LABORATORIO DI FISICA NUCLEARE. Uso terapeutico delle radiazioni ionizzanti

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1 Scuola Interateneo di Specializzazione per la Formazione degli Insegnanti della Scuola Secondaria A.A Indirizzo Matematico-Fisico-Informatico LABORATORIO DI FISICA NUCLEARE Uso terapeutico delle radiazioni ionizzanti A cura di Sara Labasin Paola Roccia

2 Programmazione dell ID Argomento: La Fisica Nucleare Destinatari: Classe V, Indirizzo Scientifico Periodo di svolgimento e inserimento nella programmazione: L intervento si potrà svolgere nel corso del secondo quadrimestre, in modo da permettere nel primo la trattazione dell elettromagnetismo e sarà preceduto dall affronto del tema della meccanica quantistica Prerequisiti: I principi di conservazione Il modello atomico di Bohr Le proprietà della forza elettromagnetica e del campo elettromagnetico Inquadramento generale della meccanica quantistica Saper trattare gli errori sperimentali Obiettivi: Sapere Struttura dei nuclei atomici Forza nucleare ed energia di legame Legge dei decadimenti radioattivi Decadimenti alfa e beta L interazione debole Uso terapeutico delle radiazioni ionizzanti Processi di fusione e fissione nucleare Produzione di energia nucleare Saper fare Rappresentare ed analizzare le reazioni nucleari Utilizzare le leggi dei decadimenti radioattivi Verificare l esistenza della radiazione cosmica con un contatore Geiger Strumenti: Libro di testo Appunti Slides per la lezione sull applicazione delle radiazioni in ambito medico Materiale per lo svolgimento dell attività di laboratorio Spazi: Aula Laboratorio di fisica Tempi: 7 ore in aula 2 ore in laboratorio 1

3 Scansione oraria dell ID: DURATA ARGOMENTO MODALITA DI CONDUZIONE 1 ore Struttura dei nuclei Stati energetici dei nuclei Lezione frontale: ripasso della struttura atomica secondo il modello di Bohr e introduzione della struttura dei nuclei 2 ore Forze nucleari ed energia di legame Lezione frontale Esercitazione: risoluzione di problemi 2 ore La produzione di energia nucleare per fissione e per fusione 2 ore La radioattività naturale Legge dei decadimenti radioattivi 2 ore Uso terapeutico della radiazioni ionizzanti Lezione frontale Lezione interattiva: svolgimento di problemi ed esercizi Attività di laboratorio: si alternerà il lavoro a gruppi con la lezione interattiva Lezione seminariale: (eventualmente estesa ad altre classi) Premessa Il tema dell uso terapeutico delle radiazioni ionizzanti non può considerarsi un unità didattica a sé stante, per questo motivo abbiamo pensato di inserirlo all interno dell unità didattica riguardante la Fisica Nucleare, anche perché la sua trattazione costituisce prerequisito fondamentale per l affronto del tema specifico. La trattazione potrà essere svolta semplicemente sotto forma di seminario per una durata variabile da 2 a massimo 4 ore, il livello di approfondimento potrà essere scelto in base all interesse dimostrato dalla classe, ma non potrà prescindere dal fornire le nozioni base sull interazione delle radiazioni con la materia. Questo argomento non è solitamente affrontato dai libri di testo, l unico, da noi reperito, che fa cenno all argomento è il Tipler, che per altro fornisce una trattazione soddisfacente. Anche per questo motivo la parte che segue è pensata come base essenziale per l affronto del tema e potrà quindi essere utilizzata dal docente nella maniera che ritiene più opportuna, ad esempio si potrebbe pensare di non affrontare tutto l argomento in maniera seminariale ma, dopo aver presentato l interazione delle radiazioni con la materia, lasciare spazio ai ragazzi per una ricerca sui danni biologici delle radiazioni ionizzanti e sull uso di tali radiazioni in ambito medico, coinvolgendo quindi anche il docente di biologia. Tenendo conto anche dei risvolti storici dell uso delle radiazioni questa potrebbe diventare la base lo sviluppo di un argomento interdisciplinare da presentare all Esame di Stato. D altra parte affrontando più dettagliatamente le grandezze dosimetriche si potrebbe prendere lo spunto per effettuare delle misure di radioattività naturale, approfondendo quindi più l aspetto pratico del tema e proponendo quindi ai ragazzi un confronto sui livelli di radioattività artificiale rispetto a quella naturale. 2

4 USO TERAPEUTICO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI Introduzione Affronteremo il tema a partire dall analisi di cosa s intende per radiazioni ionizzanti, trattando quindi brevemente le principali interazioni delle particelle cariche, dei neutroni e dei fotoni con la materia. E importante comprendere questa interazione per lo studio degli effetti della radiazione sugli organismi viventi. Attraverso questo percorso arriveremo a trattare l uso di tali radiazioni in ambito medico per concentrarci sull utilizzo terapeutico nella cura dei tumori. 1. Che cosa sono le radiazioni ionizzanti 2. L interazione delle particelle con la materia 3. Dosimetria 4. Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti 5. L uso in ambito medico delle radiazioni ionizzanti 6. Cos è la RADIOTERAPIA 7. Dalle terapie convenzionali all adroterapia 1. CHE COSA SONO LE RADIAZIONI IONIZZANTI Le radiazioni ionizzanti sono radiazioni costituite da particelle o fotoni, che interagendo con la materia la ionizzano. Il processo di ionizzazione è dovuto alla cessione di energia da parte della radiazione alla materia, mentre la attraversa. La particella-proiettile con energia E urta con uno degli elettroni atomici e gli cede una parte dell energia, δe, strappandolo dall atomo. La particella riemerge con energia E - δe, mentre l elettrone atomico acquisisce energia pari a δe. A partire dall atomo complessivamente neutro si vengono ad avere quindi due particelle cariche: l elettrone con carica 1 e lo ione con carica +1 (non si considera la particellaproiettile che presto si allontana). Con il termine ionizzazione si intende quindi la separazione di un elettrone dall atomo a cui appartiene. In alcuni casi questo processo può innescare la rottura dei legami fra atomi che sono normalmente legati nella stessa molecola. Le radiazioni si distinguono in due gruppi: Radiazioni direttamente ionizzanti: composte da particelle cariche che perdono la loro energia ionizzando gli atomi e le molecole della materia. Radiazioni indirettamente ionizzanti: composte da particelle neutre e fotoni che cedono tutta o parte della propria energia a particelle secondarie direttamente ionizzanti. Tali radiazioni possono essere di origine naturale (raggi cosmici o decadimenti di elementi radioattivi naturali presenti nella crosta terrestre) e artificiale (raggi X, radioisotopi prodotti mediante acceleratori di particelle o in reattori nucleari). Le radiazioni ionizzanti prodotte da sorgenti radioattive vengono emesse a seguito del decadimento spontaneo di un radionuclide in un altro nuclide più stabile. Il numero di trasformazioni che avvengono in un secondo, in una data quantità di materiale radioattivo, si chiama attività del materiale e si misura in Bequerel (Bq, 1 Bq corrisponde a una disintegrazione al secondo). Queste radiazioni sono caratterizzate da differente energia e da un diverso potere di penetrazione nella materia; hanno quindi una differente capacità di interagire con la materia che si traduce in una diversa efficacia biologica. 3

5 Gli effetti delle radiazioni sulla materia vivente dipendono dalla modalità e dalla quantità di energia dissipata nell unità di massa (chiamata dose). 2. L interazione delle particelle con la materia Particelle cariche nell attraversare la materia cedono la loro energia per lo più mediante urti elastici con gli elettroni atomici. Quindi la perdita di energia è caratterizzata da una innumerevole quantità di urti, ciascuno dei quali coinvolge, se l energia della particella è grande in confronto alle energie di ionizzazione degli atomi, una frazione molto piccola dell energia del proiettile. A loro volta gli elettroni colpiti acquistano energia che perdono poi urtando altri elettroni atomici. Poiché il numero di elettroni nella materia è molto grande, possiamo trattare il problema come quello di una perdita continua di energia. Dopo una distanza ben definita, detta percorso o range la particella ha perduto tutta la sua energia cinetica e si ferma. In prossimità della fine del percorso non è più valido il modello di perdita continua dell energia, perché diventano importanti i singoli urti. Occasionalmente il proiettile può urtare il nucleo di un atomo (collisione nucleare) provocandone la rottura e perdendo una frazione consistente di energia. La figura rappresenta l andamento dell energia perduta riferita all unità di cammino, - E c / x, in funzione dell energia cinetica della particella ionizzante. Si può vedere da questa figura che essa è massima a basse energie e che, per alte energie, essa è all incirca indipendente dall energia. Per le particelle pesanti molto energetiche (energia cinetica maggiore della loro energia a riposo mc 2 ) la perdita di energia riferita all unità di cammino è all incirca costante e il loro percorso è con buona approssimazione direttamente proporzionale all energia. Se si considerano particelle pesanti molto energetiche esse perdono mediamente 2 MeV per ogni centimetro percorso in acqua. 4

6 La figura a lato rappresenta l andamento del percorso dei protoni in aria in funzione dell energia (tranne che per basse energie il percorso ha un andamento all incirca lineare in funzione dell energia). Inoltre la perdita di energia è linearmente proporzionale alla densità della materia attraversata (poiché è dovuta alle interazioni con gli elettroni del materiale, maggiore è il numero di elettroni maggiore è la perdita di energia). Per esempio, il percorso di un protone di 6 MeV è circa 40 cm in aria, mentre nell acqua, che è circa 800 volte più densa, il percorso è di soli 0,5 cm. Elettroni e positroni nell attraversare la materia cedono la loro energia mediante urti con gli elettroni atomici in modo del tutto analogo alle particelle pesanti. In questo caso il percorso è meno prevedibile in quanto per ogni urto l energia ceduta all elettrone atomico può arrivare fino al 50% dell energia del proiettile. Un secondo meccanismo di perdita di energia per gli elettroni e positroni è dovuta all emissione di onde elettromagnetiche (bremsstrahlung o radiazione di frenamento) dovuta alla curvatura della traiettoria della particelle (che sono quindi sottoposte ad una accelerazione centrifuga) in interazione con il campo elettrico del nucleo. Particelle neutre (neutroni) non sono soggette ad interazioni colombiane con gli elettroni e nuclei della materia. Esse costituiscono comunque una radiazione indirettamente ionizzante perché interagiscono, tramite la forza nucleare forte, con i nuclei della materia che attraversano producendo particelle ionizzanti. Queste reazioni sono eventi rari in quanto avvengono solo quando il neutrone dista meno di m dal nucleo, per questo motivo il neutrone è una particella molto penetrante. I neutroni termici (E < 0,1 ev) interagiscono con i nuclei atomici dai quali vengono catturati, il nucleo poi si diseccita emettendo un fotone. I neutroni veloci (1 MeV < E < 150 MeV) subiscono principalmente urti elastici con i nuclei, ovvero tutta l energia persa dal neutrone è trasformata in energia cinetica del nucleo. Altre due interazioni sono gli urti anelastici e gli urti elastici, nei primi il neutrone viene catturato dal nucleo e in seguito riemesso con un energia minore e produzione di un fotone, nei secondi dopo la cattura neutronica la particella emessa non è il neutrone ma una particella carica. Infine, per neutroni di energia superiore a 100 MeV si può avere spallazione, cioè la frammentazione del nucleo urtato in più parti. Fotoni (raggi X e raggi γ) rilasciano energia nell attraversare la materia per lo più mediante tre meccanismi: - effetto fotoelettrico: il fotone viene assorbito da un elettrone atomico, il quale acquista energia sufficiente per sfuggire al legame atomico - diffusione Compton: il fotone urta un elettrone atomico e lo stacca dall atomo e avrà una direzione ed una energia diversa da quella incidente - creazione di coppie: un fotone, in presenza del campo elettrico del nucleo, si trasforma nella coppia elettrone-positrone. L effetto fotoelettrico è dominante alle basse energie (< 0,5 MeV), l effetto Compton domina per energie comprese tra 0,8 e 4 MeV, infine la creazione di coppie è 5

7 dominante per energie superiori a 5 MeV. Si definisce allora per i fotoni una sezione d urto totale data dalla somma delle sezioni d urto parziali, come mostrato in figura. Sezione d urto per l interazione dei fotoni nel piombo in funzione dell energia. Le curva tratteggiate mostrano le sezioni d urto per l effetto fotoelettrico, per la diffusione Compton e per la produzione di coppie. La sezione d urto totale è la somma di queste. In tutti i tre casi si ha una particella carica. Si può quindi intuire che man mano che si penetra nel materiale la perdita di energia dovuta ai fotoni assomigli sempre più a quella degli elettroni. 3. Dosimetria Gli effetti biologici della radiazione sono dovuti principalmente alla ionizzazione prodotta. Anche una lieve ionizzazione può essere dannosa alle cellule viventi più sensibili: essa può perturbare gravemente le loro funzioni o persino ucciderle. Per misurare questi effetti si usano tre diverse grandezze: l esposizione, la dose assorbita e la dose equivalente. La più antica delle grandezze dosimetriche è l esposizione X, introdotta per descrivere la capacità dei raggi X di produrre ionizzazione in aria; essa è definita come X = dq/dm, dove dq è il valore assoluto della carica totale degli ioni di un solo segno prodotti in aria quando tutti gli elettroni liberati dai fotoni nell elemento di volume di massa dm sono completamente fermati in aria. Nel SI la sua unità di misura è il C/kg anche se si usa ancora sovente il roentgen (R) (1 R = 2, C/kg). La dose assorbita (D), detta comunemente dose, è definita come il rapporto tra l energia rilasciata E dalla radiazione in un piccolo volume di materia e la massa m di tale volume. Le unità di misura della dose assorbita sono il rad (radiation absorbed dose), pari a 100 erg/g (unità che dovrebbe essere abbandonata ), e il Gray (Gy), pari a 1 J/kg = 100 rad. Se un tessuto si trova in un punto esposto a 1 R, esso assorbirà all incirca 1 rad. La dose equivalente o efficace (detta anche RBE da Relative Biological Effectiveness) rappresenta la dose misurata non in termini di pure grandezze fisiche (energia e massa) ma in termini di efficacia biologica. La dose efficace D e è legata alla dose D da un fattore detto fattore di qualità, Q, che dipende dal tipo di radiazione (fotoni, elettroni, protoni, neutroni, alfa, etc ) e dall energia della particella incidente, D e = Q D. 6

8 La seguente tabella dà i valori di Q per varie particelle. fotoni elettroni protoni α neutroni Fattore di qualità L unità di misura della dose equivalente è il Sievert (Sv) = Q Gray. E ancora usato, come unità di misura, il rem: 100 rem = 1 Sv. A questo punto si possono indicare i valori delle dosi a cui si è soggetti suddividendole secondo le sorgenti di radioattività che sono state precedentemente elencate: naturali e artificiali. L unità di misura è il msievert/anno. Sorgenti naturali: Raggi cosmici Radioattività naturale dovuta all ambiente Sorgenti presenti nel corpo ( 40 K, 12 C) Totale 0,3 msv/anno 0,3 msv/anno 0,3 msv/anno msv/anno La radioattività artificiale è dovuta principalmente a esami di radiodiagnostica e trattamenti radioterapici. La dose, in questi casi, varia da caso a caso dipendendo dal tipo e numero di esami. Radioattività artificiale: Esame raggi X 1 msv TAC 10 msv Come si può notare un tipico esame con raggi X è equivalente a un anno di radioattività dovuta a sorgenti naturali. Un esame TAC invece corrisponde a circa 10 anni. Occorre rilevare che in questo caso soltanto la parte del corpo esaminata è sottoposta ad irraggiamento mentre nel caso delle sorgenti naturali interessano tutto il corpo. C è ancora una grandezza cui si fa spesso riferimento, trattando di trasferimento di energia ai tessuti, essa è il LET (Linear Energy Transfer), definito come l energia E rilasciata da una particella carica per unità l di percorso. Si potranno allora distinguere particelle ad alto e basso LET, il valore che permette la distinzione è di circa kev/µm. Una particella si può comportare in entrambi i modi a seconda della regione della sua traccia che si sta considerando: ad es. i protoni sono a basso LET per quasi tutta la loro traccia, mentre nella zona del picco di Bragg assumono alto LET. Esperimenti radiobiologici hanno dimostrato la dipendenza del RBE dal LET. Come si nota in figura le radiazioni ad alto LET sono fino a tre volte più efficaci di quelle a basso LET. Rappresentazione dei dati sperimentali (ottenuti su varie linee cellulari) della dipendenza della RBE dal LET: i segmenti p, C, Ne indicano i LET ottenibili con protoni, ioni carbonio e neon. 7

9 Infine, quando si tratta del danno biologico apportato dalla radiazione, si definisce il fattore di potenziamento dell ossigeno, OER, il rapporto tra la dose necessaria per avere un certo effetto biologico, in condizioni di ipossia e in condizioni normali. Infatti, in presenza di ossigeno cresce l efficacia della radiazione, poiché aumenta la radiosensibilità delle cellule. Nella figura sono mostrate in un unica banda le misure di OER in funzione del LET, condotte su diversi sistemi cellulari: l effetto di scarsa ossigenazione diventa sempre più contenuto all aumentare del LET. OER in funzione del LET per vari tipi di radiazioni e per varie linee cellulari. Sono indicati i range di LET raggiungibili per particelle interessanti in radioterapia. 4. GLI EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI Le radiazioni ionizzanti di origine naturale o artificiale, trasferendo energia alle molecole, sono in grado di rompere o modificare i legami biochimici di importanza fondamentale per le funzioni vitali delle cellule. I principali processi di danno cellulare sono di due tipi: 1. danno diretto al DNA mediante la rottura di legami molecolari dovuti alla ionizzazione 2. ionizzazione di una molecola di H 2 O, di cui il corpo umano è ricco, e conseguente produzione di radicali liberi che vanno ad attaccare le molecole della cellula. Nel primo caso, l energia ceduta da una particella mentre attraversa una cellula rompe il legame molecolare di una delle catene del DNA, la cellula può morire oppure autonomamente ripararsi. In questa operazione il codice genetico può venire reinterpretato in modo sbagliato innescando un processo pericoloso. La doppia rottura dell elica appare la più difficile da riparare. I processi di ionizzazione molto concentrati, per esempio dovuti a particelle pesanti e lente, hanno maggior probabilità di spezzare entrambe le eliche del DNA. A parità di dose la radiazione dovuta a fotoni e elettroni presenta tipicamente una minore aggressività e pericolosità. La ionizzazione di una molecola d acqua dà luogo ad uno ione positivo H 2 O + e ad un e -. In tempi molto brevi si ha che lo ione H 2 O + si separa in H + e OH, mentre invece l e -. si attacca ad una molecola di H 2 O dando luogo a H + OH -. Le molecole di OH (i radicali) si muovono abbastanza liberamente e possono attaccare il DNA. In entrambi i casi, il DNA può auto-riprodursi, e in questo caso non ci saranno effetti, oppure può riportare un danno di tipo permanente. Il danno alla radiazione al DNA non è evidente prima che la cellula tenti di dividersi. A quel punto i cromosomi sono entrambi così danneggiati che la cellula non riesce a dividersi oppure il danno sopravvive nelle generazioni successive come una mutazione genetica. Alcuni tesuti rispondono alla radiazione molto velocemente, altri non mostrano effetti per molto tempo. I tessuti sono così divisi approssimativamente in due gruppi: quelli che 8

10 reagiscono subito (pelle, intestino, testicoli) e quelli che reagiscono in un tempo più lungo (midollo spinale, rene, polmoni, vescica). Analizzando il problema del danno biologico ai tessuti, prodotto dalle radiazioni ionizzanti, con la prospettiva di sfruttare tale danno per la cura dei tumori (radioterapia), ci si deve porre nell ottica di cercare le strategie che permettano di ottimizzare i trattamenti in situ, ovvero cercare un ottimizzazione della localizzazione in profondità dell energia rilasciata. Occorre dire che la buona riuscita di un trattamento è legata al raggiungimento del giusto compromesso tra l aggressione alle cellule maligne e la salvaguardia di quelle sane. Si parla in proposito di selettività balistica o conformità della radiazione. Tale requisito è molto importante, soprattutto quando la zona neoplastica è circondata da organi critici come occhi, midollo spinale, reni e organi genitali. In figura è riportata la probabilità di arrecare danno al tumore e quella di nuocere ai tessuti sani: è evidente come una dose tale da garantire al 100% il controllo locale della patologia sia improponibile, a causa degli effetti sugli altri tessuti interessati. In radioterapia è significativo il rapporto terapeutico, definito come rapporto D 2 /D 1 tra la dose D 2 che è dannosa al 50% ai tessuti ani e la dose D 1 che danneggia al 50% il focolaio maligno. Riprendiamo allora l analisi delle radiazioni ionizzanti per evidenziarne le caratteristiche che le rendono favorevoli o meno per un utilizzo in ambito radioterapico e più specificamente per la conformazione della dose. 9

11 La figura presenta le curve dose-profondità in acqua per fotoni da una sorgente di cobalto e da un acceleratore lineare da 8 MV, elettroni di 20 MeV, neutroni prodotti su un bersaglio di berillio da protoni di 66 MeV, e protoni di 200 MeV. 1. Nel caso degli elettroni la salita iniziale termina nel massimo di dose ad una profondità espressa in cm pari alla metà circa dell energia del fascio espressa in MeV. La coda di bassa intensità dopo la discesa è dovuta ai fotoni di bremsstrahlung. Per le caratteristiche esposte la radiazione elettronica è indicata per il trattamento di tumori superficiali o poco profondi (6-7 cm). 2. I fasci di fotoni sono caratterizzati da un assorbimento di tipo esponenziale, dopo un massimo situato a profondità variabile con l energia (fino a 3,5 cm per fasci di 25 MV) 1. La posizione del massimo corrisponde al range degli elettroni secondari risultanti dall interazione dei fotoni con gli strati superficiali del tessuto irradiato. Come conseguenza la dose rilasciata in superficie è relativamente bassa e la radiazione fotonica si presta al trattamento di focolai semiprofondi, raggiungibili al massimo di dose. La lunga discesa esponenziale permette inoltre di utilizzare i fotoni per i tumori profondi, irradiando da direzioni diverse al fine di diminuire la dose ai tessuti sani. In figura si osserva la percentuale di dose in funzione della profondità in acqua per fasci di fotoni di differenti energie, rispetto all asse centrale del fascio. Per incrementare l accuratezza balistica dei fasci di fotoni si fa uso di testate rotanti, che permettono di raggiungere il bersaglio da direzioni diverse, di collimatori ad apertura variabile, che determinano la forma del fascio e di assorbitori posizionati lungo il percorso. Le immagini a lato mostrano come varia la distribuzione di dose al bersaglio se l irraggiamento avviene tramite più sorgenti che hanno direzioni non coincidenti. 1 Cfr. immagine successiva. 10

12 3. Nel caso dei neutroni l andamento dose-profondità ripete l attenuazione esponenziale della curva fotonica, a scapito della conformità della terapia, peraltro non correggibile essendo un fascio di particelle neutre difficilmente collimabile. A vantaggio dei neutroni c è il fatto che queste particelle, per quanto non direttamente ionizzanti, sono ad alto LET: durante l attraversamento del mezzo mettono in moto di rinculo protoni di bassa energia. Questo fatto, unitamente ai bassi valori di OER, comporta una notevole efficacia e la possibilità di aggredire tumori radioresistenti. 4. Il fascio di protoni, dopo un plateau in cui la cessione di energia è costante, rilascia gran parte della dose a fine percorso, dando luogo al picco di Bragg. Questa curva di distribuzione della dose è caratteristica per tutti gli adroni carichi. Grazie all alto rapporto dose-al-picco dose-al-plateau essa costituisce un grande vantaggio dal punto di vista fisico in quanto permette un ottima localizzazione in profondità dell energia rilasciata, oltre ad un maggiore risparmio dei tessuti sani. La figura mostra la perdita di energia in funzione del percorso delle particelle cariche in acqua. La maggior parte dell energia viene depositata in prossimità della fine del percorso. Il picco di questa curva è chiamato picco di Bragg. Confrontando le distribuzioni di dose di fasci di protoni e di elettroni su un bersaglio (rappresentato dal cerchio), si osserva come gli adroni siano più indicati per terapie conformazionali. Si apprezza inoltre il brusco gradiente della dose lungo i contorni del bersaglio, il che permette l utilizzo di queste radiazioni anche in siti vicino ad organi critici. 11

13 Ritorniamo, infine, sui vantaggi delle radiazioni ad alto LET: gli effetti biologici delle radiazioni densamente ionizzanti sono qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli provocati da elettroni e da fotoni. Esperimenti di radiobiologia condotti in parallelo su fasci di vario tipo, in particolare protoni e particelle α, hanno dimostrato che l aumento del LET porta all aumento della complessità delle lesioni del DNA, che diventano quindi sempre meno riparabili dalla cellula. 5. L USO IN AMBITO MEDICO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI Prima di affrontare le caratteristiche delle terapie adroniche soffermiamoci sull uso che viene fatto, in generale, in medicina delle radiazioni ionizzanti e sulle origini e prospettive della radioterapia. Medicina nucleare Uso medico delle radiazioni ionizzanti Radiodiagnostica Fasci esterni Radioterapia Brachiterapia La Medicina nucleare è la branca specialistica della medicina che si avvale dell uso di radionuclidi artificiali impiegandoli a scopo diagnostico, terapeutico e di ricerca biomedica. In una opportuna forma chimica o coniugati a molecole o cellule che fungano da vettori, i radionuclidi vengono introdotti nell organismo sotto forma di soluzioni, sospensioni, aerosol o altro e possono comportarsi come traccianti funzionali, permettendo studi diagnostici in vivo, o concentrarsi in tessuti patologici, permettendone sia il riconoscimento sia, a volte, l irradiazione terapeutica. L impiego per uso diagnostico comprende: - applicazioni di laboratorio, totalmente in vitro - applicazioni in vivo e in vitro, ossia studi di patologie mediante conteggi della radioattività nei fluidi corporei dopo aver somministrato opportuni radiofarmaci ai pazienti da esaminare - applicazioni in vivo, di imaging morfo-funzionale (scintigrafie), che servono per studiare funzioni fisiologiche ed eventuali alterazioni. L uso terapeutico consiste nel somministrare il radiofarmaco al paziente, in modo tale che tale farmaco possa concentrarsi nei tessuti patologoci, possa irradiarli, distruggerli risparmiando il più possibile quelli sani. I radiofarmaci che vengono utilizzati in terapia sono, per lo più, differenti da quelli usati in diagnostica, perché emettono radiazioni in grado di dissipare tutta la loro energia in uno spazio molto piccolo (< 1cm); ciò permette una radioterapia selettiva e mirata. Esempi di applicazioni di radioterapia sono: - in campo endocrinologico: la terapia dell ipertiroidismo, con radioiodio; - in campo ematologico: la terapia della policitemia vera (Morbo di Vaquez), con radiofosforo; - in campo reumatologico: la terapia intra-articolare della sinovite cronica da artrite reumatoide, con radiocolloidi; 12

14 - in campo oncologico: la radioterapia del carcinoma tiroideo con radioiodio, la terapia delle metastasi ossee con radiostronzio, la terapia palliativa dei versamenti sierosi neoplastici con radiocolloidi 6. COS E LA RADIOTERAPIA La nascita della radioterapia è stata resa possibile da tre scoperte fondamentali avvenute poco più di 100 anni fa per merito di W.C. Roentgen (1895), H. Bequerel (1896) e M. e P. Curie (1898). Questi scienziati scoprirono i raggi X e la radioattività naturale; sul loro sviluppo sono fondate la moderna radioterapia a fasci esterni e la brachiterapia, che utilizza le radiazioni ionizzanti emesse da particolari sorgenti poste vicino alla lesione da curare. In Canada all inizio degli anni 50 divenne disponibile un apparecchio per sfruttare la radioattività emessa dal Cobalto 60 (isotopo radioattivo con tempo di dimezzamento di circa 5 anni, che emette raggi gamma di 1.25 MeV). Negli stessi anni si lavorava ad una macchina che potesse produrre raggi X ad alta energia senza l uso di sostanze radioattive e nel 1953 la Brown Coveri Co. in Svizzera disegnò la prima macchina acceleratrice di elettroni su un orbita circolare, con energia di 31 MeV per uso radioterapico Questa macchina fu installata a metà degli anni 50 a Zurigo e ad Oslo, negli anni 60 in Italia a Firenze, Milano e Roma. L acceleratore lineare è entrato nell uso clinico alla fine degli anni 60 e nella decade Negli ultimi 20 anni del secolo XX lo sviluppo tecnologico in campo radioterapico è stato enorme e molto rapido, potendosi anche avvalere dell ausilio dell informatica. Parallelamente alla radioterapia a fasci esterni anche la brachiterapia ha fatto grandi passi in avanti: si ricercano radioisotopi in sostituzione del radio e modalità che offrano maggiore protezione per il paziente e l operatore. Nascono così tecniche di inserimento da lontano delle sorgenti sia da contatto sia all interno dell organo da curare. Oggi la radioterapia con i raggi X di alta energia e con l ausilio delle più recenti tecnologie informatiche può eseguire trattamenti in modo: conformazionale: distribuzione della dose conforme al volume tridimensionale da irradiare; con tecnica stereotassica: irradiazione di un piccolo volume cerebrale attraverso archi multipli; intraoperatoria: dopo la rimozione del tumore, la zona viene irradiata. L uso dei protoni e della intensità modulata del fascio rappresentano alcuni aspetti della radioterapia nel prossimo futuro, insieme a nuovi isotopi per la brachiterapia, o di composti che possono entrare selettivamente nelle cellule tumorali. 7. Dalle terapie convenzionali all adroterapia Parlare di radiazioni non convenzionali in radioterapia significa parlare di adroterapia, termina col quale si indicano collettivamente le nuove tecniche basate sull impiego di protoni, neutroni e ioni, che sono tutti adroni, ovvero particelle costituite da doppietti o tripletti di quarks e soggette all interazione nucleare forte. Le potenzialità degli acceleratori di particelle pesanti ad uso medico furono comprese subito dopo la loro comparsa, all inizio degli anni trenta. I primi tentativi riguardarono fasci di neutroni veloci e nacquero subito dopo la scoperta del neutrone (Chadwick, 1932) e della costruzione del primo ciclotrone (1932). Nel 1946 Robert R. Wilson per primo propose l utilizzo a scopo terapeutico di particelle cariche. I centri promotori della terapia con protoni sono stati fin dagli anni 50 il Lawrence Berkeley Laboratori (LBL, California), oggi pioniere nelle ricerche sugli ioni leggeri, e il Gustaf Werner Institute (GWI, Uppsala, Sweden). 13

15 La terapia con adroni presenta, rispetto a quelle tradizionali, grandi vantaggi in termini di selettività ed efficacia; tuttavia, fino ad una decina di anni fa, il costo e l impiego per la costruzione e la gestione di un acceleratore di protoni o ioni per uso medico erano ingiustificati, mancando la strumentazione per localizzare precisamente il tumore. Oggi, la risoluzione diagnostica delle immagini ottenute con la Tomografia Computerizzata (CT), con la Risonanza Magnetica (NMR) e con la Tomografia per emissione di positroni (PET) eguaglia la selettività fisica dei fasci di adroni, rendendo possibili precisioni sul bersaglio di 1-2 mm. Circa 1300 pazienti negli Stati Uniti, in Russia, in Svizzera, in Gran Bretagna e in Giappone sono già stati trattati con protoni e attualmente si guarda allo sviluppo della terapia con ioni leggeri (elio, carbonio, ossigeno, neon) ed alla terapia per cattura neutronica del boro (BNCT). Come evidenziato dal confronto delle distribuzioni di dose per i diversi tipi di radiazione, la radioterapia con adroni carichi offre il doppio vantaggio di un elevata efficacia biologica relativa e di una migliore selettività balistica. Da ciò deriva la possibilità di trattamenti conformi. La profondità massima di penetrazione del fascio può essere regolata attraverso una variazione controllata dell energia. A questo scopo vengono utilizzate le curve rangeenergia del tipo mostrato in figura, da cui si può notare che, per raggiungere focolai situati a profondità superiori a 25 cm, l energia iniziale, specifica per i fasci di carbonio e ossigeno deve essere non inferiore a 400 MeV/u. Per i fasci di protoni tutte le necessità cliniche possono essere soddisfatte con energie comprese tra MeV (tumori superficiali, tipicamente all occhio) e MeV. Con tali intervalli energetici i percorsi in acqua vanno da cm a cm. Rispetto ad elettroni e fotoni, gli adroni hanno anche un ottima collimazione grazie alla minore diffusione laterale. L allargamento trasversale del fascio, spesso necessario per coprire la zona tumorale, viene realizzato tramite diffusori o elementi magnetici. Poiché nel caso di fasci monocromatici di protoni e ioni il picco di Bragg è piuttosto stretto (da 2 cm per i protoni a meno di 5 mm per gli ioni), risulta necessario allargarlo nella direzione di avanzamento del fascio, dal momento che i tumori possono avere estensioni longitudinali di anche 10 cm. Il picco di Bragg allargato o SOBP ( Spread-Out of Bragg Peak) viene realizzato tramite una modulazione energetica del fascio, sovrapponendo diversi picchi monoenergetici come mostra la figura. 14

16 Soffermiamoci infine a confrontare ioni e protoni, un differente caratteristica è il fenomeno della frammentazione nucleare che, oltre il picco di Bragg, determina una coda nel deposito di energia dovuta al diverso range dei frammenti prodotti, questo deposito di dose oltre il picco dipende dalla massa dello ione primario: nel caso di carbonio e ossigeno è pari a l 15%, mentre per il neon raggiunge il 30%. In conseguenza di questo risulta penalizzata l efficacia biologica della radiazione. Occorre però anche ricordare che considerando l RBE il rapporto tra ioni leggeri e protoni è di 3:1, gli ioni leggeri infatti hanno mostrato una maggiore probabilità di ledere la doppia elica del DNA. In definitiva sia per la precisione balistica sia per l alta densità di ionizzazione, le radiazioni adroniche si rivelano assai convenienti. In generale si può dire che la scelta di ioni leggeri rispetto ai protoni è dovuta alla migliore RBE e che il loro vantaggio rispetto agli ioni più pesanti è dato dalla minor frammentazione. Carbonio e ossigeno si prestano egregiamente ad una terapia localizzata contro i tumori profondi e soddisfano ad un compromesso tra l ottimizzazione della dose a dell efficacia biologica (legata quest ultima agli effetti dell ossigeno a agli svantaggi della frammentazione nucleare nei tessuti viventi). 15

17 Bibliografia - P.A. Tipler, Invito alla Fisica, vol. B, Zanichelli, Torino, pagg F. Marchetto, Introduzione alle radiazioni ionizzanti, INFN Sezione di Torino CESEDI Nov.2001, reperibile al sito: - A. Buriano, Tesi svolta nell ambito del Progetto TERA, presso la sezione di Torino dell INFN, relatore prof.ssa C. Peroni, a.a Radioprotezione 2000, CD rom a cura della Regione Piemonte Assessorato alla Sanità - Sito dell Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO): - Sito dell Università di Padova, nelle pagine dedicate alla Medicina Nucleare: - Sito dell ARPA: 16

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