Tesina di fine 2 anno. ESSERE O NON ESSERE O meglio: esser-ci o non-esser-ci attraverso le nostre dipendenze



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Scuola di Psicoterapia Costruttivista Riconosciuta dal M.I.U.R. con D.D. del 21.10.04 Corso C 6 Tesina di fine 2 anno ESSERE O NON ESSERE O meglio: esser-ci o non-esser-ci attraverso le nostre dipendenze L esistenza e la sopravvivenza della persona (l esser -ci ) sembrano essere intrinsecamente legate alla soddisfazione di alcuni bisogni vitali, per il soddisfacimento dei quali non possiamo prescindere dagli altri (pena il non-esser-ci ). Ecco che la dipendenza assume un significato di estrema utilità e funzionalità per il sistema, lasciandosi alle spalle quella polverosa nube semantica che intrappola l individuo in una continua e vana sfida tra le sue dipendenze e il suo desiderio di indipendenza. Di che implicazioni è intrisa una relazione basata prevalentemente su dimensioni di dipendenza, sia essa stabilita con un altra persona, con un terapeuta o un animale? Cosa comporta invece, una relazione di ruolo? Nell ultima parte ho cercato di esaminare quali aspetti peculiari caratterizzano la relazione che si sceglie di instaurare con un altroanimale, in funzione alle dimensioni di reciprocità e dipendenza (intesa come bisogno di validazione di aspetti nucleari di sé), paragonandola infine, ad una particolare relazione d amore a basso rischio. Quale utilità può avere il rapporto con un animale all interno di un processo di cambiamento? Dr.ssa Marika Bertagnoli Data: 19.11.2011

IL FANTASMA DELLA DIPENDENZA Costrutto di dipendenza. Spesso la parola dipendenza si connota di significati non molto positivi: prevale l idea di bisogno, di necessità e imprescindibilità, che creano un alone semantico attraverso il quale l esperienza di dipendenza viene vissuta come segno di debolezza e immaturità, come relazione insana instaurata con una persona, cosa o sostanza. Una relazione che vincola, che lega e imprigiona l individuo, il quale, avvolto da questa nebulosa spirale semantica, si vive come persona passiva, sopraffatta e prigioniera che non può far altro che lottare per sciogliersi da queste catene, cercando di sfidare la sua dipendenza (rimanendo alla fine, paralizzato all interno di questa dimensione dipendente VS indipendente ). Difficilmente potrà rassegnarsi ed accettare l immagine di sé che ne esce, date le implicazioni che il costrutto socialmente condiviso di dipendenza comporta. Come molti dei costrutti utilizzati nella PCP, anche la dipendenza non è di per sé un elemento negativo. Può essere più o meno utile a seconda dell uso e della costruzione che una persona ne fa. Ma cos è la dipendenza? Secondo la teoria dei Costrutti Personali è, appunto, un costrutto. Un costrutto che nasce dall associazione di un bisogno, di importanza vitale per il mantenimento e la sopravvivenza della persona, a quella persona o cosa che lo soddisfa. Come ogni costrutto ha la funzione di renderci anticipabile il mondo, altrimenti caotico e imprevedibile, e canalizzare le nostre esperienze, come tale ha genesi secondo il corollario della costruzione ( una persona anticipa gli eventi costruendone le repliche ). Il neonato, nel costante flusso indistinto di sensazioni in cui è immerso, inizia a discriminare e costruire delle ricorrenze: sente con una certa regolarità il sopraggiungere del calore di un corpo morbido che lo avvolge e lo protegge, impara a riconoscerne l odore, ben presto diventa familiare anche un altro odore che lo inebria poco prima che qualcosa di turgido tra le sue labbra faccia sgorgare un liquido caldo che placa il suo stomaco, sente il battito calmo di un cuore che lo culla e lo rassicura e un infinità di altre sensazioni per noi ormai difficili anche solo da immaginare. Non ha parole per definire quelle discriminazioni ricorrenti che esperisce, quello che vive lo può sentire e cogliere esclusivamente ad un livello preverbale, viscerale solo diversi mesi dopo imparerà che l artefice di quelle sensazioni si chiama mamma. I bisogni del neonato, legati alla sua sopravvivenza, si associano a questa mamma che provvede ad appagarli, quest associazione genera i primi costrutti di dipendenza. L esempio riportato potrebbe trarci in inganno: ciò che ci è indispensabile per mantenerci in vita, non è solo il soddisfacimento di bisogni fisiologici (o bisogni primari secondo la classificazione di Maslow), ma include anche tutti quegli aspetti che definiscono la nostra identità (come i costrutti nucleari e costrutti nucleari di ruolo). Per vivere non abbiamo bisogno solo di mangiare, bere e dormire, ma realizziamo e conserviamo la nostra esistenza in una rete di relazioni sociali. Perché i bambini posti in totale isolamento dal fu Federico di Svevia, intento a scoprire quale fosse la vera lingua originale dell essere umano, nonostante venissero regolarmente nutriti, deprivati di qualsiasi interazione sociale, morirono?! Non basta cibo e acqua per vivere?! E che dire dell alta mortalità riscontrata nelle persone che, dopo aver lavorato una vita, vanno finalmente in pensione? La soddisfazione di quale aspetto vitale viene meno? O chi, dopo una vita vissuta e condivisa con il proprio compagno, passa a miglior vita dopo esser rimasto vedovo?! Quale ruolo nucleare gli viene strappato? Non siamo un corpo da nutrire solo con il cibo, abbiamo fame e sete anche di relazioni, sono le relazioni che ci permettono di nascere come persone, sviluppare la nostra identità, costruendo attraverso di esse il nostro ruolo questo implica che non possiamo fare a meno degli altri. Date tali premesse, la piramide di Maslow e la sua suddivisione in bisogni in primari e secondari, perde di significato e utilità: la perdita o la minaccia di perdita di aspetti nucleari può portare alla morte, tanto quanto il prolungato digiuno.

Caratteristiche dei costrutti di dipendenza: La dicotomia. Che tipo di costrutti sono i costrutti di dipendenza? L aspetto principale di ogni costrutto è che è dicotomico (corollario della dicotomia: il sistema di costruzione di una persona è costituito da un numero finito di costrutti dicotomici ). La dicotomia che la società propone e condivide ampiamente è generalmente: dipendenza VS indipendenza. Quest ultimo polo assume connotati positivi, è una caratteristica che viene attribuita a persone adulte, forti in quanto se la sanno cavare da soli, potenti, che non si lasciano influenzare e via dicendo. Ma alla luce di quanto detto precedentemente, ovvero che realizziamo e conserviamo la nostra esistenza in una rete di relazioni sociali e che sono le relazioni che ci permettono di nascere come persone, sviluppare la nostra identità, sembra proprio che l uomo non possa fare a meno degli altri: l indipendenza, così come viene costruita dalla società, sembra essere dunque un costrutto che non si adatta a descrivere la natura dell uomo (meglio lasciarla ad altri ambiti di pertinenza es. quello economico!). Un altro malinteso creato dal costrutto dipendenza-indipendenza è quello di associare il polo della dipendenza all infante, e quello dell indipendenza al mondo dell adulto -sano ovviamente! Ma soffermiamoci un istante a riflettere sugli effettivi bisogni del bambino, su quelli dell adulto e sulle fonti necessarie a soddisfarli: il bambino, specie se neonato, trova completo appagamento nella figura materna, necessita di affetto, cibo e cure. L adulto saprebbe vivere con ciò che è sufficiente ad un bambino?! Nutrendosi e ricevendo cure e affetto, nient altro?! Potrebbe trovare piena soddisfazione delle sue esigenze in un unica figura?! In una società sempre più complessa, anche le necessità dell uomo moderno divengono sempre più complicate e articolate, facendolo dipendere da una moltitudine di risorse e servizi, ed impegnandolo continuamente nella ricerca di adeguate collocazioni per i propri bisogni all interno della propria rete di risorse. Ma qual è dunque la dicotomia in cui si estende la dimensione della dipendenza? L audace e creativa rivoluzione di Kelly sta proprio nel parlare di dipendenza scarsamente distribuita VS dipendenza ampiamente distribuita (dato che non possiamo non essere dipendenti da qualcosaqualcuno). Il processo di maturazione che porta un bambino a divenire adulto, sta proprio nel riuscire ad individuare i propri bisogni e chiedere il loro appagamento non più solo ad un unica fonte, ma distribuire le proprie domande ad una svariata serie di risorse, in poche parole impara a chi chiedere che cosa. Impresa che non risulta affatto semplice: molte persone, nonostante abbiano raggiunto l età adulta, continuano a cercare l unica e la sola mamma in grado di soddisfare ogni loro richiesta. Una dipendenza ampiamente distribuita viene favorita da esplorazioni aggressive che solo grazie ad una base sicura, l individuo si sente di poter compiere. Riprendendo la questione in termini di attaccamento, si può paragonare questa situazione all attaccamento sicuro, ovvero quando le anticipazioni del bambino vengono validate, il mondo attorno assume una certa regolarità e prevedibilità che gli permette di spingere le proprie esplorazioni al di là del proprio naso: costruire nuove relazioni -di ruolo- e distribuire la sua dipendenza. In termini costruttivisti, si parla di percorso della dipendenza tracciato dalla transizione di aggressività. Secondo quest ottica infatti, si ritiene che le precoci relazioni tra genitori e figlio, canalizzino in quest ultimo una particolare transizione, che prevale sulle altre, comunque presenti. Si intende con il termine transizione la consapevolezza del passaggio (break down) tra un micro mondo ed un altro: in poche parole quando la situazione cambia ciò che comunemente chiamiamo emozione. Aggressività è l esplorazione attiva del campo percettivo. Quando invece l avventurarsi in altre relazioni viene costruito come una minaccia verso le figure di attaccamento ( se mi lasci io soffro -mi perdi ) - attaccamento insicuro-ansioso o percorso di dipendenza tracciato da minaccia (minaccia: la consapevolezza di un imminente e comprensivo cambiamento nelle strutture nucleari ), l aggressività disponibile per l esplorazione in ambito sociale, viene a mancare: la scelta più elaborativa per il bambino è quella di rimanere legato alle proprie figure di attaccamento, unica sicurezza per la propria sopravvivenza. Tali ristrette esperienze sociali possono talvolta, portare la persona ad avere difficoltà nel saper costruire i processi di costruzione dell altro. Un altro caso si può verificare quando il bambino assiste a delle invalidazioni precoci rispetto alle proprie figure di accudimento, in poche parole, quando chi dovrebbe prendersi cura di lui, non lo fa paragonabile allo stile di attaccamento insicuro-evitante, che in termini costruttivisti si definisce percorso di dipendenza tracciato da colpa ( percezione di un evidente dislocazione da un costrutto nucleare ).

Dipendere dagli altri viene percepito come pericoloso in quanto significa poter essere delusi, disattesi meglio allora far affidamento solo su di sé per soddisfare tutti i propri bisogni, non concedendo niente agli altri: potrebbe essere una scommessa troppo rischiosa. La fragilità di queste ultime due posizioni, sta nel fatto che i bisogni connessi alla propria sopravvivenza, sono affidati a poche risorse, che prima o poi potrebbero venire meno. Inoltre, trovarsi costretti a dover dipendere da altre persone (come può avvenire ad esempio nella vecchiaia o durante una malattia), per un individuo abituato a contare solo su di sé, potrebbe essere molto difficile, insopportabile, aumentando il rischio di rimanere soli e senza le risorse per provvedere a sé. C è da dire inoltre, che al giorno d oggi c è una forte tendenza da parte dei genitori a costruire con i figli relazioni basate più su dimensioni di dipendenza che di ruolo: il figlio viene costruito come persona che ha dei bisogni a cui io, madre (o padre) devo rispondere. I genitori quindi si arrovellano per soddisfare qualsiasi bisogno della propria creatura, ancor prima che questi ne esprima l esigenza. In questo modo il genitore, sta considerando il figlio in modo piuttosto prelativo, ovvero come una persona che ha solo bisogno (di me), dimenticandosi tutta la complessità che incarna: mio figlio è una persona che ha anche dei bisogni. Costruire i propri figli in modo proposizionale, cercando di giocare un ruolo con loro, considerarli, accettarli per persone complesse quali sono, può favorire una miglior dispersione della dipendenza: prendere in considerazione è più importante, più utile che appagare. Cercare di comprendere, di considerare il punto di vista dell altro (senza necessariamente condividerlo), significa favorire la costruzione della sua identità, aiutandolo a fare esperienza: maggiore sarà la sua dispersione della dipendenza, più possibilità avrà di costruire relazioni di ruolo. Sarebbe interessante approfondire come i cambiamenti nella configurazione familiare (es. famiglie allargate, genitori separati ecc.) e le transizioni implicate (penso ad esempio alla minaccia di colpa del genitore che si deve separare dal figlio), stiano riassestando lo stile educativo e relazionale genitoriale Preverbalità, impermeabilità e prelazione. Come accennato precedentemente, i costrutti di dipendenza mettono in relazione i bisogni di nutrizione e sopravvivenza del bambino, ad alcune persone. Nel mentre si creano queste associazioni, il neonato non ha ancora acquisito la consapevolezza del simbolismo linguistico, pertanto rimangono impronunciabili, visto che non hanno la corrispondente etichetta verbale. Rimangono qualcosa di difficilmente definibile a parole, ma fortemente sentito a livello corporeo, viscerale: in poche parole si tratta di un costrutto di tipo preverbale (costrutto che viene usato nonostante non abbia un etichetta verbale corrispondente). Mancando la traduzione in parole-simbolo, la via attraverso cui i costrutti di dipendenza trovano modo di manifestarsi ed esprimersi è quella appunto, somatica. Nei cosiddetti disturbi psicosomatici infatti, spesso possono essere coinvolti, oltre ai costrutti nucleari, le dimensioni di dipendenza di un individuo. Nei bambini i costrutti di dipendenza tendono ad essere anche impermeabili (non ammettono alcun nuovo elemento all interno del loro contesto) e prelativi (gli elementi del costrutto apparteng ono esclusivamente a quel campo di pertinenza). Il bambino mette in relazione i suoi bisogni solo ed unicamente alla mamma, non ammette che altre nuove figure possano associarsi alla sua sopravvivenza (impermeabilità), inoltre, la mamma viene costruita come nient altro che colei che soddisfa ogni sua necessità, quasi come un distributore di cure, affetto e latte (prelazione). Il neonato non ha bisogno di giocare un ruolo con la madre per essere nutrito, può limitarsi a piangere. In una relazione basata su costrutti di dipendenza, non necessariamente entrano in gioco anche costrutti di ruolo, ciò dà una conformazione particolare al tipo di relazione che si va instaurando (le cui caratteristiche esamineremo nel prossimo capitolo). Mano a mano che il neonato cresce i suoi costrutti di dipendenza tendono a diventare sempre più permeabili, inglobando via via nuove figure: questo fa parte del processo di maturazione e gli permette una miglior differenziazione delle dipendenze. Non c è più solo la mamma, ma anche il padre, l amichetto, la compagna, il cane e via dicendo. Allo stesso tempo il costrutto diventa anche sempre meno prelativo, in questo modo egli impara a relazionarsi agli altri non solo in quanto erogatori di servizi e nient altro, ma anche come persone: il piccolo uomo sta iniziano a sviluppare costrutti di ruolo, equipaggiamento che gli servirà per l attraversata nell oceano delle relazioni sociali. Meno penseremo agli altri che sono in relazione a noi come miniera di qualcosa

che vogliamo ottenere o ricevere, e meno resteremo delusi (Kenny). Tuttavia, non sempre fila tutto così liscio! Alcune persone possono avere grosse difficoltà a discriminare i propri bisogni a trovare per essi una sistemazione appropriata. Inoltre (la persona) deve essere consapevole di ciò che può offrire in cambio agli altri se vuole mantenere in funzione il suo repertorio personale di reciproche offerte e richieste, altrimenti verrà visto come eccessivamente dipendente rischiando di diventare una persona veramente sola (Kelly, 1969). Questo genere di difficoltà può avere una serie di implicazioni per il benessere della persona (vedi i disturbi che implicano dipendenza indifferenziata), tali per cui potrebbe sentire la necessità di richiedere un aiuto di tipo professionale. Cosa avviene nel rapporto terapeutico, ma anche in un qualsiasi altro rapporto, quando vengono utilizzati costrutti di dipendenza? In che modo le caratteristiche sopra elencate canalizzano la relazione? Quali diverse implicazioni ha invece, l utilizzo di costrutti di ruolo? Costrutti di dipendenza e di ruolo. Entrambi i due tipi di costrutto vengono coinvolti nelle nostre relazioni interpersonali, ma con implicazioni bene diverse. Costruire una relazione basata principalmente su costrutti di ruolo con l Altro vuol dire cercare di sussumere i suoi processi di costruzione (corollario della socialità: nella misura in cui una persona costruisce i processi di costruzione dell altro, essa può giocare un ruolo in un processo sociale che coinvolge l altra persona ). Vuol dire cercare di capire come l altro vede il mondo, che tipo di realtà si è costruito, che tipo di esperienze vive. È una comprensione che implica accettazione dell altro, ma non necessariamente condivisione del suo punto di vista, fondamentale è che questa comprensione venga agita all interno della relazione (altrimenti non è propriamente una relazione di ruolo, ma piuttosto di relazione di comprensione ). L altro viene costruito, entro i limiti del sistema costruente, in modo proposizionale e nella sua complessità, non viene dunque vissuto unicamente come fruitore di merce. Nelle relazioni basate prevalentemente su costrutti di dipendenza invece, questa proposizionalità viene a mancare, manca la capacità di capire cosa esperisce e in quale realtà vive l altro, ne viene fatto un uso quasi strumentale: Tu mi servi, Tu mi devi. L altro non è considerato come persona, ma come un distributore di servizi e tutto diventa dovuto, se cerca di sottrarsi a questa sua funzione, è fuori dal gioco. Inizialmente la relazione potrebbe sembrare piacevole, ma a lungo andare la continua richiesta di appagamento può esasperare la persona che sente di aver a che fare con un bambino e facilmente inizierà ad accusare l altro di avere bisogni insaziabili e di essere eccessivamente dipendente. Un aspetto fondamentale che caratterizza una relazione di questo tipo, è il carattere di urgenza che assumono le richieste della persona. Può essere particolarmente utile riconoscerla nella relazione terapeutica. Cosa implicano dimensioni di dipendenza all interno di una relazione terapeutica? Transfert di dipendenza e di ruolo. Innanzitutto definiamo cosa Kelly intende per transfert. La persona si muove nel suo mondo cercando di anticipare gli eventi, il modo in cui li anticipa viene canalizzato dai costrutti utilizzati in tale previsione. In una situazione che ci appare nuova, in base a cosa anticipiamo? In questo caso recuperiamo dal nostro repertorio il costrutto che sembra meglio calzare questa novità, lo trasferiamo su di essa e lo usiamo per definire la natura di tale evento e per fare le nostre previsioni. Ogni volta che noi costruiamo quindi, c è un processo di trasferimento, quando tale processo si riferisce alle relazioni, e nello specifico alla relazione terapeutica, viene chiamato transfert. Come visto precedentemente, i costrutti chiamati in causa nelle relazioni sono principalmente di due tipi: di ruolo e di dipendenza. Quando la dimensione che il cliente trasferisce nella relazione terapeutica è principalmente quella di dipendenza, il terapeuta si trova a gestire un transfert di dipendenza, o primario.

Il terapeuta si trova a rispondere ad una serie di richieste implicite e ad un basso livello di consapevolezza (preverbalità), che il cliente gli pone (es. Mi posso fidare? Mi stima? Mi aiuta? ) e diventa una delle poche figure se non l unica- a cui la persona affida l appagamento dei propri bisogni (scarsa dispersione della dipendenza). Un terapeuta attento può accorgersi di quanto sta avvenendo da alcuni elementi: - Il cliente lo costruisce in modo prelativo, lo struttura in base ai propri bisogni, questo implica che il terapeuta non può più giocare nella relazione una varietà di ruoli e l esperienza del cliente rimane molto limitata; - Il terapeuta (e il contesto della terapia) viene costruito in modo impermeabile, assumendo caratteristiche di unicità (es. Ma qui è diverso, Lei è l unico che mi capisce ecc.), questo comporta che il cambiamento rimanga limitato alla sola stanza della terapia e non venga agito al di fuori; - I bisogni del cliente assumono caratteristica di urgenza, qualunque essi siano, per questo diventa molto importante disciplinare tali richieste e mettere da subito dei chiari paletti per evitare che strutturi il terapeuta come appagatore di bisogni. Inoltre il cliente tenderà a rispondere al terapeuta come se la sua vita dipendesse da lui: il terapeuta diventa una figura primaria alla quale la persona si attacca in modo dipendente; - Ci si può accorgere che il cliente si sta formando una costruzione di questo tipo ad esempio quando inizia ad usare il secondo pronome singolare per rivolgersi al terapeuta, o inizia ad usare il suo nome in modo personale (il terapeuta sta diventando l unica e la sola persona nella vita del cliente), oppure quando mostra una certa curiosità per la sua vita personale. Apparentemente il cliente sembra migliorare, ma effettivamente non sta lavorando, non sta facendo esperienza. La relazione che si sta creando può essere molto pericolosa in quanto è un tipo di legame che non può essere tradito: la presenza del terapeuta diventa essenziale per far sì che il cliente mantenga la sua organizzazione personale. Nel momento in cui ci sottraiamo alle aspettative del cliente e al soddisfacimento dei suoi bisogni, egli può pensare che lo abbiamo ingannato, tradito ben che vada ci sarà un dropout ma la rabbia del cliente potrebbe anche manifestarsi in modo più esplicito! Quando invece sono i costrutti di ruolo a prevalere nella reazione terapeutica, le dinamiche risultano ben diverse che danno vita al transfert di ruolo, o secondario, il più favorevole al processo di cambiamento. La persona recupera ed applica una vasta gamma di costrutti di ruolo, provenienti dalle sue esperienze precedenti: il terapeuta, o alcuni aspetti del suo agire, vengono inglobati come nuovi elementi nel contesto di ciascun costrutto (permeabilità). Il terapeuta può giocare diversi ruoli all interno della relazione (es. il padre benevolo piuttosto che il padre severo, la madre assente o la madre premurosa, la sorella complice, piuttosto che il maestro punitivo ecc.), favorendo e ampliando l esperienza del cliente, aiutandolo a riorientare e sviluppare le sue costruzioni di ruolo: il cliente impara a giocare un ruolo con una più ampia varietà di persone. Contro-transfert di dipendenza. Anche al terapeuta in quanto essere umano!- può succedere di definire la relazione in base a costrutti prevalentemente di dipendenza. Quando non usa adeguati costrutti professionali nel costruire il cliente, corre il rischio di prendere in prestito dal suo repertorio costrutti di dipendenza: il contro-transfert di dipendenza. All interno delle relazione comporta che: - Il cliente venga costruito in modo prelativo ( non è nient altro che un depresso ) e - Impermeabile (il cliente è l unico appartenente ad un ristretto gruppo di persone); - Il cliente viene costruito attraverso costrutti non verbalizzabili per il terapeuta e - con carattere di urgenza.

In questi casi un segnale dall arme a cui far attenzione è la percezione di una situazione di stallo nella terapia. Il controtransfert può portare il terapeuta in una situazione da cui non riesce più a districarsi, e che gli risulta inaccessibile data la non verbalizzabilità degli aspetti coinvolti. Per questo è importante mantenere un set adeguato di costrutti professionali. Sembra proprio che questa faccenda della dipendenza riguardi un po tutti professionisti e non! Ma se ognuno di noi ha una rete più o meno ampia in cui collocare le proprie dipendenze, perché solo alcune persone percepiscono la propria dipendenza come un problema? La guerra di indipendenza. Parlare di personalità dipendente per definire un individuo, non ha alcun senso [ ]. Quello che possiamo dire è che tutte le persone stabiliscono relazioni esclusive con i propri simili [ ], ma che solo alcune vivono questa esperienza come una mancanza di indipendenza creando a se stessi e agli altri non pochi problemi (Minissi). Non esiste l individuo con la personalità dipendente : il problema di sentirsi dipendente può nascere in persone anche molto diverse tra loro, si può parlare piuttosto di quella persona che utilizza nelle sue relazioni, il costrutto di dipendenza vs indipendenza. Forse nell esperienza di questa persona è avvenuto qualcosa che l ha resa particolarmente sensibile a questa dimensione, dimensione che tiene sempre ben presente nel definire le sue modalità di interazione con gli altri. Un costrutto, probabilmente superordinato, che mantiene costantemente alto il livello di vigilanza e di controllo sui rapporti interpersonali per evitare il pericoloso scivolone nella tanto temuta dipendenza. Si potrebbe ipotizzare che la persona, per meglio esercitare il suo controllo, abbia ritirato la sua disponibilità verso gli altri escludendoli dalla propria sfera di fiducia e stima (distribuzione della dipendenza sul sé). Questo ritiro dalle relazioni affettive potrebbe aver limitato lo sviluppo di dimensioni di ruolo, lasciando all individuo un arido e striminzito repertorio di costrutti di ruolo per anticipare e gestire quell universo sconfinato e variopinto delle relazioni umane. Nel momento in cui questa persona, a seguito di qualche importante invalidazione, si dovesse scoprire dipendente, quale soluzione potrebbe intraprendere? Quando in una coppia viene meno il delicato equilibrio di dipendenze reciproche, e in uno dei due si insinua il dubbio di essere dipendente (in quanto utilizza questo costrutto per analizzare la relazione e probabilmente i suoi bisogni sono concentrati principalmente sul partner ), una delle contromosse che vede percorribile è quella di sfidare la propria dipendenza, dimostrando il contrario. Inizierà a far in modo di sembrare il più indipendente possibile, come disse Kelly inizierà a comportarsi come un bambino ostile creda si possa comportare un adulto indipendente. La posizione simmetrica che decide di assumere rispetto alla sua dipendenza ( se sento che ti allontani, mi allontano nella direzione opposta, per resistere a qualsiasi richiesta possa farmi apparire sottomesso ), lo porta ad impiegare molto del suo tempo nel tentativo di dimostrare all altro il suo disinteresse ma nel fare ciò, ottiene l effetto contrario: passando le ore ad escogitare come dimostrargli la sua indipendenza, non fa altro che mantenere ben saldo il legame! Il contrasto attivo genera movimenti in direzione opposta e fa aumentare i tentativi di invalidare i dati della propria esperienza (ostilità). Questo atteggiamento può essere esteso anche all ambito delle dipendenze da sostanze, nel caso dell alcolista, ad esempio, la sfida costante è contro la bottiglia posso bere senza ubriacarmi, sono più forte dell alcol (si sente molto forte la puzza di ostilità in questo!). La via d uscita dalla dipendenza, qualsiasi essa sia, sta nel passare da una posizione simmetrica di sfida ad una posizione complementare: riconoscere che l alcol è più forte e non conviene sfidarlo. Tuttavia sentirsi anche solo temporaneamente, in posizione di inferiorità rispetto alla propria dipendenza, può essere molto minaccioso per la persona rappresenta la scelta migliore?! Lasciando aperto e insoluto questo interrogativo, nella speranza che possa rappresentare una fertile perturbazione per i lettori, vorrei ora dedicarmi ad alcune riflessioni a cui mi ha portato l esperienza di avere un nuovo compagno domestico, appartenente al regno animale: il mio gatto Galileo.

ESSER(CI) UMANO & ESSER(CI) ANIMALE. Nel trattare il tema della dipendenza, l aspetto innovativo che più mi è risuonato è stato il fatto di pensare all uomo come animale sociale, ma nei termini di vera e propria sopravvivenza: ovvero la sua impossibilità di essere indipendente ( non esser -ci ). Non possiamo non dipendere da qualcosa o qualcuno che risponda ai nostri bisogni nucleari. Una relazione significativa che sia in grado di soddisfare questo tipo di richieste può stabilirsi anche tra un uomo e una cosa, una sostanza, piuttosto che un luogo o un animale. Uomo e animale: è un particolare tipo di relazione d amore? Se pensiamo ai nostri avi si può dire che essi siano stati dipendenti dai propri animali? La vita dei contadini e degli allevatori di una volta sembra esser dipesa fortemente dalla terra, dal tempo e dagli animali. La carne dei suini, il latte delle mucche, le uova delle galline, i buoi per arare il campo. Il gregge e il cane guardiano, il gatto cacciatore di topi, gli asini, i cavalli per il trasporto e per i viaggi in posti lontani senza di loro come avrebbero potuto provvedere al proprio sostentamento? Tu mi servi, tu devi. Si può azzardare che per alcuni, l animale abbia costituito (e costituisca tutt ora) anche un elemento fortemente identitario? Il pecoraio senza il suo gregge e il suo pastore maremmano, si sente ancora un pecoraio? Come una maestra che ha lavorato anni ed anni nella scuola, non perde qualcosa il giorno in cui va in pensione? Un uomo che perde il lavoro, il gregge o l allevamento di pulcini, perde con essi una parte importante della sua identità, probabilmente andrà incontro ad una minaccia di colpa, o addirittura colpa, se non riesce a riorganizzare rapidamente e in modo proposizionale il proprio ruolo il rischio è quello di compiere un atto estremo di costrizione. Come scrisse G. A. Kelly dare ad una persona il controllo sui modi di far sperimentare agli altri (transizione di) colpa, equivale a dargli il controllo sulla vita o la morte altrui, continuare a vivere in una forte transizione di colpa è insostenibile. Dipendenza e colpa sembrano uniti da un fortissimo legame, quasi fossero i due lati della stessa medaglia: intrinsecamente uniti e mutualmente escludentesi. Comunque sia, la relazione uomo-animale come fonte di sostentamento, non ha molto di diverso dalla relazione che si può instaurare tra l uomo e il suo lavoro: costituiscono in entrambi i casi, forti elementi validazionali rispetto alla propria identità. Ma esaminiamo il caso delle numerosissime persone che decidono di far entrare nella propria vita un animale per cosiddetta compagnia, forse in questo tipo di rapporto si crea qualcosa di più specifico. Secondo il corollario della scelta ogni persona sceglie, in un costrutto dicotomico, quell alternativa che anticipa essere la più elaborativa per il proprio sistema. Per meglio comprendere la ragione di tale decisione, sarebbe interessante conoscere in quale dimensione si estende il relazionarsi con un altro- animale, quali sono i due poli? Altro-animale VS solitudine? Non aver nessuno che dipenda da te? Non sentirsi utile? Dipendere per alcuni aspetti da una persona? Nessuna sfida al proprio sistema di comunicazione? Non amare la natura? Ma soprattutto: cosa anticipano le persone di poter elaborare attraverso tale scelta? Non potendo entrare nei contenuti, cercherò di soffermarmi sui processi chiamati in gioco. I bisogni che il mio sistema riesce a specificare come possibilmente appagabili dalla relazione con un animale, mi sembrano avere molto a che fare con bisogni legati al ruolo, più o meno nucleare. Questo per quanto riguarda l uomo, per l animale si aggiungono, nella maggior parte dei casi, anche bisogni più legati al dominio fisico-corporeo, quali nutrimento e protezione. Pensando alla decisione di tenere un animale nei termini del corollario della scelta, mi torna alla mente la definizione di amore di Epting: l amore è un processo di validazione e invalidazione, che porta ad un elaborazione di noi stesse come persone complete. Posta in questi termini, la relazione tra l animale e l uomo, può essere paragonabile ad una peculiare relazione d amore? L esperienza di sentirsi amati, come riporta Stella, è l esperienza di sentirsi validati, di sentire confermata l idea che abbiamo di noi stessi. Nel momento in cui scegliamo di entrare in relazione con un animale, è perché anticipiamo che tale rapporto può permetterci una maggior elaborazione del nostro sistema, avere una visione di noi stessi più ampia e/o più specifica più completa. La particolarità di questa relazione, a mio avviso, sta nel fatto che rappresenta un amore a basso rischio di

invalidazione. Perché è una scommessa con alte probabilità di vincita? Un motivo potrebbe essere il fatto che l eventuale invalidazione riguardi aspetti più periferici. Cos è un invalidazione? Quando le nostre anticipazioni vengono disattese, l incoerenza, l imprevisto. Ma questo avviene perché non abbiamo costruito in modo sufficientemente adeguato il sistema di costruzione dell altro e quando si tratta di comprendere i processi di costruzione di un sistema di specificazione così diverso dal nostro, le cose si complicano, ma si semplificano allo stesso tempo: questo potrebbe fungere da alibi per la nostra invalidazione! Un secondo motivo infatti, potrebbe essere che tale relazione si presta bene ad estorsioni ostili. L imprevedibilità dell animale, il fallimento della nostra anticipazione su di lui, potrebbero essere riletti nei termini di comportamento istintivo, irrazionale, illogico, o il più rispettoso Non riesco proprio a capire cosa gli prende!. Inoltre, risulta più facile trovare delle evidenze validazionali, dato che l animale usa canali comunicativi molto diversi, talvolta inaccessibili al nostro sistema(es. odori, frequenze sonore, linguaggio corporeo ecc.): un linguaggio sconosciuto è più soggetto ad interpretazioni e inferenze personali. Una relazione di ruolo è dunque, possibile? In qualche misura forse sì. La nostra comprensione dell altro la verifichiamo nel momento in cui, riuscendo a costruire i suoi processi di costruzione, parte del suo agire diviene prevedibile, e questa anticipabilità la gioco nella relazione. Se spio di soppiatto Galileo da dietro l angolo, la mia previsione sarà che si avvicinerà quatto quatto, muovendosi come fa durante la sua caccia, fino a raggiungermi e balzarmi davanti, questo perché mi anticipo che lui, quando mi comporto in quel modo, mi costruisce come un compagno di giochi. Quando lotta contro la mia mano riesco a capire se sta vivendo quel momento come un divertimento o una minaccia, dal fatto che usi o meno gli artigli. Un altro motivo potrebbe essere perché minore è l investimento: se vediamo l animale come una risorsa in più in cui distribuire i nostri bisogni (o come un passatempo ), probabilmente non carichiamo di troppe richieste la relazione: l appagamento di talune necessità è già riversato altrove. Questo potrebbe spiegare perché, in persone con una dipendenza scarsamente dispersa (e non solo!), è possibile talvolta riscontrare un umanizzazione dell animale. L animale, trattato come una persona, viene sovraccaricato di investimento e di richieste, che forse non trovano appagamento altrove. Il fatto di trattare ostilmente il cane come un figlio può essere un esempio. Quella che si può instaurare con l animale, è una dipendenza meno complessa, più facilmente gestibile: relazionarci con un altro-animale può aiutarci a validare alcuni nostri bisogni, talvolta - azzarderei dire- nucleari (come ad esempio potrebbe essere il bisogno di sentirsi utile e prendersi cura dell altro, amare e sentirsi amati); altri più periferici, dando luogo a transizioni che Kelly definisce di soddisfazione o compiacimento. E ciò che l animale chiede in cambio è meno complesso e differenziato rispetto a ciò che richiede un altro-essere umano. L asimmetria della relazione inoltre, permette un controllo tale che consente all uomo di decidere come gestire e rispondere ai suoi bisogni. Mantenimento della relazione o abbandono come scelta. Quest ultimo rappresenta a mio avviso, un altro aspetto significativo: spesso l animale si trova in condizioni di cattività, dipendendo fortemente da chi se ne prende cura, connotando il rapporto con una imponente dimensione di controllo. A queste condizioni, si può dire che anche quella dell animale, di mantenere una relazione con l uomo, sia una scelta? Questo è più facile verificarlo nei casi in cui la dimensione del controllo viene meno, o si riduce. Mi viene in mente il caso del gatto. Il gatto ha costantemente la possibilità di scegliere se rimanere in relazione con una persona o meno. Galileo ha sempre una via d uscita accessibile, potrebbe andarsene quando e come gli pare, potrebbe nutrirsi di topi, rovistare nell immondizia, bere dai sottovasi, trovare calore e riparo in qualche nascondiglio, e socializzare con i gatti del quartiere. Ma, per il momento, la scelta per lui più elaborativa è quella di rimanere. Il gatto può sceglierti come altro della relazione, può scegliere di non entrare in relazione, può scegliere di abbandonare. Penso al periodo del calore: può sparire per giorni, settimane, in cerca di un compagno con il quale accoppiarsi può non far ritorno. Ma penso anche al caso di Fagiolina, la gatta affettuosa e coccolona di un amica: nel momento in cui le è nato il figlio, quella situazione non ha più rappresentato la scelta migliore per lei, non soddisfaceva più i bisogni di elaborazione del suo sistema, il suo mondo non era più prevedibile e ha deciso di

andarsene alla ricerca di una nuova relazione. Sembra dunque, che anche i tanto indipendenti felini non abbiano bisogno di sole crocchette! Il gatto non ha un padrone, ma un compagno. Anche il cane sceglie il suo capo branco all interno della famiglia, più difficile è che scelga di andarsene, forse perché ha più vincoli e meno possibilità. Come scrive Stella: il mantenimento della relazione nel tempo dovrà (dunque), tener conto dell eventuale evoluzione di ognuno e in tal caso durerà nella misura in cui saranno individuate sempre nuove aree di reciproca relazione. Altri esempi di relazione scelta potrebbero essere il cane disperso che percorre chilometri e chilometri per ritrovare il padrone, o che ne veglia per mesi la tomba. Ma anche il cavallo, che, disarcionato il fantino, potenzialmente libero di galoppare tra il vento e i prati, fa ritorno alla stalla. Quella del ragno nella teca, del cane legato al catenaccio, del merlo indiano nella voliera o del coniglio nano nella gabbia si può chiamare scelta?! Purtroppo (e più frequente) c è anche il caso in cui sia l uomo a decidere di abbandonare l animale quando si esaurisce la dimensione elaborativa della scelta, quando le validazioni fornite dalla relazione non sono più rilevanti, quando le invalidazioni sono troppe è troppo ingestibile (ovvero imprevedibile)- o troppo minacciose (es. non riesco nemmeno ad addomesticare un cane, quindi non valgo niente, non riesco nemmeno a prendermi cura di un animale, come posso prendermi cura di una persona? ecc.), quando subentrano altre fonti più rilevanti e complete per la soddisfazione di alcuni bisogni (es. il padrone, fido compagno, si trova un partner o nasce un figlio, ecc.), o quando si percepisce insostenibile il peso della dipendenza che l altro-animale riversa su di noi (es. prendersene cura in caso di malattia, educarlo da cucciolo, organizzare la vacanza per poterlo portare, ecc.). Il problema è che ci si dimentica della reciprocità della relazione e si costruisce il rapporto come fosse unilaterale: per noi non ha più senso tenere l animale, ma quando il cane viene abbandonato in autostrada, può sopravvivere da sé? Il pappagallo liberato in città può cavarsela? Qui entra in gioco un importante elemento: quello dell esperienza etica. Chi considero come Altro? Tutte le persone funzionano eticamente allo stesso modo, ciò che cambia è il gruppo di riferimento che può essere più o meno ampio [ ] posso scegliere se far morire l etica o se cercare di ampliare l esperienza etica, ampliando il gruppo di chi considero Altro. [ ] Dove il Criterio della Persona fallisce, l etica fallisce. Nessuna compassione è possibile (Giliberto). L animale lo considero come l Altro? Posso provare per lui com-passione? In base alla risposta che sento, che agisco abbandonerò o meno il cane in autostrada. Applicare il Criterio della Persona all altro-animale non significa trattarlo da persona, anzi: significa comprendere e rispettare la sua diversa natura, comunque di essere vivente degno di ricercare il meglio per se stesso. L animale come promotore di cambiamento. Tra gli aspetti peculiari del rapporto che si può instaurare tra uomo e l altro-animale, possono essercene alcuni in grado di favorire un processo di cambiamento? Ecco quelli che sono riuscita ad identificare: - Il fatto di trovarsi impegnati in una relazione che coinvolge sistemi di specificazione molto diversi tra loro, implica che difficilmente si potrà contare su dimensioni di comunanza. Accettare tale sfida significa allenarsi in un processo di socialità. Socialità che implica la costruzione anche di dimensioni corporee: l animale può essere utile all uomo anche per insegnarli il rispetto della sua e della propria fisicità, e ad approcciarsi a diversi modi di contatto. Comprendere di aver difronte un altro-animale che vive una realtà molto diversa dalla propria, può rendere la persona consapevole che esistono tante realtà quanti sono gli osservatori; - Il fatto di dover utilizzare anche canali di comunicazione non convenzionali, può favorire la sperimentazione di nuove parti di sé, mai entrate in gioco prima. Rappresenta un occasione per la persona per esplorare aggressivamente le sue capacità di comunicazione non verbale, potrebbe inoltre sperimentare nuovi costrutti preverbali, emergenti dal tipo particolare di relazione, dalle dimensioni di dipendenza coinvolte, ma anche dalle peculiari sensazioni corporee suscitate dal contatto reciproco;

- Quella con l animale può costituire una relazione protetta, potenzialmente meno minacciosa e fonte di più facili e immediate validazioni, circoscritte ma importanti per poter costruire una base sicura da cui partire per esplorazioni sociali più aggressive; - Tali validazioni possono in alcuni casi, giungere anche dall aspetto di dipendenza reciproca che assume la relazione, sfiorando anche dimensioni più nucleari ed identitarie (come ad esempio sentirsi amati, amare, sentirsi utili, rispettati, capaci di rispettare e prendersi cura). La persona può annusare qualcosa che richiama, anche in modo molto vago, una relazione d amore, la può accarezzare, vi si può strofinare contro senza la minacciosità di invalidazioni imponenti; - L altro-animale può costituire una nuova fonte su cui distribuire la propria dipendenza. La vicinanza o lontananza della relazione, può venire in parte da quello entrambi sono disposti a costruire, in parte a priori, a seconda della scelta del tipo di animale. Decidere di relazionarsi con una tartaruga, piuttosto che un cane, un cavallo, o un gatto è un atto che viene fatto in base ad anticipazioni e pre-costruzioni ben diverse. La natura del compagno scelto crea diversi vincoli e possibilità per il movimento della relazione. CONCLUSIONI Mi rendo conto che il tentativo ( non sempre riuscito!) di trattare esclusivamente i processi, abbia impresso il lavoro di una certa freddezza. Quello che sento che manca è il calore e il colore che solo i contenuti e i vissuti personali riescono a dare. L esperienza di avere un compagno-animale risulta, a quanti l hanno sperimentata, più ricca e complessa di un insieme di processi: è viva come il guizzo del pesce, calda come il corpo del cane, morbida come il pelo del gatto, vivace come il canto del canarino, appassionata come il galoppo del cavallo, forte come il carapace della tartaruga, intensa come la femmina con i suoi cuccioli e complessa come il pensiero dell essere umano! Per ovviare a questo inconveniente, un passo successivo potrebbe essere quello di sviluppare una serie di domande volte ad elicitare i bisogni che una persona soddisfa nella relazione con un animale, piuttosto che con una persona, cosa o sostanza. Fornendo anche un idea generale sulla sua distribuzione della dipendenza. E forse non sarebbe ancora sufficiente a rendere l idea di tutte quelle sensazioni viscerali e preverbali, intrise di bassa consapevolezza, che si muovono all interno di una relazione significativa. Nell intravvedere nella relazione uomo-animale una risorsa possibile per il cambiamento, sono partita da alcune riflessioni fatte sulla mia nuova esperienza di avere un gatto. Quello che percepisco, è che questa relazione mi abbia portato a riflettere sulle mie dipendenze, con una consapevolezza diversa. La mia anticipazione era che il gatto avrebbe favorito una miglior distribuzione delle mie dipendenze, e sento che in qualche modo, questo stia avvenendo. Successivamente è entrato in gioco anche l aspetto della sfida alla comprensione di un sistema così diverso e il tentativo continuo di costruire un modo utile per comunicare e per costruire una relazione di ruolo. Ho letto questo come un modo per esercitarsi a farlo anche con le persone. Vedendo questi come aspetti favorevoli al cambiamento, ho pensato a quanto potessero entrare in gioco anche in una relazione terapeutica in particolare in un tipo di relazione terapeutica, ovvero quella che si instaura in una pet therapy, perché di animali stiamo parlando. Possono quelli elencati, essere alcuni dei fattori coinvolti in una pet therapy? Sarebbe interessante in un lavoro futuro, riuscire ad esaminare più nel dettaglio quali siano i principi, riletti in chiave costruttivista, su cui si basa questo genere di terapia. Forse in alcune relazioni uomo-animale, alcuni processi di cambiamento vengono messi in moto talmente in modo spontaneo, che la pet therapy, o per lo meno alcuni dei suoi aspetti, sembra poter esserci potenzialmente ovunque ci sia un incontro tra un animale ed un uomo. La condizione è che questi sia disposto a considerarlo eticamente come un Altro-animale, presupposto del presente lavoro.

BIBLIOGRAFIA Giliberto M., Etica fra identità e relazione, [Power Point slides]. Riportato nella lezione del 13.11.2010; Kelly G. A., The psychology of Personal Constructs, Norton, New York, (1955); Kelly G. A., In whom confide: on whom depend for what?, (1969) traduzione di V. Alfano, da http://www.oikos.org; Minissi E., Piccole guerre di indipendenza: ovvero come dirigere al meglio gli sforzi di cambiamento di chi si ritiene dipendente, (2003), da http://www.oikos.org; Minissi E., Sfide impossibili. Elementi per la comprensione e soluzione dei disordini nelle cosiddette dipendenze, (2004), da http:// www.oikos.org; Stella G., tesi di specializzazione: Ma l amore che cos è?, (2011).