Rete Progetti Diritti Milano Riflessioni sul corretto inserimento scolastico degli studenti stranieri che non parlano ancora l italiano. Il tema del diritto all istruzione dei cittadini stranieri è stato affrontato diverse volte nell ambito delle attività della nostra Rete perché questione decisiva ai fini dell integrazione e dell interazione fra le culture. La scuola è infatti una delle istituzioni più importanti di formazione e di socializzazione, un luogo nel quale si sperimentano per la prima volta l incontro e la conoscenza con altri modi di vita. Per questo essa rappresenta, insieme al mondo del lavoro, una delle più importanti cartine di tornasole per rivelare la situazione effettiva di una nazione, di una regione o di un territorio, sotto il profilo della sua capacità di accogliere, integrare, o al contrario di escludere e discriminare. Da quanto emerge dal dossier statistico 2013 sull immigrazione, dal titolo Dalle discriminazioni ai diritti, curato dall UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), vi sono diversi studi, anche a livello europeo, da cui risulta che i minori stranieri sono più esposti che gli autoctoni al rischio di subire trattamenti differenziali: da condizioni socio economiche svantaggiate che dai genitori si trasmettono ai figli (anche quando questi sono nati nel paese d immigrazione), al raggiungimento di livelli di istruzione e di risultati scolastici inferiori per motivi socio economici più che culturali; dal frequentare più spesso scuole con minori risorse, alla più alta possibilità di abbandonare precocemente gli studi (secondo l Ocse, nel 2010 in Europa il tasso di abbandono precoce dell istruzione è stato del 25,9% tra gli alunni stranieri e del 13% tra gli autoctoni e i casi più gravi si sono registrati in Italia, Cipro e Grecia). La presenza nella nostra Rete di una Associazione come Mamme a scuola, caratterizzata anche dalla attività di qualificate mediatrici culturali, stimola 1
costantemente la nostra riflessione su questa materia, nell ottica costruttiva di affrontare, approfondire e superare le maggiori criticità. Un problema spinoso salito recentemente agli onori della cronaca, e suscitato in particolare dalla vicenda dell istituto scolastico bolognese Besta, ci interroga sul fenomeno delle cosiddette classi ponte, ossia quelle classi composte da soli studenti stranieri, e più in generale su come dovrebbe essere organizzato il corretto inserimento scolastico degli studenti stranieri, con particolare riferimento a coloro che, almeno in partenza, non hanno un adeguata conoscenza della lingua italiana. La domanda di partenza dunque è la seguente: le classi ponte, create da alcuni istituti, nella migliore delle ipotesi, per gestire l inserimento scolastico delle ragazze e dei ragazzi immigrati che non parlano italiano, ancorché realizzate in via sperimentale, ed in una situazione di crescente complessità dovuta ai tagli alle risorse alla scuola pubblica, sono compatibili col principio di non discriminazione e di pari opportunità? Alla luce della normativa vigente occorre subito chiarire che le classi ponte non sono consentite, nel senso che non sono nemmeno consentite le classi composte in misura predominante da studenti stranieri. L'art. 45 del DPR 394/99 stabilisce infatti che l'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani e che il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi, specificando che la ripartizione e' effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri. Il principio è ribadito da una direttiva del Ministero dell Istruzione del 2007, secondo la quale tale scelta è ispirata al più generale principio dell Universalismo e al riconoscimento di una valenza positiva alla socializzazione tra pari e al confronto quotidiano con la diversità. Come contemperare allora questi principi con l esigenza di garantire l insegnamento della lingua italiana a chi, non avendone adeguata conoscenza, rischierebbe poi di fatto ed in concreto di essere svantaggiato se non adeguatamente supportato? Occorre, infatti, considerare che inserire in una classe di scuola secondaria uno 2
studente appena arrivato nel nostro Paese, che non comprende una parola d italiano e in alcuni casi non è alfabetizzato neanche nella sua lingua d origine, senza offrigli alcun supporto, significa quasi certamente condannarlo all insuccesso scolastico o addirittura all abbandono. Sul punto il Ministero dell Istruzione chiarisce che per contemperare queste due esigenze sono possibili pratiche concrete di divisione in gruppi, in genere per brevi periodi e per specifici apprendimenti, principalmente legati allo studio della lingua italiana, ad esempio nella forma di Laboratori di Italiano L2 (si veda anche circolare dell 8.1.2010 Indicazioni e raccomandazioni per l integrazione di alunni con cittadinanza non italiana ). L'art. 45, comma 4 del D.P.R. 394/99 stabilisce a tal proposito che il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di insegnamento; allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzata altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa. In sintesi, alla luce delle menzionate normative e direttive ministeriali, si può affermare che sono vietate le classi ponte, ossia le classi composte totalmente o prevalentemente da studenti stranieri, e sono ammissibili soltanto laboratori separati per studenti stranieri in orario curricolare finalizzati all apprendimento della lingua italiana. Ciò detto occorre comunque prestare sempre attenzione al fatto che questi laboratori rispettino in concreto taluni principi fondamentali di non discriminazione definiti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo, la quale, essendo stata più volte chiamata a giudicare della legittimità dell inserimento di studenti appartenenti a minoranze etniche e linguistiche in classi separate (in particolare di 3
bambini rom che non parlavano la lingua maggioritaria), ha stabilito alcuni criteri che possono essere applicati anche alla realtà scolastica italiana in materia di inclusione degli studenti immigrati (si vedano sentenze: Oršuš e altri c. Croazia, n. 15766/03, 16 marzo 2010; Sampanis e altri c. Grecia, n. 32526/05, 5 giugno 2008; D.H. e altri c. Repubblica Ceca, n. 57325/00, 13 novembre 2007). Alla luce di questi principi giurisprudenziali, nonché di quanto stabilito dalla risoluzione del Parlamento europeo del 27 settembre 2007 sull'applicazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000 in materia di parità di trattamento nel settore dell istruzione indipendentemente dall origine etnica, si può affermare che l inserimento di allievi non italofoni in laboratori separati dalla classe ordinaria in orario curricolare, per un numero di ore più o meno elevato, può essere considerato come una misura non discriminatoria solo se: a) è finalizzato a promuovere pari opportunità e in particolare a garantire un adeguato supporto per l apprendimento dell italiano L2, al fine di compensare le condizioni di svantaggio iniziali; tali interventi non possono invece essere adottati per altre finalità, come ad esempio alleggerire l impegno degli insegnanti di classe o venire incontro alle richieste di genitori italiani preoccupati dal fatto che la presenza di stranieri possa rallentare il programma della classe; b) è adottato sulla base di un adeguata valutazione caso per caso delle competenze linguistiche dello specifico allievo, non in generale nei confronti di tutti gli studenti stranieri (dunque gli studenti stranieri con un buon livello di competenze linguistiche, nati in Italia o ricongiunti in età precoce, non possono essere inseriti in laboratori separati); c) il programma del laboratorio è adeguato a rafforzare le competenze dell allievo in modo che sia in grado di superare lo svantaggio iniziale e di seguire quindi il programma della classe ordinaria nel più breve tempo possibile; d) l intervento differenziale cessa non appena l allievo abbia raggiunto competenze sufficienti: a tal fine, devono essere adottate adeguate procedure di monitoraggio per 4
valutare i progressi compiuti e devono essere definiti chiaramente condizioni e modalità per il pieno inserimento nella classe ordinaria. Qualora non fossero rispettati i suddetti principi, l Italia potrebbe essere condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell Uomo per violazione del principio di non discriminazione nell esercizio del diritto all istruzione ed esporsi a sanzioni per la mancata o scorretta applicazione della direttiva 2000/43/CE. Chiariti i suddetti punti, sono condivisibili le proposte di soluzione politica del problema avanzate dall Asgi, ossia: devono essere al più presto stanziate le risorse necessarie, ad oggi insufficienti, affinché le scuole possano attivare interventi di supporto all apprendimento dell italiano L2 adeguati alle esigenze. A tal fine è urgente che si apra uno spazio di confronto in cui tutte gli attori coinvolti le scuole, il MIUR, i rappresentanti dei genitori, gli Enti locali, il privato sociale che collabora con le scuole, pedagogisti e giuristi possano discutere apertamente delle problematiche in gioco e delle possibili soluzioni per promuovere efficacemente pari opportunità di istruzione per tutti i minori che vivono in Italia, a prescindere dalla loro nazionalità. 22 novembre 2013 Testo curato da avv. Luigi Lia, consulente Rete Progetto Diritti Milano Fonti di riferimento: www.asgi.it Immigrazione dossier statistico 2013. Rapporto UNAR dalle discriminazioni ai diritti, a cura di UNAR e Centro Studi e Ricerche IDOS 5