotto il nome di decadimento β e consiste nella variazione di una unità del numero atomico (Z), mantenendo inalterato il numero di massa (A). Schematicamente (Z, A) (Z 1, A) (2.1) Durante il decadimento avviene l emissione di un positrone e + (l antiparticella dell elettrone, con massa uguale: MeV ma carica opposta: C) e di un neutrino elettronico ν e : particella neutra avente massa a riposo quasi nulla (oggi si stima che sia inferiore a 2 ev [39]. Il decadimento β + è un decadimento a tre corpi: p n + e + + ν e (2.2) dove p è il protone, n il neutrone. Poiché la massa a riposo del protone è inferiore rispetto a quella del neutrone, questo tipo di decadimento può avvenire soltanto fra nucleoni appartenenti a stati legati: il bilancio energetico è dato dalla somma tra l energia associata alla massa del protone e a quella di legame con il nucleo. Le energie si distribuiscono in modo disuguale e casuale sui tre prodotti di decadimento. Indicando con m e la massa del positrone, con M f e con v f rispettivamente la massa e la velocità del nucleo figlio, è evidente che l energia massima T max assorbita dal nucleo figlio: T max = Mv2 f 2 = γ 2 m2 e + v 2 e + 2M f = β2 1 β 2 m e c 2 2M f c 2 (2.3) è in genere trascurabile (circa 100 ev). La maggior parte dell energia dunque viene spartita tra il neutrino e il positrone e varia entro un range di valori il cui limite superiore, o endpoint, dell ordine del MeV, è detto endpoint, raggiunto solo nel caso in cui il positrone trasporti con sè tutta l energia disponibile nella reazione. L energia media con cui i positroni vengono emessi (in corrispondenza del picco dello spettro di emissione) si aggira invece intorno ad un terzo dell energia massima. Ai fini di questa tesi l interazione del neutrino con la materia non sarà oggetto di discussione. Il neutrone rimane all interno del nucleo. Il positrone, invece, viene emesso verso l esterno 21

26 e, a causa delle collisioni con gli elettroni della materia circostante, perde la propria energia cinetica, dopo aver percorso circa 1 mm del tessuto [40]. La sua velocità va quindi sempre a decrescere, fino a raggiungere l energia termica, fin quando, avvicinandosi ad un elettrone, da inizio al processo di annichilazione: annichilazione del positrone. Il positrone emesso nella materia si lega ad un elettrone del tessuto dando origine ad uno stato di positronio. Il positronio, nello stato di spin 0, detto para-positronio, che poi Figura 2.1: Decadimento ed annichilazione [23]. decade in 2 fotoni, ha una vita media dell ordine dei s, trascorsa la quale le due particelle annichilano: le masse vengono convertite in energia elettromagnetica, rilasciata nella maggior parte dei casi in due fotoni (detti anche raggi γ) (vedi Figura 2.1) emessi con un angolo di 180 l uno rispetto all altro. e + + e 2γ (2.4) Poiché, in prima approssimazione, al momento dell annichilazione positrone ed elettrone possono essere considerati a riposo, per la conservazione del momento, i due fotoni emessi hanno rispettivamente una energia pari a: E=hν= 1 2 (E e + E e +)=1 2 (m e c2 + m e +c 2 ) (2.5) dove con m è indicata la massa delle particelle in gioco, e con ν la frequenza del raggio gamma. In realtà sono possibili anche processi di annichilazione 22

27 con l emissione di più di due fotoni che, intervenendo solo nello 0.003% dei casi, risultano del tutto trascurabili. Generalmente, avendo a che fare con una sostanza che decade, si definisce come attività di una sostanza radioattiva: A(t) = dn(t) dt = λn(t) = λn 0 e λt (2.6) dove con N(t) è indicato il numero di nuclei presenti all istante t e con λ la costante di decadimento. Nella pratica si usano spesso i concetti di vita media, pari all inverso della costante di decadimento, e il tempo di dimezzamento, definito come il tempo medio dopo il quale l attività iniziale si è dimezzata. La vita media τ si calcola a partire da T 1 secondo la relazione 2 τ = T 1 2 ln 2 (2.7) L attività di un nuclide si misura in Bequerel (1 Bq = 1 disintegrazione/s), unità di misura del Sistema Internazionale, oppure in Curie (1Ci = Bq). L attività è una grandezza caratteristica di ogni nuclide radioattivo, ma può essere anche indotta mediante irraggiamento di un nucleo stabile con particelle neutre o cariche: in tal caso essa si calcola, a partire dall equazione: A(t) = Inσ(1 e λt ) (2.8) dove con I si indica l intensità del fascio (numero di particelle per unità di superficie per unità di tempo), con n il numero di nuclei nel bersaglio, con σ la sezione d urto della reazione in gioco e con t il tempo di irraggiamento. Dopo un tempo pari a 4-5 τ, nella formula 2.8 il fattore tra parentesi (fattore di saturazione) diventa prossimo all unità e A(t) si avvicina al cosiddetto valore di saturazione, ovvero l attività massima che il processo di produzione può raggiungere mediante bombardamento. Si definisce invece attività specifica l attività di un nuclide per unità di massa m, che si calcola come A s (t) = Inσ m (1 e λt ) (2.9) Essa è un parametro di notevole importanza nella classificazione e nell individuazione di radionuclidi che, legati a molecole più complesse facilmente assimilabili da strutture biologiche, vengono sfruttati come traccianti all interno di tessuti viventi (vedi paragrafo 2.2). Un radionuclide con un alta attività specifica consente generalmente un migliore tracciamento del radiofarmaco, esponendo tuttavia a dosi di radiazione maggiori l organismo in esame. 23

28 2.2 Positron Emission Tomography (PET) Figura 2.2: Un tipico apparato ospedaliero per la PET (Tomografia ad emissione di positroni [27]. Il fatto che i fotoni, prodotti nell annichilazione del positrone (vedi paragrafo 2.1), siano così energetici è estremamente utile in ambito diagnostico: anzitutto, essi superano facilmente lo spessore dei tessuti e possono essere perciò rivelato esternamente; in secondo luogo, la retta che congiunge i punti di rivelazione delle particelle emesse passa per il punto di annichilazione (collimazione elettronica), che differisce dal punto in cui positrone è stato emesso. Tale intervallo dipende dal range del positrone nel tessuto. Questo consente di localizzare gli emettitori β + distribuiti nei tessuti, misurando simultaneamente la coppia di fotoni di annichilazione. L insieme delle traiettorie di annichilazione permette di ricostruire una immagine tridimensionale del volume in cui si è accumulato il radioisotopo. Avendo i fotoni emessi una energia sempre molto prossima ai 511 kev, è possibile costruire apparecchiature ottimizzate a rivelare fotoni di energia fissa. Il loro conteggio misura l attività della sorgente di positroni all interno del paziente su diversi piani trasversali, dopo aver tenuto conto dei possibili effetti di attenuazione da parte dei tessuti. Sfruttando questo principio vengono costruiti gli scanner PET (Positron Emission Tomography, vedi Figura 2.2). I fotoni sono rivelati da detector disposti in uno e più anelli. Ogni detector consiste in un cristallo scintillatore, che converte il fotone incidente in impulso luminoso, ed in tubo fotomoltiplicatore (PMT), che converte la luce in segnale elettrico. Quando un fotone entra nel cristallo trasferisce ai suoi elettroni la 24

29 propria energia per effetto Compton o fotoelettrico. Questi elettroni eccitano gli atomi che, nel tornare al loro ground state, emettono una luce visibile. Ad Figura 2.3: Caratteristiche dei cristalli scintillatori più comunemente usati nella costruzione degli scan PET. Un cambiamento nella scelta del materiale dopante produce variazioni nei valori della lista [33]. oggi i cristalli utilizzati nei commerciali PET-scanner (vedi tabella 2.3) sono il Bismuto Germanato (Bi 4 Ge 3 O 12, BGO) 1 o il Lutezio Ortosilicato drogato con Cerio (Lu 2 SiO 5, LSO). Quando i due fotoni colpiscono i due detector entro un dato intervallo di tempo fissato a priori, si definisce una rivelazione in coincidenza, e si può assegnare una linea di risposta (LOR, Line of Response) assumendo che l annichilazione avvenga nella linea geometrica tra i due detector. Questa viene chiamata vera coincidenza (vedi Figura 2.4). Oltre alle vere coincidenze si verificano anche coincidenze casuali (random) o multiple che possono compromettere la qualità dell immagine. Una coincidenza random avviene quando due fotoni relativi a due diversi eventi di annichilazione sono rivelati entro la stessa finestra temporale che definisce la coincidenza, aggiungendo rumore all immagine. Per eliminare le coincidenze casuali si deve scegliere come finestra temporale un intervallo sufficientemente breve. Il fattore limitante è il tempo di risposta dello scintillatore, per il BGO un tipico intervallo di tempo per le coincidenze è di 10 ns. Una coincidenza multipla avviene quando più di un fotone colpisce un cristallo, durante il tempo di coincidenza. Ciò può essere corretto assegnando una energia di soglia appropriata. La dispersione delle coincidenze è dovuta al fatto che almeno uno dei due fotoni, provenienti dall annichilazione, viene scatterato almeno una volta. Poiché i fotoni scatterati si propagano in direzioni diverse da quelli non dispersi, non colpiscono il cristallo corretto e conducono ad un LOR sbagliato. Con la misura di un numero di interazioni compresa tra , è possibile ricostruire un immagine tridimensionale della distribuzione della radioattività 1 Il BGO, grazie all elevata densità e numero atomico, presenta un elevata efficienza di rivelazione dei fotoni prodotti nell annichilazione. 25

30 Figura 2.4: Definizione della rivelazione in coincidenza: vengono considerati solo i fotoni che raggiungono il rivelatore in coppia, ovvero in un intervallo di tempo di pochi ns [23] Figura 2.5: Proprietà degli emettitori β + rilevanti per la PET-in beam [36]. in un corpo, con una precisione di localizzazione delle singole sorgenti pari a 5-7 mm [40]. Per quanto concerne l applicazione medica, la Tomografia ad emissione di positroni (PET) è una tecnica di imaging che, a differenza della Tomografia Computerizzata (CT) e della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), permette di ottenere informazioni non solo anatomico-morfologiche, ma anche funzionali dei diversi organi e/o tessuti. A tale scopo viene somministrato al paziente un radiofarmaco e la misura della concentrazione del tracciante, effettuata dallo scanner PET, permette di ottenere un immagine 3D della 26

31 distribuzione anatomica del processo biologico in esame. I radionuclidi utilizzati per la marcatura sono gli isotopi β + -emettitori degli elementi naturali a maggior diffusione nel corpo umano ( 11 C, 13 N, 15 O e 18 F), il che permette a molecole naturali o artificiali di essere marcate con questi isotopi senza alterarne le proprietà chimiche e biologiche. La sintesi delle molecole è realizzata utilizzando dei radionuclidi prodotti, in genere, con le interazione di protoni prodotti da un ciclotrone, che, considerata la breve emivita (tempo di dimezzamento, vedi Figura 2.5) dei radioisotopi impiegati (variabile tra i 2 minuti e le due ore), deve essere collocato nelle immediate vicinanze dello scanner. Il radiofarmaco più utilizzato è il glucosio-desossi-fluoro o FDG 2, il cui comportamento è simile a quello del glucosio. Considerato l elevato consumo di glucosio da parte delle cellule tumorali e della materia grigia cerebrale, la PET può risultare molto utile nelle diagnosi tumorali, di epilessia e demenza. In particolare il tessuto tumorale è caratterizzato, rispetto al tessuto normale, da un aumentato metabolismo energetico: per produrre l energia necessaria per la sua vitalità, utilizza a fini energetici il glucosio. Il Fluoro- Desossiglucosio (F-18 FDG), analogo del glucosio, è assunto dalle cellule tumorali in quantità superiore rispetto alle cellule di tessuto sano. Ciò consente di evidenziare le lesioni neoplastiche che posseggono un elevato metabolismo glucidico. Attualmente gli scanner PET possono essere composti da un array di rivelatori cilindrici disposti circolarmente attorno al paziente, in modo che per ciascuna linea identificata da due fotoni emessi simultaneamente, due opposti rivelatori connessi in coincidenza elettronica rivelino l evento. Attualmente gli scanner PET possono contare fino a 16 array di rivelatori, per un totale di 31 piani transassiali, con una risoluzione di circa 5 mm in tutte le direzioni. Tuttavia i sistemi ad emissione di positroni presentano una serie di limiti: innanzitutto, per raggiungere valori adeguati di sensibilità, occorre disporre di oltre rivelatori BGO; coincidenze accidentali e radiazione scatterata danno origine ad un fondo elevato, che, in alcuni casi, rende necessario il ricorso ad un sistema rimovibile di collimazione; l energia cinetica dei positroni depositata localmente prima dell annichilazione rappresenta un importante contributo di dose al paziente; infine, a causa della loro breve emivita, i radioisotopi utilizzati richiedono di poter disporre di un ciclotrone per la produzione degli stessi. 2 Il Fluoro 18 ([18 F]), marcatore del glucosio, è caratterizzato da una veloce disintegrazione (tempo di dimezzamento di circa 109 minuti); tuttavia essa non è così rapida, perciò consente la sua produzione in altra sede e la successiva spedizione ai centri che non dispongono di ciclotrone e di radiofarmacia. 27

32 I costi sono ancora molto elevati, sia per lo scanner a positroni, sia per il ciclotrone, pur essendo quest ultimo attualmente disponibile in versioni cliniche di dimensioni ridotte (da 10 o da 18 MeV), relativamente economiche. 2.3 Pet-in beam Figura 2.6: A sinistra: Criterio di verifica del range in situ, attraverso l uso della PET. A destra: Sovrapposizione della distribuzione dell attività misurata (profilo colorato) e corrispondente CT del paziente. L irraggiamento con ioni carbonio avviene da destra in alto, le teste del PET-detector sono collocate verticalmente sopra e sotto il lettino del paziente [30]. Un interessante aspetto della frammentazione nucleare, discusso nella sezione 1.1, è la formazione di isotopi emettitori β +, caratterizzati da una vita media corta, che possono essere utilizzati durante il trattamento di adroterapia per un monitoraggio del range del fascio primario attraverso l uso della Pet [42]. In linea di principio questo fenomeno permette di ottenere una verifica indiretta del piano di trattamento previsto: si monitora indirettamente la profondità di penetrazione, grandezza in altro modo inestimabile per il trattamento di tumori vicino a strutture critiche. Questo aspetto vale unicamente per i fasci di ioni pesanti, dal momento che l attività indotta nel tessuto deriva dai frammenti del proiettile, emettitori β +, che hanno quasi lo stesso range delle particelle primarie [59]. 28

33 Il principio della misurazione è schematizzato in Figura 2.6. Lungo il cammino di penetrazione nel tessuto il fascio primario di 12 C può subire delle reazioni nucleari ed il 11 C prodotto continua l attraversamento con circa la stessa velocità. I due isotopi possiedono la stessa carica e raggiungono pressochè la stessa profondità degli ioni primari (leggermente inferiore a causa del numero di massa più piccolo). La distribuzione spaziale dell attività β + degli 11 C è ottenuta applicando algoritmi di ricostruzione delle immagini (ad esempio backprojection) agli eventi di coincidenza, associati alla produzione di due fotoni di annichilazione, che vengono rivelati in due detector opposti. Essa viene poi comparata con la distribuzione aspettata, calcolata sulla base dei dati del paziente dati dalla CT, dei dati relativi al piano di trattamento e alle effettive condizioni di irraggiamento. La distribuzione aspettata viene normalmente determinata attraverso l utilizzo di Metodi Monte Carlo. Ad oggi il calcolo Monte Carlo completo, specialmente per il caso del trattamento con ioni, può richiedere un tempo eccessivo rispetto a quello richiesto dalle necessità cliniche. Pertanto si cerca di definire degli algoritmi di calcolo veloci basati sull uso di risultati pre-calcolati da Monte Carlo. Al GSI si è installata una telecamera PET modificata, detta BASTEI (Beta Activity Measurements at the Therapy with Energetic Ions), costituita da uno scanner ECAT EXACT PET [28] per monitorare il trattamento con ioni 12 C. Lo scanner è stato progettato in modo tale da non interferire con il fascio: consiste in una geometria a 2 teste, ciascuna di cm 2 di dimensioni, che coprono solo il 9% dell angolo solido. Ogni testa possiede 4 8 blocchi di detector di bismuto germanato (BGO) ciascuno di mm 2 di superficie frontale e 20 mm di profondità suddiviso in 8 8 blocchi di cristallo. Questa disposizione di detector consiste in 2048 pixel per testa, che producono circa linee di risposta (LOR). L efficienza totale del rivelatore nel centro del campo di vista (FOV) è circa del 2.2%. Le coincidenze in cui uno o entrambi i fotoni hanno un energia inferiore a quella di soglia vengono scartate. Le energie di soglia inferiore e superiore sono rispettivamente 250 kev e 850 kev. La finestra temporale tre le coincidenze immediate e quelle ritardate è di 12 ns [40]. La Figura 2.7 mostra una foto della postazione di trattamento. Sul lato destro si osserva il lettino del paziente su cui vi è una maschera, utilizzata per immobilizzare la testa del paziente. Sopra e sotto la maschera vi sono le due teste del detector. La PET può muoversi verso il muro durante il posizionamento del paziente, lungo il percorso indicato dalla freccia (b). Inoltre è possibile ruotare i detector di 90 lungo (c). La ricostruzione della tomografia off-line necessita di scartare tutti gli eventi che si verificano durante l estrazione del fascio, poiché essi sono al- 29

34 Figura 2.7: Telecamera PET in-beam del GSI [38]. La freccia (a) mostra il percorso del fascio, la freccia (b) mostra i movimenti orizzontali, e la (c) indica la possibile rotazione delle teste del detector [40]. terati dagli raggi γ istantanei, che si originano dall interazione del fascio con il materiale del target. È dunque necessario inserire nei set di dati anche l informazione circa lo stato del fascio (acceso/spento). Per permettere la ricostruzione dell immagine durante i diversi intervalli di tempo si utilizza una particolare lista di dati che fornisce valori ogni 10 ms. La ricostruzione tridimensionale dell attività è eseguita su di un Cluster con 2.0 Intel processors che funzionano in ambiente Linux. I dati vengono trattati con un particolare algoritmo (Maximum Likelihood Expextations Maximization algorithm, [37]); in seguito, i punti di livello dell attività derivanti dalla PET vengono uniti alle informazioni anatomiche derivanti dalla CT. I parametri clinicamente rilevanti che vengono monitorati dalla PET sono: il range degli ioni, la posizione laterale del campo e, indirettamente, i valori di dose locali. La distribuzione spaziale dell attività non corrisponde alla distribuzione 30

35 Figura 2.8: Schema del trattamento dei dati per la Pet in-baem [38]. Le due teste lavorano in contemporanea. Gli eventi coincidenti sono conservati insieme all informazione sulla stato del fascio. I dati possono essere interpretati attraverso una rete di connessioni. della dose (vedi Figura 2.9). La prima infatti deriva da interazioni nucleari mentre la seconda da interazioni di tipo elettromagnetico. Per quantificare la differenza tra dose voluta e dose ottenuta è quindi necessario conoscere come risalire alla dose dalla distribuzione di attività. Si dice quindi che l uso della PET in-beam costituisce un metodo indiretto di verifica della dose. Quest ultima può essere ricostruita solo attraverso la soluzione del problema inverso, cioè con un algoritmo che permette di invertire il calcolo dell attività ottenuta in funzione di una dose data. Si procede dunque confrontando la distribuzione di attività simulata con la distribuzione misurata tramite uso della PET in-beam. Il codice utilizzato per simulare l attività β +, detto PETSIM [52], tiene conto del trasporto del fascio primario e delle particelle secondarie, delle reazioni di frammentazione del fascio con il tessuto, del trasporto e dell annichilazione dei fotoni e del 31

36 Figura 2.9: Distribuzione dell attività β + (linea continua) in funzione della profondità confrontata con la distribuzione di dose calcolata (linea tratteggiata) per un fascio di ioni 12 C a 212 MeV/n fermato da un fantoccio di PMMA [41]. Figura 2.10: Schema delle routine clinica. A sinistra è mostrato il piano di trattamento con il tumore (verde) vicino all organo a rischio (rosso) e le linee di calcolo della dose. Dal piano di trattamento e dall informazione sullo stato del fascio si ottiene la predizione dell attività β + (figura al centro), che è confrontata con l attività β + misurata (immagine destra). Nel caso le immagini non si accoppino si ricerca la ragione della discrepanza e, se necessario, si interviene [38]. loro rivelamento. Necessita di avere come input: i dati della CT relativi alla densità e alla composizione stoichiometrica e le proprietà del piano di trattamento: energie, posizioni, intensità e durata dell irraggiamento. Poiché il tempo di irraggiamento è differente per ogni frazione di emissione del fas- 32

37 cio non è possibile compiere una simulazione a priori o utilizzare la stessa simulazione per tutte le frazioni di irraggiamento. Uno schema della routine clinica è mostrato in Figura In caso di scostamenti tra l attività simulata e quella misurata si devono fare assunzioni riguardo all origine del problema: possibili disallineamenti o modifiche anatomiche, come, nel caso dei trattamenti della testa, quelli dovuti al movimento del muco nelle cavità nasali e paranasali; ingrassamento/dimagrimento del paziente; possibili variazioni nella rotazione, traslazione del paziente o dei macchinari. Ipotizzate le possibili cause del discostamento, sulla base di queste, si utilizza un opportuno programma di calcolo che modifichi i dati della CT. Viene dunque ricalcolata la nuova distribuzione dell attività sulla base della CT modificata. Se il ricalcolo non è ancora soddisfacente si applicano ulteriori modifiche e si ricalcola. Una volta raggiunto la sovrapposizione delle attività viene ricalcolata la dose dal software del piano di trattamento, utilizzando i dati della CT modificata. Se, come risultato dell approccio interattivo descritto, si determinano delle modifiche anatomiche del paziente, viene fatta una nuova CT e sulla base dei nuovi dati viene creato un nuovo piano di trattamento. È importante ricordare che per fare una misura CT si rilascia un ulteriore dose di radiazione nel paziente, che deve essere tenuta in considerazione nello sviluppo del piano di trattamento successivo. 33

38 Capitolo 3 Diversi approcci per il calcolo delle attività La misura dell attività β +, tutt altro che banale, uno dei pochi metodi indiretti, ad oggi proponibile, per poter effettuare una verifica della dose irraggiata in un trattamento di adroterapia. Centri di ricerca applicati alla medicina, come il GSI (vedi sezione 3.1)e l HDT [54] lavorano da anni su esperimenti volti ad ottenere un adeguata precisione nella misura dell attività concernente l uso della PET in-beam. L obiettivo che si vuole raggiungere è trovare un modello di calcolo rapido per l analisi della misura, adeguato alla pratica clinica. Si tratta di unire competenze di fisica computazionale, calcolo avanzato e fisica medica per fornire strumenti e suggerimenti che possano essere utili nell impiego delle nuove tecnologie nel settore della Adroterapia oncologica. Per prima cosa occorre prevedere con il calcolo la distribuzione di attività aspettata. I modelli di calcolo utilizzati fin ora, come ad esempio FLUKA, un codice Monte Carlo (vedi sezione 3.3) che descrive il trasporto di particelle e la loro interazione con la materia, hanno tempi di calcolo relativamente lunghi. I principali limiti alla diffusione delle simulazioni Monte Carlo risiedono nella complessità-macchinosità degli codici, che necessita di risorse altamente specializzate e di lunghi tempi di calcolo, la riduzione dei quali richiede forti investimenti informatici, con la creazione di un cluster di PC. Un possibile miglioramento temporale può essere ottenuto tramite lo sviluppo di modelli di calcolo basati su tecniche di riduzione della varianza ( biasing ), che si concentrino su un numero ridotto di eventi e di formalismi matematici. Infine occorre sviluppare strumenti di calcolo per estrarre la dose dalla misura di attività risolvendo il problema inverso (filtri, vedi sezione 3.4). Questi sembrano avere una buona conformità (nel caso di protoni) con 34

39 i dati misurati, almeno per quanto riguarda la zona spaziale nelle vicinanze del picco di Bragg. 3.1 Il progetto sperimentale del GSI Dopo più di 15 anni di ricerche radiobiologiche con ioni, nel 1994 al GSI (Gesellschaft für Schwerionenforschung) di Darmstadt, in collaborazione con DKFZ (Deutsches KrebsForschungsZentrum), con la Radiological Clinic of Heidelberg University e con il FZR (ForschungsZentrum Rossendorf) di Dresda, si è iniziato un progetto con lo scopo di installare una unità sperimentale per la terapia con ioni carbonio, a ridosso dell unico acceleratore in Europa per ora capace di lanciare ioni pesanti alle energie necessarie per tumori localizzati in profondità. La struttura è diventata operativa nel dicembre Fino al dicembre 2003, 207 pazienti che soffrivano principalmente di cordoma e condrosarcoma 1 alla testa e al collo, sono stati curati. Il sistema attivo di rilascio del fascio ( AMeV) del GSI permette di ottenere eccellenti conformità della dose al tumore, combinando le intensità, controllate attraverso deviazioni magnetiche nella direzione laterale e nella direzione longitudinale con variazioni attive di energia. La struttura temporale dell irradiazione rilasciata dal sincrotrone consiste in cicliche estrazioni del fascio in finestre temporali spill (della durata di 2 s) e pause di estrazioni (della durata di 3 s), per una totale di 5 ripetizioni, permettendo una pulse-to-pulse variazione dei parametri del fascio [40]. Il software, dedicato all analisi dei dati provenienti dagli esperimenti, si basa su accurati modelli analitici riguardanti le interazioni rilevanti degli ioni primari con il target e il loro spettro di frammentazione in acqua; con aggiunta di correzioni per le disomogeneità del tessuto, basate sulla CT del paziente. Tali correzioni fanno riferimento alle curve di calibrazione, verificate sperimentalmente, che, dai dati della CT, forniscono la densità elettronica del 1 Il cordoma e il condrosarcoma sono tumori rari, di difficile rimozione chirurgica, che nascono dalle ossa della base del cranio o a livello della colonna vertebrale da residui ossei embrionari. Sono tumori apparentemente benigni a lenta crescita. Ciononostante possono invadere l osso circostante, comprimendo e danneggiando le strutture nervose adiacenti [26]. 35

40 tessuto in termini di Hounsfield unità [29], HU 2. Normalmente il piano di trattamento individuale di ogni paziente viene verificato, prima di fornire il primo irraggiamento, da misure verificate su un fantoccio d acqua [45], per accertare che valori medi e deviazioni standard tra la dose misurata nel fantoccio e quella pianificata nel piano del paziente, siano inferiori al 5%. Per ottenere l accuratezza del millimetro sulla posizione del tumore, il paziente subisce una verifica stereotattica 3 della sua posizione tramite raggi X [46]. Ciò si applica solo a posizioni anatomiche non soggette a problemi di organi in movimento. I dati della PET, nelle condizioni tipiche di dose clinica (0.5-1 Gy), contengono tipicamente dalle vere coincidenze [47]. Queste statistiche, estremamente basse, con ordini di grandezza inferiori rispetto a quelli utilizzati nelle applicazioni standard della PET in medicina nucleare, in combinazione con la diversa risposta del sistema alle variazioni angolari (difetto del sistema), richiedono un grande sforzo nella ricostruzione delle immagini. Una soluzione praticabile è stata trovata nell algoritmo interattivo [48] che implementa l approccio MLEM (Maximum Likelihood Estimation Maximisation) [49]. Il PET monitoring, per la terapia con ioni carbonio, si basa sul confronto tra le distribuzioni di attività misurata rispetto a quella aspettata. Al GSI quest ultima viene calcolata sulla base di due codici Monte Carlo [50], [51], che descrivono realisticamente tutti i rilevanti processi fisici: dall arresto degli ioni nella materia, alla produzione e decadimento di nuclei β + radioattivi, alla emissione, trasporto nonchè annichilazione dei positroni, alla propagazione della coppia di fotoni, fino al rivelamento coincidente operato dallo scanner. Sono stati compiuti numerosi esperimenti con differenti fasci iniziali a diverse energie: 12 C, 3 He, 16 O (vedi [40], [36]), su diversi target allo scopo di osservare i diversi tipi di andamenti delle grandezze che si misurano e comprendere la fisica su cui si basano. 2 Le Hounsfield units sono così definite: HU = 1000 µ µ H 2O µ H2O (3.1) esprimono il coefficiente di attenuazione µ del materiale per un dato voxel CT relativo a quello dell acqua, fornendo così informazioni relative all anatomia del paziente. L attenuazione è direttamente proporzionale alla densità elettronica dei tessuti presenti nel voxel: il suo valore è detto densitometrico. Un voxel con alta densità viene rappresentato con una gradazione di grigio più chiara. La scala di misura dell HU comprende 2001 diverse tonalità di grigio, dal nero al bianco. La densità dell aria assume un valore di UH, l acqua vale 0 HU e l osso compatto vale Per stereotattico si intende una precisa posizione tridimensionale 36

41 Questi esperimenti sono stati fatti allo scopo di produrre dati, connessi a situazioni terapeutiche, per misure di PET in-beam. Perciò, nella scelta dei materiali componenti il target, si sono preferiti quelli con caratteristiche simili al tessuto umano, non solo per la loro composizione stoichiometrica, ma anche per la loro densità. PMMA, grafite e acqua sono risultati particolarmente indicati per le seguenti caratteristiche: PMMA: C 5 O 2 H 8, materiale maggiormente usato in medicina per la costruzione di fantocci; la sua densità di 1.18 g/cm 3 è simile a quella del tessuto umano. grafite: scelta per la sua semplice composizione. È il materiale ideale per investigare i modelli interni di FLUKA: nel caso di irradiazione con ioni 12 C, le uniche reazioni nucleari possibili sono quelle tra due nuclei di 12 C, del fascio e del target. acqua con aggiunta di gelatina: l acqua costituisce la sostanza più abbondante del corpo umano. I liquidi però non possono essere studiati con il metodo della PET in-beam, a causa dei moti convettivi; per questo motivo è necessaria l aggiunta di gelatina (agar-agar, derivante dalle alghe rosse). La composizione risulta essere H 66.6 O 33.1 C 0.7. Poiché l aggiunta di carbonio è molto ridotta, essa non produce effetti significativi quali allargamento del fascio o sua variazione. Perciò si usa parlare semplicemente di water target. La durata degli esperimenti è di 30 minuti. Si è misurata l intensità dei singoli spills e del totale, attraverso una camera a ionizzazione. Il target è stato disposto, tramite uso di un laser, in modo che il picco dell attività fosse al centro del campo di vista FOV, assumendo il picco dell attività situato pochi millimetri prima del Picco di Bragg, per avere una miglior precisione. Sono state sviluppate simulazioni con il codice FLUKA (o PETSIM nel caso di fascio di ioni 12 C) per determinare l esatta profondità di penetrazione degli ioni. Nel prossimi anni alla clinica terapeutica di Heidelberg (HDT) saranno disponibili anche fasci di 3 H e 16 O, che verranno anch essi monitorati con PET in-beam. 3.2 Metodi matematici per l analisi degli esperimenti Per calcolare l abbondanza relativa degli isotopi β + emitters presenti alla fine dell ultimo spill si deve fare un fit con la curva di decadimento. La funzione 37

42 di fit è data dalla sovrapposizione delle curve di attività dei singoli isotopi: A(t) = l λ l N l e λ l(t t 0 ) (3.2) doveλ l è la costante di decadimento del nucleo l, N l l ammontare relativo di nuclei di tipo l presenti alla fine dell irraggiamento t 0. Come sopra anticipato, per controllare l adeguatezza della scelta degli isotopi, originati dal processo di frammentazione, si utilizza l equazione 3.2 per verificare che le curve di decadimento si sovrappongano (vedi Figura 3.2). L irraggiamento è costituito da una serie consecutiva di spills intervallati da pause. Assumendo che la durata di ciascuno spill e la durata di ciascuna pausa tra due spill rimangano costanti durante tutto l irraggiamento, è possibile calcolare la probabilità media di produzione relativa all isotopo l. Sia P l la probabilità di produzione di un nucleo l, allora il numero di nuclei l presenti dopo il primo spill K l,1 si calcola secondo la formula: K l,1 = P l λ l (1 e λsts ) (3.3) dove t s è la durata media di uno spill in secondi. Il numero di nuclei l presenti dopo il j-esimo spill K l,j, segue da: K l,j = K l,j 1 e λ l(t p+t s) + P l λ l (1 e λ lt s ) (3.4) dove t p è la durata media di una pausa tra due spill consecutivi. Conoscendo l abbondanza degli isotopi di interesse, che si ricava dalla soluzione del fit 3.2, mettendola uguale a K l,τ, dove τ è l indice dell ultimo spill, dalle equazioni 3.3 e 3.5 si ottiene la probabilità di produzione di un nucleo l: P l = λ l K l,τ (1 e λ lt s) τ i=1 e λ l(i 1)(t p+t s) (3.5) Non è però sempre possibile assumere che la durata degli spill e delle pause tra due spill consecutivi sia costante durante l intero tempo dell irraggiamento. Un problema frequente sono le piccole interruzioni dell irradiazione dovute a problemi dell acceleratore (vedi Figura 3.2, nel caso della grafite). È necessario quindi usare un ulteriore metodo di calcolo che determini le probabilità di produzione individuali dei singoli spill P l,j, per ogni spill j, tenendo conto della reale durata dei singoli spill e delle singole pause. L attività misurata dopo ogni spill A j dipende dalla produzione di tutti gli spill precedenti nonché dalla durata individuale di ogni spill e di ogni pausa. Si calcola A j = A j l j 1 P l,i (1 e λ lt s,i )e λ j 1 l m=1 (t s,m+1+t p,m+i 1 ) i=1 38 (3.6)

43 Figura 3.1: Esempio di conteggi di coincidenze sperimentali all inizio dell irradiazione [36]. I conteggi delle coincidenze sono mostrati in rosso, il primo spill inizia a 32 secondi e termina a circa 35 secondi. La linea blu mostra lo stato del fascio, la sua altezza è stata scelta per visibilità, non ha uno speciale significato. dove t s,i sono le durate individuali dei vari spill. In Figura 3.1 è possibile osservare la crescita dei conteggi dell attività durante l inizio dell irraggiamento. I nuclei 11 C, per il loro tempo di vita media, sono i più importanti Figura 3.2: Confronti tra conteggi di attività misurati e simulati per fascio di 12 C a 260 AMeV. I dati misurati sperimentalmente sono mostrati in nero, a colori sono invece quelli calcolati. La somma dei contributi individuali è mostrata in blu. I diversi target sono da sinistra verso destra rispettivamente PMMA, acqua e grafite [36]. La crescita dipende dalla vita media dei nuclidi. Si osserva che 10 C raggiunge la saturazione dopo circa 100 secondi. Alla fine dell irradiazione la probabilità 15 O inizia ad appiattirsi pur non avendo raggiunto la saturazione. Il tempo di irradiazione è troppo corto per raggiungere la saturazione del 11 C. Dopo la fine dell irradiazione il contributo del 10 C 15 O calano velocemente. Dopo circa 10 minuti dalla fine dell irradiazione la probabilità è dominata da 11 C, gli altri nuclidi non contribuiscono più significativamente. 39

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