PROBLEMATICA DELLA PROVENIENZA E DIFFUSIONE DELLE ANFORE NEL MEDITERRANEO ANTICO.



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En: I European Workshop on Ancient ceramics. Roma (1992), 1994 ; pp.37-42. PROBLEMATICA DELLA PROVENIENZA E DIFFUSIONE DELLE ANFORE NEL MEDITERRANEO ANTICO. Abstract: In this study we attempt to establish the limits and possibilities of the amphorologic investigation, starting from the esperience obtained in the study of the Dressel 20 amphoras. At the same time we defend the necessity of an interaction between archaeological and mineralogical research and the conditions under which it can develope. L'archeologia, che nacque come storia dell'arte, dimostrò poco interesse per gli oggetti antichi privi di bellezza. Con l'andare del tempo però, gli strumenti quotidiani cominciarono ad acquistare valore per l'archeologia classica, sia perché negli scavi cominciò ad applicarsi il metodo stratigrafico, sia perché alcuni oggetti recavano iscrizioni di carattere molto diverso. Tali iscrizioni attirarono infatti l'attenzione degli editori del Corpus Inscriptionum Latinarum, i quali, insieme all'epigrafia monumentale, raccolsero anche i piccoli testi trovati su ogni tipo di utensili. H. Dressel preparò il volume XV del Corpus Inscriptionum Latinarum, raccogliendo in esso il materiale anforico di Roma, in particolare quello rinvenuto nel Castro Pretorio e nel Testaccio. Il Dressel elaborò una tavola tipologica (che usiamo ancor'oggi) con il fine unico di esemplificare questo materiale romano, non essendo la sua intenzione quella di stabilire una tipologia generale. La stessa funzione aveva la tavola tipologica elaborata da Mau per le anfore rinvenute a Pompei. Gli scavi che il Dressel condusse nel Testaccio nell'ultimo quarto del secolo scorso gli permisero di avanzare alcune idee fondamentali sia nell'ambito dell'anforologia che in quello della storia economica. L'affermazione del Dressel a proposito della provenienza dalla Betica della gran maggioranza delle anfore trovate nel Testaccio fu fortemente criticata. Gli studi contemporanei di G. Bonsor dimostrarono però che il Dressel aveva ragione. L'opera del Bonsor, pubblicata prima da Clark Bonsor posero dunque le basi per lo sviluppo dell'anforologia e per lo studio di molti aspetti della storia economica dell'impero romano, ma la loro opera rimase per molto tempo dimenticata. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, E. Birley, seguendo la linea degli editori del C.I.L., incaricò uno dei suoi allievi, A.H. Callender, di allestire un corpus dei bolli di anfore ritrovati in Europa. L'impresa era troppo ingente per un unico studioso. Comunque verso il 1950 il 37

Callender finí il suo lavoro, che però non fu pubblicato fino al 1965. Nel 1948 il Pelichet cercò di migliorare la tavola anforica del Dressel a partire dai materiali rinvenuti a Nyon. Poco dopo, N. Lamboglia e Benoit, pionieri dell'archeologia sottomarina, fecero alcune precisazioni su determinati tipi. Gli scavi realizzati in Germania e in Inghilterra negli accampamenti militari del limes crearono grande confusione rispetto alle anfore, perché ogni scavatore le classificò creando nuovi tipi secondo il luogo di rinvenimento, in modo tale che uno stesso tipo di anfora fu conosciuto con nomi diversi. Ciò impedì la comprensione del fatto che l'anfora era un oggetto esogeno, veicolo di rapporti commerciali che non poterono essere presi in considerazione. A partire dal 1970, data di pubblicazione dell'opera di M. Beltrán Lloris sulle anfore romane in Spagna, l'anforologia ha conosciuto un grande sviluppo. La tavola del Dressel si rivelò insufficiente perché non includeva molti tipi oggi noti e perché non mostrava il carattere evolutivo della tipologia anforica. Il risultato fu l'apparizione di una complessa tipologia, definita, di solito, dal nome del ricercatore che studiò un certo tipo di anfore o le anfore di un certo luogo. Infatti i ricercatori continuarono a definire le anfore in funzione del materiale che stavano studiando, creando "varianti" quando tale materiale non coincideva completamente con un tipo già noto, e creando nuovi tipi quando trovavano materiali che non potevano affatto assimilare ad altri conosciuti. Negli ultimi anni l'anforologia si è divisa in quattro grandi settori: a) anfore protostoriche, feno-puniche, greche preclassiche, etrusche, ecc. ecc.; b) anfore greche delle epoche classica ed ellenistica; c) anfore del periodo romano; d) anfore bizantine e tardo-antiche. Le ricerche in ognuno di questi settori hanno raggiunto gradi di sviluppo molto diversi, ma si presentano alcuni problemi comuni. Il principale è quello della definizione di ogni tipo di anfora e della delimitazione della sua area - o aree - di produzione. Viene dopo il problema della determinazione del contenuto e dello studio dell'epigrafia associata ad ogni tipo anforico. In un primo momento si stabilí la nozione di "tipo" come qualcosa di ben definito e delimitato, senza prestare troppa attenzione agli aspetti evolutivi all'interno di ogni tipo; nello stesso tempo si associò un determinato "tipo" ad un determinato contenuto. Oggi la nozione di "sottotipo" o "variante" presenta un aspetto molto eterogeneo, dovuto al fatto che le anfore sono state studiate nei luoghi di recezione e non in quelli di produzione, dimenticandosi frequentemente che uno stesso tipo di anfora può essere stato fabbricato in molti luoghi diversi e in diverse regioni, e durante un periodo di tempo piú o meno lungo. Questo ha fatto si che in pratica la nozione di "variante" o "sottotipo" sia stata associata più a diversità cronologica che a diversità di botteghe di produzione. La non conoscenza da parte degli archeologi di alcuni tipi anforici ha provocato che, spesso, anfore venute da molto lontano siano state considerate recipienti di fattura locale. E molti altri errori sono stati commessi nelle attribuzioni di origine. Per quel che riguarda il contenuto, si difese l'ipotesi che un determinato tipo di anfora corrispondeva ad un determinato prodotto. Le ricerche attuali hanno dimostrato che in linea di massima è così. Tuttavia si è potuto costatare che alcuni tipi anforici furono adibiti a trasportare prodotti diversi, il che crea problemi nel momento di definire i rapporti commerciali. 38

Per quel che riguarda l'epigrafia anforica, i problemi sono due: l'esistenza - o meno - di epigrafia associata ad un determinato tipo di anfore, e il modo in cui questa epigrafia è stata studiata. Dressel ordinò l'epigrafia anforica da lui raccolta seguendo criteri epigrafici, cioè, ordinando i bolli secondo criteri gentilizi, cosa che permette di mettere in relazione bolli appartenenti ad individui di una stessa famiglia. Questi criteri furono trascurati dal Callender, il quale classificò i bolli seguendo l'ordine alfabetico delle lettere che presentavano. Fino ad oggi il sistema del Callender, più facile ad applicarsi, si è imposto nella pubblicazione dell'epigrafia anforica, ma ciò ha provocato una perdita di significato negli studi ad essa dedicati. Gli archeologi hanno fatto analizzare dai colleghi del campo delle scienze naturali materiali anforici trovati nei centri di recezione, dei quali non si conoscono le aree di produzione o si conoscono in maniera molto deficitaria. D'altra parte, i geologi e i chimici non hanno ancora stabilito criteri unitari nelle tecniche di analisi. È già molto che grazie alle analisi mineralogiche si possano distinguere gruppi fra le anfore trovate in uno stesso luogo. Tuttavia, finché ignoriamo i luoghi esatti di produzione, o, per lo meno, finché non possiamo delimitarne meglio le regioni, l'insieme dei dati ottenuti è appena utilizzabile. Inoltre, la mancanza mutua di conoscenza tra archeologi e storici, da una parte, ed esperti in scienze naturali, dall'altra, fa si che nel loro dialogo sia scarsa la coincidenza fra il tipo di domande formulate e le possibilità di risposta. In questo senso, vogliamo proporre qui una serie di considerazioni generali che, secondo la nostra opinione, possono aiutare a costituire una base per l'interazione tra studi archeologici ed archeometrici applicati alle anfore. Partiamo dalla nostra esperienza nello studio delle anfore Dressel 20 e dal progetto condotto insieme dall'area di Storia Antica dell'università di Barcellona e dal Dipartimento di Scienze della Terra dell'università di Roma, i cui risultati saranno presentati qui dai professori Grubessi e Burragato e che, in certo modo, costituisce il motore di questa riunione. Sarà necessario ripetere qui le caratteristiche delle anfore olearie betiche - conosciute come Dressel 20 - e lo stato attuale delle ricerche. Le anfore Dressel 20 furono prodotte in un'area relativamente piccola: quella compresa fra Siviglia (Hispalis), Cordova (Corduba) ed Écija (Astigi). Quest'area è stata intensamente prospettata; attualmente conosciamo quasi un centinaio di centri produttori. Le anfore Dressel 20 furono prodotte dall'epoca di Augusto fino alla metà del secolo III d.c.. La loro evoluzione tipologica è ben conosciuta. Le Dressel 20 sono ampiamente diffuse in tutto l'impero romano, soprattutto nella parte occidentale. Fra le anfore di epoca romana sono, senza dubbio, quelle che più frequentemente presentano bolli. Grazie alla documentazione del Testaccio, dove si conserva una grande quantità di iscrizioni dipinte sopra le anfore, disponiamo di abbondanti informazioni sulla tara e il 39

contenuto delle anfore stesse, sui mercanti che le trasportarono e sul controllo che lo stato romano esercitò sulla loro esportazione. Tra queste informazioni si contano le datazioni consolari, per mezzo delle quali possiamo stabilire cronologie assolute. Sebbene lo studio delle anfore Dressel 20 si trova in una posizione eccezionale per lo sviluppo della disciplina anforologica, in esso possono anche scorgersi i limiti di questo campo di ricerca. La prima delle nostre costatazioni è che ogni area produttrice, e ogni centro produttore all'interno di ogni area, deve essere studiato in modo specifico, tanto nei suoi aspetti tipologici quanto in quelli epigrafici. Così soltanto si può superare l'atomizzazione tipologica a cui conduce la moltiplicazione degli studi di anfore nelle aree di recezione. In altre parole, la sfida attuale della ricerca anforologica sta nel localizzare i centri produttori e nell'individuare la produzione di ognuno di essi. La grandezza e la durata nel tempo di un centro produttore sono elementi essenziali nello studio tipologico. Condizionati dalla nostra necessità di sintesi, dimentichiamo molto spesso che in uno stesso centro di produzione poterono lavorare contemporaneamente molti artigiani, i cui prodotti presentano particolarità che noi interpretiamo come "differenze tipologiche" quando in realtà non sono altro che differenze dovute alle mani che fabbricarono ogni singolo manufatto. Così accade che elementi che noi riteniamo utili per la cronologia in realtà non lo siano. In tale prospettiva, potrebbe affermarsi che alcune caratteristiche che noi abbiamo definito come tipologiche sono in molti casi irrilevanti. Secondo la nostra opinione, si possono attribuire criteri di standarizzazione alle anfore soltanto se queste furono prodotte durante lungo tempo, in una determinata regione, e se raggiunsero un alto grado di diffusione. Chiari esempi di quanto affermiamo sono le nostre anfore Dressel 20. L'epigrafia ad esse associata dimostra che si cercò di creare una capacità standard vicina alle 216 libbre romane di olio. Inoltre, sebbene fossero prodotte in circa un centinaio di centri, rispondono ad una linea evolutiva generale, in modo che è possibile distinguere facilmente - per il collo, il labbro e le anse - un'anfora del secolo I d.c. da una del secolo III d.c..tuttavia, malgrado l'esistenza di questa evoluzione generale si può costatare che essa non è perfettamente sincronica in tutte le botteghe e che distinguere varianti in un breve periodo di tempo è molto più difficile. Proponiamo dunque che si studino preferentemente i centri produttori, che si analizzino e tipifichino separatamente i materiali di ogni centro e che, una volta definita e delimitata un'area produttrice, questa sia studiata nel suo insieme. A tale scopo sarebbe necessario realizzare prospezioni in molte regioni del bacino del Mediterraneo e portare a termine lo scavo di alcune botteghe di produzione di anfore. Nello stato attuale delle ricerche, il criterio piú sicuro per attribuire un'anfora ad un determinato centro produttore è che essa contenga elementi epigrafici e che questi siano stati identificati nel loro luogo di produzione. Perciò proponiamo che siano analizzati con preferenza esemplari bollati. In alcuni casi l'epigrafia è abbondante, come ad esempio nelle Dressel 20; in altri no, e allora la necessità di conoscere i centri produttori è ancora più perentoria. 40

Per quel che riguarda le Dressel 20, stiamo studiando la loro tipologia solo a partire da frammenti bollati il cui luogo di produzione sia già stato localizzato nella Betica. Le analisi mineralogiche sono state realizzate su frammenti che riunivano queste caratteristiche; così possiamo ordinare il materiale cronologicamente in modo sicuro, grazie soprattutto ai ritrovamenti del monte Testaccio. A questo punto si pongono nuovi problemi, poiché si osserva che uno stesso sigillo fu impresso su anfore che presentano differenze che, in altre circostanze, avremmo interpretato come "tipologiche", ma che, come dimostrano i medesimi bolli, sono soltanto dovute alle diverse mani che sincronicamente fabbricarono queste anfore nella stessa bottega. Viceversa, conosciamo un grande numero di varianti di uno stesso sigillo - il cui significato deve ancora essere dilucidato - che riflettono effettive varianti tipologiche e, secondo le analisi del prof. Grubessi, anche mineralogiche delle anfore che li portavano. Gli scavi nel Testaccio e il programma di studio dell'epigrafia associata alle anfore Dressel 20 stanno offrendo la possibilità di studiare nello stesso tempo aspetti tipologici, epigrafici e mineralogici, sia di complessi chiusi con datazioni assolute come nel Testaccio, sia di materiali trovati in diversi luoghi ma perfettamente identificabili per mezzo dell'epigrafia ad essi associata, confrontando sempre i frammenti bollati trovati nei luoghi di produzione con quelli trovati nei luoghi di recezione. Per le anfore la cui epigrafia è scarsa non c'è altra possibilità che l'interazione fra gli studi tipologici - nelle condizioni che abbiamo segnalato - e quelli mineralogici. L'anforologia è una scienza giovane che negli ultimi tempi sta traendo grandi benefici dal contatto con altre aree di conoscenza, quali soprattutto la mineralogia e la statistica. Ma lo studio delle anfore acquista pieno senso solo quando esse sono considerate come strumenti che parlano allo stesso tempo del modo in cui furono prodotte e del sistema commerciale del quale furono i veicoli; cioè, in definitiva, quando i nostri dati singolari si elevano alla categoria di fonti storiche. Nota di lettura Lo stato attuale della ricerca anforologica può vedersi in: Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherche, Siena, 22-24 mai 1986, Università degli Studi di Siena, Università di Roma, École Française de Rome, 1989. L'ultima raccolta delle tipologie anforiche è quella di: PEACOCK, D.P.S.; WILLIAMS, D.F., Amphorae and the Roman Economy: an introductory guide, Londres 1986. Lo stato attuale delle ricerche su anfore Dressel 20 può vedersi in: PONSICH, M., Aceite de oliva y salazones de pescado (Factores geo-económicos de Betica y Tingitania), Universidad Complutense, Madrid 1988. 41

Bibliografia: Remesal Rodríguez, J., La annona militaris y la exportación de aceite bético a Germania, Universidad Compluntense, Madrid 1986. Rodríguez Almeida, E., Los tituli Picti de las ánforas olearias de la Bética, I, Universidad Complutense, Madrid 1989. Opere citate nel testo: Beltrán Lloris, M., Las ánforas romanas en España, Zaragoza 1970. Benoit, F., Typologie et epigraphie amphoriques, Rivista di Studi Liguri, 1-2, 1957, 279-285. Bonsor, G., The Archaeological Expedition along the Guadalquivir, 1889-1901, Nueva York 1931. Callender, M.H., Roman Amphorae (with and index of stamps), London 1965. Clark-Maxwell, W.G., The Roman Towns in the Valley of Baetis betwen Cordoba and Sevilla, The Archaeological Journal, 1899, 245-305. Dressel, H., CIL, XV, Inscriptiones urbis Romae latinae. Instrumentum domesticum, Pars 2, fasc. 1. Adjectae sunt tabulae duae amphorarum et lucernarum formas exprimentes, Berlin 1899. Lamboglia, N. Sulla cronologia delle anfore romane di etá republicana (II-I secolo a.c.), Rivista di Studi Liguri 21, 1955, 241-270. Pelichet, F., A propós des amphores romaines trouvés à Nyon, Zeitschrift für schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte 8, 1946, 198ss. *** José Remesal Rodríguez Departament de Prehistòria, Història Antiga i Arqueologia UNIVERSITAT DE BARCELONA E-Mail: remesal@ceipac.gh.ub.es *** C.E.I.P.A.C. (Centro para el Estudio de la Interdependencia Provincial en la Antigüedad Clásica) Càtedra d' Història Antiga (Prof. Dr. José Remesal Rodríguez), Universitat de Barcelona http://www.ub.es/ceipac/ceipac.html 42