Politica. I nuovi movimenti migratori. FrancoAngeli. Cristina Giudici, Catherine Wihtol de Wenden

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Cristina Giudici, Catherine Wihtol de Wenden I nuovi movimenti migratori Il diritto alla mobilità e le politiche di accoglienza STUDI Politica FrancoAngeli

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Cristina Giudici, Catherine Wihtol de Wenden I nuovi movimenti migratori Il diritto alla mobilità e le politiche di accoglienza FrancoAngeli

Questo volume è stato pubblicato con un contributo del Dipartimento di Metodi e Modelli per l Economia, il Territorio e la Finanza (MEMOTEF) di Sapienza Università di Roma. In copertina: foto di Rinaldo Coluccio, per gentile concessione dell autore. Copyright 2016 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. L opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d autore. L Utente nel momento in cui effettua il download dell opera accetta tutte le condizioni della licenza d uso dell opera previste e comunicate sul sito www.francoangeli.it.

Indice Prefazione pag. 11 Introduzione, di Raimondo Cagiano de Azevedo» 13 1. Popolazione, migrazioni e sviluppo» 17 1. La questione demografica nello sviluppo economico» 17 1.1. Popolazione, migrazioni e sviluppo: il cammino di un dibattito» 20 2. L evoluzione della popolazione mondiale e le migrazioni internazionali» 24 3. Determinanti e meccanismi di sviluppo delle migrazioni internazionali: uno sguardo multidisciplinare» 31 3.1. La questione delle migrazioni in termini economici» 32 3.2. L approccio sociologico alle migrazioni internazionali: le reti migratorie e il capitale sociale degli immigrati» 38 3.3. Transizione demografica e transizione migratoria» 40 3.4. Le migrazioni nelle relazioni internazionali» 41 3.4.1. La gestione delle frontiere» 44 3.4.2. Sovranità e cittadinanza» 45 3.4.3. Gli Stati e la diaspora, da minaccia transnazionale a strumento economico» 46 3.5. Verso un approccio sistemico» 49 2. Un mondo in movimento» 50 1. Il quadro mondiale» 50 2. Le migrazioni internazionali tra mondializzazione e regionalizzazione» 51 5

3. L Europa, un continente di immigrazione, suo malgrado pag. 54 3.1. Meno culle, più migranti» 55 3.2. Un Europa senza migrazioni?» 60 3.3. Convergenze e divergenze nel contesto europeo» 63 4. Le nuove migrazioni» 65 4.1. Le migrazioni femminili» 67 4.2. I minori stranieri non accompagnati» 71 4.3. La mobilità in età avanzata» 76 4.4. Le migrazioni di transito» 77 4.5. Le migrazioni legate a fenomeni climatici» 78 5. I rifugiati e i richiedenti asilo» 82 5.1. Una realtà in rapido sviluppo» 83 5.2. Il diritto di asilo in crisi» 86 5.3. Crisi recenti e nuove emergenze» 90 5.3.1. La crisi siriana e le sue implicazioni demografiche» 94 5.4. Rifugiati e accoglienza: alla ricerca di soluzioni durature» 96 3. Dall immigrazione all integrazione» 100 1. Le politiche del vivere insieme» 100 2. L integrazione degli immigrati in Europa: la retorica civica e il rischio di stratificazione della popolazione immigrata» 103 2.1. Dall emergenza all accoglienza: l esperienza italiana» 106 3. La popolazione immigrata in Italia: caratteristiche strutturali e implicazioni sociali» 109 3.1. Le seconde generazioni e i minori stranieri nelle scuole italiane: una opportunità per la coesione sociale» 113 3.2. Lo sviluppo dell imprenditoria immigrata: un potenziale per la crescita economica» 114 3.3. L irregolarità: una forma di adattamento alla struttura del mercato del lavoro» 117 3.4. Le condizioni di salute e l accesso ai servizi sanitari: un panorama in evoluzione» 121 3.5. Migranti forzati e accoglienza negata: un focus sulle occupazioni a scopo abitativo a Roma» 125 6

3.6. L Islam d Europa: una realtà complessa pag. 128 3.6.1. L insediamento definitivo come fattore di approfondimento dell appartenenza religiosa» 129 3.6.2. La diversità di origini, fattore di concorrenza per la leadership» 131 4. L evoluzione della tutela del diritto d asilo in Italia dalla Costituzione ad oggi» 134 1. L evoluzione della tutela del diritto d asilo in Italia dalla Costituzione all inizio degli anni Novanta» 134 2. La Convenzione di Ginevra del 1951 e la sua applicazione nell ordinamento italiano» 136 3. Le dimensioni della presenza di rifugiati in Italia dai primi anni Cinquanta alla legge Martelli» 141 4. L evoluzione legislativa e il contesto di rifermento dalla legge Martelli alla fine degli anni 90: lento recupero del ritardo strutturale» 143 5. Le emergenze dei primi anni 90: dall instabilità nei Balcani alla crisi somala» 145 6. L evoluzione della normativa italiana tra i primi anni Novanta e la legge Bossi-Fini» 150 7. La normativa europea in materia d asilo e il suo impatto sulla realtà italiana» 153 8. Considerazioni conclusive» 158 5. La governance globale delle migrazioni: un processo cosmopolitico» 161 1. Introduzione» 161 2. Il multilateralismo, una lenta presa di coscienza» 161 3. Il Forum mondiale su migrazione e sviluppo: da Bruxelles a Dacca» 164 3.1. L avvenire del Forum» 169 4. Una combinazione di attori e interessi sociali» 170 Conclusioni» 175 Bibliografia» 177 Glossario» 179 7

Indice delle figure e delle tabelle Figure 1. La crescita demografica mondiale: previsioni per il 2050 pag. 28 2. Evoluzione della struttura per età della popolazione africana 1980-2040» 29 3. Egitto e Turchia: due giganti demografici alle porte dell Europa» 30 4. I flussi migratori nel mondo» 57 5. Evoluzione del tasso di crescita della popolazione europea e delle sue componenti 1960-2015» 58 6. Evoluzione del tasso di crescita della popolazione e delle sue componenti in alcuni paesi europei 1965-2015» 59 7. Struttura per età della popolazione con e senza migrazioni: Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, 2060» 63 8. Le rotte migratorie nel Mediterraneo» 93 Tabelle 1. Popolazioni dei paesi del Bacino Mediterraneovalori assoluti e percentuali (in ordine decrescente), 1950-2040» 26 2. Scenari futuri della popolazione europea e principali indicatori demografici con o senza migrazioni» 62 3. Richieste di asilo presentate da minori non accompagnati nei paesi europei» 75 9

Prefazione Quest opera vede la luce in un momento di drammatica esplosione della crisi dei rifugiati nel Mediterraneo. Il 2016 ha visto il ripetersi delle tragedie dei barconi affondati, dei morti in mare, dei muri eretti per respingere i migranti; mentre il dibattito sulle frontiere continua a dividere l opinione pubblica europea; ed è soprattutto l approccio securitario a dominare la scena politica. Eppure il carattere strutturale della migrazione in Europa è ben visibile, se si guarda ai 35 milioni di stranieri regolarmente presenti sul territorio dell UE, al ruolo delle seconde e terze generazioni nel tessuto sociale e politico europeo, allo sviluppo dell imprenditoria immigrata, al processo di invecchiamento demografico che nei paesi di tradizionale immigrazione sta oggi investendo anche gli stranieri. A questo si aggiunga che l evoluzione demografica europea, con tassi di fecondità estremamente ridotti ed un evidente restringimento delle fasce di età giovani e adulte rispetto a quelle anziane, fa dell apporto migratorio una componente essenziale del futuro equilibrio demografico del Vecchio Continente. Certamente nel tempo il profilo dei nuovi arrivati si è modificato. Gli immigrati alla ricerca di un lavoro hanno lasciato spazio ai ricongiungimenti famigliari, ai richiedenti asilo, agli studenti, ai migranti ambientali, ai migranti misti. Tutte queste persone vedono nell Europa una terra di pace, di rispetto dei diritti, dove costruire un futuro per sé stessi e per i propri figli. Anche dal punto di vista dei paesi di partenza e di transito, gli anni in corso sono stati testimoni di un evoluzione importante, seppur timida, nel senso della concretizzazione di nuovo dialogo mondiale, concepito per migliorare l effetto positivo della migrazione sullo sviluppo e viceversa. Un percorso che sta mostrando i limiti di un approccio puramente nazionale, guidato dai soli grandi paesi di immigrazione, e che sta invece suggerendo ai governi di affrontare le questioni relative alla migrazione e allo sviluppo in un contesto multilaterale, in cui trovi spazio la rivendicazione di un diritto alla mobilità come diritto fondamentale. 11

Il volume raccoglie i frutti di una collaborazione tra le autrici nata nell ambito dei corsi di Cooperazione internazionale allo sviluppo. Frutti che sono andati via via arricchendosi delle riflessioni maturate nel contesto delle attività di ricerca della Cattedra UNESCO su Popolazione, migrazioni e sviluppo. Un particolare ringraziamento va al prof. Raimondo Cagiano de Azevedo, per le sue preziose osservazioni ed alle dottoresse Elena Leoparco ed Eleonora Trappolini le quali hanno avuto gran merito nella rilettura dell opera. 12

Introduzione di Raimondo Cagiano de Azevedo Uno dei grandi temi sui quali la conflittualità demografica si manifesta in modo evidente nelle odierne relazioni internazionali è quello delle migrazioni. Un tema che non si limita soltanto al colore della pelle, alle diversità tra cristiani e islamici o all identità europea; queste sono solo manifestazioni, talvolta molto conflittuali, di epifenomeni, mentre la grande questione di fondo attiene alla mobilità stessa delle popolazioni. Ed uno dei paradossi che emergono intorno a questa questione è quello secondo il quale se non esistessero le frontiere non esisterebbero i migranti: un paradosso che fa riflettere su quante forme di migrazioni si stratificano su di un solo migrante, per il numero delle frontiere che questi deve attraversare. Non si tratta solo di frontiere fisiche, politiche, economiche, sociali, linguistiche, ambientali, religiose: per molti cittadini che vogliono entrare nell Unione oggi la frontiera dell Europa è l acquis communautaire; ad esempio quando esso rappresenta il parametro quantitativo e qualitativo per l adesione di nuovi paesi all UE; qui l acquis communautaire non è altro che la sedimentazione nel tempo dei trattati, degli accordi, delle leggi, dei regolamenti, delle procedure che l Unione Europe ha adottato dalla sua origine fino ad oggi. I migranti nel mondo sono quasi duecentoquaranta milioni; e si capisce che su una cifra di oltre sette miliardi di persone questa è una popolazione quasi marginale se considerata nel suo insieme. Ma è inutile considerarli tutti insieme, perché le condizioni conflittuali che creano sono talmente diverse che conviene considerare, per esempio, solo i trentacinque milioni di migranti in Europa, o solo i nostri cinque milioni di migranti. Si pensi a Lampedusa e a cosa succede già con poche centinaia persone; esistono questioni conflittuali e molto problematiche anche quando sono basate su piccoli numeri. Quando le frontiere vengono rimosse, lo statuto del migrante cambia: il caso più classico è quello degli italiani in Europa. In passato, gli italiani in Francia o in Belgio erano compresi nelle migrazioni internazionali di cui si 13

occupava il Ministero degli Esteri, con un conflitto permanente sulla questione migratoria. Con il progredire del Mercato Comune prima, della Comunità e dell Unione poi, il cittadino italiano è oggi cittadino europeo nato in Italia e in regime di mobilità nel sistema europeo, e così per altri concittadini europei. Il passaggio dalla condizione di migrante a quella di cittadino in mobilità non elimina i residui di xenofobia, di razzismo, di discriminazione, ma cambia sostanzialmente lo statuto della persona. Questo è ciò che è avvenuto anche nella grande Europa, dove le prospettive degli ultimi allargamenti hanno prodotto fenomeni di migrazione anticipata. Questa migrazione, diversamente da quello che pensavano coloro che vedevano con timore l allargamento dell Unione, al momento dell allargamento effettivo si è praticamente conclusa. Mentre altri movimenti si sono creati, come quello dei turchi in Ucraina o altre mobilità di questo genere che appartengono al capitolo delle migrazioni. Questo stesso fenomeno si presenta, in forma visibile e tradizionale, nei rapporti fra Paesi ricchi e poveri. Tutti pensano alla migrazione normale dai paesi poveri ai paesi ricchi; ma vi è anche la migrazione fra paesi poveri; questa si chiama migrazione Sud-Sud, ed è quella che ha spinto, per esempio, molti ghanesi a varcare il confine con l Algeria, e che vede comportarsi gli algerini nei confronti dei ghanesi come gli italiani con i migranti che sbarcano sulle nostre coste. Fenomeni che visti con la lente di ingrandimento sono ancora manifestazioni di piccoli numeri a fronte di grandi problemi. Su questo, l effetto della criminalizzazione, delle risposte deboli e delle risposte forti, rispetto alle politiche comuni, crea un dibattito al quale naturalmente deve essere riservato il dovuto approfondimento. Questo volume offre una lettura multidisciplinare del dibattito sulla questione migratoria. Alla questione demografica, della crescita o del declino delle popolazioni, del loro invecchiamento e delle implicazioni di queste dinamiche in termini di sviluppo sostenibile, si affianca la lettura delle dinamiche migratorie e del dibattito sulle politiche europee in materia di migrazioni. Questo dibattito, almeno in Europa, sta sempre più evidenziando l incapacità di agire dei governi nazionali (formalmente ancora titolari di gran parte della sovranità in materia di politiche migratorie) che manifestamente non possono da soli gestire un fenomeno, che tra l altro grava in modo sproporzionato sui paesi del Sud, e che potrebbe e dovrebbe molto più efficacemente essere gestito a livello sovranazionale, non soltanto nella fase repressiva come nel contrasto alla cosiddetta immigrazione clandestina, ma anche e soprattutto nella pianificazione e nei rapporti con i paesi di origine. Il Mediterraneo è disegnato come regione migratoria, al centro della quale si colloca la frontiera esterna di Schengen, controllata da muri e dalla necessità di dotarsi di un visto per coloro che desiderano attraversarla. Le prin- 14

cipali rotte migratorie verso l Ue si concentrano quasi tutte in questa regione: quella del Mediterraneo centrale, che parte dall Africa settentrionale, in particolare dalla Libia, e viene percorsa dalle persone in fuga dai paesi dell Africa sub-sahariana e dal Medioriente; quella del Mediterraneo orientale, che va dalla Turchia verso la Grecia, la Bulgaria e Cipro; quella del Mediterraneo occidentale, che va dall Africa settentrionale alla Spagna; ed infine la rotta balcanica, per entrare in Europa dal Kosovo, dall Afghanistan e dalla Siria. Dopo il dramma di Lampedusa dell ottobre 2013, quando 366 migranti hanno perso la vita e dopo molte altre analoghe tragedie, la capacità dell UE di prendersi carico in maniera solidale e sostenibile e dunque nel rispetto dei diritti fondamentali dei movimenti migratori nel Mediterraneo, ha mostrato le sue fragilità. L Italia, Malta e la Grecia, più di tutti, hanno avvertito la mancanza della solidarietà europea. L operazione Mare Nostrum, e le successive operazioni Triton, Poseidon, non hanno impedito l afflusso di nuovi migranti e quindi di nuovi decessi in mare. E mentre l estate 2016 vede il ripetersi del fenomeno dei migranti annegati in mare, dei barconi affondati, dei muri eretti per respingere i migranti, il dibattito sulle migrazioni continua a dividere l opinione pubblica europea. Considerato l andamento dei conflitti in Medio Oriente ed in Africa, ai quali si aggiunge il recente fallito colpo di Stato in Turchia, ci si aspetta che gli ingressi e le richieste d asilo non diminuiranno nel prossimo futuro, anche e soprattutto perché le migrazioni verso i paesi europei sono espressione di una domanda dei valori che l UE oggi rappresenta. I valori della pace, della democrazia, dei diritti dell uomo, dello Stato di diritto, della libertà e della mobilità. Sulla base di queste considerazioni, appare evidente non solamente che i movimenti migratori alle frontiere dell Europa non abbiano ragione di arrestarsi nel prossimo futuro, ma anche che la gestione di questi movimenti e delle loro conseguenze, politiche, sociali ed economiche, debba essere necessariamente europea. Più che un segnale di solidarietà per gli stati, questo significherebbe il rafforzamento dell unione politica degli stati. 15

1. Popolazione, migrazioni e sviluppo 1. La questione demografica nello sviluppo economico Fin dall antichità le società umane si sono interrogate in merito alle tendenze demografiche in atto, al fine di individuare strumenti politici ed economici idonei ad influenzare l evoluzione delle loro componenti. Mortalità, fecondità e migrazioni costituiscono gli aggregati fondamentali di questa riflessione, i cui risultati più evidenti vanno dai successi nella lotta per la sopravvivenza e nel controllo della riproduzione, fino alla realizzazione dei moderni sistemi sociali, politici ed economici. Non può negarsi, del resto, che nei processi storici il peso demografico si è spesso posto in relazione diretta con il peso politico ed economico sulla scena mondiale. La componente demografica si colloca endemicamente in seno al dibattito politico fin dalle sue stesse origini: già nell antica Grecia Aristotele criticava la politica natalista di Sparta, mentre Platone disegnava il suo Stato ideale, a popolazione, diremmo oggi, stazionaria. Il tema dell attenzione, più o meno consapevole, alle dinamiche demografiche è, in altre parole, una costante rilevabile in tutto il corso della storia dell umanità; di volta in volta i soggetti investiti a vario titolo della responsabilità delle scelte politiche, sia pure con premesse e finalità diverse, hanno ritenuto porre in essere misure volte ad influenzare la dinamica della popolazione, sia in termini quantitativi che qualitativi. Sul piano internazionale, l aspetto forse maggiormente dibattuto è quello della relazione esistente tra popolazione e sviluppo, essendo la popolazione al tempo stesso attore e destinatario del processo di sviluppo. Fu nel corso del 1700 che Thomas Robert Malthus 1 formalizzò l idea di uno squilibrio 1 Con le sue teorie sullo squilibrio strutturale, nelle popolazioni umane, tra la forza produttiva e quella riproduttiva, T. R. Malthus viene considerato il primo studioso ad aver introdotto le variabili demografiche nell analisi economica. Le teorie maltusiane hanno dato luogo nel tempo 17

strutturale, nelle popolazioni umane, tra popolazione e risorse, tra la forza produttiva e quella riproduttiva. Pur scrivendo all epoca della rivoluzione industriale, Malthus aveva in mente un economia agricola, nella quale il vincolo delle risorse appariva quale elemento centrale della relazione tra popolazione e sviluppo. In realtà è proprio a partire dalla rivoluzione industriale, e dalla collegata rivoluzione agricola, che l uomo spezza quella che M. Livi Bacci definisce la sindrome della povertà, di risorse e di conoscenze, che aveva fino a quel momento impedito lo sviluppo demografico, mantenendo elevati i tassi di natalità e di mortalità. È a partire da questo momento che la popolazione mondiale inizia ad espandersi, da un miliardo di abitanti nel 1804 a due miliardi nel 1927, a quattro nel 1974, fino a sei miliardi all inizio del nuovo millennio e verso gli 8 miliardi previsti per il 2025, seguendo quel processo descritto per la prima volta da A. Laudry negli anni 30, che va sotto il nome di transizione demografica. In tempi diversi, tutte le popolazioni del mondo hanno attraversato o attraverseranno il processo di transizione demografica, che parte da una situazione di equilibrio caratterizzata da alti livelli di mortalità e di natalità, in cui è prioritaria la lotta per la sopravvivenza, e quindi per il controllo della mortalità, per pervenire, a fine transizione, al controllo del processo riproduttivo e ad un nuovo equilibrio caratterizzato allo stesso tempo da bassi livelli di mortalità e di natalità. Tra i due estremi, quello dell assenza di ogni controllo e quello della totale gestione dei processi di mortalità e riproduttività, le popolazioni attraversano una fase intermedia in cui, per ragioni sia endogene che esogene, si realizza il controllo della mortalità in presenza di livelli di natalità ancora elevati. In questa fase si produce quel fenomeno che i demografi chiamano esplosione demografica, che corrisponde al momento di massima distanza tra i quozienti di mortalità e di fecondità, e che vede le popolazioni crescere a ritmi sostenuti. All inizio del terzo millennio la popolazione globale sembra aver superato questo momento di massima espansione. Si è parlato quindi di stabilizzazione della popolazione mondiale, obiettivo più volte auspicato anche dai massimi leader del pianeta, soprattutto in relazione alla salvaguardia dell ambiente ed alla generale sostenibilità dello sviluppo. Una tale presunta stabilizzazione ed il suo rapporto con lo sviluppo sostenibile richiamano tuttavia la questione dela forti tensioni intellettuali ed il dibattito su popolazione e risorse si è sviluppato seguendo le due direzioni fondamentali del malthusianesimo e dell antimalthusianesimo. I sostenitori della prima opzione vedono nella variabile demografica (il comportamento riproduttivo della coppia) l elemento chiave per migliorare il benessere delle popolazioni e ridurre la povertà e la miseria. Viceversa, gli anti-malthusiani sostengono la necessità di agire sulla leva economica (quella della redistribuzione delle risorse) per contenere l eccessiva crescita della popolazione. 18

le profonde disparità che caratterizzano la scena mondiale. Degli oltre sette miliardi di abitanti che attualmente popolano il pianeta, il 17% appartiene ai paesi più sviluppati, un altro 13% appartiene ai paesi più poveri del mondo, mentre il restante 70% si trova in uno stadio intermedio tra queste due situazioni estreme. Per i 950 milioni di persone appartenenti ai paesi più poveri, il problema è la sopravvivenza quotidiana; per coloro che abitano nei paesi più sviluppati è invece la qualità della vita. Tra questi due estremi si trovano oltre 5 miliardi di persone in una situazione che va dalla miseria assoluta all estremo benessere 2.Il processo di transizione demografica non è mai iniziato per i primi, in quanto non è mai iniziata con successo la lotta per la sopravvivenza, né tanto meno quella per il controllo della riproduzione. I secondi si trovano invece nella fase finale del processo, quella del pieno controllo della durata e della qualità della vita, nonché del processo riproduttivo. In questo contesto il messaggio del contenimento della crescita sembra essere rivolto solo al primo gruppo di persone. Ma se il perseguimento della stabilizzazione a livello mondiale deriva, come è il caso, da preoccupazioni di ordine economico ed ambientale, connesse alla questione dello sviluppo sostenibile, allora è doveroso osservare che attribuire l intera responsabilità della scarsità di risorse e del degrado ambientale alla sola crescita demografica dei paesi più poveri, significa chiudere gli occhi di fronte al vero problema, quello di natura qualitativa, dei modelli su cui le attività dell uomo vengono realizzate, delle modalità di produzione, delle scelte di consumo, delle regole di organizzazione sociale. Nulla assicura che la popolazione mondiale vada incontro alla fine della transizione, verso quella tanto auspicata stabilizzazione. Quel che è certo è che nei decenni a venire i Governi del mondo si troveranno ad affrontare nuove problematiche legate alle proprie popolazioni. Accanto alle questioni dell incremento demografico da un lato, e della denatalità dall altro, vanno assumendo importanza centrale i temi delle trasformazioni strutturali delle popolazioni e delle società, connesse all invecchiamento e alle migrazioni interne e internazionali. Questi due aspetti dell evoluzione demografica mondiale, quello dell invecchiamento e quello delle migrazioni, sono evidentemente collegati, come sottolinea un ormai celebre rapporto della Divisione delle Nazioni Unite sulla popolazione, con riferimento alle migrazioni cosiddette di sostituzione (United Nations, 2000). L invecchiamento è la naturale conseguenza del calo della fecondità, che appare strutturale e irreversibile, associato al generale incremento dell aspettativa di vita, cioè a quel processo definito da alcuni di democratizzazione del- 2 Dati UN, World population prospects, the 2015 revision. 19