A scuola di Guido Lorenzetto

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1 A scuola di Guido Lorenzetto Il titolo intende dire che d. Guido, attraverso la scuola ha espresso il meglio del suo essere educatore. Queste righe non sono un dire «su di lui», ma un ascolto di ciò che lui dice, il tutto è raccolto dal suo «diario personale». (p. Rino Cozza giuseppino del Murialdo) La scuola era la sua vocazione. «Mi sento fatto per la scuola come il pesce per l acqua e qualsiasi altro tipo di lavoro sarebbe un ripiego» i «non mi vedo in altri contesti anche se so che potrei avere altre frecce nel mio arco in altri campi. Ma mi piace giocare la mia esistenza sul tavolo dell insegnamento. Finché riesco e finché trovo corrispondenza» ii. «C è un compito assegnato a ciascuno di noi che va portato avanti come una consegna. È una coscienza professionale più che un comando. È un aspetto della dignità personale e delle convinzioni che viene esaltato. Non per vanagloria (siamo servi inutili) ma per la soddisfazione di aver lavorato bene e con coscienza» iii. «Ho sempre avuto della scuola una concezione alta; gli studenti devono viverla come monaci, con impegno e rigore. Anche qui sentirmi dire che non è più possibile di questi tempi mi deprime. Perché non è assolutamente vero: anche oggi riescono ad impegnarsi a fondo. Basta chiederlo e motivarli. Ho trovato una frase del padre di Indro Montanelli che era preside e diceva: la scuola o è un tempio o è un bordello. Mi ci trovo in pieno. Non possiamo fare sconti nell impegno e nella serietà. Oggi fare e non fare è lo stesso e deve andare bene per tutti» iv. Il suo metodo «Provo a focalizzare scrive - il metodo educativo che uso, e le cose in cui credo: L educazione è un incontro libero tra persone in cui ognuno dà qualcosa all altro. Sono i discepoli che scelgono il loro maestro e non viceversa. È tutto più facile quanto prima il ragazzo capisce che può rapportarsi con me in questa maniera. Cerco di conoscere la persona, di parlarci individualmente, di dare disponibilità, di dare sostegno nei momenti difficili. Il secondo punto è il trattare i giovani da persone adulte, capaci di valutare le cose, capaci di essere responsabili. Una volta agganciati chiedo un comportamento coerente con quello che loro stessi pensano sia giusto e incoraggio l autonomia di pensiero e di scelte. Anche se dissento, e lo dico, cerco di far sì che la persona si senta libera di fare ciò che ha deciso. Uno strumento che uso è quello di scherzare benevolmente su atteggiamenti esagerando un po le conclusioni per far capire, ma facendo sentire che mi interessa quello che uno è o fa, verificando poi l andamento della vita quando saltano fuori soprattutto le difficoltà e i problemi legati alla quotidianità...quando uno mi dice che parla con me come parlerebbe con uno della sua età, perché si sente di dire tutto quello che pensa, mi sembra l ottimo. Come quando la persona ha il coraggio e la franchezza di criticarmi. sottolineando atteggiamenti sbagliati, parzialità, incongruenze. Questo mi fa felice perché il rapporto è sentito. E infine trovare un tratto di comunicazione personale con quanti più possibile, in maniera che ognuno si senta unico, riconosciuto, accettato. In queste caratteristiche mi sembra di voler incarnare l amico, fratello, padre del Murialdo I legami, i ricordi, l affetto li riscontro spesso» v. A Dio non piace vedere un amicizia che si scioglie Wiesel vi ; «La confidenza che c è, l affetto, è la possibilità che ho di aiutare a crescere. Anche se non tutto è perfetto penso siano pochissimi i ragazzi che mi possono rimproverare qualcosa». 1

2 «Vedo che il rapportarsi in termini onesti e chiari riesce a creare un legame: riuscire a far capire che non si è li per fregare, (ma); che in ogni caso si è dalla loro parte; e che se anche ci sono delle incomprensioni è pur possibile capirsi e lavorare assieme vii». Quando necessario sapeva farsi complice: «Se lo sviluppo dell intelligenza in tenera età ha assoluto bisogno dell affetto - riportando il dire di Onofri S.) in età adolescenziale ha fame morbosa di complicità. Poter contare su una persona che incoraggi l espressione di sé senza remore e senza moralismi, regala un energia e un armonia con l esistenza che agevola qualsiasi processo di comprensione dell ambiente circostante» viii ; e aggiungeva: «con i giovani bisogna sempre lasciare spazio all imprevedibile», nel bene come nel male. Soprattutto nel secondo caso uno stile di comportamento ottiene che si confidino con me soprattutto nelle cose in cui temono disapprovazione e critiche. Non giudicandolo, cercando di aiutarlo a parlare e capirsi su ciò che vogliono. Qui mi sento libero di dire quello che penso perché l altro si sente libero ed accettato per quello che è» ix. «Uno degli errori che facciamo è mantenere i giovani in uno stato di perenne dipendenza» x allora serve anche il «prendere a calci» quando vedo che la gente dipende da me: è più comodo appoggiarsi che camminare con le proprie gambe. Il levarmi per stimolare la crescita perché uno cerchi dentro di sé e non fuori» xi. «la difficoltà più grossa che vedo è quella di un rifiuto di assumersi le responsabilità» xii. «Uno degli aspetti che ci tengo a garantire è la disponibilità. Se uno ha bisogno mi metto a disposizione subito. Capire anche l urgenza dell intervento non è sempre facile». «I castighi distolgono il ragazzo dalla situazione e dai problemi effettivi. Esso è tutto concentrato interiormente sui sentimenti di dolore, paura, rabbia e vendetta. In questo modo viene privato della possibilità di risolvere i problemi in maniera creativa» xiii. A conferma riportava una espressione di Jan Hunt:. «Le punizioni impediscono di imparare a cavarsela in situazioni difficili. I forti valori interiori si possono sviluppare solo in un regime di libertà». Le difficoltà di una scuola non flessibile «Si sta tornando alla grande su (un) criterio emarginante: far parti uguali tra disuguali» xiv : «Piani didattici annuali, programmazioni comuni, test d ingresso, prove uguali per tutti sono il risultato di un inseguimento affannoso della modernità, che si tenta di acchiappare come viene, accettando il valore di tutti la cui validità dentro la scuola è invece tutta da dimostrare: quello dell oggettività, quello dell omogeneità quella della standardizzazione. Tutti criteri che se possono andare bene in una logica di metallurgia e di produzione, adottati in un rapporto pedagogico non portano altro che allo schiacciamento delle differenze e delle individualità sia degli alunni che dei docenti ( ). Una scuola davvero rinnovata dovrebbe, credo, preoccuparsi prima di tutto di assicurare la libertà necessaria all espressione delle differenze e dunque agevolare l originalità dei percorsi didattici e l atipicità dei tempi e dei sistemi di apprendimento. Piuttosto si preferisce valutare quanto il ragazzo ha appreso, quanto si avvicina con il suo sapere attuale al sapere medio. 2

3 Quanto aderisce ai modelli di comportamento considerati accettabili dalla comunità. la risposta giovanile è l apatia, come segno di rifiuto (e di intelligenza) di un mondo e di un modo di sapere che non è il loro» «L adolescenza è l età degli istinti, degli impulsi, delle passioni, delle ossessioni: tutti termini che normalmente vengono contrapposti all intelligenza la quale invece non li esclude affatto e anzi spesso nasce da quelli, se ne alimenta, si lascia modellare» (S.Onofri) xv. «La struttura scuola sembra la contraddizione di questo? e le esigenze dell apprendimento a volte contrastano (devo far raggiungere certi risultati ed obiettivi e faccio pressione se non sono soddisfatti). Cerco di superare lo scoglio con l empatia, mettendomi dalla parte del ragazzo, chiedendo che si esprima liberamente e favorendo questo con il non giudicare, con l ascoltare senza valutare negativamente, eliminando quelle che possono essere le paure e le armi del ricatto». «mi faccio un punto di orgoglio portare tutti nella classe alla sufficienza. Non regalandola, ovvio, ma offrendo e moltiplicando le possibilità di ricuperare». Data Un compito anche per lui non facile: «Ho sempre vissuto la scuola come un corpo a corpo con gli alunni, non nel senso di lotta prevaricatrice ma nel senso di mettermi in gioco totalmente. Anche perché con i ragazzi che non se ne può fare molto, la stima e l affetto provengono da una condivisione profonda del loro sentire. C è il divario di età che cresce, cioè la mentalità che è diversa (ma lo è sempre stata fin dagli inizi)» xvi. Era «vicino ai problemi degli/delle allieve» xvii. (Sabrina). Specialmente con coloro che faticavano maggiormente sul piano dell esistenza Non solo per dovere professionale ma per connaturale empatia: «cerco in compagnia di coloro che non hanno trovato» xviii e «mi misuro con la soddisfazione di quello che riesco a fare con l affetto delle persone che manifestano nei miei confronti, con la gioia di vederci con chi ho a scuola (che vuol dire stima reciproca ma anche sostegno) L essere quercia su cui i polli si posano.. sono quei legami empatici che ti permettono di aiutare a vivere ed in cui Dio resta come sfondo o cornice» xix «Stamattina è spuntata l A.B tanto per cambiare piena di problemi. Il fatto che abbia pensato di poter contare su di me è una di quelle cose che mi fanno capire che servo a qualcosa anch io. Questo è quello che mi illumina l esistenza». xx. «L ascendente sui ragazzi non è un dato di fatto. È (frutto di) una vita intera in cui mi sono posto all ascolto e in empatia» xxi ma «è sulla lunga distanza che ci si rende conto» xxii. e vicino ai fallimenti: «è morta Sara L. Mi sono detto quanto siamo stati superficiali con lei, come il suo aspetto e modo di fare esterno ci abbia impedito di conoscerne l interiorità. Noi vediamo quasi solo l impegno e la voglia di fare ci troviamo poi in debito con queste persone» xxiii. E alla morte di M.M: «è il fatto che mi ha scosso di più quest anno. Al funerale mi sono messo a piangere più volte, non riuscivo nemmeno a leggere il Vangelo. C è un senso di incompiuto, di speranze spezzate, di aspettative deluse» xxiv. «Mi viene da piangere. quando il fratello mi ha detto che era morto (Tiziano) mi pareva di sentirmi crollare tutto addosso. Un colpo al cuore. Adesso è in pace». xxv «mi sento sconfitto sia perché non l ho tampinato di più Tiziano (morto per overdose) mi sento inadeguato davanti a queste cose. Un senso di impotenza sconfinata. La sensazione di non aver fatto tutto il possibile» xxvi. 3

4 Aveva 48 anni quando scrisse: «Un idea che mi frulla da un paio di giorni è quella di non fare più scuola in queste condizioni (di salute) xxvii. «Nel conto perdite della mia decisione ci sono i ragazzi e le ragazze che ho a scuola, soprattutto quelli che hanno bisogno di me in questi momenti, poi l amicizia e l affetto di tanti che ho avuto a scuola in questi 14 anni a Mirano... spesso mi sono trovato ad essere indispensabile in certi frangenti. Dovrei fare un elenco lunghissimo di persone per cui vivo e dovrei tenerlo sempre davanti agli occhi. Oltre le persone cui sono amico e che mi sentono legato a loro. il cambio di orientamento di vita lo sentirei come una specie di tradimento nel confronti dei ragazzi» xxviii. A due anni dalla morte scrive: «Non mi dispiace di avere fatto la vita che ho fatto. Mi sembra sia stata intensa e piena di soddisfazioni (a volte non immediate!) con una sete di amicizia e di affetto che mi ha sostenuto» xxix. «la capacità di capire e di comunicare mi sembra di averla ancora. Magari il prossimo anno (potrei) raccogliere i frutti di quello che ho seminato in 2 anni. Ma io non ci sarò e penso che non sia importante se i ragazzi continueranno la loro strada da soli. Bisogna crescere comunque» «Di tanto in tanto mi passano davanti agli occhi i volti dei ragazzi e delle ragazze che ho avuto a scuola e mi chiedo come saranno, che fine hanno fatto, se la staranno cavando? Quelli che hanno mantenuto i contatti mi rendono fiero» xxx. i ii iii iv v Data? vi vii viii ix x xi xii xiii xiv xv xvi xvii xviii xix xx xxi xxii xxiii xxiv xxv xxvi xxvii xxviii xxix xxx

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