Anziani, badanti e lavoro di cura

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1 Anziani, badanti e lavoro di cura di Sergio Pasquinelli e Stefania Stea 1. Una provincia per vecchi? Una struttura demografica sbilanciata a favore della popolazione anziana non è una nuova notizia nel Paese con la più alta aspettativa di vita in Europa e con il 20 per cento di ultra 65enni, valore sensibilmente superiore alla media europea. Ma l incidenza di questo gruppo di popolazione è destinata a crescere ancora. Nella provincia, a fronte di un lieve incremento della popolazione residente, nei prossimi dieci anni assisteremo a un sensibile incremento di quella anziana. Se la popolazione residente aumenterà complessivamente del 5,4 per cento, gli anziani aumenteranno di tre volte tanto, mentre sarà ancora più evidente l aumento degli ultrasettantacinquenni e degli ultraottantacinquenni, con variazioni positive rispettivamente del 23,8 per cento e del 43,4 per cento. Tabella 1: Gli anziani in provincia di Milano. Dati al 1 gennaio 2007 e proiezioni al 1 gennaio 2017 (Ipotesi centrale) Popolazione residente ,4% popolazione ,0% popolazione ,9% popolazione ,4% Fonte: elaborazioni IRS su dati e stime Istat 1/1/2007 1/1/2017 Variazione % Un primo elemento di riflessione riguarda la differenza crescente della struttura demografica del Comune di Milano rispetto alla situazione provinciale. La concentrazione della popolazione anziana si sta rivelando un fenomeno tipicamente urbano (Ranci, Torri 2007): nel 2007 la popolazione con più di 65 anni rappresentava il 19,7 per cento della popolazione della Regione Lombardia e ben il 23,7 per cento del Comune di Milano. Questo è in parte legato alla scarsa propensione ad uscire dalla metropoli lombarda da parte degli anziani, dovuta a diversi fattori: economici, culturali, legati allo stile di vita. La stabilità della condizione abitativa appare un fattore fondamentale per la popolazione anziana, favorita dal contenimento dei consumi che determina, a parità di reddito percepito, una maggiore capacità di fronteggiare i costi della vita di Milano, rispetto alla provincia. Permane un progressivo incremento registrato negli ultimi due decenni della percentuale di persone dai 65 anni in su residenti nel Comune di Milano: nei primi anni Novanta l incidenza degli ultrasessantacinquenni sul totale della popolazione residente era pari al 18,7 per cento per arrivare oggi a quasi il 24 per cento. Il differenziale demografico tra capoluogo e resto della provincia si ritrova peraltro nell articolazione dell indice di vecchiaia (pari all incidenza degli ultrasessantacinquenni sulla classe d età 0-14 anni) che passa dall 89,8 per cento dell ambito di Pieve Emanuele al 195,8 per cento registrato dal Comune di Milano, a 79

2 fronte di un valore provinciale complessivo di poco superiore al 149 per cento. Inoltre il capoluogo è l ambito che fa registrare i valori più elevati sia in relazione all indice di dipendenza totale (si veda il capitolo introduttivo) che all indice di dipendenza degli anziani (36,9 per cento) a fronte di un dato provinciale di poco superiore al 30 per cento (tabella 2). Tabella 2: Indice di vecchiaia e indice di dipendenza anziani. Anno 2007 Ambito Territoriale Indice di vecchiaia Indice di dipendenza anziani Abbiategrasso 121,1% 25,8% Castano Primo 140,2% 27,9% Corsico 123,6% 25,6% Garbagnate Milanese 119,7% 25,3% Legnano 140,9% 28,6% Magenta 128,5% 26,3% Rho 124,7% 26,1% Totale ASL 1 127,4% 26,4% Gorgonzola 113,7% 24,9% Melzo 121,6% 26,0% Paullo 94,2% 20,9% Pieve Emanuele 89,8% 19,6% Rozzano 116,0% 25,6% San Donato Milanese 126,0% 27,2% Vimodrone 115,0% 25,0% Totale ASL 2 113,5% 24,7% Carate Brianza 128,4% 27,4% Cinisello B. 160,8% 31,5% Desio 122,4% 26,1% Seregno 139,0% 28,0% Sesto San Giovanni 166,9% 31,5% Monza 154,3% 32,1% Vimercate 120,3% 25,7% Totale ASL 3 139,5% 28,7% Città di Milano 195,8% 36,9% San Colombano al Lambro 175,5% 35,1% Totale provinciale 149,3% 30,2% Lombardia 143,1% 29,6% Nord-Ovest 161,7% 32,4% Italia 141,7% 30,2% Fonte: elaborazioni IRS su dati Istat 80

3 Da una struttura demografica così differenziata territorialmente discendono esigenze di cura altrettanto variate, anzitutto in relazione alle dimensioni della non autosufficienza. Non disponendo di dati relativi all effettiva evoluzione del numero di anziani con livelli medio gravi di non autosufficienza, proponiamo un tentativo di stima per ambito basato sul coefficiente Istat relativo agli anziani non autosufficienti residenti in Regione Lombardia, pari al 15,1 per cento delle persone con più di 65 anni (tabella 3). Tabella 3: Anziani non autosufficienti sul territorio provinciale per Ambito territoriale. Stime al 1 gennaio 2007 Ambito Territoriale Popolazione Over 65 Anziani non autosufficienti Abbiategrasso Castano Primo Corsico Garbagnate Milanese Legnano Magenta Rho Totale ASL Gorgonzola Melzo Paullo Pieve Emanuele Rozzano San Donato Milanese Vimodrone Totale ASL Carate Brianza Cinisello B Desio Seregno Sesto San Giovanni Monza Vimercate Totale ASL Città di Milano San Colombano al Lambro Totale provinciale Fonte: stime IRS su dati Istat 81

4 La quota di anziani non autosufficienti sul totale della popolazione residente nell ambito di Milano (3,6 per cento) eccede sensibilmente la media provinciale (3 per cento). Anche in questo caso all estremo opposto si colloca l ambito di Pieve Emanuele, con un incidenza pari al 2,1 per cento. Gli ambiti in cui la percentuale di anziani non autosufficienti registra un incidenza minore sul totale della popolazione (2,5 per cento) sono quelli corrispondenti al territorio dell ASL 2 (Gorgonzola, Melzo, Paullo, Pieve Emanuele, Rozzano, San Donato Milanese e Vimodrone), che si conferma essere il territorio più giovane della provincia anche in virtù degli indici di vecchiaia e di dipendenza anziani registrati. 2. Gli anziani a disagio Le principali criticità della vita in età anziana, non legate allo stato di salute ma all inserimento nel contesto sociale di riferimento, sono riconducibili a tre fattori: la perdita del ruolo familiare, la perdita del ruolo sociale collegata all età del pensionamento e la conseguente perdita economica, dovuta alla diminuzione del reddito legato al pensionamento o alla conclusione della attività lavorativa autonoma. La struttura del mercato del lavoro sembra non essersi adeguata alla crescita della popolazione ultrasessantacinquenne e soprattutto allo spostamento dell invecchiamento biologico, non più coincidente con quello demografico. L età di uscita dal mercato del lavoro in Italia resta infatti bassa rispetto alla media europea, con un dato medio pari 57,1 anni. Questo fenomeno riguarda ancora di più le regioni del Nord d Italia, in cui l età media alla pensione da lavoro è 56,3 anni (ISTAT, 2007). Lasciando ad altri le considerazioni sulle conseguenze in termini di spesa pensionistica (pari in Italia al 15,16 per cento del prodotto interno lordo) ci soffermiamo in questa sede sui livelli di reddito garantiti dalle pensioni. Secondo l ultima rilevazione INPS-ISTAT sui beneficiari dei trattamenti pensionistici, in provincia di Milano sono presenti 722 mila pensionati ultrasessantacinquenni pari, al 67 per cento del totale di coloro che percepiscono redditi da pensione a vario titolo (poco più di un milione). La percentuale di ultraottantenni registra un incidenza pari al 17 per cento sul totale dei pensionati. In sintesi i beneficiari di trattamenti pensionistici rappresentano circa il 90 per cento dell intera popolazione anziana residente in provincia di Milano. Di questi circa 592 mila percepiscono una pensione di vecchiaia. L analisi dei redditi pensionistici rappresenta dunque una dimensione importante per capire l attuale condizione economica degli ultrasessantacinquenni. La fonte dei dati alla quale ci riferiamo è di carattere amministrativo: il Casellario centrale dei pensionati dell INPS nel quale sono raccolti tutti i dati relativi ai trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali sia pubblici che privati. Le classi di reddito e gli importi medi del singolo cittadino vengono calcolati sulla totalità delle prestazioni erogate ad ogni beneficiario (mediamente 1,4). In provincia di Milano l importo medio annuo lordo- percepito da un pensionato anziano è pari a circa 16 mila euro e supera i 1200 euro mensili per 13 mensilità. Il valore è più alto di quello regionale, che eccede di poco i euro mensili. Nonostante questo dato positivo registrato in provincia, il valore medio dei redditi da pensione resta sensibilmente inferiore rispetto al reddito medio complessivo provinciale per contribuente, pari a 23 mila euro. Tale situazione complessiva nasconde forti disomogeneità, attribuibili a tre fattori: il numero di prestazioni pensionistiche di cui l anziano è beneficiario; la tipologia di pensione percepita; la differenziazione nei trattamenti pensionistici per genere. Vediamoli distintamente: a) l importo medio annuo è massimo per le pensioni di vecchiaia erogate da istituzioni private. L importo medio annuo più basso si registra in relazione alle prestazioni sotto forma di indennità (nel corso del- 82

5 l anno preso in esame sono state erogate dall INAIL 18 mila 313 ad ultrasessantacinquenni - a causa di infortuni sul lavoro o malattie professionali) e con riferimento alle pensioni sociali; b) a differenziazione dei redditi pensionistici per genere risulta evidente dalla tabella 4: il differenziale tra l importo medio percepito da un uomo e quello percepito da una donna sfiora i euro annui; c) le disomogeneità esistenti sono particolarmente pronunciate negli importi delle pensioni di vecchiaia. Si noti inoltre che le donne anziane percepiscono più pensioni indirette, mentre gli uomini sono in maggioranza beneficiari di pensioni dirette da lavoro, di importo medio maggiore. Tabella 4: Pensionati e importo annuo medio dei redditi pensionistici per classe di età e genere. Dati al 2005 Classi di età Maschi Femmine Maschi e Femmine Numero Importo medio Numero Importo medio Numero Importo medio , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,28 Totale , ,63 Fonte: elaborazioni IRS su dati INPS-ISTAT. La condizione economicamente più svantaggiata risulta essere quella delle donne, in particolar modo quelle che percepiscono solo pensioni di natura assistenziale, quali pensioni sociali e assegni sociali. 3. Risposte alla domanda di cura Le dinamiche legate all invecchiamento della popolazione sollevano temi sensibili, su cui è cresciuta l attenzione pubblica e dei policy maker, anche se il sistema pubblico dei servizi sembra essersi mosso in ritardo rispetto ad alcuni fenomeni emergenti, quali il lavoro privato di cura. La progressiva crescita degli ultrasessantacinquenni è stata accompagnata da un cambiamento negli atteggiamenti di questo segmento d età. I nuovi anziani si caratterizzano per una maggiore consapevolezza del bisogno di investire sulla propria salute e dei rischi connessi all adozione di stili di vita non corretti (Censis, 2005). Ciò ha avuto notevole impatto sull allungamento della speranza di vita: secondo le ultime elaborazioni ISTAT (2005) un uomo a 65 anni ha mediamente l aspettativa di vivere per altri 18 anni, una donna per altri 22 anni. Ogni anno la vita media si allunga al ritmo di quasi due mesi. Questo dato, connesso al venir meno delle reti familiari di supporto, dovuto all ingresso delle donne nel mercato del lavoro e al ridimensionamento dell ampiezza della rete familiare, rende la domanda di servizi di assistenza sempre più consistente e diversificata. Due elementi rendono necessaria una riconsiderazione dei servizi dedicati espressamente a questa fascia di popolazione. Primo, se da un lato l allungamento dell aspettativa di vita produce un aumento dell incidenza 83

6 della popolazione non autosufficiente, dall altro questa condizione riguarda sempre meno la popolazione compresa tra i 65 e i 75 anni e tende a spostarsi nella fascia di popolazione ultrasettantacinquenne e ultraottantacinquenne. Secondo, l impianto stesso delle politiche per la non autosufficienza risulta incerto, soggetto a forti differenziazioni territoriali per la mancanza di livelli essenziali condivisi: in termini di modalità di accesso, percorsi assistenziali e contenuto delle prestazioni (Gori, 2008). Osserviamo ora gli interventi a favore della domiciliarità, per poi considerare le strutture residenziali. I servizi domiciliari si distinguono in base alla natura socio-assistenziale, socio-sanitaria e socio assistenziale a rilevanza sanitaria. Tralasciando in questa sede gli interventi a maggior contenuto sanitario (ospedalizzazione domiciliare e accessi a domicilio del medico), ci soffermiamo su quelli di natura socio-assistenziale (Sad) e socio-sanitaria (Adi), che hanno registrato profonde novità organizzative dall inizio del decennio. In particolare l assistenza domiciliare integrata ha visto l introduzione del voucher socio-sanitario nel 2003.A differenza dei buoni sociali, erogati dai comuni secondo criteri piuttosto dissimili da un distretto all altro, con una discrezionalità territoriale che ha fatto dei buoni una misura molto eterogenea (Pasquinelli, 2006), i voucher socio-sanitari vengono erogati dalle ASL seguendo procedure omogenee, e questo ne favorisce un confronto tra territori. Secondo nostre stime, sulla base del Bilancio sociale della Regione Lombardia (2007), la copertura relativa all assistenza domiciliare integrata sulla popolazione ultrasessantacinquenne a livello regionale corrisponde al 4,7 per cento (con circa anziani seguiti in Adi), pari al 30,7 per cento di copertura sugli anziani non autosufficienti. I dati del sistema informativo sanitario nazionale rivelano che il livello di copertura sulla popolazione ultrasessantacinquenne in Italia non raggiunge il 3 per cento (Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Sistema Informativo Sanitario). Figura 1: Utenti ultrasessantacinquenni trattati in Assistenza domiciliare integrata (incidenza su popolazione target). Dati al 2005 Friuli Venezia Giulia Molise Emilia Romagna Veneto Lombardia Umbria Basilicata Marche Lazio Liguria Italia Toscana Puglia Piemonte Abruzzo Calabria Campania Sardegna Prov. Auton. Trento Sicilia Prov. Auton. Bolzano Valle d Aosta Fonte: elaborazioni IRS su dati del Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e Bilancio Sociale della Regione Lombardia. 84

7 Non disponendo di dati sulla totalità dell utenza seguita in Adi nel territorio provinciale, ma solo di quelli relativi a due delle quattro ASL presenti, l utenza totale è solo stimabile, pari a un totale di anziani, corrispondenti al 4,2 per cento del totale (tabella 8). Relativamente ai servizi di assistenza domiciliare comunali (Sad), nel 2006 i servizi erogati nella regione hanno servito 31 mila anziani, pari all 1,7 per cento del totale della popolazione ultrasessantacinquenne. In provincia di Milano, con l esclusione del capoluogo, i beneficiari dell assistenza domiciliare socio-assistenziale domiciliare sociale risultavano, nello stesso anno, più di 7 mila 500, con una copertura analoga a quella regionale (l 1,7 per cento). I buoni sociali a sostegno della domiciliarità dell anziano erogati dai Comuni con esclusione del Comune di Milano si limitano invece allo 0,2 per cento della popolazione anziana. Osserviamo ora le strutture residenziali. Secondo una rielaborazione Irs (2007) sul territorio provinciale sono complessivamente presenti 147 Rsa pubbliche e private per un totale di 16 mila 547 posti disponibili, di cui 691 riservati a pazienti con patologie connesse all Alzheimer. Mediamente ogni RSA ha 113 posti, assicurando in questo modo una copertura sulla popolazione anziana del 2,1 per cento e del 14,1 per cento sugli anziani non autosufficienti. La situazione appare differenziata territorialmente: il minor numero di RSA è presente nell ASL Milano 2 a fronte tuttavia di un numero più alto di posti per struttura rispetto alla media provinciale mentre la quota più elevata di RSA si trova nel capoluogo (tabella 5). Tabella 5: Ricettività delle RSA in provincia di Milano Fonte: elaborazioni IRS su dati regionali RSA (V.a.) Posti letto Media PL ASL Milano ,2 ASL Milano ,6 ASL Milano ,4 ASL Milano città ,7 Totale Provincia ,56 I dati relativi alla copertura distinti per ASL rivelano invece una situazione abbastanza omogenea con valori che oscillano tra l 1,9 e il 2,4 per cento. Valori da leggere con una certa cautela, in quanto il bacino di utenza delle strutture è notoriamente ampio e molti sono gli anziani che si recano in strutture non situate nel proprio territorio di residenza (tabella 6). 85

8 Tabella 6: RSA copertura su popolazione ultrasessantacinquenne e anziani non autosufficienti Fonte: elaborazioni IRS su dati regionali Posti letto % su popolazione 65 % su anziani non autosufficienti ASL Milano ,4 15,8 ASL Milano ,3 15,1 ASL Milano ,9 12,5 ASL Milano città ,1 13,9 Totale Provincia ,1 14,1 La retta media delle RSA presenti sul territorio provinciale è di 61 euro al giorno per ospite, valore superiore alla media regionale di 13 euro. In regione Lombardia il valore più basso è quello registrato dalla provincia di Sondrio, con un dato inferiore ai 40 euro giornalieri. Da questo punto di vista la situazione della provincia di Milano è molto differenziata poiché si passa dal valore medio della retta registrato dalle RSA dell ASL Milano 1, pari a 52 euro, al dato medio registrato dalle RSA del capoluogo, pari a 70 euro. Come risulta da questa rassegna i servizi erogati in favore della popolazione anziana, non autosufficiente, tendono dunque a soddisfare una quota molto limitata rispetto a quella potenziale. Quantitativamente solo l Adi, che copre poco più del 4 per cento degli anziani con più di 65 anni, mostra dimensioni di attività rilevanti dal punto di vista delle popolazione coperta, ma ancora lontane da quelle relative al lavoro privato di cura. 4. Le assistenti familiari nella provincia di Milano Anche nella provincia di Milano la presenza di assistenti familiari (le cosiddette badanti ) si è ormai consolidata, radicandosi in modo capillare. Le assistenti familiari sono, dopo la famiglia, la risorsa di gran lunga più utilizzata dalla popolazione anziana in condizioni di fragilità. Ciò vale nei confronti dell assistenza residenziale, così come dei servizi domiciliari pubblici. I motivi di questa crescita sono ormai noti: una montante domanda di assistenza, risorse familiari sempre più ridotte e, appunto, un intervento pubblico limitato nel rispondere alle sole situazioni di maggiore fragilità e disagio. Elementi diversi che hanno indotto una progressiva accettazione, nelle famiglie italiane e nella nostra provincia, della badante come risposta ai problemi di cura di un membro in difficoltà; non solo come risposta temporanea, ma ormai come una possibilità ritenuta fisiologica per le esigenze di cura familiari. Quante sono? Una ragionevole stima Quante sono le badanti nella provincia di Milano? Non è semplice rispondere. Intanto perché una parte consistente è impiegata senza un contratto di lavoro. Poi perché la parte regolarmente occupata è inclusa nella categoria più ampia dei lavoratori domestici, cioè le colf, e i dati non permettono di distinguere tra le due figure. La presenza di una larga quota di lavoro sommerso pone pertanto la necessità di aggiungere al numero dei contratti di lavoro in essere una stima del lavoro nero. Lo abbiamo fatto raccogliendo un vasto numero di notizie, testimonianze, segnalazioni ampiamente distribuite per territorio e per tipologia di fonte. La stima che 86

9 proponiamo segue un analogo calcolo proposto a livello nazionale e unisce fonti ufficiali e fonti informali. Si basa su un calcolo che utilizza i dati Inps relativi ai lavoratori domestici, i dati sugli ingressi di cittadini non comunitari attraverso le quote flussi, nonché la testimonianza di molti interlocutori raccolta nel corso di più di quattro anni di lavoro su questo tema (Pasquinelli e Rusmini, 2008). Il procedimento di calcolo segue tre passaggi; i primi due riguardano elaborazioni su dati Inps, cioè sui contratti di lavoro in essere, mentre il terzo riguarda la stima del lavoro irregolare: 1. in primo luogo abbiamo stimato il numero dei lavoratori domestici - colf e badanti con un contratto di lavoro al 2008, a partire dai dati Inps più recenti al momento in cui scriviamo (riferiti al 2006: Osservatorio sui lavori domestici ) e tenendo presente quelli del Ministero dell Interno sugli ultimi decreti flussi. Il totale ammonta, secondo un ipotesi prudente nei confronti dell andamento delle assunzioni, a posizioni; 2. dal numero totale dei lavoratori domestici, che comprende colf e badanti, abbiamo isolato il numero delle sole badanti, attraverso un procedimento di stima articolato tra le lavoratrici straniere e italiane: il totale risulta così ripartito tra colf e badanti. Di queste ultime circa il 10 per cento stimiamo essere italiane; 3. alle assistenti familiari con un contratto di lavoro, italiane e straniere, tenendo conto delle ricerche che abbiamo condotto e di altre indagini (per es. Iref, 2007; Ires 2007), abbiamo aggiunto una stima del numero delle assistenti familiari occupate nel mercato del sommerso, cioè prive di un contratto di lavoro, regolarmente o meno soggiornanti in Italia, cioè con o senza permesso di soggiorno. Il risultato finale ci dice che in provincia operano complessivamente assistenti familiari, in gran parte (nove su dieci) straniere. A seconda del grado di formalizzazione e di regolarizzazione della loro presenza, esse appartengono a tre segmenti diversi. La figura 2 disegna tre profili distinti perché diverse sono le condizioni che caratterizzano ciascun gruppo, a partire dalle rispettive prospettive di vita e di lavoro. Figura 2: Articolazione per condizione delle assistenti familiari straniere Fonte: stime IRS,

10 Il primo gruppo è composto dagli irregolari, perché entrati clandestinamente o perché i documenti con cui sono entrati sono scaduti, è invisibile tra gli invisibili, non avendo alcune prospettiva di formazione, sviluppo professionale, connessione con i servizi pubblici. Questa quota è molto elevata, ben maggiore rispetto alla stima degli stranieri irregolari, che oscilla complessivamente tra il 15 e il 20 per cento del totale degli stranieri residenti (Fondazione Ismu, newsletter 6, 2008). Il secondo gruppo - chi ha il permesso di soggiorno ma lavora in nero - a differenza del gruppo precedente ha delle possibilità di integrazione sociale e lavorativa, può accedere a corsi di formazione, albi, sportelli, anche se la sua condizione è spesso precaria, professionalmente aleatoria. Il terzo gruppo è naturalmente quello che ha più possibilità di integrarsi nel tessuto socio-lavorativo del nostro paese; la sua posizione è più tutelata e più collegabile con le risorse di welfare. Tabella 7: Numero stimato delle assistenti familiari straniere, per condizione Fonte: stime IRS Valore assoluto Irregolarmente presenti in Italia (41%) Regolarmente presenti ma senza contratto (21%) Con contratto di lavoro (38%) Totale Gli anziani ultra 65enni seguiti da una badante sono più dell 8 per cento, secondo un ipotesi molto prudenziale di un rapporto di uno a uno, di più se ipotizziamo che una parte delle assistenti familiari abbia più clienti. Anche secondo questa più cauta ipotesi si tratta comunque di più del triplo degli ultra 65enni ospitati in strutture residenziali, con una media regionale che supera di poco il 2 per cento (Regione Lombardia, 2007). E ancora di più rispetto ai servizi domiciliari. Confronti che danno una misura della rilevanza del fenomeno, divenuto una componente stabile dei processi migratori che interessano il nostro paese: si consolida la convinzione che la società italiana non potrebbe più fare a meno degli immigrati, soprattutto in alcuni ambiti, come quello della cura e dell assistenza agli anziani (Fondazione Ismu, 2008, pag. 9). 88

11 Tabella 8: Utenti e tassi di copertura dei più diffusi servizi per anziani in provincia di Milano Utenti anziani Valore assoluto % su totale anziani ultra 65enni Assistenti familiari ,6 Assistenza domiciliare integrata delle Asl * 4,2 Assistenza domiciliare sociale dei Comuni * 1,7 Buoni sociali * 0,2 Strutture residenziali: Rsa e Case di riposo ,1 Fonte: elaborazioni IRS su dati Istat, Assr e Regione Lombardia * L utenza Adi è stimata. L utenza dei Sad comunali e dei buoni e i relativi rapporti con la popolazione ultra 65enne non comprendono il Comune di Milano, il cui dato è risultato indisponibile. Le badanti sono capillarmente presenti sul territorio provinciale. La tabella 9 propone una stima dettagliata per singolo distretto, a partire da parametri demografici e migratori. La proporzionalità della distribuzione in relazione alla presenza della popolazione anziana fragile spiega la concentrazione su specifici territori della provincia. Ciò spiega anche la specificità del Comune di Milano, che da solo vede la presenza di due quinti del totale provinciale. 89

12 Tabella 9: Stima del numero di assistenti familiari, italiane e straniere, per distretto Ambito Territoriale Assistenti familiari Abbiategrasso Castano Primo Corsico Garbagnate Milanese Legnano Magenta Rho Totale ASL Gorgonzola Melzo Paullo 655 Pieve Emanuele 558 Rozzano San Donato Milanese Vimodrone Totale ASL Carate Brianza Cinisello Balsamo Desio Seregno Sesto San Giovanni Monza Vimercate Totale ASL Città di Milano Totale provinciale Fonte: stime IRS 90

13 5. Le nuove assistenti familiari È alla fine degli anni Novanta che il numero di assistenti familiari straniere inizia a crescere esponenzialmente, quando lo stesso termine badante inizia a entrare nel linguaggio comune e il fenomeno assume un radicamento sempre più articolato sul territorio. Ricerche recenti e testimonianze dirette parlano di un fenomeno che evolve. Non solo il numero di assistenti familiari continua a crescere, pur a ritmi meno veloci rispetto al passato, ma registriamo una sorta di ricambio continuo della loro presenza. I dati in nostro possesso, confermati da diverse testimonianze, continuano a segnalare nuovi arrivi, che in parte si aggiungono allo stock esistente, in parte sostituiscono chi ritorna in patria, o chi si dedica a un altro lavoro. I nuovi arrivi, e le nuove regolarizzazioni, non solo si aggiungono a chi c è già, ma rimpiazzano chi non c è più. Le nuove assistenti familiari straniere sono quelle arrivate in Italia negli ultimi tre anni, costituiscono un quarto del totale e mostrano caratteri nuovi, possibili tendenze future. Li proponiamo qui riprendendoli da un recente dossier, realizzato sulla base di analisi svolte anche nel milanese (Pasquinelli, Rusmini 2008). Giovani, irregolari, meno segregate: potrebbe essere questo in estrema sintesi il profilo della nuova badante, ossia di chi è giunto in Italia dal 2006 in poi. Esse infatti: sono più giovani; lavorano molto più in nero; sono più orientate al lavoro a ore anziché alla coresidenza (spesso equivalente sul piano retributivo); sono più interessate a seguire corsi di formazione. Prospettive di insediamento più stabili si uniscono a una prospettiva di lavoro più transitoria. Tra le nuove arrivate aumenta chi vuole insediarsi in modo stabile nella società italiana, ma si riduce la volontà di continuare a fare la badante a lungo. Sale infatti dal 24 al 28 per cento chi intende rimanere in Italia per sempre - soprattutto tra le europee dell Est, per tradizione più vicine a una prospettiva a breve - mentre aumenta da un terzo a due terzi chi intende prima o poi cambiare lavoro. Emerge il contrasto tra progetti sempre più orientati all insediamento stabile e le condizioni reali che permettono che ciò avvenga, decisamente contrarie perché, come abbiamo visto in precedenza, segnate dalla irregolarità. Stare nel sommerso impedisce i ricongiungimenti, la formazione professionale, l accesso a sportelli e servizi pubblici. La nuova badante lavora meno in regime di coresidenza, soprattutto le sudamericane, di cui solo metà sono in questa condizione (tabella 10). Una tendenza che si rafforza in virtù delle risorse di relazione che dispongono le donne insediatesi più di recente. La montante propensione al lavoro a ore è anche legata alla retribuzione analoga o addirittura superiore rispetto alla coresidenza. La coresidenza con l assistito è ancora molto diffusa, ma con importanti cambiamenti. Nel complesso riguarda quasi 7 assistenti familiari su 10 ed è maggiormente presente fra le donne provenienti dall Est, che hanno più frequentemente progetti migratori di breve durata e che in misura minore hanno conseguito il ricongiungimento familiare. 91

14 Tabella 10: Assistenti familiari straniere che co-risiedono con l assistito per periodo di arrivo in Italia (valori %) Fonte: Pasquinelli e Rusmini (2008) Tra coloro che sono giunte in Italia dopo il 2005 solo due terzi corisiedono con l assistito, quota che si riduce nel caso delle sud-americane, peraltro particolarmente presenti nel capoluogo lombardo e nell hinterland se paragonati con altri contesti (Fondazione Ismu, 2008). Se negli anni passati la coresidenza era praticata come soluzione abitativa per le assistenti familiari appena giunte in Italia, oggi questa soluzione sembra meno ricercata. L autonomia abitativa delle nuove arrivate può essere favorita dalla presenza in Italia di parenti e conoscenti che sono in grado di ospitarle. La tendenza è dunque verso una diminuzione della coresidenza e un incremento del lavoro a ore. Sono le badanti sudamericane a rendersi maggiormente autonome, un gruppo particolarmente numeroso nel milanese (si veda il capitolo riferito agli immigrati). Ciò emerge non solo considerando la quota, ridotta rispetto ad altre provenienze, di chi convive con l assistito, ma anche osservando l orario di lavoro: quasi la metà delle sudamericane, infatti, è occupata per meno di 8 ore al giorno, contro un quarto delle colleghe che provengono dall Est (figura 3). La diminuzione della disponibilità ad una assistenza sulle 24 ore rischia di lasciare scoperte quote sempre maggiori di bisogno, cosa che i servizi stanno già rilevando A Vimercate per esempio il 54 per cento delle richieste giunte dalle famiglie allo sportello badanti nell ultimo anno hanno riguardato un assistenza giorno e notte, ma solo il 30 per cento delle assistenti familiari contattate sono disponibili a un simile impegno (Sala, 2008) Figura 3: Per quante ore al giorno presta assistenza? Fino al 2005 Dopo il 2005 Est Europa 77,1 71,2 Sud America 64,8 55,1 Tutte 70,4 65,4 Fonte: Pasquinelli e Rusmini,

15 Sono dunque diversi gli elementi che segnano le recenti ondate migratorie di donne straniere che giungono in Italia e svolgono il lavoro di cura. Queste si caratterizzano per essere più giovani, più consapevoli del loro ruolo, meno disponibili alla coresidenza, anche in ragione dell accresciuto sostegno da parte della connazionali e di propositi di un insediamento stabile nel paese. Risultano, inoltre, più frequentemente occupate nel mercato sommerso. Le donne che arrivano oggi in Italia sono diverse rispetto a sei-otto anni fa. C è una crescita di consapevolezza rispetto al proprio ruolo e ai propri diritti, minore disponibilità a vivere da recluse a fronte di famiglie già ricongiunte e il desiderio di condividere spazi e tempi con i propri connazionali. Cambiano i progetti migratori, diminuisce il cosiddetto pendolarismo attribuito al fenomeno (per es.: Ires, 2007, pag. 43), cambia l investimento sulla propria attività lavorativa, che si desidera più compatibile con una prospettiva di integrazione sociale. La tabella 11 propone una sintesi dei tratti principali che abbiamo registrato e si propone come quadro sinottico delle attuali linee di tendenza. Gli anni futuri daranno o meno una conferma a queste diverse caratteristiche. Tabella 11: Alcune caratteristiche delle assistenti familiari straniere in Italia, per periodo di arrivo Assistenti familiari arrivate fino al 2005 Assistenti familiari arrivate dopo il 2005 Area di provenienza: Europa dell Est: 54,5% Europa dell Est: 77,8% (crescita romene) Sud America: 36,4% Sud America: 19,4% Africa e Asia: 9,2% Africa e Asia: 3% Stato socio-anagrafico: Età media: 42 anni Età media: 37 anni Il 21,3% è nubile Il 27,6% è nubile Il 79,4% ha figli Il 62% ha figli Progetto migratorio: Il 24% intendeva rimanere per sempre, Il 28% intendeva rimanere per sempre, quando è arrivata in Italia quando è arrivata in Italia Mercato sommerso: Il 52% lavora senza contratto Il 78% lavora senza contratto Coresidenza: La coresidenza come soluzione abitativa Diminuisce la disponibilità alla coresidenza. Crescente quota di chi lavora a ore Propensione alla formazione: Il 65% è interessato Il 73% è interessato a formarsi sul lavoro di cura a formarsi sul lavoro di cura Fonte: Pasquinelli, Rusmini (2008) 93

16 6. I servizi dedicati all incontro domanda/offerta di cura Fare emergere il lavoro privato di cura, sostenerlo, qualificarlo, sono obiettivi non facili. L irregolarità del mercato sommerso prospera, in una fitta rete di reciproche convenienze. Quello irregolare è un mercato dequalificato, aleatorio, a rischio di sfruttamento, fatto di tante solitudini che si incontrano. Un mercato in cui raramente ciò di cui c è bisogno corrisponde a ciò che si offre. Da qui infiniti problemi, conflitti tra famiglie e badanti, che non di rado sfociano in vertenze legali. Disinformazione, disorientamento, incertezza dei rapporti di lavoro, scarsa corrispondenza tra domanda e offerta, dinamiche di segregazione domestica. Per superare queste diverse criticità occorre coordinare soggetti e interventi diversi, che devono sostenersi a vicenda: servizi sociali, centri per l impiego, agenzie di formazione. A partire dagli sportelli: l intervento finora più prezioso per accompagnare famiglie e donne immigrate, quando non si sono ridotti alla pura intermediazione di manodopera. Ne siamo sempre più convinti: costruire un alternativa al mercato sommerso richiede una rete di interventi che si sostengano in modo circolare:sportelli dedicati all incontro domanda/offerta, formazione, albi delle assistenti accreditate, sostegni economici. Azioni isolate portano a poco o nulla. Perché il valore aggiunto che l ente pubblico può offrire sta nel collegare interventi diversi: sostegni economici e servizi, tutele sul lato della domanda e su quello dell offerta. Lo sforzo deve essere quello di mettere a sistema i sostegni alle famiglie (informativi, assistenziali, economici) con quelli alle assistenti familiari (formativi e di accreditamento delle competenze). In un mercato con alcune garanzie di base, a cui badanti e famiglie possano affidarsi e a cui entrambi attribuiscano valore. Interventi che si relazionano in modo circolare possono trovare un baricentro negli sportelli rivolti all incontro domanda-offerta di assistenza. Essi possono diventare davvero il trait d union tra le famiglie - con le loro esigenze di informazione e sostegno - e le donne immigrate - a cui proporre un contesto regolato di formazione e accreditamento delle competenze. 94

17 Non solo matching Ciò che manca di più nel mercato sommerso è l informazione: con famiglie sotto pressione e impreparate, canali di reclutamento casuali e dove l incrocio, il cosiddetto matching tra domanda e offerta, avviene in modo più o meno estemporaneo, generando catene di problemi a non finire. In questi anni si sono moltiplicati sportelli dedicati, probabilmente i servizi più riusciti in questo settore. Gli sportelli incontrano due solitudini. Quella dell assistente familiare che vuole affrancarsi dal circuito chiuso delle proprie connazionali, e quella di una famiglia alla ricerca, spesso urgente, di un aiuto. Entrambi cercano naturalmente una risposta alle proprie richieste immediate, ma anche un contesto che li ascolti, che ne valuti capacità da un lato, bisogni dall altro. Un contesto capace di accompagnamento. È auspicabile che queste esperienze crescano, coordinandosi, anche attraverso sostegni regionali, oggi ampiamente carenti. Senza però ridursi a fare solo pre-selezione. La pura intermediazione tra domanda e offerta di lavoro coglie solo una dimensione dei bisogni in gioco, che riguardano anche ascolto, accompagnamento, lettura della domanda e bilancio delle competenze. Attività che difficilmente possono svolgere call center o bacheche informatiche, oggi in aumento. Nella provincia di Milano vanno affermandosi due tipi di sportelli: luoghi di semplice informazione per le famiglie, oppure servizi di orientamento, accompagnamento, sostegno continuativo. Al primo tipo sembra riferirsi l esperienza del Comune di Milano, il cui sportello fornisce alle famiglie nominativi a cui rivolgersi. Al secondo esperienze come quella di Sesto San Giovanni, fortemente interconnessa con la locale Agenzia del lavoro e con i Servizi sociali del Comune. Gli sportelli massimizzano il proprio valore aggiunto se collegano i sostegni della domanda (informazione, orientamento, case management) ai sostegni dell offerta (formazione, processi di accreditamento, albi). Diventando luoghi in cui i diversi interventi lavorano in modo complementare. Promettenti sono le collaborazioni avviate, in alcuni contesti della provincia, tra Comuni e Centri per l Impiego, là dove la centratura dei primi sulla domanda e dei secondi sull offerta di lavoro può dar luogo a una interazione che ne valorizza le reciproche specificità. Gli sportelli nella provincia di Milano Il numero di sportelli dedicati a sostenere famiglie e badanti è cresciuto rapidamente. La tabella 12 evidenzia come l esperienza degli sportelli sul territorio sia disomogeneamente distribuita, con una particolare concentrazione nell Asl 3. L accostamento con attività formative e buoni o voucher sociali, presentato in tabella 12, mostra la compresenza o meno dei diversi interventi. Una compresenza indispensabile per far crescere un intervento di sistema, nella direzione di cui si è detto più sopra. Mentre gli sportelli operano generalmente assieme ad altri interventi (anche se rimane da valutare con quanta interazione reciproca), lo stesso non avviene per la formazione e gli aiuti monetari, il cui impatto, se condotti in modo isolato, si riduce notevolmente. 95

18 Tabella 12: Azioni promosse dai distretti in tema di assistenti familiari (giugno 2008) Ambito Territoriale Sportelli domanda/ offerta Corsi di formazione Buoni e/o voucher* ASL 1: Abbiategrasso Castano Primo Corsico Garbagnate Milanese Legnano Magenta Rho ASL 2: Gorgonzola Melzo Paullo Pieve Emanuele Rozzano San Donato Milanese Vimodrone ASL 3: Carate Brianza Cinisello Balsamo Desio Seregno Sesto San Giovanni Monza Vimercate Città di Milano: *Ci si riferisce a titoli sociali specificamente rivolti a famiglie che si avvalgono di badanti. 96

19 Le diverse esperienze che operano in provincia e che abbiamo analizzato suggeriscono tre riflessioni di insieme. In primo luogo ci chiediamo: quali sono i risultati raggiunti dagli sportelli? Dove porta tutta questa attività? I dati mostrano buoni riscontri al primo livello, con una grande quantità di primi contatti, sia tra chi domanda lavoro (le famiglie) sia e soprattutto tra chi lo offre (assistenti familiari). I numeri diminuiscono quando si passa agli abbinamenti, i matching realizzati tra famiglia e assistente familiare, nonché ai contratti regolarmente stipulati. La disponibilità a stipulare un contratto di lavoro rimane bassa, per evidenti motivi di convenienza reciproca. In nero una badante prende al netto di più e costa di meno alla famiglia, a parità di ore lavorate. In una situazione di questo tipo cercare di fare emergere il lavoro di cura solo attraverso l'azione di sportello rischia di essere velleitario. La pura intermediazione di lavoro, se non collegata ad altri interventi come quelli della tabella 12, ha il fiato corto e lo sforzo sembra sproporzionato rispetto ai risultati. L'intermediazione è ciò che le persone chiedono, ma dietro si nascondono bisogni ben più ampi. Le famiglie in particolare non cercano solo la badante giusta, ma sono interessate a un luogo che dia informazioni, che ascolti, a cui ci si possa appoggiare nel tempo, di cui ci si possa fidare, un luogo capace di rompere la solitudine del mercato. Una seconda riflessione riguarda lo sforzo di codificare l organizzazione dei diversi sportelli. Vimercate, Sesto San Giovanni e San Donato Milanese sono tra le esperienze che in questi anni si sono più sforzate di modellizzare la complessità delle azioni e delle variabili che intervengono nel processo di incontro tra il bisogno della famiglia e l offerta di competenza e di esperienza da parte dell assistente familiare. La figura 4 rappresenta un diagramma di flusso cui si ispira l attività di diversi sportelli. Rispetto a questo schema le esperienze si differenziano su due passaggi cruciali: a. l approfondimento nella lettura del bisogno, familiare da un lato e delle competenze lavorative dall altro. In particolare, la presenza o meno di un vero e proprio bilancio di competenze aiuta a rendere l attività di matching più adeguata e gli abbinamenti più efficaci; b. l accompagnamento successivo all abbinamento. Un accordo formale tra le parti non garantisce di per sé alcuna stabilità: problemi, dissonanze, malintesi possono nascere dal giorno dopo. I nodi più ricorrenti possono riguardare le divergenze di carattere rispetto alle aspettative, il livello di apprezzamento del lavoro, la qualità della sistemazione abitativa, la fruizione delle ore di riposo, il livello retributivo, nonché il turn-over dell assistente familiare e le sostituzioni. Da qui l importanza di sportelli che si collegano ai servizi sociali e che facciano da sponda rispetto a rapporti caratterizzati da una ricorrente instabilità. 97

20 Figura 4: Il sistema di relazioni degli sportelli badanti Una terza riflessione riguarda infine la possibilità che gli sportelli creino degli albi o elenchi di assistenti familiari accreditate, ossia di badanti che hanno seguito un percorso formativo o che dimostrano competenze specifiche nel fare questo lavoro. Sono ancora pochi i distretti e i Comuni che si sono attivati in questa direzione (tra cui il Comune di Milano), ritenendola delicata soprattutto dal punto di vista delle responsabilità che pone all ente locale. E tuttavia gli albi chiudono idealmente il cerchio di quel raccordo tra domanda e offerta di cui abbiamo parlato e che risulta fondamentale per incentivare pratiche di emersione. Riportiamo, a titolo esemplificativo, i criteri di accesso all elenco badanti del Comune di Milano e del Comune di Desio. Entrambi prevedono la possibilità di rientrare nell elenco anche per chi non ha seguito un corso specifico, purché vi sia un esperienza pregressa nell ambito del lavoro di cura, esperienza che deve essere valutata e certificata. 98

21 Criteri di accesso all elenco delle assistenti familiari: due esempi Comune di Milano: 1. Maggiore età. 2. Carta di Soggiorno o Permesso di soggiorno valido ai fini lavorativi rilasciati dalla Questura di Milano, e presenza regolare in Italia da almeno sei mesi (per i cittadini stranieri). 3. Assenza di condanne penali e procedimenti penali in corso. 4. Conoscenza della lingua italiana adeguata allo svolgimento delle mansioni (per i cittadini stranieri). 5. Attestato di frequenza dei corsi per Assistente Familiare del Comune di Milano, in alternativa: - altro titolo professionale riconosciuto (A.S.A. - O.T.A. O.S.S.); - possesso di attestato di frequenza a corsi assimilabili a quello di Assistente Familiare del Comune di Milano; - precedente esperienza lavorativa di almeno sei mesi nell ambito dell assistenza alle persone anziane. Comune di Desio: 1. Carta di soggiorno o Permesso di soggiorno (per cittadini stranieri). 2. Frequenza ai corsi organizzati dal Comune di Desio, in alternativa: - adeguata esperienza lavorativa nell ambito dell assistenza alla persona e/o all ambiente domestico (l adeguatezza dell esperienza sarà valutata da tre componenti, di cui due nominati dal Comune, Settore Servizi sociali e uno dall Associazione di volontariato Gruppo Solidarietà Stranieri Desio); - per coloro che non hanno partecipato ad alcun corso di formazione, l iscrizione avverrà previa valutazione positiva effettuata nell ambito di uno o più colloqui di valutazione attitudinale, tenuti da personale esperto. 99

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