Il Cesare Rossarol: cent anni dopo...

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1 Il Cesare Rossarol: cent anni dopo... Sarà perchè io sono nato a Torino, così come l ultimo comandante del Rossarol, il Capitano di Vascello Ludovico De Filippi; sarà perchè sento da vicino, per aver prestato il mio servizio militare come ufficiale nel corpo degli Alpini, il gesto di cedere il proprio salvagente ad un un uomo che non sa nuotare, pur essendo stato arruolato ed imbarcato dalla Regia Marina su una nave, ma per qualche verso questa immersione la dovevo compiere in un giorno ed in un anno particolari. Anche se il mio Paese entrò nel conflitto un anno dopo (= nel 1915) quest anno tuttavia ricorre il centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, o Grande Guerra, come la sentii definire dai miei due nonni, che l avevano combattuta davvero e che io riuscii a conoscere da piccolo. L 8 agosto dunque era impegnato per la mia prima immersione sulla parte di prua ed infine il 13 agosto del 2014, esattamente cento anni dopo il varo della nave, per la parte seconda sul troncone di poppa. Due immersioni distinte, anche se oggi la tecnologia subacquea mi doterebbe di strumenti per compierne una sola prolungata, ma pur tuttavia una scelta voluta e meditata, per osservare con calma ed in solitaria, per pregare sui resti di quel naufragio, per risentire dal fondo di quel mare denso e verde le voci del passato; anche del mio di passato, per aver avuto due nonni che da quel terribile teatro di guerra riuscirono a tornare vivi (anche se per sempre segnati nel corpo e nell anima) e per avere in comune la cittadinanza di quell ultimo comandante. Egli era nato a Torino nel 1872 ed aveva frequentato la Regia Accademia Navale di Livorno, uscendone con il grado di Tenente di Vascello. Si era poi appassionato al volo (in quegli anni agli inizi del suo impiego negli scenari di guerra mondiali), conseguendo le licenze di pilota in Francia e specializzandosi poi nell utilizzo degli idrovolanti. Fu in seguito co-ideatore e propulsore del neonato reparto di idrovolanti della Regia Marina, a bordo di un incrociatore corazzato, trasformato in una delle prime portaerei della storia della navigazione. Dopo vari incarichi operativi ed ispettivi lungo il corso del conflitto, Ludovico De Filippi era giunto, nel marzo del 1918, al comando del Cesare Rossarol, impiegato in Alto Adriatico. La nave era un esploratore leggero della classe Poerio in forza alla Regia Marina come risposta ad identico naviglio nella flotta austro-ungarica, varata come detto il 13 agosto del 1914; il costruttore era l Ansaldo Cantieri di Sestri Ponente a Genova. Lunga 85 metri e larga 8 con un pescaggio di 3 metri, l eploratore leggero era dotato di una propulsione fornita dalle tre caldaie Yarrow e due turbine a vapore Parsons- Belluzzo, che gli conferivano una potenza di cavalli n grado di fargli raggiungere la velocità massima di crociera di 32 nodi, tradotta in forza da una doppia elica. Il dislocamento era di circa 1100 tonnellate. L equipaggio era costituito da 129 uomini tra ufficiali, sotto ufficiali e marinai. L armamento era imponente già sin dall inizio: 6 pezzi da 102/35, 2 pezzi da 40/39, 4 tubi lanciasiluri da 450 mm con l aggiunta a bordo di un attrezzatura per il trasporto e la posa di 42 mine. Il Rossarol entrò in servizio qualche mese dopo l ingresso dell Italia nella prima guerra mondiale poiché i primi collaudi avvennero a La Spezia e poi avere il nulla osta al servizio attivo a Taranto nel novembre del 1915, assegnata al II Gruppo Esploratori della V Divisione Navale con area operativa l Adriatico Meridionale. Il 30 dicembre del 1915 viene trasferita a Venezia ed insieme ai gemelli Pepe e Poerio compone il Gruppo Esploratori della IV Divisione Navale. Dopo vicende alterne la nave fu mandata in cantiere per subire alcune modifiche nel 1917: 2 mitragliere contraeree Vickers da 40/39 mm e, sempre nel corso di quell anno, vennero sostituiti i cannoni Vickers-Terni modello 1914 con quelli modello Schneider- Canet 1917 più moderni e da 102/45. In seguito alla firma dell armistizio di Villa Giusti l esploratore leggero fu trasferito in Alto Adriatico, con base a Pola e compiti antisommergibile. Il 16 novembre del 1918, a meno di due settimane dalla conclusione del conflitto, il Rossarol lasciò Pola alle 11:40 al comando del Capitano di Vascello Ludovico De Filippi per trasportare a Fiume un ufficiale jugoslavo che avrebbe dovuto convincere le formazioni irregolari serbo-croate a non cercare di impedire l occupazione italiana dell importante capoluogo di regione. Alle 12:45 di quel fatidico giorno però, dopo aver doppiato Punta Patera e mentre gran parte dell equipaggio era intento a pranzare a bordo, l unità urtò una mina a centro nave, all altezza del locale dinamo, a poppavia della plancia sul lato sinistro. La potentissima deflagrazione spezzò immediatamente in due la nave: la cui poppa 1 2

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6 Cesare Rossarol Nereus affondò quasi subito a perpendicolo sul luogo dell incidente, mentre la prua, spinta dall abbrivio della navigazione in corso, proseguì per alcune centinaia di metri, affondando quindi subito a sua volta. Si stima che in due minuti tutto accadde, non potendo pertanto comprendere esattamente se il disastro fosse stato determinato dall urto di una mina vagante, o da un errore di navigazione dell esperto pilota Giovanni Pizzini che in quel momento era al timone. La marina austro-ungarica infatti non aveva ancora distribuito carte nautiche con l esatta allocazione dei vari campi minati stesi in Adriatico. Perirono in tutto cento uomini, tra i quali il Comandante De Filippi, che fu visto scomparire in mare, dopo aver ceduto il proprio salvagente ad un marinaio che lo implorava di non lasciarlo morire per poter tornare da moglie e figli ed il comandante in seconda (Tenente di Vascello Ludovico Scaccia Alberti), oltre ad altri sei ufficiali; solo trentaquattro persone poterono esser tratte in salvo da due M.A.S. e dalla Torpediniera 16- OS, accorsi presto sul posto. Per l episodio dell affondamento, 17 maggio del 1919, fu conferita la Medaglia d Argento al Valor Militare a Ludovico De Filippi e nel settembre del medesimo anno fu eretto un monumento a memoria delle cento vittime del naufragio del Cesare Rossarol a Punta Munat, non distante dal luogo esatto dell affondamento. Un racconto da brividi per chi ha passione per il mare, la sua storia, la sua gente ed i suoi relitti; io sono, da anni ormai, uno di questi. Era del tutto inevitabile quindi che non cercassi, dentro le pieghe del passato, nello spazio di una memoria che ormai si sta diluendo, con il passare del tempo, qualche immagini e qualche dettaglio storico non certo nuovi, ma senz altro importanti da leggere e da conservare per noi tutti. E poi va detto che non credo vi siano stati molti altri comandanti di navi da guerra nati e cresciuti in una città come Torino ai piedi della più importante catena montuosa d Europa e con la montagna più alta confinante. Oggi il relitto giace spezzato in due tronconi, a meno di un miglio dalla costa davanti alla cittadina di Lisignano (Ližnjan), su un fondale tipicamente adriatico e fangoso di 49 metri. Il Diving Center Shark di Medolino (Medulin), situato nel campeggio della città a sette chilometri da Pola, degli amici Vedran e Valentina ha quella precisa e puntuale organizzazione, oltre che professionale dotazione di equipaggiamento e mezzi nautici, che consente a chiunque, titolato per questo tipo di immersione, di potersi organizzare il tuffo. La maggioranza dei turisti estivi esegue l immersione con un mono bombola in aria, ma io reputo e consiglio sia meglio aver un bi-bombola almeno e una bombola di fase, caricati a miscela ternaria ed aria ipersossigenata, in modo da potersi consentire adeguato comfort e tempo necessario; meglio ancora per chi usa il rebreather, anche se entrare nelle vecchie, contorte ed ancora affilatissime lamiere del relitto centenario con i bailouts di fianco, non è operazione agevole e prudentissima da effettuarsi. Io sono al primo tuffo con il mio allievo e compagno di immersione Fabio, che infatti ci rimette suo malgrado un guanto stagno, probabilmente tagliato durante la penetrazione, che solo noi due eseguiamo, allo scopo di fotografare (= io) e filmare (= lui) il relitto nei suoi resti della parte prodiera. Venerdì otto agosto dunque ci si ritrova al diving con gli altri membri dell immersione. Dopo una mezz ora di navigazione sul comodo catamarano dotato addirittura di elevatore del subacqueo in uscita dall acqua, giungiamo sul punto in cui gli uomini del diving hanno sistemato il pedagno con la cima di discesa. Il troncone di prua è lungo circa cinquanta metri da punto a punto e giace sul fondo completamente rovesciato. L immersione comincia dal punto della sua rottura, ove c è lo squarcio che fu prodotto dalla mina ed attraverso cui si può entrare facendo molta attenzione a non sollevare il sedimento che impedirebbe così di vedere la rastrelliere contenenti i colpi dei cannoni da 102 che sono sparse alla rinfusa da lì in avanti. Si prosegue poi verso il tagliamare, incontrando i finestroni che sono testimonian- 11 ze del tremendo scoppio e del passare del tempo sott acqua subiti della chiglia della nave. Girando intorno ad esso e pressochè appoggiati sul fondo melmoso, quasi mai visibile in estate, si riesce anche ad intravedere, attraverso le numerose incrostazioni prodotte dalla vita bentonica marina, la stella che decorava il naviglio della Regia Marina dell epoca. Sparsi sul fondo tutto intorno al relitto i segni di un naufragio, con rottami di ogni genere e pezzi del corredo personale degli imbarcati, che, per il dovuto rispetto che si deve ai defunti, preferiamo non pubblicare. Un tempo di fondo una mezz ora è più che sufficiente per visionare tutta la parte di prua; qualcosa in più naturalmente per allontanarsi da esso e vedere il contorno. Al rientro sono perplesso e dubbioso sull esito delle mie fotografie: mi si son spente le luci ed ho dovuto fare ricorso tutto il mio «mestiere», oltre che alla collaborazione del mio valente compagno di immersione, per portare a termine il lavoro infatti. Mercoledì tredici agosto: arrivo allo Shark Diving per compiere la seconda prevista immersione sul troncone di poppa, quello più suggestivo dei due, poiché adagiato sul fondo con un leggero sbandamento a dritta, ma pur sempre ed ancora in assetto di navigazione. Questa volta sono solo e scendo così per primo sulla cima del pedagno, sistemato a circa trecento metro dal troncone di prua già visitato per avvantaggiarmi sul gruppo e sulla eventualità di avere sospensione alzata in acqua. Al mio arrivo sul fondo sono colpito dallo scenario ancora presente: l armamento sembra intatto e pronto al suo utilizzo, ma tutto intorno pezzi del naufragio ovunque. Fotografo velocemente i pezzi dell artiglieria, senza cui questo servizio non avrebbe senso, e procedo quindi a scender sul fondo per vedere cosa riesco a fare sul timone e sulla doppia elica. Lì trovo troppa sospensione e decido quindi di rinunciare per evitare di fare fotografie non pulite. Noto però che la nave è parecchio sbandata e che una delle due eliche, oltre che il timone, sono quasi completamente sepolti sotto la coltre pulviscolare del fondale. Esco dalla nube biancastra e persistente che giace sul fondo per risalire lungo la murata di dritta e mi ritrovo così a fianco al castello del telemetro di puntamento. Proseguo sulla coperta e scorgo parti dei tubi lanciasiluri, oltre che una delle mitragliere contraeree Vickers da 40/39 montate sulla plancia nei lavori di adeguamento del Scorgo quindi la composizione dell alloggiamento del cannone modello Schneider- Canet 1917 da 102/45 con il suo sedile per l operatore addetto al puntamento. Mi sembra di sentire le voci concitate dell equipaggio intento a mangiare al momento dello scoppio e del conseguente naufragio quando scorgo, sul noto a fianco al relitto, alcuni effetti personali appartenuti agli uomini deceduti in questo tratto di mare a meno di un miglio dalla costa. Penso che sia stato giusto allora venire sin qui oggi, dopo diversi anni dalla mia prima conoscenza di questa nave e ricordare così, seppur senza alcuna ufficialità, in modo personale e raccolto nella mia memoria, il centenario di una morte assurda, quali sono tutte quelle che capitano in guerra in fondo. Sento alto il senso del dovere, al termine della mia immersione, di documentare, più che le immagini di un relitto già noto da tempo, l atrocità della guerra e le durata dei suoi effetti di morte. Prima di risalire noto un colpo del cannone da 102 sulla coperta, con fianco un grosso scorfano rosso: considerato che fu una sciagura a fine conflitto e che i membri dell equipaggio erano intenti a mangiare, piuttosto che a cannoneggiare un altra nave, considero che qualcuno lo abbia portato lì sottraendolo alle casse di carico che sono ancora in prua a circa 336 metri di distanza: lo trovo un gesto inutile, pur fotografandolo. Completo il mio giro sulla coperta osservando i boccaporti circolari aperti sotto il cannone ed il convogliatore d aria in sala macchine con due manometri di rispetto ampiamente incrostati dal trascorrere del tempo a fianco della paratie di quello che fu il locale di generazione del movimento, ora svuotato e riempito solo più di cianfrusaglie scomposte. Il mio tempo è giunto al termine e risalgo così dal fondo del mare, ove giace una nave saltata in aria il 16/11/1918, mentre gli altri subacquei alla spicciolata han già concluso, o lo stanno per fare, la loro immersione, e, lungo il corso della mia decompressione, ricordo gli attimi della Grande Guerra nei racconti di mio nonno, che era stato un stato un sotto ufficiale del Genio sul Carso. Prima di giungere in Istria quest anno, la sorte mi ha obbligato, durante il mio viaggio in auto, ad un uscita forzata dall autostrada al Sacrario di Redipuglia, ove c è il Memoriale della battaglia sull Isonzo che non ero ancora riuscito a visitare: forse non un caso questo ora penso. Seppur a volte terribilmente e maledettamente necessaria, la guerra è sempre uno sporco affare... Testo: Pierpaolo Montali Instructor NAUI & CMAS ** / Technical Instructor TDI & PSAI /Full Trimix Rebreather Diver Foto: Pierpaolo Montali, P Raja Am at Pulau ef...dove i pesci ago non ti pungeranno mai Arrivare come un ospite sentirsi da re e partire come un amico