Figura 3.38 Schema di un deposito reale e meccapoinismo di generazione delle onde superficiali prodotte dagli effetti di bordo.

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1 Tali considerazioni ovviamente non possono essere estese, se non per estrapolazione e quindi con tutte le dovute cautele, a campi di accelerazioni più elevati (maggiori di 0.4 g) per i quali non sono disponibili dati sperimentali Effetti bidimensionali (effetti di bordo e onde superficiali) Sono oramai numerose le ricerche e le osservazioni sperimentali che, condotte sugli strati più superficiali di valli alluvionali, hanno rilevato fenomeni di amplificazione caratterizzati da considerevoli incrementi nell ampiezza e nella durata del moto sismico, spesso in aperto contrasto con le previsioni ottenute dall applicazione di modelli monodimensionali (Chang et al., 1991; Aki, 1993; Bard, 1994). La teoria di propagazione unidimensionale delle onde sismiche applicata a tali modelli, introduce, infatti, una schematizzazione della geometria dei depositi, spesso drasticamente semplificata, che riproduce una situazione comunque ideale (deposito stratificato orizzontalmente con substrato piano e orizzontale) e che non si realizza mai nei depositi reali, che, anche nell ipotesi di superficie libera orizzontale, possiedono sempre una conformazione del tipo riportata in Figura 3.38, con una morfologia sepolta irregolare e la superficie di separazione tra substrato e deposito non orizzontale, soprattutto in corrispondenza dei bordi della valle. Onda S Onda S Onda Superficiale Figura 3.38 Schema di un deposito reale e meccapoinismo di generazione delle onde superficiali prodotte dagli effetti di bordo 99

2 Per tale motivo, sebbene la schematizzazione monodimensioonale si possa ritenere valida, con una certa approssimazione, in aree sufficientemente lontane dai bordi e per spessori della valle largamente superiori alle sue dimensioni areali (valli profonde), è anche vero che invece esistono aree del deposito e forme geometriche particolarmente critiche per le quali i modelli monodimensionali sottostimano ampiamente la risposta sismica locale. Ciò è dovuto al fatto che oltre ai fenomeni che caratterizzano la risposta sismica locale di un deposito, già considerati dalla teoria monodimensionale e legati alle sue proprietà geotecniche ( intrappolamento delle onde sismiche nel deposito dovuto al contrasto di rigidezza tra substrato e terreni costituenti il deposito del deposito ed effetto filtro legato alla risonanza in corrispondenza delle frequenze caratteristiche dei terreni) intervengono altri fenomeni fino ad ora non considerati e legati alla morfologia sepolta del deposito e alla sua geometria bidimensionale, che determinano generalmente un amplificazione del moto sismico. Tali fenomeni sono principalmente: la focalizzazione delle onde sismiche che si verifica in prossimità dei bordi della valle, dove la geometria non più piana ed orizzontale del substrato favorisce un interferenza costruttiva tra le onde riflesse e rifratte (e quindi un amplificazione del moto), analoga a quella che si verifica in corrispondenza di creste o promontori (effetti topografici legati all irregolarità della morfologia superficiale). Effetti di questo tipo sono stati rilevati in occasione dei più recenti eventi sismici (terremoto di Kobe) in aree di depositi ubicate lungo il margine della valle alluvionale. la generazione di onde superficiali ad opera delle onde sismiche incidenti la superficie di separazione tra substrato e deposito, laddove tale superficie è inclinata, cioè in corrispondenza dei bordi. L incidenza non verticale di tali onde (che può anche verificarsi alla base del deposito, essendo quella della direzione di propagazione verticale solo un ipotesi approssimativa del reale comportamento delle onde sismiche) genera delle onde di superficie (onde di Love e di Rayleigh) che si propagano orizzontalmente e che per effetto del contrasto d impedenza tra substrato e terreno rimangono confinate all interno del deposito subendo delle riflessioni multiple tra le sue pareti (Figura 3.38) attenuandosi solo a causa dello smorzamento isteretico caratteristico dei terreni costituenti il deposito. Tali onde sono caratterizzate da velocità più basse delle onde S (inferiori comunque a 1000 m/s) e ampiezze e periodi generalmente maggiori (compresi tra 0.5 e 5 s), e determinano 100

3 perciò un aumento nella durata e nelle ampiezze del moto sismico, particolarmente dannosa soprattutto per strutture con periodi fondamentali elevati (maggiori di 0.5 s), come edifici con un numero elevato di piani, ponti, dighe, ecc. È ampiamente documentato, sia da osservazioni sperimentali che da riflessioni teoriche, che tali onde si generano prevalentemente in corrispondenza di strutture di notevoli dimensioni (bacino di Los Angeles, di Osaka, piana di Kanto, ecc.). Negli ultimi quindici anni, nel campo della risposta sismica locale, il problema dell analisi e della giusta considerazione di tali effetti bidimensionali con codici di calcolo appropriati è stato uno dei più dibattuti, insieme a quello della non linearità del comportamento del terreno, tanto per l interesse scientifico che un problema del genere può destare quanto per la necessità di salvaguardare con adeguati interventi di microzonazione la gran parte dei centri urbani, i quali tradizionalmente, soprattutto nel nostro Paese, sorgono proprio in corrispondenza di configurazioni di questo tipo, cioè al centro e spesso ai bordi di valli alluvionali. Assai numerose sono state, fino ad oggi, le osservazioni sperimentali effettuate in occasione dei più recenti e significativi terremoti e, in misura inferiore, da reti di rilevamento installate su siti campione, finalizzate allo studio della differente amplificazione del moto sismico che si verifica lungo una sezione trasversale del deposito (Pitilakis et al., 1999, Gomes et al., 1999; Jongmans et al., 1991) o alla misura delle onde sismiche superficiali generate in corrispondenza dei bordi (Pei et al., 1995). Parallelamente, per quantificare tali effetti, sono stati sviluppati e perfezionati codici di calcolo bidimensionali, e più recentemente tridimensionali, di cui è stata prima verificata l affidabilità, dal confronto con le misure sperimentali e con gli analoghi risultati ottenuti dai modelli monodimensionali, e poi sono stati utilizzati per analisi parametriche per vedere, ad esempio, come la forma della valle (più o meno profonda) può influire sull amplificazione del moto sismico (Bard et al., 1986) e per definire le principali differenze in termini di risposta rispetto ai modelli monodimensionali, anche per un analisi critica delle più recenti normative che a tali modelli fanno riferimento (Pitilakis et al., 1999). Infatti i modelli monodimensionali, proprio perché non considerano gli effetti legati alla bidimensionalità del deposito (interferenza costruttiva tra onde incidenti e onde riflesse, generazione di onde superficiali) tendono generalmente a fornire una risposta inferiore (in termini di durata e ampiezza) a quella stimabile con modelli bidimensionali, d altra parte è anche vero che ci sono siti in cui accade esattamente il contrario, questa volta a causa dell interferenza distruttiva tra i vari tipi di 101

4 onde che non viene computata nei modelli bidimensionali. In generale la principale differenza tra la modellazione 1-D e 2-D o 3-D è che mentre nel caso bidimensionale la risposta sismica locale superficiale può variare bruscamente su piccole distanze anche senza che vi corrispondano variazioni nelle proprietà geotecniche dei terreni, nel caso monodimensionale per avere le stesse variazioni areali devono variare sensibilmente le caratteristiche del terreno. Ciò significa che per tenere conto nelle normative, basate perlopiù su modelli monodimensionali, degli effetti legati alla bidimensionalità del deposito è necessario, ad esempio, introdurre dei fattori che siano funzione delle proprietà geotecniche del terreno sottostante il sito in esame e della sua distanza ad esempio dai bordi (Bielak et al., 2000). A titolo di esempio si riportano i risultati di alcune simulazioni numeriche (Bard et al., 1986) effettuate applicando un modello monodimensionale e un modello bidimensionale a schemi geometrici semplificati di valli alluvionali soggette a onde incidenti del tipo SH. La forma geometrica adottata per le valli è quella trapezia (per valli superficiali) e a catino (per valli profonde) e le sue caratteristiche geometriche sono identificate dal fattore di forma H/L, dove H è lo spessore del deposito e L la sua semilarghezza (Figura 3.39), considerando valli superficiali quelle caratterizzate da un fattore di forma H/L inferiore a 0.25 e profonde quelle con un fattore di forma maggiore. La simulazione numerica è stata effettuata con riferimento a un caso di valle superficiale, con fattore di forma H/L = 0.1 e a un caso di valle profonda, con un fattore di forma H/L = 0.4; è stato utilizzato un modello monodimensionale, ipotizzando una variazione lineare della velocità delle onde S con la profondità, e poi un modello bidimensionale, distinguendo i casi di velocità delle onde S costante e crescente linearmente con la profondità. In ciascuno dei tre casi è stato ipotizzato un rapporto di smorzamento del terreno pari a 2.5 %. In Figura 3.39 sono riportati i risultati delle simulazioni, per ciascuno dei tre casi considerati e relativamente ai due schemi geometrici adottati, in termini di funzione di amplificazione determinata in corrispondenza di più stazioni ubicate lungo la sezione trasversale della valle. Tali funzioni, per rendere più direttamente confrontabili i risultati ottenuti coi due differenti modelli, sono state rappresentate in termini di frequenza normalizzata rispetto alla frequenza fondamentale del deposito calcolata col modello monodimensionale al centro della valle (V S /4 H). 102

5 Figura 3.39 Confronto tra i risultati dell applicazione di un modello 1-D e di un modello 2-D a una valle superficiale di forma trapezia (a) e a una valle profonda con forma a catino (b) (Bard et al., 1986) Nel caso di valle superficiale (Figura 3.39 a) il modello 1-D fornisce dei risultati sostanzialmente in buon accordo con quelli ottenuti col modello 2-D al centro della valle (stazione 8), come era lecito attendersi, mentre le 103

6 differenze diventano sempre più significative allontanandosi dal centro e procedendo verso i bordi (stazioni 6 e 4), dove (stazione 2) si osservano le maggiori differenze, con uno spettro a larga banda ottenuta dalla simulazione 2-D e uno a banda stretta per il caso 1-D, dovute principalmente agi effetti d interferenza tra le onde verticali incidenti e quelle rifratte e riflesse. Nel casi di valle profonda (Figura 3.40 b) i due modelli forniscono risultati sostanzialmente diversi, in termini di forma e di ampiezza della funzione di amplificazione, sia al centro che ai bordi della valle; in particolare le funzioni di amplificazione ottenute col modello 2-D hanno forma vibratoria, caratterizzata da più massimi relativi, e sottostimano il moto sismico rispetto al modello 1-D ai bordi della valle, mentre lo sovrastimano al centro. Quindi mentre per le valli superficiali i risultati ottenuti sono coerenti con le previsioni teoriche, nelle valli profonde essi indicano la presenza di fenomeni d interazione tra onde di volume incidenti e onde superficiali prodotte molto più complessi di quelli fino ad ora ipotizzati; per tale motivo i modelli monodimensionali sono inadeguati nel caso di valli profonde e comunque in entrambi i casi gli effetti bidimensionali producono lungo la sezione trasversale del deposito accentuati movimenti differenziali che devono essere considerati per la progettazione antisismica soprattutto per strutture ad elevato sviluppo lineare (dighe, ecc.) Effetti tridimensionali (effetti topografici) Un deposito si dice che possiede una struttura bidimensionale quando per descriverne la geometria, e conseguentemente gli effetti dell amplificazione del moto sismico, è sufficiente una sola sezione longitudinale (ortogonale alla direzione di massima estensione) a cui applicare un modello di analisi bidimensionale; nella realtà i depositi possiedono delle strutture più complesse, che in alcuni casi, per valli estese prevalentemente secondo una direzione preferenziale, possono essere ricondotte ad uno schema bidimensionale, assumendo come rappresentativa del comportamento dell intero deposito (lontano dalle sue estremità), una qualsiasi sezione ortogonale, mentre in altri casi è necessario ricorrere ad un analisi tridimensionale, dove i fenomeni coinvolti, da un punto di vista qualitativo, sono quelli già descritti nel caso bidimensionale, mentre gli effetti connessi sono quantitativamente più elevati (Zhang et al., 1995). Se poi si considera, in particolari situazioni geomorfologiche, la presenza di una superficie libera non piana e orizzontale e quindi un orizzonte topografico accidentato e irregolare (creste, promontori, dorsali, 104

7 ecc.) la situazione diviene ancora più complessa in quanto intervengono altri effetti, legati sempre alla tridimensionalità del deposito e alla sua morfologia superficiale, noti come effetti topografici. Il fenomeno responsabile degli effetti topografici, noto come focalizzazione, è legato al processo di interazione costruttiva tra le onde incidenti e quelle riflesse attraverso la superficie libera del deposito (onde diffratte) che, data la particolare conformazione topografica (Figura 3.40), tendono a concentrare la loro energia in corrispondenza della cresta del rilievo (Bard, 1982). Figura 3.40 Rappresentazione del fenomeno della focalizzazione delle onde sismiche Gli effetti topografici si traducono in una maggiore amplificazione del moto sismico in prossimità della sommità dei rilievi, come è stato più volte rilevato durante l osservazione della localizzazione dei danni verificatisi durante i terremoti più significativi che hanno colpito l Italia, come il terremoto del Friuli del 1976 (Brambati et al., 1980), dell Irpinia del 1980 (AA.VV., 1983) e dell Umbria-Marche del 1997 o il resto del mondo, come il terremoto di Città del Messico del 1985 (Celebi et al. 1987) e i più recenti di Northridge e di Kobe del Proprio sulla base delle osservazioni dei danni particolarmente ingenti collegati a questo tipo di fenomeno e a partire dalla constatazione che numerosi centri di notevole valore storico, umano ed economico, in paesi come l Italia, sorgono su configurazioni geomorfologiche di questo tipo, l analisi e la stima degli effetti topografici costituisce un altro argomento particolarmente dibattuto nella comunità scientifica internazionale. Oltre 105

8 alle osservazioni qualitative degli effetti topografici sono stati messi a punto una serie di modelli analitici e numerici in grado di quantificare la loro entità, perlomeno in corrispondenza di configurazioni geometriche semplificate e di studiarne le variazioni al variare ad esempio del tipo e dell angolo d incidenza dell onda sismica, delle dimensioni e della forma geometrica del deposito, delle condizioni al contorno considerate, ecc. Ad esempio si è partiti dall analisi di una situazione ideale particolarmente semplice (Aki, 1988), come quella riportata in Figura 3.41 a, in cui l irregolarità topografica è schematizzata con un cuneo indefinito, di angolo al vertice ϕ, costituito da un mezzo elastico, omogeneo ed isotropo attraversato da un onda armonica SH con direzione di propagazione verticale polarizzata parallelamente all asse del cuneo. a) z SH ϕ x 2 b) 1 ϕ = v 2 2 π c) ϕ = v 1 1 π V/V π/3 π/2 2π/3 5π/6 π 7π/6 ϕ Figura 3.41 Modello del cuneo indefinito eccitato da onde SH verticali agenti lungo la direzione dell asse del cuneo (a), schematizzazione geometrica di un irregolarità topografica regolare di geometria triangolare (b) e variazione del fattore di amplificazione con l angolo al vertice ϕ. 106

9 Di tale situazione è stato trovata una soluzione analitica in forma chiusa (Sanchez et al., 1990) al variare dell angolo ϕ = v π (con 0 < v < 2), che è riportata in Figura 3.41 c, in termini di fattore di amplificazione A, pari al rapporto tra l ampiezza lo spostamento in direzione parallela all asse del cuneo misurato al vertice del cuneo, V, e quello misurato nello stesso punto in condizione di superficie piana e orizzontale (v = 1), V 0. Tale rapporto risulta essere indipendente dalla frequenza dell eccitazione e dipendente solo dall angolo ϕ in maniera inversamente proporzionale secondo la relazione: V A = V = 2 v = 2π (Eq. 3.32) 0 ϕ da cui si osserva che l effetto topografico comporta comunque un amplificazione del moto in corrispondenza della cresta, che può già essere rilevante (con un valore del fattore di amplificazione pari a 3) già per profili molto dolci (ϕ = 100 ). All aumentare del fattore di forma (cioè per rilievi più pronunciati) tali fenomeni diventano sempre più marcati. Con riferimento ad una situazione reale, che può essere schematizzata come in Figura 3.41 b, una stima dell amplificazione al punto 2 rispetto al punto 1, è data da v 1 /v 2. Passando a situazioni geometriche un po più realistiche, come quella riportata in Figura 3.42 a, dove L è la semilarghezza e H l altezza del rilievo, è stata determinata, mediante analisi numerica (Geli et al. 1988), in più punti ubicati sulla cima, su fianchi e alla base del rilievo, la funzione di amplificazione in termini di frequenza adimensionale n = 2L/λ, dove λ è la lunghezza dell onda incidente supposta del tipo SH e verticale. In figura 3.42 b sono riportate le funzioni di amplificazione per un valore del fattore di forma H/L fissato (pari a 0.4), dalle quali si può notare come in corrispondenza della cresta la funzione sia a banda larga e quindi risulta chiaro l effetto amplificativo, che raggiunge il massimo per n =2 (cioè quando la lunghezza dell onda incidente λ è pari alla semilarghezza L del deposito), mentre ai fianchi e alla base la funzione presenta un andamento più irregolare con successive amplificazioni e attenuazioni connesse alle interazioni non sempre costruttive delle onde incidenti e diffratte. Col tempo sono state messi a punto dei modelli numerici più complessi in gradi di schematizzare morfologie più irregolari (metodi ad elementi finiti, FEM, e metodi agli elementi al contorno, BEM) ed effettuate simulazioni con riferimento a situazioni reali. 107

10 H L 1 2 H/L = Base a) b) Amplificazione, A 1 Amplificazione, A Frequenza adimensionale, n Frequenza adimensionale, n 2 Amplificazione, A 1 Amplificazione, A Frequenza adimensionale, n Frequenza adimensionale, n Figura 3.42 Schema di un rilievo isolato (a) e funzioni di amplificazioni, in termini di frequenza adimensionale (b), calcolate per via numerica in differenti stazioni ubicate sulla cresta, sui fianchi e alla base del rilievo, per un fattore di forma H/L = 0.4, nell ipotesi di onde incidenti SH verticali Di pari passo, anche se in misura largamente inferiore, sono stati portati avanti studi sperimentali basati sulle registrazioni effettuate lungo determinati profili topografici irregolari durante esplosioni o aftershock di eventi sismici di una certa rilevanza. Ad esempio in Figura 3.43 a sono riportate le registrazioni (Lee et al. 1994), in termini di velocità, di un aftershock del terremoto di Northridge, rilevate lungo un profilo trasversale di una piccola collina (alta 18 m ed estesa 400 m in lunghezza e 200 m in larghezza), situata nella regione di Tarzana e particolarmente colpita da tale evento. Dall esame delle registrazioni si può osservare come le maggiori amplificazioni si siano verificate in corrispondenza della sommità del rilievo, rispetto alle stazioni ubicate alla base. 108

11 Figura 3.43 Tre componenti della velocità registrate durante un aftershock del terremoto di Northridge (1994) lungo un profilo della collina di Tarzana, trasversale (N-S) rispetto alla direzione di massima estensione, e riportate (a) in ordine dall estremità N verso l estremità S della sezione (la 3 a, la 4 a e la 5 a sono quelle più vicine alla sommità del rilievo) e risultati di una simulazione numerica (Bouchon, 1995) riportati (b) al variare della frequenza in termini di picco d accelerazione massimo normalizzato rispetto al picco d accelerazione corrispondente ottenuto per profilo piano. Le linee disegnate sono curve di livello corrispondenti ad intervalli di 5 piedi 109

12 Ciò viene confermato anche da una simulazione numerica effettuata nell ipotesi di onde sismiche SH incidenti verticalmente e polarizzate nella direzione di minima estensione della collina. I risultati, al variare della frequenza, sono riportati in Figura 3.43 b in termini di picco d accelerazione massima normalizzato rispetto al picco corrispondente ad un profilo piatto (A); si può osservare come in un campo di frequenze compreso tra 2 e 15 Hz (di notevole importanza nella pratica ingegneristica) la topografia del rilievo, sebbene non particolarmente pronunciata, influenzi pesantemente il moto sismico determinando amplificazioni che vanno dal 30 al 100%. Un altro esperimento è stato condotto nella regione di Nizza (Bard et al., 1995), su due siti (Castillon e Piène) scelti in modo da presentare caratteristiche morfologiche differenti e una conformazione geologica affine, così da attribuire le eventuali differenze nella risposta sismica locale tra i due siti, unicamente a fattori topografici. Anche la natura dei terreni, costituiti da vari tipi di calcari, consente di escludere eventuali fenomeni di amplificazione o attenuazione dovuti a contrasti d impedenza tra strati di terreno con differenti caratteristiche meccaniche. Lungo un profilo trasversale sono state ubicate per ciascun sito stazioni accelerometriche in corrispondenza della sommità, dei fianchi e alla base del rilievo (riportate in Figura 3.44 a per uno dei due siti), a distanze sufficientemente piccole da potere prescindere, nelle elaborazioni delle registrazioni, da eventuali effetti legati alla sorgente o al percorso delle onde sismiche. Quindi sono state considerate le registrazioni dei sei eventi ritenuti più significativi in termini di intensità e corrispondenti a varie distanze epicentrali (in Figura 3.44 b sono riportate le componenti orizzontali relative ad uno di tali eventi, da cui si può vedere che la massima amplificazione si verifica sulla cresta in corrispondenza della stazione di Sommet); poi, dall esame dei rapporti spettrali delle registrazioni relative a coppie di stazioni, mediati su tutte le registrazioni, è stato osservato che per entrambi i siti le maggiori amplificazioni e attenuazioni sono state rilevate sulla componente orizzontale, con la massima amplificazione (pari circa a 10) in corrispondenza della cresta (intorno a 8-9 Hz per il sito di Castillon e 4 Hz per quello di Piène). Mentre sul sito di Castillon i fenomeni amplificativi si riducono progressivamente dalla cresta alla base del deposito, dove le amplificazioni più significative si verificano in un campo di alte frequenze (e quindi non di interesse ai fini ingegneristici) e quindi sono più facilmente attribuibili ad effetti topografici, nel sito di Piène l andamento non è più cosi lineare e prevedibile, e sembra non seguire un modello di comportamento ben preciso; ciò è dovuto in parte alla morfologia più accidentata, ma anche all impossibilità di ridurre degli effetti così complessi 110

13 come quelli topografici ad una schematizzazione semplice e di validità generale e anche all eventuale presenza di eterogeneità locali nella natura geologica e nelle proprietà geotecniche del terreno e quindi nell impossibilità di scindere gli effetti topografici dagli effetti di sito. Figura 3.44 Sezione geologica del sito di Castillon, Nice (a) e componenti orizzontali E-W registrate durante il terremoto di Riez il 17/02/1994 (b) Quest ultimo esperimento conferma quanto sia difficile l interpretazione dei risultati di registrazioni sperimentali e la loro generalizzazione, soprattutto a causa di una comprensione ancora non 111

14 completa del fenomeno e dell impossibilità di scindere gli effetti sulla risposta sismica locale legati alle proprietà geotecniche del deposito da quelli dovuti ai fenomeni di amplificazione topografica. Per cui sarebbe opportuno un maggior numero di questi studi in riferimento anche a differenti situazioni geomorfologiche e geotecniche. In definitiva, sebbene si abbia una adeguata e corretta conoscenza qualitativa degli effetti topografici connessi alla valutazione della risposta sismica locale, anche confortata dalle osservazioni sperimentali, non altrettanto si può dire circa gli aspetti quantitativi, che fino ad ora hanno portato a risultati spesso contraddittori sia tra i vari modelli utilizzati e sia rispetto ai risultati sperimentali (rispetto ai quali i risultati delle modellazioni teoriche sono generalmente molto inferiori) Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi si può dire che (Bard, 1994) gli effetti topografici su un rilievo si traducono in: un amplificazione del moto sismico alla sommità del rilievo rispetto alla base legata alle dimensioni del rilevo e alla caratteristiche dell onda incidente (l amplificazione risulta tanto maggiore quanto più la semilarghezza di base del rilievo si avvicina alla frequenza fondamentale dell onda incidente) e alla forma del rilievo (l amplificazione aumenta all aumentare del fattore di forma del rilievo); un alternanza di fenomeni di amplificazione e di attenuazione del moto sismico lungo i fianchi del rilievo con rapide variazioni del moto, sia in termini di frequenza che di ampiezza, dovute alla complessa interazione tra onde incidenti e diffratte Codici di calcolo per l applicazione di modelli bidimensionali e tridimensionali I codici di calcolo sviluppati per le analisi bidimensionali si basano essenzialmente su due metodi fondamentali: il metodo ad elementi finiti (FEM), il più noto e diffuso, per le sue molteplici applicazioni in svariati campi dell ingegneria, in grado di considerare, nell analisi della risposta sismica locale molti di quegli effetti legati alla bidimensionalità del deposito citati nel Paragrafo e allo stesso tempo il più compatibile con leggi costitutive non lineari per il comportamento del terreno. Il maggior difetto di questi metodi è dovuto al fatto che sono fortemente condizionati dalle condizioni al contorno e che in corrispondenza della frontiera tra deposito e substrato, supposto infinitamente rigido, si verificano riflessioni che possono condurre a risultati poco realistici. 112

15 il metodo degli elementi al contorno (BEM), meno noto ma sicuramente più adeguato nel rappresentare gli effetti topografici caratteristici di quelle morfologie superficiali particolarmente irregolari descritte nel Paragrafo precedente. L applicazione di tali metodi introduce un livello di complessità superiore rispetto ai tradizionali modelli monodimensionali, legato all utilizzo di codici di calcolo più sofisticati che richiedono, oltre ad un maggiore sforzo computazionale in termini di tempo di calcolo, un maggiore numero di dati e quindi una maggiore affinatezza e precisione nella conoscenza del deposito in questione. Particolarmente delicata è la fase di schematizzazione del deposito, o meglio della sezione di analisi prescelta, della quale dovrà essere nota con sufficientemente precisione la geometria sepolta e superficiale e la composizione stratigrafica (ricavata da sondaggi o prove geofisiche superficiali), nonché le caratteristiche fisico-meccaniche e geotecniche dei singoli strati, non solo con la profondità ma anche in direzione areale. Quando le informazioni relative alla geometria del deposito non siano note o comunque non si ritengano affidabili e soprattutto quando la morfologia sepolta risulta fortemente irregolare e non siano presenti particolari simmetrie che consentano di ridurre l analisi della risposta sismica locale a poche sezioni, lo sforzo richiesto (in termini di indagini e di calcoli) non giustifica la qualità e l affidabilità dei risultati ottenuti (che comunque non sono in grado di descrivere completamente il problema dell amplificazione del moto sismico in una situazione così complessa), mentre appare più idoneo il ricorso a modelli più semplificati, quali quelli monodimensionali. I metodi tridimensionali non sono che un estensione dei modelli utilizzati nei codici di calcolo tridimensionali e data la dimensione ancora sperimentale e di ricerca di molti di essi, nonché le numerose complicazioni introdotte, non verranno esaminati in questa sede, ricordando che comunque un analisi tridimensionale di un deposito può essere comunque sempre effettuata ricorrendo ad analisi bidimensionali effettuate su più sezioni (generalmente perpendicolari alla direzione di massima estensione del deposito) QUAD 4 Tra i codici di calcolo che realizzano metodi ad elementi finiti, il più noto è il QUAD4, elaborato da Idriss et al. nel 1968 presso l Università di Berkeley, in cui la sezione di indagine viene discretizzata in un numero finito di elementi (mesh) secondo uno schema a masse concentrate collegate tra loro 113

16 da molle e smorzatori viscosi. Il calcolo della risposta sismica locale è ricondotto, al solito, alla risoluzione delle equazioni del moto definite, per ciascuno dei punti nodali, nel seguente modo: [ M] { u&& } + [ C] { u&& } + [ K] { u} = { R( t) } (Eq. 3.33) dove [M] è la matrice delle masse concentrate, [C] la matrice dei coefficienti di smorzamento degli smorzatori viscosi e [K] la matrice delle costanti di rigidezza delle molle, {u} il vettore degli spostamenti e {R(t)} il vettore rappresentativo dell eccitazione sismica. Tale sistema di equazioni viene risolto adottando la tecnica d integrazione passo-passo di Wilson e Clough, che determina, mediante integrazione diretta nel dominio del tempo delle (Eq. 3.33), la risposta al generico istante t in funzione della risposta all istante precedente t - t, dove la scelta del passo t è molto importante per la stabilità della risposta. La non linearità del comportamento del terreno viene considerata accoppiando al sistema di equazioni del moto un modello lineare equivalente uguale a quello adottato nel codice SHAKE. La fase più delicata nell applicazione di QUAD4, ma anche di un qualsiasi codice basato sul metodo degli elementi finiti, consiste nella schematizzazione bidimensionale del deposito e nell attribuzione, a ciascuno degli elementi, delle corrispondenti proprietà geotecniche. Per costruire una mesh in maniera corretta e funzionale è sempre necessario raggiungere un compromesso tra la schematizzazione che meglio si adatta alle caratteristiche geometriche, geotecniche e stratigrafiche del deposito e quella che consente una più rapida e stabile convergenza del programma alla soluzione desiderata. Quindi la scelta del numero, della forma e delle dimensioni degli elementi, in rapporto anche alle caratteristiche dell eccitazione sismica e alla variabilità delle proprietà geotecniche deve avvenire con criterio e seguendo alcune regole di base. Ad esempio l altezza h degli elementi viene scelta in relazione alla lunghezza d onda λ dell eccitazione, o alla sua frequenza f, essendo: λ = V fs (Eq. 3.34) con V S velocità delle onde S dello strato, adottando la seguente formula empirica: λ VS h == = (Eq. 3.35) k kf dove k è un coefficiente di riduzione, che dipende dal tipo di discretizzazione più o meno fine che s intende eseguire e generalmente varia 114

17 tra 4 e 12 (maggiore è k e minore sarà h e quindi più fitta la mesh con un aggravio nella preparazione della sezione ma maggiori garanzie di stabilità nella convergenza alla soluzione), mentre come valore di V S viene assunti quello minimo riscontrato nello strato in esame e come valore di f, la frequenza massima del segnale che dovrà propagarsi attraverso lo strato. La larghezza viene generalmente assunta pari a 10 volte l altezza h e la forma quadrangolare e, triangolare solo quando la geometria del deposito lo renda necessario (in prossimità dei bordi o di discontinuità stratigrafiche). Quindi a ciascun elemento vengono assegnate le proprietà fisiche, in termini di densità ρ, e meccaniche in termini di modulo di taglio massimo G 0, rapporto di smorzamento minimo D 0 e coefficiente di Poisson ν e la legge di variazione del modulo di taglio G e del rapporto di smorzamento D con la deformazione di taglio γ per l applicazione del modello, lineare equivalente. L accelerogramma di input viene applicato alla base del deposito in corrispondenza della frontiera tra terreno e substrato, supposto infinitamente rigido. Per tale motivo per evitare che le riflessioni del segnale sismico alla base del deposito possano produrre valori della risposta sismica poco realistici, uno dei possibili accorgimenti adottati consiste nel considerare una frontiera nella schematizzazione spostata verso il substrato rispetto a quella reale. Riassumendo i dati di ingresso per il codice QUAD4 sono: l accelerogramma digitalizzato e la direzione dell onda incidente; numero, forma e dimensioni degli elementi e coordinate di ciascuno dei nodi; densità ρ, modulo di taglio massimo G 0, rapporto di smorzamento minimo D 0 e coefficiente di Poisson ν per ciascun elemento; legge G(γ)/G 0 e D(γ)/D 0 per ciascun elemento; Invece i dati di output sono generalmente: storia temporale delle accelerazioni per ciascun nodo; storia temporale degli sforzi di taglio e normali per ciascun nodo; Nelle versioni più aggiornate sono state introdotte delle modifiche soprattutto per quanto riguarda il tipo di output (oltre ad esempio alla conversione del unità di misura al SI o alla possibilità di introdurre dall esterno le leggi di decadimento per i materiali), prevedendo la possibilità di ottenere, oltre ai più svariati parametri sismici, anche spettri di Fourier o di risposta (in termini di spostamento, velocità, accelerazione, ecc.) e le intensità spettrali 115

18 RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI 116

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