CONSUMI ENERGETICI NEGLI ALLEVAMENTI



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Transcript:

CONSUMI ENERGETICI NEGLI ALLEVAMENTI Nel comparto agricolo, come negli altri settori produttivi, il tema dell'energia, dei suoi consumi e delle relative fonti di approvvigionamento sta assumendo, con il passare degli anni, un importanza sempre maggiore. Il progresso tecnologico, infatti, permettendo la sostituzione di quote elevate di forza lavoro con forza motrice, ha comportato il crescente impiego di fonti energetiche diverse. In particolare, il comparto zootecnico è andato soggetto, soprattutto nelle regioni a più spiccata vocazione settoriale, quali quelle della pianura padana, ad un processo di intensa ristrutturazione produttiva e tecnologica. Sul piano produttivo si è assistito alla crescente concentrazione degli allevamenti in aziende di dimensioni sempre più elevate; sul piano tecnologico tale processo è stato accelerato dalla disponibilità di impianti e attrezzature diretti a conseguire un riassetto ergonomico degli allevamenti, con conseguente riduzione di manodopera e sua progressiva sostituzione con impianti richiedenti un più elevato consumo energetico. Così, per quanto il costo energetico rappresenti tuttora una frazione non elevata sul totale dei costi di produzione, si prevede che negli anni futuri esso assumerà un importanza crescente di pari passo con il progressivo e crescente trasferimento di tecnologia nel settore della produzione zootecnica. Da qui l'interesse teorico e pratico per una problematica destinata ad assumere una collocazione strategica negli sviluppi del comparto, soprattutto alla luce della necessità di operare sul versante della riduzione dei costi di produzione per affermare, specialmente sul piano economico, la concorrenzialità del prodotto nazionale rispetto all'offerta proveniente dai sistemi zootecnici "forti" del mercato comunitario. Peraltro, la quantificazione dei fabbisogni energetici diretti del comparto zootecnico nazionale, o di suoi sottoinsiemi territoriali, è impresa alquanto complessa. Infatti, il sistema produttivo italiano risulta tutt'altro che omogeneo quanto a struttura di base e a orientamenti produttivi. Inoltre, le tecnologie applicate al processo produttivo, dalle quali dipende in larga misura l'entità del consumo energetico, variano in modo consistente a seconda delle caratteristiche strutturali e produttive degli allevamenti. Peraltro, proprio queste ultime caratteristiche, che rappresentano le variabili più idonee a spiegare le diverse esigenze energetiche degli allevamenti, sono note solo parzialmente. La bibliografia nazionale e internazionale relativa ai consumi energetici negli allevamenti non è molto nutrita, anche se negli ultimi anni hanno visto la luce alcuni interessanti studi. Di seguito vengono riassunte le più interessanti indicazioni di consumo energetico negli allevamenti desumibili dalla bibliografia. Il quadro proposto evidenzia una notevole eterogeneità non tanto e non solo dei valori assoluti di consumo, quanto piuttosto dei parametri utilizzati per esprimere tali dati. Comparto suino La bibliografia nazionale ed internazionale sui consumi energetici degli allevamenti suinicoli offre degli ancoraggi poco standardizzati. Fra l'altro, le indicazioni di consumo energetico non sempre sono supportate da precise descrizioni delle dotazioni tecnologiche e del tipo di management degli allevamenti esaminati. Tuttavia, sui "grandi numeri" la variabilità di casistiche parziali finisce per compensare le differenze e per rendere più attendibili anche valori medi caratterizzati da elevata dispersione, com'è appunto nella prassi delle osservazioni empiriche dirette o indirette. Ferrari e Rossi (1996) illustrano gli esiti di un'indagine sui consumi energetici degli allevamenti suinicoli condotta dal CRPA nell ambito dello Studio-progetto sul risparmio energetico ed il ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 1

risanamento ambientale connessi con l impiego di digestori anaerobici negli allevamenti suinicoli dell Emilia-Romagna 1. Nelle aziende che allevano suini vengono impiegate sia l energia elettrica che l energia termica; quest ultima deve essere intesa come energia derivante dalla combustione, in azienda, di materiali diversi (combustibili). L energia elettrica fornita alle aziende suinicole può essere a media tensione (indicativamente da 5.000 a 20.000 V), nel qual caso si rende necessaria la cabina di trasformazione aziendale, o a bassa tensione, cioè alla tensione d impiego (220 V per corrente monofase e 380 V per corrente trifase). Fra i più diffusi combustibili utilizzati negli allevamenti suinicoli si ricordano: il gasolio (o nafta), ottenuto per distillazione del petrolio greggio e utilizzato come carburante per motori diesel e come combustibile per il riscaldamento. Il suo potere calorifico inferiore (pci) è pari a 10.200 kcal/kg (11,86 kwh/kg); l olio combustibile, distillato petrolifero pesante o residuo di raffineria, usato per la produzione di calore e di energia meccanica (motori endotermici); ha un pci di 9.800 kcal/kg (11,40 kwh/kg); il gas di petrolio liquefatto (Gpl) e il metano, combustibili gassosi con pci pari rispettivamente a 11.000 kcal/kg (12,79 kwh/kg) e a circa 8.250 kcal/m 3 (9,59 kwh/m 3 ). L'indagine ha interessato 14 aziende suinicole di dimensioni medio-grandi dislocate nelle regioni Emilia-Romagna e Lombardia, ovvero nell area italiana a maggior vocazione per questa attività zootecnica. Cinque aziende sono a ciclo chiuso e nove a ciclo aperto, di cui cinque da riproduzione e quattro da ingrasso. Gli allevamenti a ciclo chiuso allevano da un minimo di 120 a un massimo di 900 scrofe, con un peso vivo allevato variabile dalle 100 alle 1.100 t. Sia gli allevamenti a ciclo chiuso che quelli da ingrasso producono un suino pesante da salumificio del peso di 155-165 kg, ad esclusione di quello a ciclo chiuso di più modeste dimensioni che produce suini leggeri del peso di 110 kg. Negli allevamenti da ingrasso, tutti annessi a caseifici dediti alla produzione di formaggio grana, viene ospitato un peso vivo variabile dalle 200 alle 270 t e il numero medio di suini ingrassati nell arco dell anno varia da un minimo di 3.200 ad un massimo di 4.800. Gli allevamenti da riproduzione vendono suinetti di peso variabile fra i 30 e i 40 kg, allevano da un minimo di 300 ad un massimo di 1.800 scrofe e il peso vivo presente varia da 180 a 560 t; di fatto, alcuni allevamenti da riproduzione ingrassano una quota dei suinetti prodotti. Per quanto riguarda i consumi energetici, gli allevamenti da riproduzione evidenziano un consumo elettrico medio di 232 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente, benché la deviazione standard sia piuttosto elevata (140 Wh/d 100 kg pv). Il consumo elettrico medio giornaliero riferito alla scrofa presente varia da un minimo di 425 ad un massimo di 2.358 Wh, per una media pari a 1.036 Wh. Per i consumi termici si registra una media di 1.138 Wh/d per 100 kg pv, equivalente a 2.231 Wh/d per scrofa. Il consumo energetico totale ammonta a 1.400 Wh/d per 100 kg pv, ovvero a 3.389 Wh/d per scrofa presente. Gli allevamenti da ingrasso presentano consumi medi piuttosto limitati in confronto alle altre tipologie d allevamento. In particolare, si registra un consumo medio complessivo di energia elettrica pari a 96 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente. L'energia termica viene utilizzata da un solo allevamento del campione, per il riscaldamento della broda, con un consumo di circa 700 Wh/d per 100 kg pv. Circa gli allevamenti a ciclo chiuso si evidenzia una media generale nei consumi elettrici di 211 Wh/d per 100 kg pv (ovvero di 2.333 Wh/d scrofa). La variabilità dei consumi medi degli allevamenti ha motivazioni soprattutto legate alla presenza di mangimifici aziendali o di complessi impianti di depurazione dei liquami. La media dei consumi di energia termica è pari a 437 Wh/d per 1 Attività promossa e finanziata dalla Direzione Studi e Ricerche di Enel. ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 2

100 kg pv (4.476 Wh/d scrofa). Il consumo energetico medio risulta pari a 717 Wh/d per 100 kg pv (7.628 Wh/d scrofa). Antonello e Rossi (1992), nell ambito di un indagine finalizzata alla stima dei fabbisogni energetici diretti della suinicoltura nazionale, riportano i risultati desunti da 246 allevamenti, il 60% dei quali appartenente alle aree forti della suinicoltura italiana (Lombardia ed Emilia-Romagna). Dai dati relativi all'indagine sulla dotazione impiantistica del campione censito, risulta che, mentre gli allevamenti a ciclo chiuso e da riproduzione sembrano più interessati a tecnologie dirette a migliorare le condizioni ambientali dei ricoveri (riscaldamento e ventilazione), l'ingrasso sembra rivolgersi soprattutto a tecnologie di tipo scalare, dirette al contenimento dei fabbisogni di manodopera. Quanto all'influenza della dimensione produttiva degli allevamenti sul livello di dotazione tecnologica, si è osservato che al crescere del numero di suini allevati aumentano, di norma, le probabilità che nelle aziende siano presenti impianti specifici. Relativamente al tipo di fonti energetiche utilizzate, la ricerca ha evidenziato alcuni aspetti particolarmente interessanti. Innanzitutto, oltre la metà delle aziende suinicole utilizza due tipi diversi di fonte energetica; tale dato è da imputarsi alle aziende a ciclo chiuso e a quella da riproduzione che per oltre il 56% fanno uso di due fonti energetiche differenti. Più della metà degli allevamenti da ingrasso, invece, utilizza una sola fonte energetica e questo fatto è sicuramente da collegarsi con la scarsa diffusione, in questo tipo di azienda suinicola, degli impianti per il riscaldamento artificiale. Inoltre, esiste una correlazione assai evidente tra differenziazione delle fonti energetiche e dimensione dell'allevamento; chi impiega una sola fonte, di norma, ha un allevamento con meno di 1.000 capi, mentre chi ricorre addirittura a quattro fonti alleva un numero di suini superiore a 5.000. La fonte energetica numericamente più diffusa è risultata l'energia elettrica, presente nel 97% dei casi esaminati; molto diffuso è anche il gasolio (61%). Le altre fonti energetiche riscontrate sono, in ordine di diffusione, il gas liquido (GPL), l'olio combustibile e il metano. Passando alle entità dei consumi energetici riscontrate negli allevamenti oggetto d'indagine, si deve precisare che queste sono state parametrate a tre differenti indici: i capi presenti, il peso vivo presente e il peso vivo prodotto in un anno. Relativamente al primo indice, risulta che negli allevamenti osservati il consumo medio è pari a 319 Wh/d per capo presente, di cui circa 100 Wh di energia elettrica e i rimanenti di energia termica. I valori massimi si sono rilevati negli allevamenti da riproduzione, mentre quelli più bassi negli allevamenti da ingrasso. I fabbisogni energetici sono correlati anche alla dimensione produttiva aziendale in quanto, a fronte di un consumo unitario di poco superiore ai 236 Wh/d in allevamenti con meno di 500 capi, si arriva a 443 Wh/d in allevamenti con oltre 3.000 suini. Ciò deriva dal fatto che all'aumentare della dimensione produttiva aumenta il livello di dotazione tecnologica degli allevamenti. Per quanto riguarda il secondo indice, si rileva un consumo medio globale di 493 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente. Pure interessante risulta il consumo parametrato all'unità di peso vivo prodotto: mentre per il complesso degli allevamenti risultano necessari 974 Wh di energia diretta per produrre 1 kg di peso vivo, gli allevamenti da riproduzione ne richiedono più di 1.400 e quelli all'ingrasso solo 361. La diversificazione delle fonti energetiche pone il gasolio al primo posto, con circa 142 Wh/d per capo presente, corrispondenti al 45% del fabbisogno energetico medio complessivo degli allevamenti. A livello di tipologia di allevamento la più evidente differenza riguarda l'ingrasso, dove il gasolio apporta soltanto il 20% del fabbisogno energetico complessivo. L'energia elettrica occupa il secondo gradino in ordine di importanza e mantiene questa posizione in tutti e tre i tipi d'allevamento, coprendo una quota del 30-35% del consumo globale. Olio combustibile e gas ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 3

liquido concorrono singolarmente al fabbisogno energetico delle aziende suinicole controllate per il 10% circa del consumo complessivo; ma l'olio combustibile è anche la fonte energetica più importante per gli allevamenti all'ingrasso, dove soddisfa al 44% del consumo totale. Bozza e Lazzari (1985) offrono un'indicazione di consumo elettrico direttamente rilevata in un allevamento all ingrasso da circa 1.500 capi, dotato di impianto automatico per l'alimentazione liquida e di raschiatori sotto grigliato; la media per capo presente e per giorno è di 55 Wh, comprensiva anche del consumo del mangimificio aziendale. Tali consumi soddisfano i fabbisogni energetici globali dell'allevamento. Pellizzi e Lazzari (1987) stimano un consumo energetico complessivo per l'allevamento suinicolo da ingrasso variabile dai 40 ai 400 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente, in dipendenza dalle tecniche di allevamento adottate. Gli stessi Autori riportano anche consumi scorporati per le diverse utenze dell'allevamento da ingrasso: da 30 a 85 Wh/d per capo per la ventilazione artificiale; da 200 a 300 Wh/d per capo per la preparazione e la distribuzione dell'alimento liquido; fino a 1.100 Wh/d per capo, limitatamente ai 3-4 mesi più freddi, per il riscaldamento artificiale. Carillon (1986), riferendosi ad un allevamento all'ingrasso per la produzione di un suino di 100 kg, indica un consumo elettrico, attribuibile alla ventilazione artificiale, variabile da 18 a 25 kwh/posto ingrasso per anno; il consumo di energia termica per il riscaldamento artificiale viene invece stimato in 30-170 kwh/posto ingrasso per anno. Chiumenti et al. (1988) hanno rilevato i consumi elettrici in una porcilaia da ingrasso da 640 posti con pavimentazione fessurata e impianto di ventilazione dinamica in depressione (3.500 W di potenza impegnata). I consumi energetici medi riferiti al periodo estivo sono risultati pari a 80 Wh/d per suino stabulato, con punte massime di 95 Wh durante i periodi più critici; il consumo energetico medio annuale è stato calcolato in 15,4 kwh per suino stabulato. In una porcilaia da ingrasso comprendente due settori dotati di differente sistema di ventilazione dinamica, Navarotto et al. (1991) hanno rilevato i consumi elettrici imputabili al funzionamento dei ventilatori, per due successivi cicli d'ingrasso da 40 a 150 kg di peso vivo medio unitario. Nel primo settore, dotato di tre ventilatori estrattori con 2.200 W di potenza impegnata totale, si è registrato un consumo medio di 337 Wh/d per capo; nel secondo settore, dotato d'impianto a 4 ventilatori estrattori con 2.050 W di potenza impegnata complessiva, si è rilevato un consumo medio decisamente minore, pari a 171 Wh/d per capo. Rilevazioni effettuate presso un allevamento da riproduzione da 5.330 capi (Bozza e Lazzari, 1985) hanno evidenziato un consumo di energia elettrica pari a circa 250 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente; tale consumo è da imputarsi fondamentalmente all'impianto di preparazione e distribuzione dell'alimento e, solo parzialmente, al riscaldamento artificiale dei nidi. Il consumo di gasolio per il riscaldamento artificiale degli ambienti varia da 170 a 550 Wh/d per 100 kg di peso vivo presente; i consumi termici sono soprattutto concentrati nel periodo invernale e sono attribuibili al riscaldamento degli ambienti e al riscaldamento del pastone prima della sua distribuzione agli animali. Riva e Boria (1986) hanno condotto una ricerca sui consumi di energia elettrica in 2 allevamenti suinicoli a ciclo chiuso. Il monitoraggio dei consumi ha permesso di evidenziare fabbisogni di 223 315 kwh per tonnellata di peso vivo venduto. In altri termini, i consumi sono variati da 51 a 69 kwh/mese per tonnellata di peso vivo presente. Secondo una indagine svolta in Francia nel 2006 (Marcon, 2010), il consumo totale di energia in porcilaie a ciclo chiuso equivale a 983 kwh/scrofa per anno, con esclusione dei consumi per gli impianti di trattamento liquami e di produzione di alimenti. Si ricorda che un confronto con la realtà padana deve tenere conto sia del fatto che i suini da ingrasso in Francia sono prevalentemente del tipo leggero, sia delle differenti condizioni climatiche, soprattutto estive. Si è registrato un significativo campo di variazione fra gli allevamenti (deviazione standard di 328 kwh). La voce ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 4

consumi energetici costituisce approssimativamente il 2% del costo di produzione, valore modesto, che risulta però cresciuto del 12% negli ultimi 5 anni. In media si tratta di 48 kwh per suino prodotto, corrispondente a 0,42 kwh per kg di peso vivo. L elettricità incide per il 76% del totale (749 kwh). La seconda fonte di energia è il gasolio, che incide per il 21% (209 kwh). Il gas rappresenta solo un 3% del totale. Riguardo al solo settore riproduzione, il consumo medio vale 403 kwh/scrofa per anno, ossia 19 kwh per suinetto svezzato, con un elevato grado di variabilità dovuto principalmente ai metodi di distribuzione dell alimento (manuale o meccanico). L elettricità costituisce il 70% e il gasolio il 30% del totale. Riguardo invece al solo settore post-svezzamento e ingrasso, il consumo medio risulta di 252 kwh per suino prodotto, vale a dire 0,22 kwh per kg di carne. L elettricità è ancora la fonte primaria di energia costituendo l'86% del totale, ed il gasolio il 14%. In generale, circa il 50% dell energia è impiegata per riscaldare le unità parto e post-svezzamento. Una stima fatta per singole voci ha evidenziato che il riscaldamento e la ventilazione sono quelle di maggiore rilevanza, costituendo rispettivamente il 46% e il 39%, a fronte di un 7% per la voce illuminazione e un 4% per la voce distribuzione dell alimento (altre voci non sono significative). Il settore post-svezzamento è quello più energivoro, incidendo per il 36% del totale, seguito dai settori ingrasso (27%), parto (22%) e altri (15%). Nella maternità e nel post- svezzamento il consumo di energia è risultato di 319 kwh per scrofa, di cui il solo riscaldamento costituisce l'80%, con la ventilazione al 15%, l illuminazione al 6% e l alimentazione all'1%. Nell unità ingrasso il consumo di energia è pari a 237 kwh/scrofa. La ventilazione è di gran lunga la voce principale (90%), mentre il rimanente 10% è suddiviso fra alimentazione (6%) e illuminazione (4%). La dimensione dell unità influisce sul consumo di energia. Più è grande, più i consumi crescono, risultato in parte spiegabile con l aumento dell automazione e della dotazione impiantistica. Anche l età degli edifici e il grado di isolamento hanno un effetto importante, in particolare nel settore post-svezzamento. Ad esempio, negli edifici costruiti anteriormente al 1992 il consumo medio si attestava a 1.095 kwh per scrofa, contro gli 890 di quelli più recenti. Parimenti gli edifici ritenuti dagli allevatori dotati di un livello di isolamento buono o molto buono hanno rivelato un consumo medio di 953 kwh per scrofa, contro i 1.171 degli edifici ritenuti con un livello medio o scarso. Comparto bovino Per quanto riguarda gli allevamenti bovini da latte, risulta particolarmente interessante una recente indagine dell'institut de l'elevage (2009) su 60 allevamenti bovini da latte francesi; in tale indagine sono stati rilevati i consumi di energia elettrica e termica per il funzionamento degli edifici d'allevamento e per l'esecuzione dei lavori di stalla. Per quanto riguarda l'energia elettrica, le principali utenze sono: il serbatoio di raccolta e refrigerazione del latte; il riscaldamento dell'acqua sanitaria per le operazioni di lavaggio; l'illuminazione del blocco mungitura, delle aree di stabulazione e delle aree esterne; le attrezzature per la pulizia e il lavaggio; le pompe dell'impianto di mungitura. Secondo l'indagine francese il corpo mungitura 2 si pone al primo posto in fatto di consumi elettrici, 2 Insieme di strutture e impianti che afferiscono all'attività di mungitura degli animali e di conservazione temporanea del latte. ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 5

con un valore medio di 420 kwh/vacca in produzione, pari a 61 Wh per litro di latte. La variabilità è piuttosto elevata, come è normale per un campione numeroso, andando da un minimo di 160 a un massimo di 920 kwh/vacca. Le utenze del blocco mungitura che comportano i più alti consumi sono la refrigerazione del latte (43%), il riscaldamento dell'acqua (27%) e la pompa del vuoto (15%); tutte le altre voci ricoprono un ruolo del tutto secondario. Un'interessante questione che scaturisce dall'analisi dei dati raccolti è quella relativa alla tipologia di impianto di mungitura: le aziende con robot di mungitura evidenziano un consumo imputabile alla pompa del vuoto circa doppio rispetto alle sale di mungitura tradizionali, per il fatto che la pompa ha molte più ore/giorno di funzionamento (valore medio di 780 contro 390 440 kwh/vacca anno). Altro aspetto che i ricercatori francesi hanno messo in evidenza è l'importanza di una corretta ventilazione della sala latte, per limitare i consumi elettrici del serbatoio di refrigerazione; in una sala non ventilata la temperatura interna può aumentare anche di 10 C rispetto ad una sala con adeguata ventilazione posta nella stessa zona climatica. Da questo punto di vista ha grande importanza la collocazione del gruppo frigorifero, che dovrebbe essere adiacente a una griglia di uscita dell'aria. Anche il pre-raffreddamento del latte con scambiatori a piastre ha la sua rilevanza nel ridurre il fabbisogno energetico del serbatoio di raccolta. Bisogna però considerare che questi ultimi aspetti illustrati hanno grande rilevanza per gli allevamenti che producono latte alimentare, dove la temperatura di refrigerazione è intorno ai 4 6 C e dove si verifica il rimescolamento delle munte (fino a 4 6), mentre l'importanza è molto minore nel caso di latte destinato alla produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano, dove il latte viene raffreddato a non meno di 18 C e non c'è rimescolamento delle munte. Le altre utenze della stalla, rappresentate dagli impianti elettrici per la movimentazione degli effluenti e in alcune aziende da macchine ad azionamento elettrico per la distribuzione dell'alimento, hanno una rilevanza decisamente minore rispetto al blocco mungitura: in media 34 kwh/vacca per anno per la gestione delle deiezioni e 18 kwh/vacca per anno per l'alimentazione. Il consumo di carburante delle aziende francesi è imputabile al funzionamento delle trattrici agricole per le seguenti attività di stalla: alimentazione (preparazione e distribuzione); distribuzione della lettiera; asportazione degli effluenti (liquame e letame) e loro movimentazione. L'alimentazione è la voce più rilevante in termini di consumo di gasolio: in media 45 l/vacca anno, con punte massime di 110 l/vacca anno. Solo in aziende con pascolo questo consumo risulta particolarmente ridotto (2 l/vacca anno). I sistemi di alimentazione che prevedono la distribuzione di foraggio verde sono meno esigenti in gasolio rispetto ai sistemi di alimentazione che prevedono una maggiore percentuale di mais nella razione (unifeed). In media la quota di consumo per l'alimentazione è pari al 54% del consumo totale di gasolio per le operazioni di stalla. La seconda operazione in ordine di importanza è la distribuzione della paglia, che incide per il 19% del totale. Per quanto riguarda la gestione degli effluenti, i sistemi a solo liquame risultano meno esigenti (37 l/vacca anno) rispetto a quelli misti e a quelli con solo letame (54 l/vacca anno). In generale, bisogna considerare che sul livello di consumo di carburante può influire non poco il parco macchine dell'azienda; è infatti evidente che se la dotazione di trattrici è limitata, potrà facilmente accadere che una trattrice troppo potente debba essere usata per operazioni non molto pesanti, con effetti negativi sul livello dei consumi totali e soprattutto sul costo di esercizio delle macchine stesse (ammortamento, manutenzione, ecc.). ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 6

Siccome il consumo di energia termica è legato al tempo d'impiego della trattrice, è evidente che la viabilità interna dell'azienda ha una grande rilevanza; infatti, i tempi morti, cioè i tempi necessari per gli spostamenti del mezzo, possono incidere pesantemente sul consumo totale di gasolio, con aumenti anche del 20 40% rispetto al consumo rilevato in aziende ben organizzate. La valutazione del consumo energetico totale è stata fatta dai ricercatori francesi trasformando la quantità di gasolio consumato in energia, sulla base del PCI 3 di 9,85 kwh/l. Il campione di aziende, in media, ha un consumo energetico totale annuo di 884 kwh/vacca (pari a 128 Wh/l di latte), di cui il 50% imputabile al blocco mungitura (consumo elettrico) e l'altro 50% alle rimanenti operazioni di stalla (prevalente consumo termico). Fra le singole voci di consumo, al primo posto l'alimentazione (29% del totale), seguita dalla refrigerazione del latte (21%) e dalle operazioni di distribuzione della paglia e di evacuazione degli effluenti (15%). Infine, viene fornita una valutazione del costo medio annuo che le aziende devono sostenere per questi livelli di consumo energetico, con riferimento a prezzi 2007: 57 /vacca, di cui il 62% per l'energia elettrica e il rimanente per il gasolio. Un interessante lavoro svolto in Danimarca (Rasmussen e Pedersen, 2004) sui consumi idrici ed elettrici connessi alla mungitura dei bovini con sistemi AMS (robot di mungitura) ha messo in evidenza come le utenze più energivore siano la pompa del vuoto, il compressore del serbatoio di refrigerazione, il boiler elettrico per la produzione di acqua calda e il sistema di lavaggio automatico dell'impianto di mungitura. Per la pompa del vuoto gli autori hanno messo in evidenza il vantaggio della tecnologia a inverter, che consente un risparmio di 20 kwh/d rispetto ad una pompa tradizionale (senza controllo di frequenza); il tempo necessario per ripagare questo investimento è stimato in 4,8 anni. I consumi elettrici dei sistemi AMS, riferiti alla singola unità di mungitura, variano da minimi di 30 40 kwh/d a massimi di 120 130 kwh/d; i valori più bassi sono spesso associati ad impianti con pompe del vuoto a inverter e con motori di nuova generazione ad elevata efficienza. Kraatz e Berg (2007) hanno analizzato la letteratura relativa ai consumi energetici diretti e indiretti del comparto bovino da latte, con particolare riguardo alla zona di mungitura. Nel nostro caso interessa solo l'energia diretta, cioè quella effettivamente consumata per le diverse operazioni connesse alla mungitura degli animali e all'allevamento. Gli autori riportano i risultati di un'indagine condotta da Jäkel (2003) su 41 allevamenti della Germania dell'est; con riferimento a diverse tipologie di sale di mungitura e a differenti classi di capienza dell'allevamento, si riportano consumi elettrici annui variabili da 166 a 269 kwh/vacca, imputabili all'impianto di mungitura nel suo complesso. Con riferimento alla produzione di latte, i consumi variano da un minimo di 2,58 a un massimo di 4,14 kwh/100 kg di latte. Jäkel riporta anche il consumo totale medio di energia elettrica degli allevamenti esaminati, che risulta pari a 9 kwh/100 kg di latte, e ne indica la suddivisione per le diverse attività: 68% per la sala di mungitura, 14% per l'alimentazione, 8% per illuminazione e controllo ambientale, 6% per la rimozione degli effluenti e 4% per altre attività. Secondo Peebles et al. (1994) il consumo di energia elettrica per la refrigerazione del latte può essere stimato nel 10 18% del consumo energetico totale di un'azienda con bovini da latte; l'entità del consumo varia da 1,76 a 2,42 kwh/100 kg di latte. Secondo lo stesso autore il consumo di energia elettrica imputabile a tank del latte, riscaldamento dell'acqua e pompa del vuoto è pari al 36 55% dell'energia elettrica totale consumata in azienda, mentre lo stesso dato vale il 58 69% per Jäkel (2003). Per quanto riguarda il consumo energetico per il riscaldamento dell'acqua tecnologica e per la pulizia, Clausen (2000) riporta i dati rilevati in 4 allevamenti, differenti per capienza (da 60 a 400 3 PCI = potere calorifico inferiore ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 7

vacche) e per produzione di latte (da 6.250 a 7.000 kg/vacca anno): si va da un minimo di 287 ad un massimo di 350 kwh/vacca anno. Kraatz e Berg hanno anche raccolto i dati di consumo energetico in due allevamenti commerciali tedeschi di bovini da latte, evidenziano un consumo medio di 5,2 kwh/100 kg di latte, da intendersi come consumo totale di energia elettrica per le diverse attività d'allevamento; tale valore risulta decisamente più basso rispetto a quello trovato da Jäkel. Zappavigna (2010), in un recente lavoro pubblicato in Italia, riporta i risultati di una stima effettuata presso un allevamento da latte lombardo con 195 vacche in mungitura; il consumo energetico globale (energia elettrica ed energia termica) di tutte le operazioni attinenti all'allevamento ammonta a 1.065 kwh/vacca per anno, pari a 83,7 Wh/l di latte, dei quali 25,4 imputabili alle operazioni di mungitura. Lo stesso autore riporta un'indagine condotta da Guercini (2010), riguardante un allevamento con 390 vacche da latte in produzione: è stato rilevato un consumo di energia elettrica per le sole operazioni di mungitura (3 mungitura per giorno) di 57 Wh/kg di latte. I consumi totali annui dell'allevamento sono pari a 1.740 kwh/vacca, così suddivisi: 90 Wh/kg di latte per l'energia elettrica e 79 Wh/kg per l'energia termica. Comparto avicolo Un indagine condotta in Francia 4 dalla Chambre régionale d agriculture des Pays de la Loire (2010) ha stimato che i consumi di energia nella filiera avicola da carne incidono per circa il 3,7% dei costi di produzione e sono così ripartiti: 80% gas propano, 13% elettricità, 7% altro carburante. Per i polli da carne il consumo vale 108 kwh/m 2 per anno, ossia 0,52 kwh/kg di peso vivo. Nel caso di galline ovaiole in gabbia il consumo medio (in pratica esclusivamente elettrico) risulta pari a 3,15 kwh/posto, ossia 0,27 kwh/kg di uova (compreso il settore pollastre). Nel settore carne i consumi di gas variano innanzitutto con il ciclo produttivo: sono importanti all inizio e vanno poi calando, ma variano anche in funzione di fattori legati all edificio (tipo, isolamento, tenuta), alle attrezzature (radiatori, aerotermi, regolatori) e alle pratiche di gestione (impostazione di riscaldamento e ventilazione). Nell indagine citata i consumi di gas propano sono stati stimati in: 0,38 kg/kg peso vivo nel caso di broilers di tipo export riscaldati con aerotermi; 0,41 kg/kg peso vivo nel caso di broiler di tipo certificato (0,7 0,8 kg/m 2 di edificio). Risparmi significativi (20%) sono stati ottenuti attraverso la rettifica dell impostazione dei radiatori, la taratura dei sensori di temperatura e umidità e la revisione delle pratiche dell allevatore. I consumi elettrici sono stati stimati attorno a 0,055 kwh/kg peso vivo nel caso di broiler sia di tipo export che certificato (il secondo leggermente inferiore). La stessa indagine fornisce anche una distinta dei consumi medi per ciascun tipo di indirizzo produttivo e gestione della climatizzazione, dati con i quali è possibile, a mezzo di una scheda, effettuare un confronto dei parametri aziendali e verificare se essi stanno al di sotto o al di sopra dei valori di riferimento. Riva e Boria (1986) hanno condotto una ricerca sui consumi di energia elettrica in 2 allevamenti avicoli. Il monitoraggio dei consumi ha permesso di evidenziare fabbisogni di circa 100 kwh per tonnellata di uova e di circa 35 kwh per tonnellata di carne di pollo. In altri termini, i consumi elettrici sono variati da 39 a 126 kwh/mese per 1.000 capi. 4 Chambre régionale d agriculture des Pays de la Loire (2010). ReSole-anno1-Capitolo2.pdf 8