CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE



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CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE Relazione svolta dal Presidente Antonio D Aversa per l inaugurazione dell anno giudiziario 2010 Torino 24 febbraio 2010

Torino 24 febbraio 2010 Come sappiamo, l inaugurazione dell anno giudiziario parte dall illustrazione delle novità normative introdotte nel 2009 per approdare, poi, alle più rilevanti pronunce della nostra Sezione giurisdizionale: partendo da queste ultime riassumo i numeri che hanno caratterizzato la nostra attività. La Sezione ha tenuto nell anno 2009 n. 93 udienze pubbliche di cui n. 20 udienze in camera di consiglio. Nel complesso, n. 31 udienze sono state dedicate alla responsabilità di cui n. 4 hanno riguardato l esame dei conti giudiziali; n. 62, prevalentemente monocratiche, dedicate alla pensionistica. Nel settore pensionistico, il carico è attualmente costituito dai n. 83 ricorsi pendenti al 1 gennaio 2010 con una diminuzione del 60,14% nei confronti dell anno precedente (n 138 pendenti al 1 gennaio 2009 oltre n 194 pervenuti durante l anno 2009 per un totale di n 332). Resta confermato che, in tale settore, la giurisdizione della Sezione Piemonte ha assunto, ormai da tempo, un carattere che può definirsi di correntezza, della quale i cittadini, oltre che i giudici, credo che possano dirsi soddisfatti. Le sentenze in materia di pensione pubblicate nel 2009 sono state, in totale, di n. 216 di cui n. 210 relative a pensioni civili e militari che hanno definito n 238 ricorsi e n. 6 a pensioni di guerra. Di tali sentenze, n. 107 sono di totale o parziale accoglimento, n. 51 di rigetto per motivi sostanziali o procedurali, n 1 sono sentenze non definitive e n 57 riguardano altre modalità di definizione (inammissibilità, difetto di giurisdizione, ecc.). A queste si aggiungono n. 24 ordinanze istruttorie e n. 29 di sospensione del provvedimento impugnato. Nel settore della responsabilità amministrativa e contabile, a fronte di n. 48 procedimenti pendenti all inizio del 2009 (di cui n. 29 responsabilità, n. 19 di conto e n. 0 istanze di parte), sono stati introdotti, con citazione da parte della Procura regionale, n. 29 processi nel corso dell ultimo anno (n 27 atti di citazione e n 2 giudizi per resa di conto), oltre a n. 8 giudizi di conto ad istanza dei magistrati relatori oltre n. 5 istanze di parte. Nell anno 2009 sono state pronunciate n. 38 sentenze di condanna (di cui n. 35 di responsabilità e n. 3 di conto giudiziale) più n. 8 ordinanze di condanna con procedimento monitorio, n. 11 sentenza di assoluzione (di cui n. 8 di responsabilità e n. 3 relative ai conti giudiziali), n. 1 dichiarative di difetto di giurisdizione o di competenza, n. 4 cessazioni di materia del contendere (di cui n. 3 di responsabilità e n. 1 di conto giudiziale), oltre a n. 2 ordinanze di sospensione in attesa di sentenza penale; sono state accolte infine n. 5 istanze di proroga del termine di emissione della citazione. Le condanne emesse a favore dello Stato e degli Enti locali piemontesi nel campo della responsabilità amministrativa contabile hanno raggiunto l importo complessivo di. 2.883.289,61 (di cui. 2.836.043,37 in materia di responsabilità,. 47.246,24 in materia di conti giudiziali), oltre a interessi, rivalutazione e spese di giustizia. Per terminare su tale punto introduttivo, va riferito che il numero di conti giudiziali pendenti al 1 gennaio 2009 era pari a n. 39.910 di cui n. 37.981 di agenti contabili degli 2

enti locali; nel corso dell anno scorso sono pervenuti complessivamente, n. 6.585 nuovi conti: di cui n. 370 di agenti contabili statali e n. 6.215 di agenti contabili degli enti locali. Pertanto all inizio dell anno 2010 i conti pendenti ammontano a n. 42.703. Meritano in brevi cenni, i problemi di ordine pratico che quotidianamente questa sezione si trova ad affrontare. Ricordo, in proposito, che l organico di questa sezione prevede, da un lato, un presidente e n. 6 magistrati; dall altro la presenza di n. 20 (circa) funzionari e impiegati amministrativi, complessivamente considerati, a prescindere dai cospicui carichi di lavoro, specialmente, nel settore dei conti giudiziali. Nella realtà, i magistrati in servizio attualmente sono, oltre al presidente, in numero di cinque, di cui uno in posizione aggiuntiva temporanea. C è da riconoscere che un miglioramento rispetto allo scorso anno si è indubbiamente verificato. Debbo soltanto auspicare che l assegnazione, ora in via aggiuntiva; del quinto magistrato sia rapidamente trasformata in assegnazione definitiva, se non altro per la formazione, senza problemi, dei collegi giudicanti. Più grave è il problema relativo ai funzionari ed impiegati, carenti di n. 2 unità. Tale carenza porta, con ogni evidenza un grave nocumento soprattutto al servizio di controllo dei conti giudiziali tenendo presente, in primis, della dimensione della regione Piemonte ove il numero degli enti locali (per limitarsi ad essi) raggiunge il numero di n. 1.215 (comuni regione province) con l'aggiunta di altri enti (A.S.L., Comunità montane, Consorzi, ecc.) che sono tenuti a presentare, ogni anno, circa n. 7.000 conti giudiziali e, in secondo luogo, dell incombente decadenza quinquennale che, molte volte, rende di per sé vana, in quanto comunque tardiva, la stessa presentazione dei conti. Mi permetto di sottolineare i risultati raggiunti nel settore dei conti giudiziali e delle sanzioni comminate nei casi in cui non è stato possibile riconoscere il discarico dei conti stessi. Si tratta spesso di sanzioni per importi non rilevanti ma, non per questo meno significativi. Permane vivo, comunque e mi sento di confermarlo anche in questa circostanza, l impegno della Sezione piemontese di continuare ed estendere la propria attività nel settore dei conti giudiziali. Venendo ora ad illustrare, sinteticamente, come è ovvio, le novità normative introdotte nell ultimo anno c è da ricordare in primo luogo la legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha demandato al giudice, già designato per il merito del ricorso pensionistico, anche la cognizione del preliminare ricorso diretto ad ottenere, in presenza di determinate ragioni, la sospensione immediata degli effetti del decreto pensionistico contestato. Tale passaggio preliminare era, prima di tale norma, demandato all esame della sezione giurisdizionale per cui si determinava, quanto meno, un appesantimento di tutta la procedura, della cui scarsa utilità più volte ci si era lamentati V è da ricordare le modifiche apportate dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, la quale ha introdotto novità importanti relativamente alla efficacia della pronuncia delle SS.RR. della Corte 3

dei conti. Come è noto, queste non hanno la stessa cogenza di quelle, analoghe, emesse dalle SS.UU della Cassazione. Infatti, a differenza di quest ultime, che pronunciano un principio di diritto di generale applicazione, anche al di fuori del processo ove è intervenuta la pronuncia della Suprema Corte, le pronunce delle SS.RR della Corte dei conti sono talvolta disattese dai giudici di merito e quindi non hanno valore definitivo sul punto di diritto in altra situazione già enunciato. Stabilisce invece ora al riguardo l art. 42 della legge sopraindicata che, qualora il giudice non condivida il principio di diritto già enunciato dalle SS. RR. in altra analoga controversia egli debba rimettere la causa direttamente alle SS.RR per la definitiva decisione di merito anche sulla causa dedotta in giudizio. Questa norma ha sollevato qualche perplessità sia perché, parlando, la legge, espressamente del Presidente della sezione regionale, sembra non aver tenuto conto del fatto che, da tempo, è stato introdotta la competenza del giudice unico in materia pensionistica, sia perché, sembra, oltre avere leso il principio del doppio grado di giurisdizione, ha lasciato al giudice monocratico di primo grado, l onere di pronunciarsi, in via definitiva o di adire direttamente, e da solo, le SS.RR. Si tratta, forse di una norma non ben meditata, come è stato detto anche, da altri autorevoli colleghi. Altra norma di particolare rilevanza è stata quella introdotta con la legge n. 102 del 2009 il cui art.17, co. 30 bis, subito dopo modificato con legge n. 141 del 2009: Tale norma, nella sua versione definitiva, dispone che le Procure della Corte dei conti possono iniziare l attività istruttoria ai fini dell esercizio dell azione di danno erariale per il risarcimento del danno all immagine, a fronte di specifica e concreta notizia di danno erariale, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Dispone altresì che qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione di dette disposizioni, salvo il caso in cui sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere, in ogni momento, da parte di chiunque vi abbia interesse, inanzi alla competente sezione giurisdizionale, che decide nel termine di trenta giorni dal deposito della richiesta di nullità. Questo è il testo della norma che, ovviamente, è stata oggetto delle più variegate letture ed interpretazioni. In realtà, a mio parere, essa è meno innovativa di quanto, all apparenza, possa sembrare. Si ricordi, in primo luogo, che della giurisdizione della Corte dei conti già si sono occupate più volte sia la Corte Costituzionale, sia la Suprema Corte di Cassazione. La prima, in occasione di conflitti di attribuzione, ha delineato i limiti intrinseci ai poteri di indagine del P.M. contabile che possono essere esercitati in presenza di fatti o notizie che facciano presumere comportamenti di pubblici funzionari ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno erariale e debbono essere diretti ad acquisire atti o documenti precisamente individuati. L attività del procuratore contabile non può, cioè essere considerata come una impropria attività di controllo generalizzata e permanente. Sempre secondo il giudice delle leggi l iniziativa del P.M. contabile non può basarsi su mere ipotesi, ma si giustifica solo quando, tenuto conto delle circostanze, sia presumibile l avvenuta commissione di illeciti 4

produttivi di danno (cosi le sentenze della Corte Costituzionale n.104/89 e n.209 del 94 e 337 del 2005). Su tale falsariga si è pronunciata la Cassazione nella sua veste di giudice della giurisdizione. La Suprema Corte è nuovamente e recentemente tornata ad occuparsi della giurisdizione della Corte dei conti in alcune sentenze le quali hanno precisato i principi generali in base ai quali vige la competenza del giudice ordinario da quelli per i quali è affermata la competenza del giudice contabile. Diamo pertanto una rapida sintesi delle principali decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione civile che appaiono di particolare interesse per la Corte dei conti 2009. La Suprema Corte ha chiarito in primo luogo che, ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale non deve aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico (che può anche essere un privato o un ente pubblico non economico) bensì alla natura del danno e degli scopi perseguiti: ne consegue che qualora l'amministratore di un ente, anche avente natura privata, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A., alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare determinando in tal modo uno sviamento dalle finalità perseguite, egli provoca un danno per l'ente pubblico, del quale deve rispondere davanti al giudice contabile (ord. 20434 del 23 settembre 2009, concernente un ente privato che gestiva fondi pubblici per l'attuazione di programmi di formazione professionale; v. anche ord. 23319 del 4 novembre 2009, concernente l amministratore di società beneficiaria di contributi pubblici destinati ad imprese operanti in zone economicamente depresse, in relazione al danno derivante dalla indebita percezione degli stessi). Anche in tema di rapporto di servizio è stato ribadito l'orientamento estensivo secondo cui detto rapporto è ravvisabile anche in senso lato ogni qualvolta si instauri una relazione, non organica ma funzionale, caratterizzata dall inserimento di un soggetto esterno nell iter procedimentale dell ente pubblico, come compartecipe dell attività a fini pubblici di quest ultimo (ord. 26280 del 16 dicembre 2009, concernente una società concessionaria del servizio di gestione e riscossione dell imposta comunale sulle pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, cui è stata peraltro attribuita anche la qualifica di agente contabile; v. anche ord. 25504 del 4 dicembre 2009). Sono stati quindi assoggettati alla giurisdizione contabile il libero professionista che aveva stimato un immobile per un valore superiore rispetto a quello ritenuto congruo (ord. 24671 del 24 novembre 2009) ed il professionista incaricato della direzione lavori e collaudo di un'opera pubblica (sent. 5631 del 9 marzo 2009). In presenza di un rapporto di gestione di immobili fra la P.A. e una società di capitali la giurisdizione contabile si estende anche agli amministratori e dipendenti della società di capitali stessa, per quanto l incarico di sovrintendere al patrimonio immobiliare fosse stato affidato alla società, in quanto il rapporto di servizio tra P.A. e dipendenti della società è ravvisabile per il solo fatto dello svolgimento di attività che, altrimenti, avrebbero dovuto essere compiute dalla stessa amministrazione (sent. 23332 del 4 novembre 2009). 5

Parallelamente, si è affermato che sono assoggettati al regime della responsabilità amministrativa gli amministratori della RAI e degli enti pubblici azionisti, in virtù della natura sostanziale di ente pubblico economico della stessa e della conseguente qualificabilità come erariale del danno ad essa cagionato (Ord. n. 27092 del 22 dicembre 2009; nella specie, si verteva in tema di nomina del direttore generale e di stipula di contratti concernenti il relativo trattamento economico). Si è chiarito che la normativa mira a garantire il risarcimento del danno erariale che, intaccando il patrimonio dei soggetti pubblici, necessariamente deve trovare ristoro nel superiore interesse della collettività: pertanto, fra due possibili interpretazioni è certamente più aderente al sistema quella che aumenta il numero degli obbligati e non quella che li diminuisce, per di più sottraendo al sindacato del giudice contabile proprio coloro i quali, avendo cagionato materialmente il danno per scopi addirittura criminosi, dovrebbero essere i primi a risponderne in ogni sede (sent. 23332 del 4 novembre 2009). Menzione a parte merita, infine, la sentenza n. 26806 del 19 dicembre 2009, con cui la Suprema Corte ha nuovamente affrontato una questione di responsabilità amministrativa relativa ad una società per azioni, esercente attività d'impresa, ma caratterizzata dalla partecipazione pubblica di controllo. La nuova pronuncia, in linea di principio, tiene distinto il profilo del danno causato dagli amministratori e dagli organi di controllo direttamente alla società (e, per tal via, indirettamente al socio pubblico, il quale vede diminuire il valore della propria partecipazione) rispetto al danno causato direttamente al patrimonio del socio pubblico. Fattispecie a parte è quella relativa al danno causato direttamente dalla società all'amministrazione pubblica, qualora sussista un rapporto di servizio tra le due, essendo pacifica in questi casi la giurisdizione contabile nei confronti della società e, entro determinate condizioni, nei confronti dei relativi amministratori i quali, di norma, non sono in rapporto di servizio con l'amministrazione pubblica, ma solo con la società. Come pure la Cassazione tiene in separata considerazione le società per azioni che, per la loro peculiarità anche statutaria, siano da considerare esse stesse enti pubblici sul piano sostanziale a prescindere dalla veste societaria (ad esempio, la Rai; v. Ord. n. 27092 del 22 dicembre 2009). Ciò posto, tornando al tema generale delle società per azioni (che non siano qualificabili come enti pubblici in senso lato e i cui amministratori non sono in rapporto di servizio con l'amministrazione, mentre rientrano, invece, nell'ambito della giurisdizione contabile quelle particolari fattispecie di danno cagionato direttamente dagli amministratori o controllori della società al patrimonio del socio pubblico: l'illecito degli amministratori, infatti, ben può essere suscettibile di danneggiare non solo il patrimonio della società, ma anche in via autonoma e diretta il patrimonio del socio o, in generale, dell'amministrazione pubblica, a prescindere dal danno arrecato alla società (si cita, ad esempio, la lesione diretta causata all'immagine del socio pubblico che ha nominato l'amministratore disonesto). Le stesse Sezioni Unite, peraltro, in altra pronuncia pubblicata negli stessi giorni hanno 6

configurato il concorso tra l'azione di responsabilità sociale (davanti al giudice civile) e quella di responsabilità amministrativa (davanti alla Corte dei conti) chiarendo che la coesistenza delle due azioni, benché aventi ad oggetto il medesimo danno, non incontra motivi ostativi, né vi è il pericolo di duplicazione del risarcimento, poiché la giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, sicché il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività anziché di esclusività, dando luogo a questioni non di giurisdizione, ma di proponibilità della domanda; tuttavia, la cognizione dell'azione di nullità contrattuale compete al giudice civile (ord. 27092 del 22 dicembre 2009, cit., concernente la RAI). Giova poi ricordare che per incardinare la giurisdizione della Corte dei Conti è necessaria e sufficiente l'allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema indicato, afferendo invece al merito ogni questione relativa all'effettiva sussistenza del danno e del rapporto di impiego o di servizio (ord. 24672 del 24 novembre 2009; sent. 10857 del 12 maggio 2009). Di particolare interesse è il principio secondo cui gli eventuali vizi dell attività della Procura contabile (e, in particolare, quelli asseritamente concernenti l'assenza di specifica e concreta notizia di danno) non si sostanziano in questioni di giurisdizione, ma restano sottoposti all esame della Corte dei conti, il cui potere giurisdizionale si esercita anche mediante la verifica delle modalità di esercizio dell azione contabile (ord. 26834 del 17 novembre 2009). Sempre in tema di giurisdizione, si è chiarito che la Corte dei conti rispetta i limiti della «riserva di amministrazione» e non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando, nel valutare se i mezzi liberamente scelti dagli amministratori di un Comune siano adeguati o esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire, ritenga illegittimo il ricorso ad incarichi esterni in assenza dei presupposti previsti dalla legge pro tempore vigente (sent. 5288 del 5 marzo 2009). In tema di risarcimento dei danni derivanti da reato, si è ribadito che la giurisdizione civile, da un lato, e quella contabile, dall altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale; l eventuale interferenza che può determinarsi tra di essi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell azione di responsabilità davanti al giudice contabile, senza dar luogo a questione di giurisdizione (ord. 10857 del 12 maggio 2009). Tornando alla più recente normativa che stiamo esaminando, cioè la legge n. 102/2009 emerge in primo luogo l osservazione che la lettera della legge non richiede specifiche e concrete notizie di danno ma utilizza il termine generico di notizia di danno. Una seconda osservazione riguarda la salvezza che il testo della nuova legge esprime nei confronti della legge n. 97 del 2001 in particolare dell art. 13 che, come è noto, dispone che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti per i delitti contro la Pubblica Amministrazione è comunicata al Procuratore regionale presso la Corte dei conti per l eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale. Si tratta, questa, di norma di carattere meramente ordinatoria, la cui omissione o tardività rimane priva di 7

conseguenze: infatti, la giurisprudenza consolidata insegna che l omissione o la tardività di tali atti non rende nulla la successiva azione di responsabilità, ma limita, o relega, tale comunicazione nella categoria delle notizie di danno, sempre acquisibili in ogni situazione dal Procuratore contabile. Al contrario il nuovo dettato normativo appare ictu oculi immediatamente più restrittivo in quanto prevede la sanzione della nullità per gli atti compiuti in violazione di detta legge. Questa sezione, chiamata a pronunciarsi sull istanza di nullità, ispirandosi ai principi tempus regit actum e della ìrretroattività delle leggi di cui all articolo 11 delle preleggi, ha ritenuto, con l ordinanza n. 60/2009, che nessun atto istruttorio e processuale può essere considerato nullo, cioè posto in essere in violazione di una legge, se la medesima non era neppure esistente alla data di compimento dell atto stesso: per tale ragione ha respinto l istanza di nullità ed ha fissato la data di discussione del merito. Non tutte le Sezioni regionali hanno assunto analoga posizione sollevando altri dubbi e manifestando altri orientamenti per cui la questione è stata rimessa alle Sezioni riunite per la soluzione di una questione di massima di cui si attende a breve, la risposta. Questa Sezione, da parte sua, ha ritenuto che la norma in questione non avesse l effetto, sostanzialmente retroattivo, di statuire la nullità o, sarebbe meglio dire, l esplicita disposizione di annullamento di atti commessi validamente sotto l imperio della legge vigente al momento in cui gli stessi erano stati legittimamente commessi: essa cioè potrebbe riguardare solo gli atti posti in essere dopo il 5 agosto 2009, cioè dalla data di entrata in vigore della legge di cui si discute. Analogo orientamento è stato manifestato con la Sentenza relativa al giudizio iscritto al n. 18355 del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di agenti della Polizia stradale relativamente a incidenti che risultavano simulati per incassare il risarcimento da parte dell assicurazione. Al termine della indagine condotta dalla Procura della Repubblica, veniva applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei convenuti e il relativo procedimento penale veniva definito con sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 26.9.2007.ed il G.I.P. e nella quale applicava varie pene a carico degli autori. I fatti di reato, di cui alla menzionata sentenza divenuta irrevocabile a seguito del passaggio in giudicato, concernono reati di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati (art. 642 c.p.c.), di falso ideologico e falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 e 476 c.p.), abuso d ufficio (art. 323 c.p.) in concorso tra di loro, al fine di conseguire l indennizzo dall assicurazione. A sua volta la Procura Regionale presso la Corte dei conti, ravvisata, nei confronti dei convenuti, l esistenza di profili di responsabilità amministrativo contabile, emetteva, in primo luogo, gli inviti a dedurre e, quindi li citava in giudizio per sentirli condannare al pagamento in favore dell Erario, del danno all immagine determinato nella somma complessiva di uro 100.000,00 oltre la rivalutazione, interessi e spese del giudizio. Tutti i convenuti, costituiti in giudizio, hanno preliminarmente eccepito, la nullità dell atto di 8

citazione ai sensi all art. 30 ter del D.L. 1.7.2009, n. 78, quale modificato ed integrato dalla Legge di conversione del 3.8.2009, n. 102 e succ. modifiche ed integrazioni, deducendo carenza dei presupposti di legge per l esercizio della azione di risarcimento del danno all immagine. In subordine, è stata eccepita l assoluta intempestività dell azione proposta dalla Procura Regionale in relazione al termine previsto dall art. 7 Legge n. 97/2001 per l esercizio dall azione da parte del P.M. presso la competente Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti. E stata, inoltre, avanzata istanza di sospensione del presente giudizio, ex art. 295 c.p.c., in attesa che la Corte Costituzionale, recentemente adita con prospettazione di questioni di legittimità della norma suindicata. E stato, quindi, richiesto, nel merito, di dichiarare infondata la domanda attorea e, in via subordinata, di ridurre al minimo la richiesta risarcitoria, con applicazione del potere riduttivo. La Sezione ha in primo luogo esaminato le eccezioni proposte dalla difesa a cominciare dalla eccepita nullità ex art. 30 ter del D.L. 1.7.2009, n. 78, quale modificato ed integrato dalla Legge di conversione n. 102 del 3 agosto 2009 e succ. mod. ed integrazioni. La difesa eccepito la nullità di tutti gli atti istruttori per violazione dell art. 17, co. 30-ter del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 convertito in Legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo corretto dall art. 1 del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, segnatamente, nella parte in cui prevede che le Procure della Corte dei conti esercitano l azione per il risarcimento del danno all immagine nei soli casi e nei modi previsti dall art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 97. Ad avviso della difesa, l azione per il risarcimento per danno all immagine può essere proposta dalla Procura Regionale della Corte dei conti solamente nei confronti dei pubblici dipendenti condannati con sentenza irrevocabile di condanna pronunziata per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del codice penale. Di conseguenza, è stato rilevato dalla difesa, la sentenza di patteggiamento ex. art. 444 c.p.p. non può essere ritenuta sentenza irrevocabile di condanna, ai fini della promuovibilità dei giudizi di responsabilità avanti la Corte dei conti, dovendosi ritenere che la norma invocata attribuisca, alla sola sentenza penale irrevocabile di condanna, pronunciata a seguito di dibattimento, il valore di giudicato in relazione all accertamento del fatto e della sua imputabilità al soggetto che lo ha commesso mentre per le sentenze di patteggiamento viene esclusa simile efficacia di giudicato, per cui la medesima non può ritenersi presupposto utile per l esercizio, da parte della Procura Regionale, presso la Corte dei conti, dell azione di risarcimento del danno all immagine. Il Pubblico Ministero ha richiesto il rigetto dell exceptio nullitatis in applicazione dei principi cui la stessa Sezione giurisdizionale si è, di recente, conformata con ordinanza n. 60 del novembre 2009. In subordine, l Organo Requirente ha depositato nota d udienza con cui viene sollevata, in via gradata, un articolata serie di questioni di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni. La Sezione, in condivisione della tesi di parte pubblica, ha ritenuto che l eccezione di nullità 9

non possa trovare accoglimento. Il Collegio ha osservato in proposito, che l atto di citazione, introduttivo del giudizio, risulta depositato il 17 luglio 2009 e, quindi, notificato agli odierni convenuti in epoca successiva al 3 agosto 2009. Il Collegio non disconosce, peraltro, che, mentre nei giudizi che hanno inizio con ricorso, per instaurazione del giudizio si intende la data del deposito dello stesso, nei giudizi che iniziano con citazione, si ha riguardo, secondo la disciplina processuale civilistica, alla data della notifica di quest ultima: ciò per la natura ricettizia dell atto di citazione che, per produrre effetti, deve essere portato a conoscenza del destinatario, cosa che avviene, appunto, con la notifica. Tuttavia, la Sezione, sulla base della specifica disciplina dettata, nell ordinamento contabile, in relazione al contenuto dell atto di citazione dagli. artt. 1, 2, 43, 45 ss. del regolamento di procedura innanzi alla Corte dei Conti ricorda che l istanza, ad opera dell attore, di richiesta di fissazione di udienza è diretta al Presidente della Sezione, e a tale istanza fa seguito il decreto presidenziale di celebrazione dell udienza (da notificarsi unitamente all atto di citazione), per cui ritiene che il giudizio, con cui viene attivata l azione di responsabilità, debba considerarsi radicato già al momento del deposito in Segreteria dell atto di citazione. Con l assolvimento di detto onere del deposito, infatti, la parte pubblica soddisfa appieno l edictio actionis, esponendo, in tutti i suoi estremi, la domanda. La vocatio in ius, atto nel quale il convenuto deve essere, comunque, esattamente identificato, si realizza, sulla base della disciplina specifica del rito contabile, attraverso la fissazione di udienza di comparizione, incombenza che non dipende dalla parte attrice bensì dal successivo decreto del Presidente della Sezione adita. Del resto, ad avviso della Sezione, non può dubitarsi che, al momento del deposito dell atto di citazione, l attività istruttoria della Procura Regionale, che la parte assume viziata ex art. 30 ter della normativa di cui sopra, fosse esaurita, ragion per cui il giudizio in oggetto deve ritenersi instaurato il 17 luglio 2009. Ciò premesso, la Sezione, dopo aver preso atto che la richiesta di nullità concerne, gli atti istruttori o processuali posti in essere dal Pubblico Ministero in violazione della neo-introdotta previsione procedimentale ritiene che ricorrano tutti i presupposti per fare applicazione, dei principi già tratteggiati nell ordinanza n. 60 del novembre 2009. Nel detto provvedimento decisorio il Collegio ha tenuto presente la previsione legislativa, introdotta come disciplina transitoria, secondo cui la nullità degli atti istruttori o processuali non può essere fatta valere qualora sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto cioè il 5 agosto 2009, essendo stata pubblicata la legge n. 102 del 2009 nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2009, ed essendo prevista all art. 1, co.3, della legge stessa l entrata in vigore della norma il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Ad avviso della Sezione, la menzionata previsione di carattere intertemporale parrebbe tradursi in una deroga implicita ai principi di irretroattività della legge (v. art. 11 prel.) e del tempus regit actum (di cui è derivazione l art. 5 c.p.c.), consentendo la salvezza degli atti compiuti 10

prima del 5 agosto 2009 solo a condizione che, entro la stessa data, sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva. In realtà, la Sezione, avuti presenti il sistema della responsabilità amministrativa ed il regime generale delle nullità processuali, ribadisce il canone ermeneutico già sancito, secondo cui nessun atto istruttorio o processuale può essere considerato come posto in essere in violazione di una legge, se quella legge non era ancora neppure esistente alla data di compimento dell atto stesso. Conseguentemente, posto che gli atti istruttori e processuali non possono essere in ogni caso considerati in violazione della nuova legge se non siano stati posti in essere dopo il 5 agosto 2009 (cioè dalla data di entrata in vigore della legge stessa), la suddetta clausola di salvezza deve interpretarsi nel senso di precludere la declaratoria di nullità di quegli atti istruttori e processuali che, benché posti in essere successivamente al 5 agosto 2009 (e quindi in astratto fulminabili con la sanzione di nullità), trovino peraltro copertura in una sentenza anche non definitiva già pronunciata sotto l imperio della legge precedente; sicché, in concreto, non potrà essere fatta valere l invalidità di atti istruttori o processuali (quali ad es.: atti di integrazione del contraddittorio, supplementi istruttori, riassunzioni, rinnovazione di atti processuali, e quant altro) comunque, compiuti dal Pubblico Ministero nel vigore della nuova legge, qualora già nella vigenza della vecchia legge sia stato pronunciato dal Giudice un atto a contenuto decisorio, anche non definitivo (possono citarsi, a titolo di mera ipotesi, le sentenze parziali ex art. 279, secondo comma, n. 4, del codice di rito, cui facciano seguito per l appunto nuovi atti istruttori o processuali del Pubblico Ministero), che funga esso da presupposto legittimante per il successivo compimento dell atto che, altrimenti, potrebbe incorrere nella introdotta declaratoria di nullità. D altra parte, per quanto la circostanza non possa di per sé assumere valore dirimente, l interpretazione abbracciata da questa Sezione può trovare conferma negli stessi lavori parlamentari, laddove il relatore dell Atto Senato n. 1749 (cioè del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 103 del 2009) ha chiarito all Aula, proprio con riguardo ai timori di una possibile caducazione dei procedimenti avviati dalle procure della Corte a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78, che le norme contenute nel disegno di legge sono tipicamente pro futuro, valgono cioè per i prossimi procedimenti, rimarcando altresì come la nullità prevista dalle norme vigenti non valga ope legis, ma sia lasciata ai possibili interessati, e come venga mantenuta alla Corte la decisione di accettare o meno la sollevata eccezione di nullità (Senato, 255^ seduta pomeridiana del 22.09.2009, resoconto stenografico, pag. 12) (v. ord. n. 60/2009 Sez. giurisd. Piemonte). In definitiva, rilevato che tutti gli atti istruttori e processuali in contestazione, ivi compresa l incardinazione del giudizio a titolo di danno all immagine, ricadono in data antecedente il 5 agosto 2009, le istanze di nullità proposte dai convenuti sono state dalla sezione respinte, restando, peraltro, assorbita, per tal via, la questione relativa alla sospensione del giudizio in attesa della decisione da parte della Corte Costituzionale delle questioni di legittimità costituzionale della normativa prospettate anche in altri giudizi. Il Collegio ha rammentato, che, secondo univoca giurisprudenza, per realizzarsi una 11

tempestiva citazione in giudizio, non va dato rilievo alla data di notifica della citazione ma è sufficiente che quest ultimo atto sia depositato nella Segreteria della Sezione entro il termine previsto, Per tale ragione l eccezione è stata respinta. La difesa di uno dei convenuti ha, altresì, invocato l inammissibilità dell'azione promossa in quanto non rispettosa della normazione di cui all art. 7 della L. 97/01. Secondo la difesa, la sentenza ex art. 444 c.p.p., pronunciata il 3 maggio 2007 e divenuta irrevocabile il 26 settembre 2007, risulta comunicata e, pertanto, conosciuta dalla Procura Regionale della Corte dei conti almeno dal 30 ottobre 2007, cosicché non risulterebbe rispettato il termine di decadenza di 30 giorni dalla comunicazione, di cui al citato art. 7 legge n. 97/2001, per l esercizio dell azione da parte del Procuratore Regionale. Reputa la Sezione che nel contesto del sistema normativo in tema di esercizio dell azione contabile, il soddisfacimento dello specifico onere dalla stessa imposto con l'art. 7, deve essere necessariamente inteso nel senso che, entro i trenta giorni dalla comunicazione della sentenza penale, il requirente contabile dovrà dare avvio all'attività istruttoria ritenuta necessaria, in ragione della propria autonomia, al promovimento dell'azione di pertinenza, ma giammai all'adozione del libello di responsabilità che si rivelerebbe, altrimenti, incompatibile, in ragione della ristrettezza di quel termine, con l'articolazione e complessità degli adempimenti di legge, formalmente e temporalmente scanditi (invito a dedurre, rispetto del termine ad deducendum ed eventuale proroga dello stesso), prodromici all'esercizio in concreto dell'azione di responsabilità. Per il complesso degli indicati motivi, si rivela, pertanto, priva di pregio la tesi difensiva volta sostanzialmente ad esaltare la natura perentoria del termine fissato dal menzionato art. 7 per l'attivazione giudiziale della pretesa del requirente contabile, richiamando invece la validità di quella giurisprudenza che ha sottolineato la natura ordinatoria del termine di trenta giorni previsto. Per quanto riguarda l efficacia probatoria della sentenza di patteggiamento a norma dell art. 445, comma 1 bis c.p.p., introdotto dalla legge 12 giugno 2003 n. 234 la Sezione giurisdizionale riconosce che indubbiamente la medesima non ha efficacia nei giudizi civili ed amministrativi. Essa tuttavia non priva, il giudice contabile della facoltà di trarre elementi per il proprio libero convincimento dai dati e dagli elementi emersi o raccolti nel processo concluso col patteggiamento, e, in una parola, dalle risultanze di esso. Conseguentemente, se la sentenza di patteggiamento non può costituire un accertamento invincibile di responsabilità, gli elementi di prova contenuti nella sentenza patteggiata potranno essere disattesi solo attraverso la dimostrazione della inattendibilità della vericidità dei fatti versati nel giudizio penale. Si conferma pertanto che la sentenza resa ex art. 444 c.p.p. assumerebbe particolare valore probatorio vincibile solo attraverso specifiche prove contrarie. Anche la Suprema Corte (cf. Cassazione, Sezione tributaria, 30.9.2005, n. 19251) si è orientata verso una tesi più vicina alle posizioni di questa Corte, affermando che la sentenza penale di applicazione della pena, su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., costituisce 12

indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, deve chiarire le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale avrebbe prestato fede a tale ammissione. Ne consegue che nei giudizi diversi da quello penale, la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., assume particolare valore probatorio vincibile solo attraverso specifiche prove contrarie. Con riferimento alla pretesa risarcitoria azionata per danno all'immagine, si è osservato che la risarcibilità di detto danno dinanzi alla Corte dei conti rappresenta ormai un approdo univoco, sia della magistratura contabile, sia della stessa Corte di Cassazione. Anche nella più recente giurisprudenza di quest ultima basti ricordare la recente Sentenza delle SS.UU. n. 26972 in data 11-11-2008, la Suprema Corte dopo aver precisato che già con le sentenze n. 8827 e n. 8828/2003, si è affermato che nel vigente assetto dell'ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione - che, all'art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo - il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica ha chiaramente affermato, per un verso, che queste Sezioni unite condividono e fanno propria la lettura, costituzionalmente orientata, data dalle sentenze n. 8827 e n. 8828/2003 all'art. 2059 c.c.. Il danno non patrimoniale di cui parla, nella rubrica e nel testo, l'art. 2059 c.c., si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Il suo risarcimento postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dall'art. 2043 c.c.. L'art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost. n. 372/1994; S.u. n. 576, 581, 582, 584/2008). L'art. 2059 c.c. è norma di rinvio. Il rinvio è alle leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale. L'ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale si ricava dall'individuazione delle norme che prevedono siffatta tutela. Per altro verso ha specificato che Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione. E, in quest ambito, eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. (sent. n. 25157/2008). Peraltro, la Suprema Corte, già nel 2007, aveva riconosciuto chiaramente la risarcibilità di tale 13

diritto anche allorquando si verifichi la lesione di un diritto della persona giuridica o del soggetto giuridico collettivo che rappresenti l equivalente di un diritto avente detta natura riferibile alla persona fisica e non supponente proprio per questo, la fisicità del soggetto titolare (Cf. Corte di Cass. Sez 3^ civile Sent. n. 12929/2007). Nella sentenza da ultimo citata, infine, si precisa che il fondamento di tale diritto si rinviene direttamente nella norma di cui all art. 2 della Costituzione. Trattasi di danno risarcibile ex art. 2043 e basato su di una lettura costituzionalmente orientata dell art 2059 c.c., per cui non è necessario che si sia verificata una deminutio patrimoni. In ordine alla prova di tale danno arrecato al peculiare bene immateriale, a fronte di un indirizzo più restrittivo, si contrappone un altro indirizzo che ritiene che è configurabile, quale conseguenza di un fatto lesivo dell immagine della persona giuridica, la diminuzione della considerazione che attraverso i suoi organi è riferibile alla persona giuridica e tale diminuzione rappresenta un danno non patrimoniale che non si identifica nella lesione dell immagine in sé, ma ne rappresenta una conseguenza a detta lesione ricollegata da un nesso causale (Cf. Corte di Cass. Sez 3^ civile Sent. n. 12929/2007). Tale ultimo approccio non dà rilevanza agli eventuali costi di ripristino dell'immagine sopportati dalla P.A. sia perché le pretese spese di ripristino del bene-immagine leso sono un costo fisiologico per la P. A., dopo l'entrata in vigore della legge n. 150/2000 e, comunque, un eventuale costo suppletivo potrebbe essere sostenuto solo dopo l'introito del risarcimento del danno patito (e non certo prima), sia in quanto il danno all'immagine della P. A si sostanzia esclusivamente in una menomazione della funzionalità dell'amministrazione stessa che, in base agli art. 97 e 98 Cost., deve agire in modo efficace, efficiente, economico e imparziale. In altre parole, il danno all'immagine è un danno pubblico in quanto lesione del buon andamento della P. A. che perde, con la condotta illecita dei suoi dipendenti, credibilità ed affidabilità all'esterno, ed ingenera la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere dai propri lavoratori siano un connotato usuale dell'azione dell'amministrazione. Pertanto, ogni azione del pubblico dipendente che leda tali interessi si traduce in un'alterazione dell'identità della pubblica amministrazione e, più ancora, nell'apparire di una sua immagine negativa in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata. La violazione di questo diritto all'immagine, inteso come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica, comporta il diritto al risarcimento. Esso si risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull'intera collettività, dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che, nell'organizzazione della pubblica amministrazione, si riflettono in termini di minor credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa. (cf., tra le tante e negli identici termini, Corte dei conti, Sez. 1^ giurisdizionale centrale d Appello n. 209/2008). A ciò si aggiunga che la sussistenza dell'an della lesione all'immagine, relativamente alle fattispecie esaminate, è strettamente correlata al comportamento illecito dei convenuti 14

chiaramente contrastante con i principi fondanti della P.A. (art. 97, comma 2; art 98 Cost.), rinvenibile negli episodi illeciti, conclamatisi nel processo penale le cui risultanze istruttorie sono state autonomamente considerate e valutate dalla Corte. Passiamo ora ad una breve epitome di alcune sentenze pronunciate nell anno trascorso: IN MATERIA PENSIONISTICA. E stata volte ribadita la necessità, pena l inammissibilità del ricorso, della previa pronuncia dell Amministrazione sulla specifica domanda del pensionato, ciò anche se si tratti di reiterazione di un orientamento dell amministrazione già consolidato. In molte sentenze è stata affermata la irripetibilità delle maggiori somme liquidate a titolo di trattamento pensionistico provvisorio rispetto a quelle poi attribuite al momento della liquidazione della pensione definitiva nella considerazione che l errore è imputabile esclusivamente all Amministrazione. I ricorrenti si sono richiamati alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l'ente erogatore non può ripetere le somme erogate indebitamente al pensionato e da questi percepite in buona fede, nonché alla sentenza delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 7/2007/QM secondo la quale il credito erariale sarebbe irripetibile ove sussista il requisito della buona fede. Trattasi quindi di fattispecie rientrante sotto la disciplina di cui all art. 162 del T.U. 29.12.1973, n. 1092, come sostituito dall art. 7 del D.P.R. 19.4.86, n. 138, che al settimo comma prevede: Qualora l importo della pensione definitiva diretta o di reversibilità risultante dal decreto registrato alla Corte dei conti non sia uguale a quello attribuito in via provvisoria, la direzione provinciale del tesoro provvede alle necessarie variazioni, facendo luogo al conguaglio a credito o a debito. La citata normativa è stata oggetto di oscillanti interpretazioni fino a quando le Sezioni Riunite di questa Corte, con la ripetuta sentenza n. 7/2007/QM in data 7.8.2007, pronunciatasi in sede di risoluzione di questione di massima. In ogni caso, anche prima di detta sentenza delle Sezioni Riunite, la giurisprudenza aveva avvertito la necessità di mitigare il rigore della disposizione di cui all art. 162 del T.U. 29.12.1973, n. 1092, così come di quella di cui dall art. 2033 del codice civile, che prevede sempre la restituzione della prestazione non dovuta in favore di chi abbia eseguito l adempimento. Già la Corte costituzionale, con sentenza n. 166 del 16/24 maggio 1996, aveva stabilito il principio secondo il quale nel settore previdenziale, diversamente dalla regola civilistica della incondizionata ripetibilità dell indebito pagamento, trova applicazione il diverso principio che esclude la ripetizione di quanto percepito in eccedenza, in presenza di un complesso di situazioni aventi, come minimo comune denominatore, la non addebitabilità al percipiente della erogazione erronea, si era formata in seno alla Corte dei conti (e anche ad altre giurisdizioni come il TAR-Consiglio di Stato) una giurisprudenza sensibile alla necessità di realizzare un equo contemperamento tra l interesse dell Erario, volto al recupero di quanto indebitamente corrisposto, e quello del pensionato volto ad evitare inattesi turbamenti di situazioni 15

economiche consolidate, sulle quali abbia fatto affidamento. Si ricorda che il requisito della buona fede da parte del ricorrente, si realizza quando la maggiore erogazione si è verificata nell ambito di un procedimento di esclusiva competenza dell Amministrazione, al quale il pensionato è rimasto del tutto estraneo e sempre che il medesimo non si potesse rendere conto, con la normale diligenza, di ricevere un trattamento superiore al dovuto. Anche il più o meno lungo lasso di tempo trascorso, della circostanza che le somme riscosse siano state utilizzate per il soddisfacimento di bisogni essenziali della vita, del pregiudizio economico arrecato dal provvedimento di recupero e di tutte le altre eventuali situazioni fanno ritenere maggiormente meritevole di tutela, da un punto di vista giuridico, la posizione del pensionato rispetto a quella dell Amministrazione. Pertanto i ricorsi presentati nel senso come sopra esposto sono stati accolti, e, fatta salva l eventuale prescrizione maturata con riferimento alla data di presentazione del ricorso, è stata emessa pronuncia di irripetibilità delle maggiori somme indebitamente erogate e la conseguente restituzione di quelle già trattenute in via cautelativa, con interessi legali dalla data di notificazione della domanda giudiziale, secondo le regole in materia di indebito oggettivo di cui all art. 2033 c.c. SENTENZE CONSEGUENTI AL RISCHIO DI ESPOSIZIONE ALL AMIANTO. Si tratta, in questo caso, come chiarito da ultimo dalla Corte di Cassazione di una giurisdizione di merito, diretta ad accertare i fatti e le conseguenze della esposizione all amianto ai fini dell attribuzione dei benefici pensionistici previsti dalla legge n. 257/92: Si tratta inoltre, ovviamente per i pubblici dipendenti, di una giurisdizione esclusiva diretta ad accertare le modalità di svolgimento del servizio. Per tali ragioni il giudice dispone di ampi poteri istruttori e di acquisizione di pareri tecnico legali. SENTENZE IN MERITO ALLA DOPPIA INDENNITA. L amministrazione ha respinto l istanza con cui l interessato, collocato a riposo anticipatamente, a domanda, senza aver raggiunto la massima anzianità di servizio, ha chiesto la corresponsione delle sole variazioni dell I.I.S. in applicazione della perequazione automatica, con riferimento all intera I.I.S., rapportata a 40/40, anziché su quella in godimento ridotta in base agli anni di servizio. Il Giudice ha osservato, in merito alla specifica questione prospettata dall interessato, che l art. 10 del Decreto Legge nr. 17 del 29.01.1983, nel testo sostituito dalla Legge di conversione n.79 del 25.03.1983, fissa il canone a mente del quale, per il personale cessato anticipatamente dal servizio, gli incrementi dell indennità integrativa speciale devono essere attribuiti nella misura intera al raggiungimento dell età di pensionamento prevista dagli ordinamenti delle Amministrazioni di appartenenza. Il criterio di attribuzione dell incremento sopra descritto si è applicato a beneficio degli interessati, tuttavia, solo fino al 30 aprile 1984, in quanto fino a tale data ha operato il meccanismo di adeguamento dell indennità in parola basato sul valore unitario del punto di contingenza ed è entrata in vigore la nuova disciplina della perequazione automatica, in base 16

all art. 21 della Legge nr. 730 del 27.12.1983, che stabilisce che gli incrementi perequativi vanno attribuiti, ai sensi del comma 8, considerando l intero importo in godimento - pensione ed indennità integrativa speciale. La giurisprudenza prevalente di questa Corte ha già avuto modo di precisare che la lettera ed il significato della norma contenuta nel citato art. 10, comma quarto, del D.L. nr. 17 del 1983, depongono per un interpretazione che limita alle sole variazioni dell indennità integrativa speciale l attribuzione dell importo per intero e non più rapportata ai quarantesimi in ragione degli anni utili ai fini del trattamento di quiescenza, una volta raggiunta l età prevista per il pensionamento per vecchiaia. In tal senso, del resto, si era già pronunciata questa Corte anche in sede di controllo (Sezione controllo Stato deliberazione nr. 1391 del 1983). E stato quindi riconosciuto il diritto del ricorrente dalla data di compimento del 65 anno di età, all attribuzione delle sole variazioni dell indice di perequazione con riferimento all intera I.I.S., rapportata a 40/40, fermo restando l importo ridotto della stessa in base agli anni di servizio prestati. Si tratta di giurisprudenza ripetutamente confermata. Viene soltanto da chiedersi perché l ente previdenziale si ostini, malgrado la consolidata giurisprudenza, a respingere le domande presentate in tal senso dagli interessati, esponendo così l ente ad affrontare processi dall esito scontato che lo vedono soccombente ed esposto al rischio di indebite spese processuali. GIUDIZI DI CONTO. Debbo solo ricordare alcune decisioni abbastanza impegnative ma soprattutto molto laboriose. La prima è quella del consegnatario di materiale mobile targhe veicoli a motore in servizio presso l Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile e Trasporti di Torino. Tale materiale mobile è costituito delle targhe degli autoveicoli ed è presentato dall agente contabile dell Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile e Trasporti di Torino il quale avendo maneggio di denaro ovvero debito di materia, a norma dell art. 74 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, ha reso il conto della gestione in qualità di agente contabile ex art. 610 del r.d. n. 827 del 1924. Tale adempimento è funzionale all accertamento del diritto dell Amministrazione alla corretta gestione dei beni, cioè nel caso di specie, alla consegna e/o custodia di oggetti e materie dell amministrazione. A seguito della presentazione del conto giudiziale che, come è noto, determina il momento di instaurazione del corrispondente giudizio, il magistrato relatore, riteneva opportuno procedere ad una verifica, a campione, delle operazioni di carico e scarico rappresentate dal conto giudiziale. Le operazioni di scarico cioè il rilascio delle targhe, presuppone la presentazione dell attestazione di versamento su apposito conto corrente intestato alla Tesoreria Provinciale dello Stato, Sezione di Viterbo, dell importo dei diritti di immatricolazione. Conseguentemente 17

veniva richiesto all Ufficio della Motorizzazione Civile di Torino di produrre la documentazione giustificativa di quanto risultante dal conto giudiziale. L Ufficio comunicava che la Commissione di Sorveglianza sugli Archivi aveva proposto lo scarto integrale di atti d Ufficio in funzione della sicurezza ed agibilità degli archivi. Conseguentemente, preso atto che la documentazione richiesta era stata distrutta, il magistrato relatore riteneva che, allo stato degli atti, non sussistessero gli elementi per procedere ad una proposta conclusiva in relazione alla gestione; chiedeva pertanto la fissazione dell udienza di discussione del giudizio; a sua volta il contabile comunicava di aver provveduto a ricontrollare le giacenze a decorrere dall esercizio 2001 nonché, attraverso le procedure informatizzate, tutti i carichi e gli scarichi riferiti ai singoli lotti di targhe. Nel contempo, il medesimo agente contabile rappresentava di aver ricalcolato le differenze tra la presa in carico e quanto distribuito all interno della Motorizzazione di Torino e di aver, conseguentemente, provveduto a rettificare il conto giudiziale. Nel corso dell udienza il P.M., viste le precisazioni fornite dall agente contabile, chiedeva che venisse valutata dal Collegio l opportunità di sottoporre il conto giudiziale nella nuova veste rettificata, alla competente Ragioneria Provinciale per gli adempimenti di parificazione. Conseguentemente, la Sezione riteneva necessario sottoporre la gestione contabile rettificata ad un accertamento di concordanza e disponeva la trasmissione del Conto giudiziale alla competente Ragioneria Provinciale per gli adempimenti di parificazione. A sua volta, la Ragioneria riscontrava la richiesta precisando di aver apportato delle correzioni. Pertanto il conto, veniva restituito con il visto di parificazione. Il Pubblico Ministero, preso atto di quanto riferito dal magistrato relatore, chiedeva l approvazione del conto in esame con conseguente discarico dell agente contabile. Considerato che la fattispecie è caratterizzata originariamente da assoluta carenza della documentazione giustificativa delle movimentazioni rappresentate nel conto giudiziale. Tale carenza cui l agente contabile ha posto rimedio con l attività di controllo riferita in fatto - è da imputarsi ai provvedimenti di scarto adottati dall Amministrazione prima che fosse esaurito l iter dell esame del conto giudiziale. Simili iniziative dell Amministrazione hanno come conseguenza l impossibilità di procedere alla verifica della regolarità nella compilazione dei conti e ad un accertamento di corrispondenza dei dati in essi riportati con quelli delle scritture finanziarie dell Ufficio. Da ciò discende utilizzando la norma prevista per i conti giudiziali la quale prevede che, salvo che la Corte dei conti lo richieda, i consegnatari non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto, ne deriva l esonero dal trasmettere alla Corte dei conti la documentazione giustificativa, ma che essa deve rimanere nella disponibilità del giudice contabile almeno per il periodo di tempo corrispondente allo svolgimento ed all esaurimento delle istruttorie, pena l inutilità e l infruttuosità di queste ultime. Conseguentemente, ha disposto lo stralcio alla Procura regionale della sentenza sui conti per le eventuali valutazioni di competenza in merito alla configurabilità di ipotesi di responsabilità amministrativa La Sezione ha rilevato, comunque, che l agente contabile si era fatto carico di 18

rinvenire scritture e documenti esistenti agli atti dell ufficio e pertinenti la tenuta della contabilità del rilascio delle targhe ed ha depositato una relazione sulle attività di ricostruzione delle movimentazioni delle targhe cedute; considerato peraltro che il conto giudiziale, da ultimo depositato, risulta redatto in conformità dei criteri dettati dal Magistrato relatore e ricordando che, in applicazione del D.P.R. n. 358/2000, è stato attribuito agli Studi di Consulenza automobilistica, collegati in sportelli telematici, lo svolgimento e le targhe sono consegnate dagli uffici della Motorizzazione alle neo istituite Agenzie senza alcun corrispettivo economico, che viene, invece, assolto solo nel momento in cui le targhe sono utilizzate per l immatricolazione dei veicoli Agenzie che, peraltro, non presentano alcun conto giudiziale. Ne deriva, quale corollario, che non possono essere contabilizzati come ceduti tutti i lotti di targhe assegnati agli Studi di Consulenza per cui di debito di valori e materie di proprietà, di cui all art. 44 del Testo Unico n. 1214 del 1934, secondo cui la Corte dei conti giudica, con giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri... degli incaricati... di conservare e maneggiare denaro: viste le correzioni apposte in sede di parifica, alla luce delle risultanze istruttorie del presente giudizio di conto, la Sezione ritiene che, non emergendo alcun ammanco da addebitare all agente contabile, non sia, comunque, possibile pronunciarsi per il discarico dell agente contabile ma che debba disporsi la rettifica dei resti da riprendersi nel conto successivo, come previsto dal citato art. 29. In effetti, l agente contabile aveva scaricato tutte le targhe, comprese quelle consegnate alle Agenzie Telematiche, indipendentemente dall effettivo utilizzo al momento dell immatricolazione del veicolo e, quindi, dell effettivo pagamento. Esigenze di economia e snellezza procedimentale hanno alla fine suggerito di approvare il conto, rettificato in conformità delle suesposte indicazioni. Resta ferma la peculiarità del giudizio ma comunque tenuto presente che dall esame effettuato non risulta emerso alcun ammanco addebitabile all agente contabile è stato disposto lo scarico del conto con la compensazione delle spese di giudizio. Altra sentenza è stata quella sui conti giudiziali resi dalla Mondadori Electa S.p.a. concessionario del servizio di biglietteria della Galleria Sabauda e del Museo Egizio di Torino. Tali conti giudiziali erano pervenuti alla Corte privi del prescritto visto di conformità della Ragioneria Provinciale dello Stato di Torino la quale ha comunicato di non poter procedere alla parificazione a causa della impossibilità di controllo sulla gestione delle biglietterie. Questa sarebbe dovuta avvenire, con il collegamento diretto del software di gestione biglietti del concessionario con quello degli uffici amministrativi degli istituti interessati. Sennonché detto sistema non è stato mai attuato; quindi per effettuare il controllo, l amministrazione si è avvalsa soltanto dei dati trasmessi dal concessionario giornalmente, alla chiusura della biglietteria, senza neanche il supporto delle matrici dei biglietti; la Ragioneria, da parte sua, ha riferito di non avere elementi di riscontro in ordine ai biglietti gratuiti, riconducibili all istituzione della Carta Musei il cui controllo era di competenza degli enti locali, che pagavano un aggio al concessionario e al Ministero Beni Culturali. Sempre la Ragioneria, infine, ha anche segnalato che i conti in esame sono stati presentati con 19

grave ritardo dal concessionario alle competenti Soprintendenze di Torino (le quali vi hanno comunque apposto il visto di regolarità contabile, trasmettendoli a loro volta alla Ragioneria) mentre nei confronti del concessionario avrebbe dovuto trovare applicazione la clausola convenzionale secondo la quale la mancata rendicontazione per due semestri consecutivi avrebbe dovuto comportare la decadenza dalla concessione.su richiesta del magistrato relatore sono stati acquisiti ulteriori elementi: la Mondadori Electa s.p.a. ha trasmesso la documentazione richiesta accompagnata da una relazione; l amministrazione dei beni culturali, invece, non ha fatto pervenire alcuna osservazione. Il Magistrato relatore nell udienza pubblica ha anche segnalato la mancata inclusione nella convenzione di specifiche penali per le inadempienze del concessionario, e la necessità di suddetta inclusione espressamente indicata anche dal Ministero per i beni e le attività culturali il Pubblico Ministero ha ravvisato l opportunità di un supplemento d istruttoria; a) la Mondadori Electa si è giustificata adducendo l impossibilità tecnica di adempiere al suddetto obbligo, di collegamento informatico in quanto il servizio di biglietteria era espletato all interno di edifici di pregio architettonico nei quali non si poteva impiantare una ulteriore linea per la trasmissione dei dati. Il concessionario assicura, peraltro, l assoluta correttezza dei conti presentati e la agevole esperibilità di ogni controllo da parte dell amministrazione, anche in assenza del collegamento telematico b) in ordine all emissione di biglietti gratuiti la Ragioneria provinciale ha segnalato di essere nell impossibilità di effettuare qualunque tipo di riscontro; a fronte dei segnalati aspetti di criticità, la Sezione ha deciso di acquisire ulteriori elementi di valutazione, a carico delle amministrazioni interessate (Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Piemonte, Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte, Soprintendenza speciale al Museo delle antichità egizie od Uffici ad esse subentranti), ciascuna per quanto di competenza, affinché depositassero in giudizio una dettagliata ed esaustiva relazione in merito alle questioni emerse in sede di istruttoria; la Soprintendenza assicurava che, comunque, erano stati effettuati periodici controlli a campione incrociando i dati di bigliettazione con gli ingressi rilevati manualmente dal personale di custodia e che gli ingressi, erano sempre presidiati con il costante controllo dei titoli di accesso per tutti i visitatori; quanto alle formule di ingresso agevolato (abbonamenti e carte musei), la soprintendenza ne ha delineato, per grandi linee, i criteri di gestione e rendicontazione; con relazione pervenuta alla Segreteria della Sezione il 19.12.2008 la Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo delle antichità egizie ha, a sua volta, rappresentato che il compito di controllare gli accessi era affidato al personale di custodia il quale, nella postazione situata immediatamente dopo la biglietteria, riscontrava l effettivo rilascio del biglietto, ciò posto, l amministrazione ha riferito di aver effettuato il riscontro dei rendiconti verificando la corrispondenza tra il numero dei visitatori e gli importi delle quietanze di versamento precisando, al riguardo, che giornalmente la biglietteria forniva il numero degli 20