SERVIZI DI VIGILANZA E TARIFFE DI LEGALITA. di Nadia Beccati



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Servizi di vigilanza e tariffe di legalità Articolo di Nadia Beccati 08.09.2005 SERVIZI DI VIGILANZA E TARIFFE DI LEGALITA. di Nadia Beccati LA NORMATIVA L art. 134 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con il R.D. 18/06/1931 n. 773, al primo comma, dispone che senza licenza del Prefetto è vietato ad enti e privati di prestare opera di vigilanza o custodia. L art. 257 del regolamento di esecuzione del T.U., a sua volta, dispone che l autorizzazione del Prefetto deve contenere l approvazione delle tariffe, dell organico, delle mercedi L art. 135 vieta di ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa. Questo è lo stato della legislazione riguardante le tariffe per l attività di cui trattasi non essendovi altre norme al riguardo. Il Ministero dell Interno, tuttavia, nel corso del tempo, con proprie circolari in particolare, con la circolare del 25/11/1991, n. 559/C.20863.10089 D) ha dato disposizioni ai Prefetti di stabilire, in via preventiva e generale, le tariffe minime da osservarsi obbligatoriamente da parte di tutti gli istituti di vigilanza operanti nelle rispettive province. Il Ministero ha ritenuto che tale potere di fissare tariffe minime da osservarsi obbligatoriamente dagli istituti di vigilanza, indotto dall esigenza di porre rimedio al proliferare degli istituti, dalla eccessiva concorrenza e dal conseguente scadimento dei servizi, con riflessi anche di ordine pubblico, potesse fondarsi sull art. 9 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con il R.D. 18/06/1931 n. 773, che dà la facoltà all autorità di pubblica sicurezza di stabilire ulteriori prescrizioni nel pubblico interesse a chiunque ottenga un autorizzazione di polizia. Da ciò i singoli provvedimenti prefettizi concernenti le tariffe minime da applicarsi dagli istituti di vigilanza. In prosieguo di tempo, tuttavia, lo stesso Ministero dell Interno ha rivisto tali direttive, ponendole nel nulla. Ciò sia perché alcune sentenze dei TT.AA.RR. avevano rivisto l illegittimità dei provvedimenti prefettizi, in difetto di una fonte normativa che valesse a legittimarli in modo espresso, sia perché la fissazione di tariffe minime da osservarsi in modo inderogabile non aveva dato il risultato di apportare quegli effetti benefici sulla qualità dei servizi che ci si riprometteva di ottenere, sia perché, infine, l Autorità garante della concorrenza e del mercato (con parere n. 27952 del 1997) aveva rilevato che la fissazione di tariffe minime produceva solo effetti distorsivi della libera concorrenza e del funzionamento del mercato e non precludeva affatto alle imprese del settore di rendere servizi scadenti, che, invece, potevano essere opportunamente scongiurati con i dovuti controlli fino alla misura ultima della revoca dell autorizzazione. Il Ministero dell Interno ha quindi emanato nuove direttive di segno opposto a quelle adottate in precedenza, introducendo per l approvazione delle tariffe bande di oscillazione tra prezzi minimi e massimi (cd. tariffe di legalità) sopprimendo definitivamente il sistema della fissazione in via generale e preventiva di tariffe minime.

Con la circolare del 15/11/1997, n. 559/C.14514.10089 D, infatti, il Ministero disponeva che i Prefetti non dovessero più procedere all individuazione, attraverso atti preliminari, dei livelli minimi delle tariffe e che a partire dal 01/07/1998, data che segnerà la definitiva entrata in vigore delle istruzioni qui formulate, gli istituti di vigilanza potranno modificare i prezzi per i propri servizi, richiedendo preventivamente l approvazione ai sensi dell art. 257, ultimo comma, del R.D. 635 del 1940, senza dover tenere più conto dei tariffari minimi approvati dal Prefetto competente per territorio. I Prefetti, prosegue la circolare, dovranno verificare che l interessato abbia indicato nella tabella tutti i compensi richiesti per ognuna delle tipologie di servizi autorizzati. Nella stessa circolare viene anche rimarcato che l atto di approvazione delle tariffe impedisce agli istituti di vigilanza di chiedere prezzi più alti di quelli stabiliti nel proprio tariffario ma consente di discostarsi dai livelli dei compensi, richiedendo al committenti prezzi più bassi. Le disposizioni contenuti in tale circolare (trattasi di circolare normativa, e quindi immediatamente precettiva per i Prefetti) sono ribadite dalle successive circolari del 28/09/1998 n. 559C.314.10089 D e dell 8/1//1999 n. 559C. 4770.10089D. In base a tale ultima circolare sono venuti meno a far data dal 01/02/1999 i provvedimenti annuali di fissazione delle tariffe minime approvati sulla base delle indicazioni fornite con la circolare del 25/11/1991, n. 559C.20863.10089D. La circolare prosegue disponendo che ciascuna Prefettura deve avviare una apposita ed approfondita attività istruttoria per determinare la tariffa di legalità per ciascuna tipologia di servizio, unica per tutti gli istituti operanti nella provincia. Sarà altresì individuata un oscillazione percentuale della tariffa, all interno della quale sarà comunque consentito ad ogni istituto di scegliere la propria tariffa per ciascun servizio, in aderenza alle contingenti valutazioni legate alla libera attività imprenditoriale. La fascia di oscillazione deve essere al massimo del 10% per i costi detti servizi dedicati (es. piantonamento) ed al massimo del 30% per gli altri servizi. Le Prefetture dovranno verificare che le tariffe proposte da ciascun istituto rientrino nell ambito della citata fascia di esecuzione e, in caso affermativo, senz altro approvarle. In caso contrario, le Prefetture dovranno svolgere un adeguata attività di accertamento, finalizzata a verificare se l impresa interessata possa operare lecitamente. Ove tale ultima condizione non possa essere dimostrata in maniera inequivocabile, le tariffe medesime non potranno essere approvate. Pertanto, costituendo l atto di approvazione delle tariffe parte integrante del provvedimento autorizzatorio, la sua mancanza determinerà il diniego della licenza ovvero il suo mancato rinnovo. LA GIURISPRUDENZA L orientamento della giustizia amministrativa non è univoco. A fronte di un orientamento prevalente, che ritiene le tariffe derogabili, vi è un altro orientamento- minoritario - che ritiene invece tali tariffe inderogabili. Vediamo nel dettaglio le sentenze dei giudici amministrativi che sostengono la derogabilità delle tariffe di legalità. Il Consiglio di Stato (sez. V, 03/06/2002, n. 3065) ha ribadito che il Prefetto non ha più il potere di fissare le tariffe minime e inderogabili per il servizio di vigilanza, essendo ora previste le c.d. tariffe di legalità per ciascuna tipologia di servizi, caratterizzate dalla libertà di scelta di ciascun istituto in relazione alle contingenti valutazioni legate alla libera attività imprenditoriale, sia pure nell ambito di una oscillazione percentuale prefissata e concretamente specificata dal Prefetto stesso.

Vi sono infatti due piani che non debbono intersecarsi: quello strettamente inerente alla tutela della sicurezza pubblica, nell ambito del cui perseguimento il Prefetto fissa le tariffe di legalità come parametri di congruità rilevanti in sede di accertamento e verifica nei confronti delle imprese di vigilanza, e quello delle procedure concorrenziali per evidenza pubblica, dove ogni impresa articola la sua offerta sulla base delle regole di mercato. Non avendo natura autorizzativi-prescrittiva, ma solo di parametro di congruità, la tariffa di legalità non può spiegare alcuna incidenza diretta sulla gara: la società di vigilanza potrà partecipare alle gare proponendo la propria migliore offerta in base alle proprie valutazioni imprenditoriali e le Amministrazioni procedenti dovranno aggiudicare il servizio in base a considerazioni di stretta convenienza per gli interessi della PA, restando però inteso che gli istituti di vigilanza prescelti, laddove non rientrino nel range di astratta congruità individuato dalla Prefettura, potranno essere soggetti a particolari controlli da parte di quest ultima e finanche a limitazioni nelle loro possibilità di operare, visto che permane comunque, ai fini della stessa conduzione dell istituto di vigilanza privata, il regime di approvazione delle tariffe e delle relative variazioni di cui all art. 257 RD. 635/1940 (cfr. C. Stato, IV sez. 16/10/2001, n. 5445). La nuova modalità di approvazione della tariffa, superando il sistema fondato sulla previsione di un tariffario minimo inderogabile, ha eliminato la precedente rigidità, giacchè è prevista una banda di oscillazione e la possibilità che, sulla base di apposita istruttoria, vengano approvati i tariffari dei singoli istituti anche al di sotto del livello più basso della suddetta banda. Il nuovo sistema contempla, quindi, una doppia categoria di minimi tariffari, la prima costituita dal livello più basso della fascia di oscillazione individuata in via generale, la seconda approvata dal Prefetto con riguardo al singolo istituto, in misura eventualmente ancora più bassa rispetto a quella individuata dalle tariffe di legalità. Il Collegio ritiene contraddittorio che si ammetta che i singoli istituti di vigilanza possano discostarsi, nella formulazione delle offerte nelle gare per l affidamento del servizio di vigilanza, del tariffario stabilito dal Prefetto stesso, senza che tale divergenza venga approvata da quest ultimo. Se l approvazione delle tariffe condiziona la licenza di pubblica sicurezza al punto tale che il mancato rispetto dei minimi tariffari può comportare conseguenze sanzionatorie a carico degli istituti (tra le quali la revoca della licenza), non è possibile sostenere che la mancata applicazione delle tariffe non abbia conseguenze in sede di offerte nelle gare. L applicazione delle tariffe condiziona, infatti, la stessa attività di vigilanza, il cui esercizio è subordinato al possesso della licenza di pubblica sicurezza di cui è parte costitutiva appunto l approvazione delle tariffe medesime. L atto di approvazione delle tariffe, infatti, in quanto parte integrante del provvedimento autorizzatorio (v. circolare del 06/11/1999), continua ad essere necessario per il legittimo svolgimento del servizio di vigilanza: se ne deve inferiore, allora, che lo stesso incide in modo diretto sul titolo che legittima l espletamento dell attività di vigilanza, non potendo non avere riflessi sull offerta la stesa potrà essere considerata valida solo se sottoposta positivamente al controllo prefettizio, che ne garantisce la serietà in relazione alla corretta gestione del servizio. Non è preclusa la possibilità che i singoli Istituti ottengano, a seguito di apposita istruttoria, l approvazione di tariffe più basse, proposte dagli stessi anche in deroga alla banda di oscillazione, indicata nel provvedimento prefettizio di approvazione della tariffa di legalità (C. di Stato, sez. VI, n. 5253/2002). In un altra sentenza, i Giudici di Palazzo Spada (sentenza C. Stato, sez. V 17/10/2002 n. 5674) sostengono che non vi è una disposizione di legge o di regolamento che attribuisca espressamente al Prefetto il potere di fissare, in via preventiva e con carattere di generalità tariffe minime per i servizi

di vigilanza. Tale potere non è neppure implicito nelle disposizioni che disciplinano la materia, dalla quale, anzi, si desumono principi del tutto opposti. Non può ritenersi, infatti, che i decreti prefettizi di formulazione delle tariffe di legalità abbiano implicitamente reintrodotto, in contrasto con le direttive ministeriali e con i pregressi provvedimenti prefettizi, i minimi tariffari stabiliti in precedenza, assegnando agli stessi nuovamente carattere di obbligatorietà. L art. 135 del R.D. 773/1931, infatti vieta di ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffe: pertanto la tariffa che il Prefetto approva con l atto di autorizzazione stabilisce il prezzo massimo e non quello minimo praticabile da chi esercita l attività di vigilanza o custodia. La Corte dei Conti Sezione centrale di controllo di legittimità con deliberazione n. 12/2002/P, ritiene che le c.d. tariffe di legalità non hanno carattere vincolante nei confronti delle parti contraenti, atteso che nessuna disposizione di legge attribuisce al Prefetto un potere di fissazione, di carattere generale e preventivo, delle tariffe minime che gli istituti di vigilanza privata debbono applicare per la prestazione dei servizi di propria pertinenza. E d altra parte, un limite del genere, qualora fosse previsto per legge, porrebbe seri dubbi di compatibilità con le norme del Tratto CE, che tutelano la liberà di impresa e la libera prestazione dei servizi in ambito comunitario(cf. Corte Giustizia CE, sez. V, n. 35 del 1998; v. pure Corte Giustizia CE, sez. VI, n. 266 del 1998). Il TAR Sicilia (Catania, sez. II 18/01/2005, n. 31) ritiene che il ruolo (e di conseguenze l efficacia vincolante) della tariffa approvata dall Autorità al solo rapporto intercorrente fra l Istituto autorizzato e l amministrazione vigilante; ambito entro il quale esaurisce la funzione di garanzia della qualità ed efficacia del servizio che deve essere riconosciuta al provvedimento di approvazione della tariffa. Diverso è invece l ambito delle procedure ad evidenza pubblica, dove la Commissione di gara è chiamata ad aggiudicare l appalto all impresa che ha presentato l offerta migliore, senza tenere conto dell eventuale divergenza dell offerta con le tariffe approvate dall autorità per ogni singolo istituto. A favore di questa conclusione militano diverse argomentazioni: a) in primo luogo, gli effetti distorsivi sul principio della concorrenza (già segnalati dall Autorità Garante della concorrenza e del mercato), cui andrebbe incontro l applicazione rigorosa e vincolante della tariffa: le imprese non potrebbero, invece, confrontarsi sotto il profilo della economicità del servizio offerto ( e ciò renderebbe del tutto assente la concorrenza soprattutto in quelle ipotesi in cui, ad esempio, il servizio richiede la mera predisposizione di un piantonamento, per il quale la qualità tecnica offerta da ciascun partecipante è sostanzialmente uniforme e non differenziabile; b) le offerte, comunque, perderebbero il carattere della segretezza, in quanto deve essere permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi (art. 135 T.U.L.P.S.); c) la necessità di interpretare sistematicamente la ormai vecchia disciplina del T.U.L.P.S. con i principi di origine comunitaria che permeano in maniera trasversale tutto il nostro ordinamento; d) in ultima analisi, in ogni caso, anche a volerle riconoscere un efficacia esterna, la tariffa sembra esser strutturata dalla legislazione in materia più come limite massimo nei confronti dell utenza che come minimo non ribassabile in sede di offerta. Il TAR LAZIO (Roma, sez. I bis, 20/01/2005, n. 455) sostiene che il divieto di cui all art. 135 del RD. 773/1931 di ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa vale esclusivamente per le agenzie di investigazione, mentre per gli istituti di vigilanza nessuna conseguenza esplicita viene fatta derivare dal praticare prezzi diversi da quelli indicati in tariffa.

Non avendo natura autorizzativa-prescrittiva, ma solo di parametro di congruità, la tariffa di legalità non può dunque dispiegare alcuna incidenza diretta sulla gara. La società di vigilanza potrà, conseguentemente, partecipare alle gare proponendo la migliore offerta in base alle proprie valutazioni imprenditoriali e le Amministrazioni procedenti dovranno aggiudicare il servizio in base a considerazioni di stretta convenienza per gli interessi della P.A., ferma, tuttavia, la possibilità cher gli istituti di vigilanza prescelti, laddove non rientrino nel range di astratta congruità individuato dalla Prefettura, siano sottoposti a particolari controlli da parte di quest ultima ed anche a limitazioni nella loro possibilità di operare, permanendo, comunque, ai fini della stessa conduzione dell istituto di vigilanza privata, il regime di approvazione delle tariffe e delle relative variazioni di cui all art. 257 RD. 365/1940 (cfr. anche C. Stato, sez. IV, 16/10/200, n. 5445). E pertanto illegittima la previsione contenuta nella lettera di invito, che disponga l esclusione alla sola ricorrenza di un ribasso sul prezzo a base d asta che si riveli superiore al limite delle tariffe di legalità. Il TAR VENETO, sez. I, 04/04/2005, n. 1268 afferma che resta salva la facoltà degli Istituti di vigilanza di presentare e di farsi approvare, caso per caso e previa specifica ed adeguata attività istruttoria da parte della pubblica autorità, tariffe anche inferiori al livello minimo ipotizzabile considerando le fasce di oscillazione prestabilite. Più recentemente, il TAR Campania (sez. I, 21/06/2005 n. 8366), pur riconoscendo che la tutela dell ordine pubblico si colloca su di un piano dell ordinamento maggiormente protetto, ha nondimeno evidenziato l esigenza di garantire la piena esplicazione ai diritti di impresa in un quadro sistematico coerente con il nuovo assetto giuridico-economico del settore della vigilanza privata e con le regole del mercato di derivazione comunitaria. In passato, il sistema si era assestato sulla previsione di un potere prefettizio di fissazione preventiva e generale delle tariffe degli istituti, che includeva anche la fissazione di minimi tariffari validi per tutti, nonché di approvazione delle singole tariffe, anch esse con minimi inderogabili. La fonte del potere, tuttavia, non era rinvenibile in puntuali disposizioni normative di rango primario, ma derivava invece dalle direttive impartite ai Prefetti dall autorità ministeriale. Infatti, il Ministero dell Interno, facendo leva sulla generale facoltà attribuita all autorità di pubblica sicurezza dall art. 9 del TULPS di impartire a chiunque ottenga un autorizzazione di polizia prescrizioni anche oltre le condizioni stabilite dalla legge, ebbe ad emanare direttive in modo che il sindacato sui prezzi fosse effettuato attraverso un provvedimento che stabilisse, in via preventiva rispetto all approvazione della tabella dei prezzi di ciascun istituto di vigilanza, l individuazione dei limiti minimi delle tariffe da osservare (cfr. circolare. 559 del 21/11/1991). L intervento ministeriale trovava dichiarato presupposto nell accertata circostanza che una concorrenza particolarmente accesa aveva portato ad un anomalo abbattimento del livello dei prezzi praticati, scesi talora al di sotto degli stessi costi di produzione, con le conseguenti ripercussioni negative sulla qualità dei servizi. La locuzione tariffe di legalità, invalsa nell uso comune, ha contribuito a condurre ai fraintendimenti in discorso: ad una possibile, ma inammissibile reintroduzione di minimi sia pur nell ambito delle fasce. Gli istituti di vigilanza hanno proposto ed avute approvate le tariffe in una prospettiva di mercato comprendente gli utenti privati e quindi ben più ampio di quello rappresentato dai soli soggetti tenuti alle regole dell evidenza pubblica. Mercato, questo, in cui può predominare l elemento fiduciario e rivelarsi risolutivo nell indirizzare i privati a scegliere l uno o l altro istituto (così non costringendoli a ridurre i prezzi su tale versante).

L introduzione delle cd. tariffe di legalità non ha inciso sulla capacità di ogni operatore di assumere servizi a prezzi inferiori a quelli nelle stesse (in via preventiva e nei singoli tariffari) fissati. E ciò perché, nel sistema innanzi ricostruito, il rapporto tra singoli istituti di vigilanza e Prefetture competenti per territorio è delineato come rapporto interno, inidoneo ad incidere sulle scelte dei terzi che intendono avvalersi delle prestazioni degli istituti. Una diversa soluzione finirebbe sostanzialmente con il devolvere all autorità prefettizia l individuazione del soggetto al quale ciascuna gara andrà aggiudicata. Ma ciò non solo non trova sostegno in alcuna disposizione normativa, ma sarebbe anche in palese contrasto con la natura e con il contenuto delle funzioni di controllo demandate dall autorità prefettizia, che non possono certamente spingersi fino ad impedire il dispiegarsi della libera concorrenza, tutelata peraltro dal sovrastante ordinamento comunitario. Vi è però, come detto, un secondo orientamento minoritario - che ritiene le tariffe prefettizie vincolanti. Il TAR PUGLIA, Lecce, n. 2150/2002 sostiene che appare del tutto artificioso escludere che l attività dell istituto di vigilanza, laddove esso partecipi ad una gara pubblica, sia svincolata dal contenuto dell atto autorizzativo. Il TAR PIEMONTE, sez. II, 819/2003 afferma che in sede di gara, l istituto di vigilanza non può offrire un prezzo per il servizio inferiore alla relativa tariffa approvata dal Prefetto. Non può essere pretermessa da parte delle Amministrazioni appaltanti l osservanza delle c.d. tariffe di legalità stabilite dal Prefetto per i servizi di custodia e vigilanza. Ne consegue che le Amministrazioni pubbliche non possono esimersi dall esigere il rispetto delle tariffe minime di legalità stabilite dal Prefetto all atto del rilascio della relativa licenza. Né d altro canto può ritenersi che tale prescrizione contrasti con il principio della libertà di iniziativa economica privata sancita dall art. 41 della Costituzione ovvero con la normativa comunitaria in materia di libertà della concorrenza, segnatamente l art. 81 del Trattato. D altro canto, la stessa tariffa di legalità prevede la possibilità di oscillazione in aumento o diminuzione del prezzo ivi stabilito, ammettendo così,sia pure entro limiti assai contenuti, la possibilità di espressione del principio concorrenziale. Da ultimo, il TAR Marche, 20/05/2005 n. 607 sostiene la legittimità delle prescrizioni del bando di gara che sanzionano con l esclusione la presentazione di offerte che contemplano costi orari al di fuori del range previsto per le tariffe di legalità (contra, Tar Lazio cit.) ( da www.altalex.it )