SOMMARIO TRIBUNA MEDICA TICINESE TACCUINO SEZIONE SCIENTIFICA



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TRIBUNA MEDICA TICINESE TMT Mensile organo ufficiale Ordine dei medici del Cantone Ticino Corrispondenza OMCT, Via Cantonale, Stabile Qi CH-6805 Mezzovico info@omct.ch Tel. +41 91 930 63 00 - fax +41 91 930 63 01 Direttore responsabile Dr. Med. Vincenzo Liguori 6915 Pambio-Noranco Tel. +41 91 993 21 10 - fax +41 91 993 21 32 vincenzo.liguori@hin.ch Comitato redazionale scientifico Sezione scientifica TMT Agnese Bonetti Pissarello, Segretaria Istituto cantonale di patologia, 6601 Locarno Tel. +41 91 816 07 16/11 agnese.bonetti@ti.ch Responsabile Prof. Dr. Med. Luca Mazzucchelli luca.mazzucchelli@ti.ch Dr. Med. Ignazio Cassis Dr. Med. Fabio Cattaneo Prof. Dr. Med. Augusto Gallino Dr. Med. Mauro Capoferri Fotocomposizione-stampa e spedizione Tipografia Poncioni SA, Via Mezzana 26 - CH-6616 Losone (tribunamedica@poncioni.biz) Tel. +41 91 785 11 00 - fax +41 91 785 11 01 Pubblicità Axel Springer Schweiz AG Fachmedien Yvette Guggenheim Postfach 3374, CH-8021 Zürich (tribuna@fachmedien.ch) Tel. +41 43 444 51 04 - fax +41 43 444 51 01 Abbonamento annuale Fr. 144. (11 numeri) Medici Assistenti Fr. 48. SOMMARIO TACCUINO SEZIONE SCIENTIFICA Instabilità di spalla: il trattamento chirurgico con ancore 331 E. Taverna Sport e traumi alla spalla: relazioni pericolose, E. Taverna 337 Ipoglicemie recidivanti: un caso di insulinoma 341 A. D Errico, M. Beretta Piccoli Imparo dai miei errori: una nuova rubrica di TMT 345 F. Cattaneo, A. Badaracco Journal Club, A. Robbiani, F. Cattaneo, D. Manta, J.P. Lantin, 349 M.C. Palmarocchi, L. Magenta, A. Cerny (Clinica Luganese, sede di San Rocco) Patologia in pillole, J. Barizzi, L. Mazzucchelli 355 ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL OMCT Date da ricordare 359 Offerte e domande d impiego 359 IOSI - Istituto Oncologico della Svizzera Italiana 360 Formazione del Reparto di Medicina Interna dell OBV 361 Corsi di formazione interna, Reparto di Medicina, 361 Ospedale Regionale di Locarno Presentazione casi clinici medicina e chirurgia Ospedale la Carità 361 Corso di aggiornamento 2010 per medici, farmacisti e 361 operatori socio-educativi Colloqui di formazione del Dipartimento di Chirurgia EOC 362 Centro Triangolo Locarno - Incontri e conferenze del martedì 362 Corso di aggiornamento regionale 363 Centro Triangolo Locarno - Attività del martedì 363 20ème Congres BSMPA-FSAAM 2010 364 RASSEGNA DELLA STAMPA 366

TACCUINO Care Colleghe, Cari Colleghi, Il contesto socio-economico nel quale ci troviamo a operare si fa sempre più complesso e, nella nostra veste di medici, spesso ci troviamo non solo fra l incudine e il martello quando si tratta di tensioni causate dalla continua spinta al rialzo di premi e costi, ma anche nella scomoda posizione di chi ne subisce due volte le conseguenze: la prima in quanto professionisti della salute che vedono sempre più comprimersi i propri margini di guadagno e la seconda come cittadini che subiscono il rincaro senza nulla poter obiettare. In questo panorama si inserisce la tematica relativa all economicità e alla sua verifica che in questo periodo diviene scottante non solo per quanto di sgradevole vi è di insito in tale procedura ma anche e soprattutto per i modi con cui una cassa in particolare sta conducendo le verifiche che, lo ricordo, sono sì legali ma, in ossequio alla sensibilità dei dati, devono essere condotte dal medico di fiducia dell assicurazione. In ogni caso, i risultati di tali indagini di fondano sull analisi dei dati raccolti da Santésuisse e, ovviamente, per contrastare le loro analisi è nell interesse di tutti noi fornire delle fondate contro-analisi. A questo scopo abbiamo la possibilità di far capo ai dati forniti dal Trust Center che, in tempo reale, può metterci a disposizione il consolidato delle posizioni TARMED utilizzate in un determinato periodo, dati che, come ho avuto modo di verificare hanno permesso di giustificare l evoluzione dei costi mettendo così a tacere le accuse di ineconomicità. Poiché la tematica è pressante, anche se ben monitorizzata dall OMCT, ho pensato di invitare l Avv. Dr. Airaghi, membro del Consiglio di Amministrazione della TCti (Trust Center Ticino), a illustrarci in modo semplice e riassuntivo i vari punti legati all economicità e al supporto che il Trust Center può offrirci. Buona lettura Dr. med. Franco Denti Dalla verifica dell economicità delle cure al controllo della fatturazione Il contesto L attività del medico autorizzato a erogare prestazioni a carico dell assicurazione malattia soggiace per legge alla verifica dell economicità delle cure. Sino a oggi tale verifica è stata effettuata da Santésuisse per conto del collettivo delle casse malati. Il metodo più sovente utilizzato è stato quello statistico, ovvero tramite il puntuale raffronto del costo medio per paziente del medico con il costo medio per paziente del collettivo di riferimento. A partire dal 2006, a seguito di una nuova giurisprudenza del Tribunale Federale, fanno stato non più i costi diretti di prestazioni, bensì i costi totali, che ai costi diretti di prestazioni assommano i costi di terzi per farmaci, analisi di laboratorio e fisioterapia. La novità È emerso di recente che al di fuori dell ambito tradizionalmente seguito da Santésuisse singole casse malati procedono al controllo della fatturazione del medico. Per controllo della fatturazione s intende qui la raccolta sistematica e su un arco temporale di più anni delle posizioni TAR- MED esposte dal medico nelle proprie fatture. La raccolta permette alle casse malati di evidenziare particolari evoluzioni nell utilizzo di singole posizioni TARMED. Il medico viene poi richiesto di dare spiegazioni. In assenza di spiegazioni che le casse malati ritengono valide, esse procedono chiedendo l accertamento in giudizio della situazione effettiva e l eventuale rimborso. Le conseguenze Il controllo della fatturazione ha due conseguenze principali. In primo luogo, il medico è chiamato a giustificare eventuali particolarità dell evoluzione nel tempo delle posizioni TARMED esposte. Per potersi giustificare, anche rispetto all imponente armamentario di cui effettivamente dispongono le casse malati, il medico deve poter avere i dati riguardanti tutte le posizioni TARMED esposte durante il periodo, che stando a quanto sin qui visto coincide con più anni solari. In secondo luogo, può capitare che il medico possa essere chiamato a dare conto persino nel caso in cui dal profilo puramente statistico, e quindi secondo il metodo tradizionale sempre seguito dagli assicuratori tramite Santé- 329

TACCUINO suisse, egli risulta essere economico, ovvero con indice statistico al di sotto dei 130 punti generalmente tollerati. Le contromisure La prospettiva di un controllo della fatturazione impone al medico di avere a propria disposizione in ogni momento tutti i dati necessari a evadere eventuali richieste delle casse malati. Concrete possibilità possono essere offerte dagli applicativi informatici di fatturazione dello studio medico. Altrettanto concrete possibilità sono offerte da organismi di raccolta collettiva dei dati quale è ad esempio il Trust Center, centro fiduciario dei medici del Cantone Ticino. diviene conoscenza effettiva e quindi sistematico autocontrollo. Viceversa, non aderire al Trust Center significa privarsi non solo di strumenti utili all autocontrollo, bensì anche di puntuali conoscenze senza le quali diviene difficile, a tratti addirittura impossibile opporre valide argomentazioni alle casse malati. Avv. Dr. Gianluca Airaghi, Lugano, Membro del Consiglio di Amministrazione della società TCti Trust Center Ticino SA, Mezzovico I benefici del Trust Center Con l invio e la raccolta sistematica dei dati di ogni medico presso il Trust Center vengono raggiunti tra gli altri due risultati concreti. Quale primo risultato concreto, il Trust Center è in grado di mettere a disposizione in tempo reale a ciascun aderente il dato consolidato delle posizioni TARMED effettivamente utilizzate in un determinato periodo. È così possibile rilevare per tempo eventuali fluttuazioni nel corso del tempo, mettendo il medico in condizione di anticipare eventuali richieste delle casse malati. Quale secondo risultato concreto, il Trust Center è in grado di mettere a disposizione in tempo reale a ciascun aderente il raffronto tra l utilizzo delle posizioni TARMED nel proprio studio medico e l utilizzo medio delle posizioni TARMED del collettivo di riferimento. Il medico può così misurare e quindi valutare l evoluzione nel tempo del proprio comportamento di fatturazione paragonandola con quella del collettivo dei propri colleghi di specialità. Conclusione Il Trust Center ha sempre messo a disposizione di ogni singolo medico strumenti utili all autocontrollo, anche nell ambito dell economicità delle cure. Dovesse confermarsi anche in futuro la tendenza da parte di singole casse a effettuare sistematici controlli della fatturazione, gli strumenti messi a disposizione dal Trust Center si riveleranno non più soltanto utili, ma addirittura indispensabili. Caveat Si dice che la conoscenza crea responsabilità. Nel mondo giuridico non conta soltanto l effettiva conoscenza, bensì per certi versi anche la possibilità di conoscere. Aderire al Trust Center aiuta soltanto se la possibilità di conoscenza 330 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 SOTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA INSTABILITÀ DI SPALLA: IL TRATTAMENTO CHIRURGICO CON ANCORE E. Taverna Introduzione La caratteristica più rimarchevole della spalla è di essere l articolazione più mobile ed instabile del corpo umano. La capacità di stabilizzare la testa omerale al centro della glenoide e di consentire un arco di movimento così ampio è dovuto ad una combinazione di meccanismi che permettono di realizzare un equilibrio tra mobilità e stabilità; quando questo equilibrio si altera si viene a creare una condizione meccanica e clinica di instabilità dell articolazione. È tuttavia interessante come dopo, circa venti anni dal suo esordio, il trattamento artroscopico di stabilizzazione della spalla rimanga ancora controverso. Tutto ciò non deve peraltro sorprenderci poiché i risultati, paragonati a quelli della chirurgia aperta, hanno per molto tempo sofferto di minori successi e tali interventi sono stati eseguiti con indicazioni limitate anche in considerazione del lungo periodo riabilitativo e dei fallimenti in soggetti sportivi a rischio come nei praticanti sport di contatto. Il trattamento artroscopico dell instabilità di spalla tuttavia ha subito negli ultimi anni un decisivo passo avanti. Lo scopo della nostra monografia è di illustrare, sulla base della letteratura, della nostra personale esperienza clinica e dell evoluzione chirurgica come tale procedura sia oggi sovrapponibile nei risultati a quelli della chirurgia aperta, non senza alcuni indiscutibili vantaggi. Anatomia - Biomeccanica - Patologia L articolazione gleno-omerale, nonostante sia priva di una cavità congruente o di legamenti isometrici, vincola la testa omerale al centro della glena per quasi tutto l arco di movimento. Se il vettore della forza di reazione netta omero-articolare passa all esterno dell arco efficace della glena, l articolazione diventa instabile. L artroscopia ha permesso una migliore comprensione della funzione delle strutture intra-articolari gleno-omerali, consentendoci di identificare e trattare molte lesioni in precedenza non conosciute. In particolare le lesioni del quadrante antero-superiore, come l avulsione dell ancora bicipitale (S.L.A.P. lesions) con tutte le sue varianti, le lesioni del legamento gleno-omerale superiore, le lesioni parziali della cuffia dei rotatori dal lato articolare, le lesioni dell intervallo dei rotatori, sono spesso rilievi artroscopici non preventivamente diagnosticati, e spesso mal identificabili per via artrotomica, che invece richiedono un appropriato trattamento per poter operare con successo una spalla dolorosa e instabile. I fattori basilari della stabilità glenoomerale possono essere così riassunti: Complesso labrale 1) Il labbro glenoideo inferiore dalle ore 3 alle ore 6 alle ore 9 è fermamente inserito alla glenoide in modo eguale sia anteriormente sia posteriormente. La sua funzione è di estendere la superficie di scorrimento, di provvedere alla stabilità passiva della testa omerale e di aumentare del 50% sia in senso anteroposteriore sia in senso superoinferiore la profondità della glenoide. 2) Il labbro anterosuperiore è mobile simile ad un menisco e costituisce l inserzione dei legamenti Gleno Omerale Medio e Gleno Omerale Superiore. 3) Il labbro posterosuperiore è saldamente inserito come il labbro inferiore e costituisce l inserzione della capsula posteriore mentre il suo apice costituisce l inserzione del capo lungo del bicipite. Pagnani, Rodosky e Snyder hanno dimostrato come il labbro superiore contribuisca alla stabilità passiva e dinamica della spalla. Tale stabilità dinamica è data dalle forze compressive del bicipite con il braccio in abduzione e rotazione esterna. Le S.L.A.P. lesions tipo II (Figura 1) provocano un carico addizionale al complesso capsulolegamentoso anteriore. Itoi conferma che in una spalla normale il sottoscapolare è lo stabilizzatore anteriore meno importante e che il bicipite diviene più importante della cuffia dei rotatori quando la stabilità delle strutture capsulolegamentose inizia a diminuire. Legamento gleno omerale inferiore O Brien e Warren hanno descritto il legamento gleno omerale inferiore come un amaca della quale i tiranti anteriore e posteriore sono costituiti da rinforzi della capsula anteriore e posteriore. Ne deriva che tale formazione stabilizza la spalla abdotta sia in senso anteriore sia posteriore quindi la stabilità stessa dipente dall accurato ristabilimento dell anatomia normale di tale legamento. Lesione di Bankart Warren ha dimostrato come una lesione di Bankart possa incrementare la traslazione in senso anteriore e posteriore della testa omerale tuttavia ha puntualizzato come una lesione di Bankart non sia in grado, da sola, di consentire una lussazione. Per cui ha concluso che necessariamente l elongazione capsulolegamentosa sia necessaria per consentire una lussazione completa. Bigliani ha quindi confer- 331

SEZIONE SCIENTIFICA mato che lo studio delle proprietà tensili del complesso capsulare indica che il danno capsulare è quasi sempre presente. Baker, in uno studio artroscopico di 45 pazienti a 10 giorni dal trauma ha rilevato un allungamento od un danno capsulolegamentoso associato o no ad una lesione di Bankart. Lassità fisiologica Studi di Sperber e Werdmark riguardanti il volume e l elasticità capsulare nelle spalle instabili hanno concluso che non vi è relazione tra questi parametri e la stabilità della spalla stessa. Tali affermazioni ci conducono ad una ricerca della comprensione che la differenza tra una spalla normale ed una spalla instabile deve necessariamente essere filtrata dalle conoscenze anatomiche ed anatomopatologiche poiché i fattori che contribuiscono all instabilità variano costantemente da soggetto a soggetto. Un corretto trattamento delle instabilità di spalla quindi non può prescindere da una approfondita conoscenza della normale biomeccanica in quanto solo prendendo in considerazione tutti i fattori interdipendenti statici e dinamici deputati al nomale controllo del movimento e quindi della stabilità dell articolazione glenoomerale possiamo risalire alla patomeccanica dell instabilità ed essere quindi in grado di eliminare ogni condizione patologica che determina l instabilità stessa. Poiché possono combinarsi diversi tipi di lesioni, il trattamento chirurgico dovrebbe essere diretto al ripristino quanto più possibile anatomico di ogni lesione. L avvento dell artroscopia nella chirurgia della spalla ha incrementato in modo significativo le possibilità del chirurgo ortopedico di diagnosticare e trattare le patologie articolari causa di instabilità della gleno-omerale permettendoci di conseguenza un preciso ripristino delle strutture articolari lesionate. Inquadramento nosologico dell instabilità della spalla L'inquadramento nosologico della spalla instabile si fonda essenzialmente sul criterio classificativo. La classificazione infatti ci permette una visione univoca riguardante l'inquadramento diagnostico volto ad un corretto trattamento. La prima proposta classificativa risale addirittura ad Ippocrate che suddivise le instabilità in Traumatiche ed Atraumatiche. Successivamente si è ritenuto corretto basarsi sul criterio di direzionalità, sino a quando Neer e Foster (1980) hanno introdotto il concetto di instabilità multidirezionale, caratterizzata clinicamente dal "sulcus sign". Più recentemente Matsen (1990) sintetizzava il tutto introducendo le definizioni di T.U.B.S. (Traumatic Unidirectional Bankart lesion Surgery) ed A.M.B.R.I. (Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift) fondate su precisi riscontri anatomopatologici derivanti dalla chirurgia aperta e dai risultati del trattamento conservativo. Negli ultimi anni lo studio artroscopico ha condotto ad una migliore comprensione della biomeccanica delle lesioni ed ha permesso di introdurre una nuova categoria di patologie che si possono definire "di passaggio" tra le TUBS e le AMBRI. Sono state definite A.I.O.S. (Aquired Instability Overstress Surgery) e comprendono quell'ampio spettro di lesioni insorte in seguito ad sovraccarico articolare, caratteristico di pazienti che svolgono particolari attività atletiche o in lavoratori che impiegano l'articolazione scapolo omerale in condizioni di superlavoro. L'artroscopia ci ha inoltre fatto comprendere quanto la separazione tra le due categorie di "conflitto" e di "instabilità" non sia così netto determinandosi nei fatti un'area comune alle due patologie. Difficile è proporre in questa fase di conoscenze uno scolastico e ben definito inquadramento nosologico, anche in considerazione dell'ampia gamma di varianti anatomopatologiche nelle lesioni su spalla normale e su spalla iperlassa e nelle varie fasi di passaggio tra le due categorie. Possiamo quindi concludere che questo criterio classificativo riveste solo caratteristiche di praticità e che il gesto chirurgico deve essere ogni volta correlato alla precisa situazione anatomopatologica che solo lo studio artroscopico ci permette di fare. Principi del trattamento artroscopico I potenziali vantaggi di una stabilizzazione artroscopica della gleno-omerale, rispetto all accesso artrotomico, includono: una migliore cosmesi, una più accurata ispezione delle strutture articolari, l accesso a tutti i quadranti articolari con la possibilità di trattare tutte le lesioni intra-articolari, una minore invasività con minore dissezione dei tessuti molli e un aumentata possibilità di conservare la rotazione esterna della gleno-omerale. Le prime tecniche chirurgiche artroscopiche utilizzavano cambre per spostare medialmente e superiormente una lesione di Bankart, con percentuali di fallimento del 50%. A causa delle complicazioni collegate alla fissazione del hardware nella glena e l alta percentuale delle recidive, fu ideata da Caspari la tecnica delle suture multiple. L elemento essenziale di questa tecnica era il passaggio dei fili di sutura attraverso il cercine distaccato dalla glena, e quindi attraverso un foro creato nel collo scapolare portarle posteriormente alla scapola e annodate superficialmente alla fascia. I limiti di questa tecnica erano il rischio di danneggiare il nervo soprascapolare e una minor sicurezza della sutura di fissazione. Più recentemente altri studi hanno documentato altri due difetti di questa tecnica: la reinserzione del cercine troppo mediale sulla glena, e l impossibilità di tensionare correttamente la capsula e i legamenti. Neviaser fu il pri- 332 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA mo che documentò le A.L.P.S.A. lesions (Anterior Labroligamentous Periostal Sleeve Avulsion), ossia una guarigione con reinserzine mediale sul collo della glena del complesso labro-capsulo-legamentoso dopo una lussazione della gleno-omerale. Fu uno studio dello stesso Caspari che dimostrò come con la sua tecnica con suture multiple si veniva a creare una ALPSA lesion chirurgica. L impiego della tecnica con ancore e suture multiple fu descritta la prima volta da Wolf, in questo modo fu possibile reinserire direttamente a livello della rima glenoidea, il cercine, la capsula ed i legamenti. Il progredire delle conoscenze e l affinamento delle tecniche chirurgiche, consentì nel tempo di dimostrare il ruolo dell ancora bicipitale nell impedire la traslazione della testa omerale anteriormente e che anche in presenza di una classica lesione di Bankart era necessaria una lesione, elongazione o rottura, della componente capsulo-legamentosa per permettere alla testa dell omero di lussarsi. Infine solo recentemente alcuni autori hanno sottolineato l importanza di trattare artroscopicamente le lesioni dell intervallo dei rotatori, il cui ruolo nel determinare un instabilità di spalla fu descritto già da Neer e successivamente da Rowe più di 20 anni orsono. La riparazione, se necessaria, aumenta la percentuale di successo della ricostruzione capsulo-legamentosa artroscopica. Le nostre conoscenze al momento ci consentono quindi di affermare che: non esiste nessuna lesione essenziale che determini una spalla instabile. In caso di correzione chirurgica la ricerca delle lesioni da riparare attorno alla glena e all omero va eseguita a 360 gradi ; i più recenti lavori dimostrano che le alte percentuali di recidive delle prime stabilizzazioni artroscopiche erano dovute a fattori tecnici, ossia la riparazione mediale di cercine, capsula e legamenti, problema risolto con l introduzione della tecnica di riparazione con ancore e suture, ed anche ad una incompleta conoscenza della pato-meccanica dell instabilità, con mancato riconoscimento e correzione di tutte le lesioni. attualmente la più moderna ed efficace tecnica di riparazione artroscopica dell instabilità gleno-omerale prevede l adozione della tecnica con ancorine e suture multiple e la necessità di riparare le lesioni anteriori, inferiori, posteriori e superiori del cercine glenoideo, e di ristabilire una corretta tensione capsulo-legamentosa usando una combinazione di diverse tecniche di capsulorrafia, con suture e termica. Tecnica chirurgica artroscopica Il principio che sta alla base della tecnica artroscopica da noi preferita è che per ottenere una stabilizzazione efficace, è indispensabile identificare e riparare tutte le lesioni che contribuiscono a determinare instabilità della gleno-omerale. I gesti chirurgici necessari sono il debridement, la riparazione delle lesioni legamentose e del cercine, il ritensionamento capsulare e se necessaria la riparazione dell intervallo dei rotatori. L obiettivo del debridement è di rimuovere i piccoli flap del cercine fonte di irritazione meccanica o instabilità funzionale. L utilità di riattacare il cercine ed i legamenti all osso è duplice: è infatti impossibile che la capsula abbia una tensione appropriata se labbro e/o legamenti non aderiscono alla glenoide, inoltre la riparazione anatomica di cercine e legamenti restituisce la funzione di concavità compressione dell articolazione. Perciò vengono riparate nell ordine il distacco del cercine superiormente e antero-inferiormente. Numerosi ormai sono i lavori che dimostrano che anche nelle instabilità puramente traumatiche è presente anche una componente di rottura o elongazione primaria o secondaria della capsula. Viene definita elongazione primaria, una deformazione permanente delle fibre capsulari, l elongazione secondaria si sviluppa invece quando si viene a determinare una rottura a livello inserzionale, diminuendo perciò la tensione capsulare. Tutto ciò può succedere a livello della capsula antero-inferiore come nella classica lesione di Bankart, ma anche nella parte antero-superiore del cercine, nelle SLAP lesion. Se presenti infine vanno riparate le lesioni dell intervallo dei rotatori e del legamento gleno-omerale superiore, che determinano un aumento della traslazione inferiore e posteriore della testa omerale. La normale tensione capsulare viene quindi ottenuta in due modi, nella elongazione capsulare primaria con uno o più gesti chirurgici eseguiti direttamente a livello dei tessuti capsulari, nell elongazione secondaria reinserendo sul sito d inserzione ossea, le strutture distaccate. Le tecniche di correzione dell elongazione primaria sono tre, e possono essere usate singolarmente, o in varia associazione: 1 l avanzamento della capsula sul cercine 2 l avanzamento della capsula sulla glenoide utilizzando ancorine e suture 3 il tensionamento capsulare termico, con laser o radiofrequenze. Il paziente dopo l induzione dell anestesia viene posto in posizione beach chair utilizzando appositi schienali fissati sul lettino operatorio oppure nella classica posizione laterale. L artroscopio viene introdotto da un portale posteriore con incisione cutanea 1.5 cm mediale e inferire all angolo postero laterale dell acromion, e si esegue un esame diagnostico della gleno-omerale. Comunemente nella chirurgia artroscopica per il trattamento dell instabilità vengono create con tecnica out-in 2 portali: antero-inferiore (Figura 2) e 333

SEZIONE SCIENTIFICA Fig. 1: SLAP lesion Tipo 2 Fig. 2: Portali Antero inferiore e Antero superiore Fig. 3: riparazione capsula-labro-legamentosa antero-superiore. Vengono introdotte rispettivamente 2 cannule dal diametro di 7 mm (immediatamente al di sopra del tendine del sottoscapolare 1 cm laterale alla glenoide) e 5.5 mm (appena laterale al tendine del capo lungo del bicipite), che devono preservare il più possibile l intervallo dei rotatori che rimane compreso tra le due cannule. A questo punto si rimuove l artroscopio dal portale posteriore, e si reinserisce dal portale antero-superiore. Si ricontrollano tutte le strutture articolari, in particolare il labbro posteriore e il recesso sottoscapolare anteriormente. Il cercine deve essere esaminato circonferenzialmente intorno alla glenoide, valutandone lo sfilacciamento, la rottura o il distacco. Il cercine può essere assente come risultato di traumi ripetuti. Il distacco del cercine avviene in tre forme: 1 separazione dalla glenoide, dislocato anteriormente senza separazione dai legamenti gleno-omerali, lesione di Bankart 2 il cercine appare fissato alla glenoide, ma l esame con palpatore ne dimostra un fragile ancoraggio 3 il cercine con capsula e legamenti sono inseriti medialmente lungo il collo scapolare, ALPSA lesion Il tempo diagnostico eseguito sia dal portale anteriore, sia dal portale posteriore viene completato da un accurato esame palpatorio con uncino artroscopico di tutte le strutture capsulo-labbro-legamentose e tendinee, in modo da valutarne l integrità e la tensione. Tecnica Chirurgica Identificazione delle Lesioni Le lesioni che più frequentemente riscontriamo in una spalla instabile sono: I distacchi del cercine glenoideo dalla glenoide soprattutto anteriormente e inferiormente. Va documentata la posizione rispetto alla glenoide, ore 12.00 regione dell ancora bicipitale, ore 6.00 polo inferiore della glena. Lesioni osteocondrali della glenoide, lesione di Bankart ossea, e della testa omerale, lesione di Hill- Sachs. Il distacco del legamento glenoomerale inferiore dall inserzione glenoidea, e/o la sua deformazione plastica Il distacco del legamento glenoomerale medio dall inserzione glenoidea, e/o la sua deformazione plastica Rottura parziale o completa della cuffia dei rotatori SLAP lesion dal tipo 2 al tipo 9 Rottura o deformazione plastica dell intervallo dei rotatori Il distacco del legamento glenoomerale superiore dall inserzione glenoidea, e/o la sua deformazione plastica Dopo un accurato esame diagnostico i tempi della riparazione chirurgica delle lesioni sono: Reinserzione del cercine alla glena partendo, se presente, dall ancora bicipitale Reinserzione del legamento gleno-omerale inferiore al cercine con ripristino della sua tensione fisiologica Riparazione o chiusura dell intervallo dei rotatori Riparazione o debridement delle lesioni della cuffia dei rotatori Poiché l eziologia e la patomeccanica dell instabilità coinvolge diversi fattori, la combinazione delle lesioni riscontrate può variare, non esiste una lesione essenziale che determini una spalla instabile, tutte le lesioni devono essere identificate e riparate. Tecnica Chirurgica Tempi della Ricostruzione Capsulo-Legamentosa Dopo aver reintrodotto l artroscopio in articolazione dal portale posteriore e inserito le cannule come sudescritto, si inizia la ricostruzione capsulolegamentosa. 334 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA Debridement articolare: dopo aver inserito lo shaver dalla cannula anteroinferiore si asportano gli eventuali flap del cercine o si regolarizzano le aree sfibrate del cercine stesso. Eventuali corpi mobili presenti in articolazione vengono rimossi durante questo tempo chirurgico. Riparazione del Cercine Glenoideo: il cercine glenoideo è fisiologicamente attaccato alla glena al di sotto dell equatore anteriormente, inferiormente e posteriormente. Le separazioni del cercine dall osso in queste aree vanno considerate patologiche. Al di sopra dell equatore glenoideo le separazioni cercine-osso sono fisiologiche se un sottile strato di cartilagine riveste la glena e se il cercine non evidenzia lesioni di tipo traumatico come sfibramenti, flap o rottura. Se si riscontra una SLAP lesion, questa va riparata prima di altre riparazioni del cercine del quadrante glenoideo inferiore. Noi consigliamo di riparare il cercine anatomicamente. Se il labrum è adeso medialmente al collo scapolare, come nelle ALPSA lesion, deve essere scollato utilizzando appositi scollatori e shaker, e va avanzato lateralmente a livello del margine glenoideo. Il cercine aderisce fisiologicamente circonferenzialmente intorno alla glena, pertanto non riteniamo utile un suo spostamento in direzione caudo-craniale. Sono invece i legamenti glenoomerali o la capsula che se necessario devono essere trasportati superiormente. Prima di reinserire il cercine sulla glena si abrade il collo glenoideo con fresa per osso per un estensione di 5-10 mm medialmente alla rima, in modo da favorire i processi riparativi all interfaccia cercine-osso. Consigliamo inoltre di estendere l abrasione di 3-5 mm lungo la superficie articolare della glenoide. Successivamente si eseguono i fori di introduzione per le ancore a livello del margine laterale della superficie articolare della glena. Le ancore vengono inserite dal basso verso l alto. Il numero dipende dall estensione della lesione, in genere si inserisce un ancora ad ogni ora del quadrante glenoideo per tutta l estensione della lesione. Le suture provenienti dalle ancorine vengono passate attraverso il cercine utilizzando strumenti di diverse compagnie preposti ad eseguire questo tempo chirurgico. Quando le suture sono tutte passate attraverso il cercine, si annodano i punti di sutura partendo dall ancora più caudale in direzione sud- nord. Alla fine di questo tempo il cercine sarà reinserito sulla glena, e circa una metà del labrum giacerà sulla superficie articolare e una metà lungo il collo della scapola, in modo da ripristinare la normale anatomia della giunzione cercine-glena (Figura 3). Ritensionamento capsulo-legamentoso: la tensione capsulare e legamentosa viene valutata afferrando la capsula e i legamenti con grasper artroscopica e posizionando le strutture capsulo legamentose a diversi livelli lungo la glena. La valutazione della tensione appropriata di queste strutture è soggettiva, ma si può affermare che generalmente soprattutto a livello del legamento gleno-omerale inferiore si cerca di avanzare tale legamento più lateralmente e superiormente possibile. Questa valutazione deve avvenire con la spalla abdotta ed extrarotata di 30 gradi in quanto la posizione dell arto influenza grandemente lo stato di tensione di queste strutture, e compiere un tensionamento del legamento gleno-omerale inferiore con spalla intrarotata può comportare una perdita di rotazione esterna e determinare una eccessiva rigidità della spalla. Per ritensionare capsula e legamenti viene solitamente usato lo spectrum che può far passare diversi tipi di suture utilizzabili direttamente per plicare le suddette strutture o per fungere da fili trasportatori per far passare fili intrecciati non riassorbibili. Se il cercine glenoideo è intatto o riparato, i legamenti possono essere suturati direttamente al cercine. Se il cercine è assente o inefficace i legamenti possono essere inseriti direttamente sulla glena utilizzando le ancorine con tecnica simile a quella per riparare il cercine glenoideo. Se il cercine è solo minimamente separato dalla glena, la sutura del labrum e dei legamenti possono essere eseguiti con un unico passaggio. Chiusura dell intervallo dei rotatori: se dopo i suddetti gesti chirurgici la gleno-omerale continua a presentare gradi eccessivi di traslazione soprattutto inferiormente o postero-inferiormente si deve eseguire una chiusura dell intervallo dei rotatori. Il primo passaggio prevede il passaggio di un bird beak che trasporta un filo di sutura attraverso il legamento glenoomerale medio nel punto di incrocio con il tendine del sottoscapolare. Il filo viene quindi estratto dalla cannula antero-superiore, che viene poi retratta anteriormente alla capsula. Lo stesso filo montato poi su un Arthro-Pierce viene fatto passare attraverso la capsula vicino al capo lungo del bicipite, e quindi estratto con Crochet Hook attraverso la cannula antero-inferiore. È possibile con lo stesso procedimento far passare un secondo filo di sutura se necessario. Viene quindi eseguito un nodo a scivolamento per chiudere l intervallo dei rotatori. Conclusioni Da oltre 10 anni la stabilizzazione artroscopica della spalla instabile si è posta all attenzione dei chirurghi di spalla come valida alternativa alla chirurgia a cielo aperto 4,5. Le tecniche per ridurre l eccessivo volume capsulare spesso associato all instabilità si sono vieppiù perfezionate. Il mantenimento della stabilità glenoomerale dipende dal mantenimento di un intatto e meccanicamente valido complesso osteo-labbro-capsulo-ligamentoso e di una intatta funzionalità 335

SEZIONE SCIENTIFICA neuromuscolare della cuffia dei rotatori. La maggior parte dei casi di instabilità di spalla mono o multidirezionale sono associati ad un aumentato volume capsulare con danno interstiziale e deformazione plastica e/o rottura della capsula e/o dei legamenti. Le lassità capsulo-ligamentose sono presenti in vario grado in ogni paziente affetto da instabilità di spalla. Sicuramente nelle TUBS avranno una incidenza minore nel determinare instabilità rispetto alle AIOS e alle AM- BRI, ma sono spesso co-fattori di grado rilevante, e all inizio dell era artroscopica il loro mancato trattamento ha contribuito a determinare dei risultati non sovrapponibili al trattamento artrotomico. Infine, noi crediamo che quando necessaria, anche la chiusura dell intervallo dei rotatori contribuisca in maniera spesso determinante nel decretare il successo di una ricostruzione capsulo-legamentosa, e riteniamo pertanto che qualora si evidenzino durante l esame artroscopico i rilievi anatomopatologici di una lesione dell intervallo, si imponga la chiusura dell intervallo dei rotatori al termine della stabilizzazione chirurgica. E. Taverna Responsabile Part-Time Reparto Chirurgia della Spalla Istituto Ortopedico Galeazzi Milano (I) Medico Aggiunto Ospedale Beata Vergine Mendrisio (CH) Clinica Ars Medica Gravesano (CH) Bibliografia 1 Harryman DT, Sidles JA, Harris SL, Matsen FA. The role of the rotator interval capsule in passive motion and stability of the shoulder. J Bone Joint Surg Am 1992;74: 53-66. 2 Neer CS, Foster CR. Inferior capsular shift for involuntary inferior and multidirectional instability of the shoulder. J Bone Joint Surg Am 1980;62: 897-908. 3 Rowe CR, Zarins B. Recurrent transient subluxation of the shoulder. J Bone Joint Surg Am 1981;63: 863-872. 4 Morgan CD, Bodenstab AB. Arthroscopic Bankart suture: technique and early results. Arthroscopy. 1987;3: 111-122. 5 Wolf EM. Anterior portals in shoulder arthroscopy. Arthroscopy 1989;5: 201-208. 6 Wolf EM. The Triad Technique for arthroscopy shoulder stabilization. 16th Annual San Diego Meeting 23-26 June1999, San Diego CA: 204-210. 7 Nobuhara K, Ikeda H. Rotator Interval Lesion. Clin Orthop 1987;223: 44-50. 8 Field LLD, Warren RF, O Brien SJ, Altchek DW, Wickiewicz TL. Isolated closure of rotator interval defects for shoulder instability. Am J Sports Med 1995;23:556-563. 9 Walch G, Nove-Josserand L, Levigne C, Renaud E. Tears of the supraspinatus tendon associated with hidden lesions of the rotator interval. J Shoulder Elbow Surg 1994;3:353-360. 10 Treacy SH, Field LD, Savoie FH. Rotator interval closure: An arthroscopic technique. Arthroscopy 1997;13: 103-106. 11 Gartsman GM, Taverna E, Hammerman SM. Arthroscopic rotator interval repair in glenohumeral instability: description of an operative technique. Arthroscopy 1999;15: 330-332. 12 Cicak N, Delimar D, Klobucar H, Korzinek K. Arthroscopic Bankart repair with extracapsular and extra-articular knot using the Mitek suture anchor. Arthroscopy 1999;15: 653-659. 13 Le Huec JC, Schaeverbeke T, Moinard M, Kind M, Diard F, Dehais J, Le Rebeller A. J Shoulder Elbow Surg 1996;5: 41-46. 336 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA SPORT E TRAUMI ALLA SPALLA: RELAZIONI PERICOLOSE E. Taverna Negli ultimi anni sono diventati sempre più popolari attività sportive ad alto rischio traumatico. Infatti anche escludendo gli sport di contatto o cosiddetti di collisione anche altre attività quali sci o snowboard in inverno oppure ciclismo o la sua variante montana down-hill nei mesi primaverili ed estivi provocano traumi di varia entità all apparato muscolo-scheletrico ed in particolare dell arto superiore. È purtroppo noto a tutti come una rovinosa caduta dagli sci possa provocare fratture ossee, traumi cranici, lesioni tendinee, muscolari e articolari. È risaputo inoltre come i legamenti del ginocchio ed i menischi possano facilmente rompersi in seguito a traumi ad alta energia. È invece meno noto con quale facilità si possano lesionare legamenti, tendini e muscoli della spalla anche per traumi apparentemente minori. Non è infatti infrequente per il chirurgo della spalla vedere nel proprio studio in primavera numerosi pazienti che lamentano dolore alla spalla che interferisce con numerose attività della vita quotidiana e che spesso disturba il sonno. Interrogati riguardo alla possibile causa di tali dolori non ricordano nessun trauma. Se però si investiga a fondo molti di questi pazienti ricordano di essere caduti durante una discesa con sci, snowboard o mountain bike e da allora in modo a volte subdolo la sintomatologia è iniziata ed è progressivamente peggiorata nel tempo. Vediamo allora in che modo e quali sono le patologie della spalla che possono essere provocate da questi traumi. 1. La lussazione traumatica anteriore della spalla è molto comune per cadute dagli sci e soprattutto dallo snowboard. Lo snowboard è uno sport particolarmente a rischio per la spalla in quanto la tecnica che si utilizza per curvare o per frenare prevede che l arto superiore a monte sia abdotto e leggermente extrarotato. Se la tavola perde aderenza con la neve chi sta sullo snowboard cade a terra e la spalla riceve bruscamente dal terreno forze che tendono a dislocare la testa dell omero dalla scapola. Con il braccio in quella posizione non serve molta energia per superare la resistenza fornita da legamenti e capsula articolare e se questo avviene la testa dell omero si sposta dalla sua sede naturale e va posizionarsi anteriormente e in basso. In questo caso anche se la lussazione non è complicata da lesioni neuro-vascolari o fratture ossee che possono verificarsi se il trauma è ad alta energia, la sintomatologia è comunque eclatante. Lo sciatore accusa immediatamente forte dolore ed impotenza funzionale, e all esame ispettivo si osserva una deformità della spalla. In questo caso anche i più stoici e resistenti al dolore non riescono scendere a valle da soli, devono essere trasportati al più vicino pronto soccorso. Il medico di primo soccorso dopo aver eseguito un esame radiografico in due proiezioni della spalla, deve procedere all immediata riduzione della spalla, ed immobilizzare per qualche giorno l arto lussato. In questi casi è ormai acclarato che l arto non va immobilizzato in rotazione interna, ma in rotazione neutra od esterna. Il paziente va inoltre reso edotto che la lussazione implica necessariamente una lesione dell apparato capsulo-legamentoso della spalla. Pertanto sarà necessario dopo la rimozione del tutore ed un opportuno periodo di riabilitazione consultare un ortopedico specializzato in chirurgia della spalla per valutare l entità delle lesioni legamentose e l eventuale indicazione ad un trattamento chirurgico. 2. La sub-lussazione traumatica della spalla è evenienza altrettanto comune ma con sintomatologia molto più sfumata, sia al momento del trauma che nei giorni e mesi successivi. In questi casi il trauma subito dalle strutture articolari non è sufficiente a provocare delle vere e proprie rotture capsulari o legamentose ma causa piuttosto una elongazione dei legamenti, sufficiente comunque a permettere una anomala traslazione della testa omerale sulla zona articolare della scapola: la glenoide. Questa traslazione non permette alla testa dell omero di uscire dalla cavità glenoidea. In questi casi spesso lo sciatore è in grado di terminare la propria discesa e non infrequentemente riferisce di aver proseguito la propria vacanza sulle piste senza particolari problemi. La spalla però da quel momento comincia a sublussare e questo spesso è avvertito genericamente come dolore al movimento. In questi casi la parte più difficile per il medico è la diagnosi, in quanto i sintomi il più delle volte non sono diversi da quelli delle borsiti o delle cosiddette periartriti scapoloomerali (termine non più utilizzato dagli specialisti della spalla in quanto racchiude in se diverse patologie, ma ancora molto utilizzato da medici sportivi e ortopedici generalisti). In questi casi se la sintomatogia non passa con antidolorifici o antinfiammatori è necessario un approfondito esame clinico e strumentale per determinare la tipologia e l esatta entità delle lesioni. Per i casi meno importanti un opportuno trattamento riabilitativo è suf- 337

SEZIONE SCIENTIFICA ficiente a riequilibrare la biomeccanica articolare (particolarmente complessa in quanto la spalla è la parte più mobile del corpo umano) e a stabilizzare la spalla. Nei casi che non rispondono al trattamento conservativo può essere indicato il trattamento chirurgico. 3. Le rotture complete o parziali della cuffia dei rotatori, non sono rare dopo cadute con trauma diretto sulla spalla o con arto esteso per parare il colpo. Tali cadute avvengono con una frequenza pressoché uguale nei vari sport invernali, ma sono molto comuni anche per cadute accidentali sul terreno ghiacciato camminando con gli scarponi! Spesso anche una brusca trazione sull arto da strappo da piattello dello skilift può provocare una lesione della cuffia. Va però rimarcato che se nel giovane il trauma può essere la causa principale di tale patologia, nelle persone al di sopra dei 55 anni il trauma spesso è solo una concausa, in quanto i tendini ed i muscoli che compongono la cuffia dei rotatori, vero e proprio motore della spalla, possono deteriorarsi e rompersi anche senza trauma, per un processo degenerativo che porta alla rottura del tendine della cuffia per usura. La sintomatologie delle rotture di cuffia è quanto mai eterogenea e capricciosa. Eterogenea perché in alcuni pazienti la rottura di cuffia è quasi completamente asintomatica, in altri casi i sintomi, dolore e impotenza funzionale sono talmente importanti da non permettere al paziente di compiere le normali attività della vita quotidiana come pettinarsi, lavarsi la schiena, provvedere all igiene personale, e il dolore notturno può essere talmente intenso e continuo da non permettere del tutto il sonno. Capricciosa perché la sintomatologia può passare da un estremo all altro nello stesso paziente senza che avvenga nulla di particolare. Anche in questi casi è importante un esatta definizione della lesione per poter poi instaurare un corretto trattamento. In linea generale però se vi è una rottura completa di cuffia il trattamento chirurgico spesso è la migliore soluzione terapeutica. 4. Capulite adesiva post-traumatica, detta anche spalla congelata. Anche per questa patologia il trauma non è l unico fattore favorente, anzi spesso è del tutto assente. Ciò nondimeno in alcuni casi la capsulite avviene in seguito ad un trauma. Nella capsulite adesiva, la capsula e i legamenti della spalla si ispessiscono e si infiammano riducendo progressivamente il movimento della spalla e generando molto dolore. La causa di tale patologia è ancora sconosciuta, si sa però che è molto più frequente nei pazienti diabetici. In alcuni casi la patologia si autodelimita, c è una cosiddetta fase di congelamento in cui il movimento della spalla si restringe sempre di più e l articolazione genera un fortissimo dolore. Vi è poi una seconda fase in cui la spalla viene definita congelata in cui l articolazione rimane rigida anche se meno dolente, vi è poi una terza fase detta di scongelamento in cui il movimento articolare ritorna normale ed il dolore sparisce riportando una situazione di normalità. In questi casi il trattamento conservativo, kinesiterapia, fisioterapia antalgica e il trattamento farmacologico con cortisonici ed antidolorifici aiuta il paziente a tornare verso la normalità. Purtroppo in alcuni casi i sintomi sono talmente intensi e di lunga durata che si impone il trattamento chirurgico. Per finire un accenno al trattamento chirurgico delle patologie della spalla. Negli ultimi 15 anni la chirurgia della spalla ha subito una profonda evoluzione. Sino all inizio degli anni 90 era prevalentemente una chirurgia tradizionale detta a cielo aperto. Dall inizio degli anni 90 anche la chirurgia della spalla ha seguito la chirurgia del ginocchio che già dalla fine degli anni 70 è stata sempre più una chirurgia artroscopica e sempre meno a cielo aperto. La chirurgia artroscopica della spalla ha permesso come nel ginocchio di ripetere gli stessi interventi eseguiti con tecnica tradizionale ma con un approccio mini-invasivo, con un indubbio vantaggio per l articolazione operata. Nella spalla però vi sono stati due ulteriori vantaggi rispetto al ginocchio: rispettare il deltoide che non deve più essere inciso o staccato dalla sua inserzione per poter accedere ai tendini della cuffia dei rotatori e la scoperta di lesioni difficilmente evidenziabili anche con i più moderni esami strumentali o non visibili dopo l apertura chirurgica della capsula. La scoperta di tali lesioni ci ha permesso negli ultimi 10 anni di meglio comprendere e trattare alcune patologie della spalla. Per finire ritengo utile spiegare alcuni termini che si possono trovare nei referti di esami strumentali eseguiti per traumi alla spalla o diagnosticati dallo specialista che essendo iper-specialistici non sono di facile comprensione. Lesione di Bankart: Lesione acuta dell apparato capsulo-legamentoso generato da una lussazione traumatica ALPSA Lesion: Lesione cronica dell apparato capsulo-legamentoso presente di solito in pazienti con più episodi di lussazione HAGL e RHAGL Lesion: distacco di capsula e legamenti dalla testa omerale. Spesso presenti dopo più episodi di lussazione Lesione di Hill-Sachs: frattura da compressione della testa omerale che avviene dopo uno e più frequentemente dopo più episodi di lussazione. È in pratica una ammaccatura della testa omerale che facilita il verificarsi di nuove lussazioni. SLAP Lesion: Distacco dell ancora bicipitale dalla glenoide. Lesione spesso presente in persone al di sotto dei 30 anni con dolori al movimento senza franche lussazioni, ma spesso la spalla è instabile e sublussa. Instabilità del Capo lungo del Bici- 338 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA pite: riferita spesso come sensazione di tendine che si accavalla, consiste appunto in una uscita temporanea del tendine del bicipite dal proprio solco. Può essere di natura traumatica soprattutto nel giovane. Al di sopra dei 50 anni è spesso associata a rotture complete o parziali della cuffia dei rotatori. Rottura della Cuffia dei Rotatori: Struttura costituita dall insieme di 4 muscoli e 4 tendini che rivestono la testa omerale, vero e proprio motore della spalla. I tendini sono il sottoscapolare, il sovraspinoso, il sottospinoso e il piccolo rotondo. La rottura parziale o completa di uno o più di questi tendini è sinonimo di rottura della cuffia dei rotatori. È un evenienza molto comune al di sopra dei 60 anni. In questi casi spesso l origine è degenerativa, ma può essere determinata da un trauma con o senza lussazione. Nel giovane la rottura di cuffia avviene per traumi ad alta energia, come avviene in atleti che cadono durante una discesa libera o il superg. E. Taverna Responsabile Part Time Reparto Chirurgia della Spalla - Istituto Ortopedico Galeazzi - Milano (I) Medico aggiunto Ospedale Beata Vergine Mendrisio (CH) Clinica Ars Medica Gravesano(CH) 339

SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico in 1000 parole IPOGLICEMIE RECIDIVANTI UN CASO DI INSULINOMA A. D Errico, M. Beretta Piccoli Caso clinico Si tratta di una paziente di 53 anni, vedova, madre di una ragazza sana quattordicenne, cassiera presso un grande magazzino. Evita in genere i farmaci, preferendo sostanze naturali. Non fuma e non ricorre a tossici. Nel passato è stata curata per anemia recidivante da metrorragie, per orticaria e per un ipertiroidismo da M. di Basedow (insorto 10 anni fa, in remissione spontanea senza trattamento, stabilmente eutiroidea in seguito). L anamnesi familiare è blanda, salvo una sorella con probabile morbo di Basedow. Da circa un anno la paziente presenta sintomi descritti come sfinitezza generale : specialmente dopo passeggiate anche brevi ci sono momenti di più profonda debolezza, che migliorano in parte mangiando. Il senso di astenia si ripresenta comunque molto in fretta. Nelle ultime settimane i disturbi si sono intensificati: oltre alla debolezza c è una quasi costante ansia con paura di morire e senso di catastrofe imminente; non iperidrosi, tremore, palpitazioni o cefalea. Il peso corporeo è rimasto stabile, non ci sono disturbi dell alvo, da un anno circa le mestruazioni sono irregolari in assenza di disturbi vasomotori. Fig. 1: Lesione disomogenea di 12 mm nella coda pancreatica (CT con mdc) Nel pomeriggio del 12.9.2009 insorgono gli abituali disturbi sul posto di lavoro. Le colleghe riferiscono che in seguito vi è uno stato confusionale con irascibilità seguito da una breve perdita di conoscenza. Vengono allertati i soccorritori della Croce Verde, che trovano la paziente vigile ma rallentata e confusa, riscontrano una glicemia capillare di 2.4 mmol/l e somministrano zucchero e.v. con rapido miglioramento generale. La paziente ha un amnesia di almeno mezz ora per l accaduto. Viene ricoverata. Durante una prima degenza le glicemie capillari sono ripetutamente tra 2.7 e 6.3 mmol/l, con nadir dopo mezzanotte, ma ci sono anche alcuni episodi di ipoglicemie postprandiali. Non è mai documentata un ipoglicemia su prelievo venoso. Anche in ospedale l apporto di carboidrati ha un effetto incompleto e fugace sulla sintomatologia. Nell ipotesi di un insulinoma è praticata una TAC addominale, che dimostra una lesione di 10x12 cm a livello della coda del pancreas (Figura 1) con presa di contrasto nella fase arteriosa: si consiglia un escissione chirurgica. Calcemia e prolattina sono normali, escludendo quindi una sindrome MEN1 (che associa iperparatiroidismo primario, adenomi ipofisari e tumori pancreatici). Non convinta di dover farsi operare, la paziente giunge alla nostra Clinica chiedendo una rivalutazione della malattia. All ammissione in reparto è in buone condizioni generali, ansiosa. 58 Kg/160 cm, pressione arteriosa 110/62 mmhg, normocardica. Attività cardiaca e respiratoria normale, assenza di uno struma o di linfonodi palpabili; addome blando. Stato neurologico normale. I profili glicemici durante la degenza sono di nuovo tra 2.8 e 7.7 mmol/l (glicemie capillari), con sintomi molto vaghi e senza un chiaro benessere nelle fasi normoglicemiche. Si procede ad un test formale di digiuno, durante il quale in poco più di 6 ore la paziente raggiunge una glicemia venosa di 2.0 mmol/l accompagnata da insulinemia non soppressa; quale manifestazione clinica unicamente spossatezza e lieve sonnolenza (Tabella 1). La soglia di insulinemia considerata diagnostica nel test di digiuno ( 3mU/L durante una glicemia plasmatica inferiore a 3 mmol/l) è raggiunta in solo sei ore dopo l inizio del test, che viene perciò considerato patologico anche per la rapidità del calo della glicemia plasmatica, per il valore di C-peptide nettamente elevato, per le numerose ipoglicemie specialmente notturne durante la degenza e per il contesto clinico globale. Non viene eseguita la ricerca delle sul- h 6:00 h 12:00 h 13:00 Glicemia venosa 3.8 2.4 2.0 Insulina (n<6 mu/l a fine test) 2.9 5.2 4.4 C-peptide (n<200 pmol/l a fine test) 570 --- 480 Tab. 1: Risultati del test di digiuno (interrotto dopo 7 ore) 341

SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico in 1000 parole Fig. 2: Automisurazioni glicemiche della paziente, con scomparsa completa delle ipoglicemie dopo resezione dell insulinoma in data 21.12.2009 fanilurea (clinicamente nessun sospetto di iperinsulinismo fattizio). Proponiamo di nuovo la terapia chirurgica, che la paziente inizialmente continua a rifiutare. Nelle settimane successive, dopo il rientro al domicilio, si aggrava gradualmente la sintomatologia. La paziente, rivista ambulatoriamente numerose volte dall endocrinologo, rifiuta anche un trattamento orale transitorio con Proglicem (diazoxide); è molto dubbiosa sulla reale diagnosi e sulla rilevanza del nodulo visto alla TAC. Inizialmente acconsente alla proposta di conferma della localizzazione dell insulinoma tramite scintigrafia ai ricettori del GLP-1, cambia idea in seguito. Finalmente, a tre mesi dall episodio acuto iniziale, accetta di essere operata. Ricoverata all Inselspital di Berna, viene sottoposta ad una rilocalizzazione della neoplasia tramite endosonografia il 16.12.2009, con riscontro di una lesione centralmente ipoecogena di circa 15 mm nella coda pancreatica. Qualche giorno dopo, quindi a tre mesi dalla diagnosi, segue laparotomia con conferma della localizzazione all ecografia intraoperatoria, seguita da resezione pancreatica parziale sinistra, pancreatico-digiunostomia e digiunodigiunostomia. All istologia nel tessuto pancreatico resecato si ritrova un insulinoma di 11 mm, senza segni di malignità (gli insulinomi sono maligni nel 5-10% dei casi). Il decorso postoperatorio è senza complicanze e caratterizzato da stabile normoglicemia, con per ora solo parziale miglioramento della sintomatologia soggettiva. La paziente ha eseguito ancora qualche automisurazione della glicemia nelle settimane successive all intervento (Figura 2). Commento La storia di questa paziente presenta alcune particolarità. La sintomatologia soggettiva era dominata da un astenia generale e crisi di debolezza accentuata sia a riposo che dopo sforzi fisici, ma soprattutto da disturbi della sfera neuropsicologica (ansia, sensazione di catastrofi e paura di morire, che stranamente veniva localizzata dalla paziente a livello della nuca). Assenti le classiche manifestazioni vegetative quali palpitazioni, tremore, sudorazioni, cefalea (adrenergiche) e fame. Anche la prolungata perseveranza della paziente nel rifiutare la terapia chirurgica, pur avendo capito molto bene la sua diagnosi, può essere interpretata come reazione inadeguata di origine neuroglucopenica. La letteratura evidenzia tra le manifestazioni cliniche d esordio di un insulinoma un alta frequenza di sintomi bizzarri quali disturbi comportamentali, ipersonnia, epilessia dell adulto. Spesso un aumento ponderale precede la diagnosi, conseguenza dei molti spuntini necessari per compensare le ipoglicemie. Ancora un commento sulla diagnosi biochimica, che esige un test di digiuno con raggiungimento di un ipoglicemia plasmatica < 3.0 mmol/l (secondo 342 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico in 1000 parole Fig. 3: Immagini planari (A.-C.) e SPECT/CT di un insulinoma di 17 mm nella testa pancreatica (scintigrafia con Indio 111 -DOTA-exendina) alcuni autori < 2.5 oppure < 2.2 mmol/l) e concomitante elevazione dell insulinemia e del C-Peptide (per escludere un origine fattizia). La soglia storicamente ritenuta diagnostica di iperinsulinemia, 6 mu/l durante un ipoglicemia, risale ad anni in cui venivano impiegati test RIA che misurano facilmente anche la proinsulina, sostituiti negli anni più recenti da tecniche ELI- SA che dovrebbero quindi implicare una soglia di insulina leggermente più bassa. Infatti le recenti linee guida dell Endocrine Society 1 indicano come patologica un insulinemia 3 mu/l durante un ipoglicemia. Inoltre vanno menzionati gli esami di localizzazione da richiedere solo dopo aver ottenuto una convincente diagnosi biochimica (cave: incidentalomi): in primo luogo TAC, MRI e endosonografia, meno utili l Octreoscan (che era risultato falsamente negativo nella nostra paziente), promettente anche se ancora sperimentale l impiego della PET con Fluoro 18 -DOPA. È riservato a pochi centri con esperienza la stimolazione arteriosa selettiva con calcio e sampling epatico venoso (USZ a Zurigo tra le strutture di eccellenza a livello mondiale in questa tecnica). L esame probabilmente più accurato è la scintigrafia con Indio 111 -DOTA-exendina 2, sviluppata di recente da un gruppo cooperativo delle Università di Berna e Basilea (vedi esempio Figura 3). L esame impiega un analogo marcato dell exenatide, che ha una spiccata affinità per i recettori del GLP-1, espressi con alta densità in quasi tutti gli insulinomi. In conclusione sottolineamo la difficoltà diagnostica particolare in casi come questi, che cumulano una patologia estremamente rara (incidenza di circa 5 casi per milione all anno) con una manifestazione clinica per molti versi atipica e un iter decisionale ostacolato dalle incertezze della paziente. Dr.ssa A. D Errico, Dr. Mario Beretta Piccoli Clinica Luganese di Moncucco, servizio di medicina interna Bibliografia 1 Evaluation and management of adult hypoglycemic disorders: an Endocrine Society clinical practice guideline. Journal of clinical endocrinology and metabolism 2009, 94: 709-728 2 Wild D, Mäcke H, Christ E, Gloor B, Reubi JC. Glucagon-like peptide 1-receptor scans to localize occult insulinomas. N Engl J Med 2008; 359:766-8. 343

SEZIONE SCIENTIFICA - Errore medico IMPARO DAI MIEI ERRORI UNA NUOVA RUBRICA DI TMT F. Cattaneo I magneti superconduttori nella galleria del Large Hadron Collider al CERN Quando tre anni fa venne inaugurato il nuovo Large Hadron Collider al CERN, la madre del fisico responsabile prof. Lucio Rossi, contadina, disse: vedrai che qualcosa andrà storto, non è possibile che una macchina così complicata funzioni al primo colpo. Il 19 settembre 2008, nove giorni dopo la messa in funzione, è saltata una tra le migliaia di saldature che connettono i 27 km dell immenso anello, causando un esplosione che ne ha distrutto un tratto di 700 metri 1. Lucio Rossi ha stupito tutti, assumendosi da solo la piena responsabilità dell incidente. Lo ha fatto pubblicamente, in un articolo su Nature con il quale intendeva analizzare le cause dell errore, ma ancora di più i motivi per cui non era stata nemmeno prevista la possibilità di un errore, né erano state prese precauzioni per ridurne le conseguenze 2. Al momento di redigere l articolo, l autore si è reso conto di non riuscire a tradurre in inglese chi non fa, non sbaglia e sbagliando si impara : l espressione su Nature è quindi rimasta in italiano. Apparentemente la cultura italiana ha più famigliarità con la possibilità di sbagliare e trarne un bene rispetto alla cultura anglosassone. Così anche noi, nel nostro piccolo, vorremmo proporvi una nuova rubrica nella quale è possibile raccontare in breve un caso che ci ha messo in difficoltà e analizzarne le ragioni, perché anche un errore commesso può contribuire a un modo migliore di lavorare. Questo spazio va inteso come un contenitore, che può avere numerose funzioni: la possibilità di riflettere a fondo su che cosa è andato storto una volta nell affrontare il problema di un nostro paziente; oppure uno slancio di collegialità nel voler ammonire gli altri medici curanti affinché evitino dei classici errori-trabocchetto; oppure ancora una forma salutare poiché condivisa di espiazione cartacea di un errore che ci pesa sulla coscienza; o un modo di ridimensionare un ego professionale eventualmente ipertrofico... L essenziale è che si tratti di contributi personali, originali, che mettiamo volentieri in comune con i colleghi. Sono bene accetti i vostri testi in formato libero (purché piuttosto brevi), pubblicabili sia con la vostra firma che in forma anonima. Ringraziando il collega che rompe il ghiaccio con una prima serie di casi, vi invitiamo a scriverci i vostri contributi. Dr. med. Fabio Cattaneo per il Comitato redazionale I contributi sono da inviare a: fabiocattaneo@email.com Bibliografia 1 Supercond. Sci. Technol. 23 (2010) 034001 2 Nature 463 (2010), 1008-1009 345

SEZIONE SCIENTIFICA - Errore medico IMPARO DAI MIEI ERRORI Un uomo con artriti intermittenti, polineuropatia, sordità, impotenza, lieve sindrome psicoorganica, edema papillare, versamenti pleurici, calo ponderale, febbre, neutrocitosi e importante aumento dei parametri infiammatori biologici A. Badaracco Un taxista, 63enne al momento della mia prima visita, in precedenza sempre sano e sportivo, presenta da alcuni anni artriti intermittenti prevalentemente delle grosse articolazioni con una predilezione per i polsi, a volte accompagnate da tenosinoviti. Generalmente si tratta di monoartriti che insorgono improvvisamente, spesso di notte, raggiungono l apice entro poche ore e regrediscono completamente entro pochi giorni. Le articolazioni coinvolte sono rosse, molto gonfie e calde. Inizialmente i parametri infiammatori sono normali al di fuori delle crisi, come tutti gli esami di laboratorio ematochimici e il sedimento urinario. Nessun autoanticorpo. Ferritina e saturazione della transferrina sono normali. Le radiografie delle articolazioni coinvolte, del torace e una sonografia addominale sono normali. In una occasione la punzione di una goccia di liquido dalla guaina degli estensori delle dita di una mano mostra un liquido articolare torbido, quasi purulento, senza cristalli, sterile. Durante i 7 anni successivi la situazione articolare sostanzialmente non cambia. Non si ottiene ulteriore versamento articolare da analizzare, le artriti restano intermittenti e anerosive. Viene organizzata una valutazione stazionaria nel servizio di reumatologia di una clinica universitaria. Consulti di cardiologia, ORL, gastroenterologia (controllo dopo asportazione di un polipo del colon 10 anni prima), ematologia, oftalmologia, neurologia. Viene posta la diagnosi di artrite indifferenziata. La poliartrite viene trattata con corticosteroidi a bassa dose inizialmente a intermittenza, poi in modo costante. AINS vengono amministrati al bisogno. Breve tentativo con colchicina e antimalarici. La risposta alla terapia è molto scarsa; sia i corticosteroidi che gli AINS sembrano inefficaci durante le crisi e nella prevenzione delle recidive. Nel corso degli ultimi anni gli esami di laboratorio mostrano una progressiva neutrocitosi che viene interpretata come reattiva alla malattia di base dopo un consulto di ematologia. I parametri infiammatori aumentano progressivamente. La VES sale di ca 10 mm/h ogni anno raggiungendo i 100 mm/h mentre la CRP raggiunge i 100 mg/dl. Lo stato generale, finora conservato, inizia a degradarsi. Vi è un modico calo ponderale. Appare una lieve dispnea da sforzo, quindi uno stato febbrile intermittente con puntate febbrili quasi quotidiane fino a 39. A livello cardiaco il paziente, che aveva manifestato anni prima una FA intermittente, sviluppa un sick sinus che richiederà l impianto di un pace maker. A livello ORL una sordità presente da tempo, peggiora molto rapidamente e richiede l applicazione di apparecchi acustici. A livello neurologico, insorgono lievi disturbi cognitivi con una IRM cerebrale normale. Modici disturbi della sensibilità agli AI vengono attribuiti a una incipiente polineuropatia. Si manifesta inoltre un impotenza. A livello oftalmologico il paziente sviluppa disturbi transitori della vista, vede fosco a intermittenza soprattutto al mattino. Una visita specialistica mette in evidenza un chiaro edema papillare. Ulteriori esami radiologici mostrano un ispessimento pleurico e pericardico di nuova insorgenza e piccoli versamenti pleurici. Infine il paziente viene ricoverato in una seconda clinica universitaria reumatologica dove un esame strumentale finora mai realizzato risolve definitivamente il caso. Diagnosi del medico inviante Poliartrite di origine indeterminata. Diagnosi di precedenti specialisti Artrite indifferenziata probabilmente autoimmune. La mia diagnosi Artrite intermittente nell ambito di una malattia sistemica probabilmente autoimmune. 346 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010

SEZIONE SCIENTIFICA - Errore medico Diagnosi corretta Malattia di Whipple Perché ho sbagliato L esame risolutivo è una gastroscopia con biopsia duodenale. La malattia di Whipple fa parte della DD di un artrite intermittente e dovrebbe sempre essere esclusa in situazioni poco chiare, soprattutto se il decorso mostra un progressivo accumulo di elementi che orientano verso una malattia sistemica. Nel caso particolare la diagnosi era stata evocata durante il primo soggiorno in una clinica universitaria, senza tuttavia sufficiente convinzione per escluderla con la gastroscopia. La presenza di manifestazioni articolari intermittenti da molti anni ci ha ingannati, portandoci a sottovalutare il capitolo delle malattie infettive e delle neoplasie nel cui ambito ci saremmo aspettati piuttosto un decorso di settimane o mesi. Un ritardo nella diagnosi di molti anni è invece ben noto e caratteristico della malattia di Whipple. Il quadro clinico sempre più evocatore di una malattia sistemica cronica, ci ha poi indotto a pensare in prima ipotesi a una problematica autoimmune, dimenticando che la malattia di Whipple, come la sifilide e poche altre malattie infettive, può essere una malattia sistemica a decorso cronico ed è una grande imitatrice. Vi sono altri fattori generali che hanno contribuito a indurci in errore. Quando un paziente esce da una clinica universitaria, si tende a considerare definitivamente esauriti i chiarimenti ragionevoli e quindi a ridurre l ulteriore lavoro sistematico su aspetti clinici già noti o di nuova insorgenza. Quando si segue per anni un paziente con lo stesso problema, può esserci una certa resistenza a ricominciare un iter diagnostico, ripresa che implicherebbe dover ammettere di avere finora valutato in modo insufficiente la situazione. Si tende allora a dare poca importanza a elementi che sarebbero decisivi per la diagnosi ma in contraddizione con la nostra ipotesi di lavoro. Per esempio il nostro paziente mostrava un chiara resistenza ai corticosteroidi, anche ad alta dose, il che è insolito per una malattia autoimmune e avrebbe potuto farci considerare l ipotesi di una malattia infettiva. Infine tutti noi tendiamo per natura a cercare prima nell ambito che ci è più famigliare, vediamo prima quello che già conosciamo. Così un reumatologo facilmente pensa prima a una malattia autoimmune e un infeziologo a un infezione; to a hammer everything looks like a nail. Mucosa duodenale con raccolte di macrofagi nella lamina propria Tipiche inclusioni PAS+ che corrispondono a mucopolisaccaridi della capsula batterica Osservazioni La DD di un artrite intermittente comprende: artriti microcristalline, artrite reumatoide/ reumatismo palindromico, artrite reattiva, febbre mediterranea e altre malattie autoinfiammatorie, malattia di Behçet, sarcoidosi, Whipple, sinovite a eosinofili. A. Badaracco, FMH reumatologia Via Soldino 7, 6900 Lugano 347

SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB Il Journal Club di questo mese è stato curato dalla Clinica Luganese, sede di San Rocco FATTORI DETERMINANTI NELL INSORGENZA DI GRAVI IPOGLICEMIE QUALI COMPLICAZIONI DI UN DIABETE TIPO 2: FREMANTLE DIABETES STUDY Timothy M. E. Davis, Simon G. A. Brown, Ian G. Jacobs, Max Bulsara, David G. Bruce, and Wendy A. Davis. J Clin Endocrinol Metab, May 2010, 95(5):2240-2247. 12 Riassunto/Adattamento: Dr. Anna Robbiani, Dr. Fabio Cattaneo Introduzione L ipoglicemia è una complicazione acuta del diabete che presenta un forte impatto sia a livello personale che sociale, ostacola l ottenimento di un buon controllo glicemico e contribuisce verosimilmente alla mortalità legata alla malattia diabetica (questo sia nel tipo 1 che nel tipo 2). Per prevenire le ipoglicemie e ridurne l incidenza è necessario conoscere i fattori di rischio. Fra questi sono noti i trattamenti che incrementano la concentrazione di insulina, così come le situazioni che inducono un maggior effetto dei farmaci ipoglicemizzanti (patologie renali, esercizio fisico, pasti irregolari, alcol, concomitante trattamento con chinoloni, pentamidina, AINS ecc.). I dati esistenti riguardanti questo tema sono limitati, a causa di svariati fattori fra i quali la qualità dell evidenza, la difficoltà nel definire l ipoglicemia ed i metodi statistici utilizzati. L obiettivo di questo studio è quindi la determinazione dell incidenza e dei fattori predittivi di una grave ipoglicemia in pazienti con un diabete tipo 2. Metodi Il Fremantle Diabetes Study è uno studio longitudinale di coorte su una comunità di 1294 pazienti affetti da diabete tipo 2 reclutati in Australia fra il 1993 ed il 1996. 616 di questi sono stati inclusi nel 1998 e hanno potuto essere seguiti fino al 2006. Le caratteristiche dei prescelti erano: età media 67 anni, 52% di sesso maschile, durata media del diabete 7,7 anni, emoglobina glicata media 7,2% e 13,2% sotto terapia insulinica. La valutazione dei pazienti comprendeva un semplice questionario (dati demografici, socioeconomici ed inerenti lo stile di vita), un esame clinico e analisi biochimiche. La selezione di predittori plausibili di un primo episodio di ipoglicemia grave è stata fatta sulla base di precedenti pubblicazioni. L ipoglicemia grave era definita come episodio in cui il paziente aveva presentato un valore di glucosio nel sangue, nel siero o nel plasma inferiore alla norma e necessitante l intervento medico-paramedico ambulatoriale oppure l ospedalizzazione e la cui diagnosi principale, secondi ICD-10, era un ipoglicemia. I fattori predittivi indipendenti di un primo grave episodio ipoglicemico sono stati determinati secondo una metodologia statistica estremamente raffinata che comprendeva quattro differenti modelli di regressione. Risultati Nel periodo di osservazione 52 pazienti (8,4%) hanno presentato un totale di 66 episodi di ipoglicemia grave (incidenza: 1,7 per 100 pazienti-anno), da 1 a 4 episodi per paziente, nessuno dei quali fatale. Pregresse ipoglicemie gravi, insufficienza renale, neuropatia periferica, una scolarizzazione oltre la scuola primaria e durata dell insulinoterapia sono risultati essere fattori predittivi indipendenti del primo episodio di ipoglicemia. Una maggiore frequenza di episodi è invece stata riscontrata fra i pazienti con una glicemia a digiuno bassa ma un emoglobina glicata elevata. Discussione e conclusioni Per quanto riguarda la scelta dei fattori d inclusione, non ci si è limitati ad arruolare pazienti con ipoglicemie necessitanti glucosio e.v. o glucagone come in precedenti studi (che tendevano quindi a sottovalutare l incidenza delle ipo) ma si è scelto di includere solamente episodi in cui si è dovuti ricorrere ad un servizio di pronto intervento, per evitare di recensire casi ritenuti inattendibili. Questo è a nostro parere un punto di forza qualitativo dello studio. Questo lavoro mostra che un trattamento insulinico, pregresse gravi ipoglicemie, un insufficienza renale, una neuropatia periferica ed un educazione di grado superiore sono predittori indipendenti di gravi ipoglicemie. La frequenza di questi episodi sembra invece essere legata ad una glicemia bassa ma paradossalmente ad un emoglobina glicata elevata. Si ipotizza che ipoglicemie ricorrenti possano talvolta riflettere un controllo insoddisfacente, con oscillazioni della glicemia ma una tendenza al mantenimento di valori sopra la media quale meccanismo di autoprotezione. I dati confermano che un deficit della funzione renale è un fattore di rischio indipendente per ipoglicemie severe; mentre un associazione con l uso dei farmaci spesso citati il letteratura non è emersa dalle analisi statistiche. Per quanto riguarda la scolarizzazione gli autori dello studio, riscontrata una correlazione fra ipoglicemie ed educazione superiore, sono in contraddizione con lavori precedenti. La spiegazione potrebbe essere data dal fatto che i pazienti maggiormente educati sono spesso ben informati sulle possibili conseguenze di un diabete mal controllato e tentano quindi di dominare il più possibile la malattia (maggiori ambizioni terapeutiche). Inoltre si suppone che i pazienti au- 349

SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB straliani meno scolarizzati non abbiano facile accesso ai servizi di salute pubblica. Concludendo, questo studio conferma che i principali predittori indipendenti di una grave ipoglicemia nel diabete di tipo 2 sono l insulinoterapia e la sua durata, precedenti episodi di ipoglicemia ed l insufficienza renale. La neuropatia periferica, riflettendo una compromissione del sistema nervoso autonomo e neuroendocrino, predispone a sua volta ad un ipoglicemia. Da non dimenticare inoltre che i pazienti con un emoglobina glicata elevata ed un livello superiore di scolarizzazione non vanno considerati a scarso rischio di ipoglicemie gravi. TASSO DI VITAMINA D, FUNZIONE POLMONARE E RISPOSTA AGLI STEROIDI NELL ASMA DELL ADULTO E. Rand Sutherland, Elena Goleva, Leisa P. Jackson, Allen D. Stevens and Donald Y. M. Leung Am J Respir Crit Care Med, Vol 181. pp 699-704, 2010 Riassunto/Adattamento: D. Manta, J.P. Lantin Clinica Luganese, sede di San Rocco Introduzione I corticosteroidi in inalazione (ICS) costituiscono il principale presidio terapeutico nel controllo dell asma persistente. I pazienti asmatici, tuttavia, presentano una risposta variabile ai ICS. La finalità dello studio è quella di valutare l associazione tra livelli di vitamina D, fenotipo dell asma e risposta agli steroidi nell adulto, testando l ipotesi che livelli serici diminuiti di vitamina D sarebbero correlati con un peggioramento dei marcatori clinici dell asma, quali la funzione polmonare e l iperreattività bronchiale (AHR) e la risposta ai corticosteroidi in vitro. Metodi Sono stati arruolati 54 adulti non fumatori di età 18 anni, di cui 24 in terapia con ICS, con storia clinica di asma persistente (confermata da un miglioramento del FEV1 200 ml dopo 360 μg di albuterolo e da AHR con PC 20 FEV 1 8 mg /ml se non ICS-trattati e 16 mg/ml se ICS-trattati). All arruolamento è stata definita l AHR, la funzione polmonare pre-broncodilatatore, il BMI, i livelli serici di 25(OH) vitamina D, ed eseguita una stratificazione dei pazienti in base all impiego o meno di ICS e l uso di β-agonisti a lunga durata d azione(laba). Con metodica PCR è stata valutata l espressione della fosforilasi di proteinkinasi mitogeno-attivate (MKP-1), sia basale che dopo trattamento con desametasone (DEX), ed infine l espressione di TNF-α e IL-10 nelle cellule mononucleate periferiche (PBMCs) Risultati L età media dei pazienti arruolati era di 38.3 (±11.2) anni, con FEV 1 pari a 82.9 (±15.7)%, PC 20 2.2 (±1.9) mg/ml e BMI 28.8 (±7.3) kg/m 2, mentre la concentrazione media di vitamina D era 28.1 (±10.2) ng/ml. La relazione tra vitamina D e funzione polmonare ha evidenziato un aumento di FEV 1 di 22.7 (±9.3) ml per ogni ng/ml di incremento dei livelli serici di vitamina D (P= 0.02), con una relazione ancora più evidente nei soggetti che non impiegavano ICS. Soggetti con livelli ridotti di vitamina D (< 30 ng/ml) hanno mostrato una maggiore iperreattività bronchiale, con PC 20 FEV 1 di 1.03 (±0.2) mg/ml versus PC 20 FEV 1 di 1.92 (±0.2) mg/ml dei soggetti con livelli di vitamina D 30 ng/ml. È stata osservata una relazione inversa tra livelli serici di vitamina D (ng/ml) e BMI (kg/m 2 ), con un decremento di 0.71 (±0.17) ng/ml dei livelli di vitamina D per ogni unità di incremento di BMI (P=0.0001), con maggiore evidenza nei soggetti che non impiegavano ICS. Elevati livelli di vitamina D sono stati correlati ad una minore espressione basale di TNF-α da parte dei PBMCs, con una riduzione dell espressione di TNF-α di 0.06 (±0.02) unità per ogni unità di aumento dei livelli di vitamina D (P=0.01). Aumentati livelli di vitamina D sono stati associati ad una maggiore risposta ai GC in vitro. Nei pazienti non ICS-trattati aumentati livelli di vitamina D sono stati messi in relazione ad una maggiore espressione di MPK-1 indotta dal dexametasone, con 0.05 (±0.02) di aumento di espressio- 350 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 OTTOBRE 2010