Intestazione di beni a nome altrui

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Intestazione di beni a nome altrui Illustrato il rapporto sussistente tra il contratto di donazione, le liberalità diverse dalle donazione, le donazioni miste e il negozio gratuito atipico, tratti il candidato dell intestazione di beni a nome altrui e dei negozi aventi oggetto beni futuri. L ordinamento giuridico si ispira al principio di casualità degli spostamenti patrimoniali. Secondo una concezione mercantilistica, infatti, ogni depauperamento economico dei privati deve trovare adeguata giustificazione. Assume, in tale ottica, rilevanza fondamentale la funzione svolta dalla causa dei negozi giuridici, che consente di individuare le finalità che gli atti disposizione patrimoniale intendono realizzare. In base ai recenti approdi ermeneutici, la stessa deve essere valutata in concreto, considerando gli interessi concretamente perseguiti dalle parti. La logica sottesa ai rapporti di scambio permette di delineare tre tipologie di schemi tramite cui definire gli assetti economici: l onerosità, la gratuità, e la liberalità. Invero, secondo l impostazione dominante, la liberalità rientrerebbe, quale species, nel più ampio genus della gratuità. La regola è rappresentata dal contratto stipulato a titolo oneroso, che si fonda sulla struttura sacrificio-vantaggio; ad ogni sacrificio sopportato dal soggetto deve quindi corrispondere un vantaggio diretto di carattere economico. L esempio più ricorrente di tale categoria è dato dal contratto a prestazioni corrispettive. Il contratto può essere, altresì, stipulato a titolo gratuito; in questa ipotesi ad uno svantaggio immediato della parte consegue un vantaggio economicamente valutabile indiretto o successivo (ad esempio come nel contratto di sponsorizzazione). Diverso è, invece, lo schema della liberalità, dove il soggetto agisce mosso da intenti e ragioni personali di natura altruistica, non finalizzati ad ottenere un

riscontro economico di alcun tipo. Allo scopo di prevenire atti di prodigalità, e coerentemente con il principio di casualità degli spostamenti patrimoniali, il legislatore circonda di opportune cautele i negozi compiuti con spirito di liberalità. A ben vedere, da un analisi sistematica si può evincere che l universo delle liberalità è ampio, contemplando al proprio interno fattispecie eterogenee. È possibile, tuttavia, individuare due elementi comuni a tutte le ipotesi di liberalità: il depauperamento di colui che dispone verso un altro un proprio diritto o assume un obbligazione, con il corrispettivo arricchimento della controparte, e l animus donandi, ossia la volontà e la consapevolezza di compiere un atto che diminuisca il patrimonio. Adottando una efficace semplificazione, le liberalità possono distinte in due categorie: la donazione diretta e le liberalità non donative (o donazioni indirette). Nel primo caso il legislatore prevede una disciplina rigida, indicando con precisione le modalità di stipulazione del contratto. Ai sensi dell art. 769 c.c., infatti, la donazione è un contratto tra due soggetti caratterizzato dallo spirito di liberalità di una delle parti. A tal proposito il legislatore stabilisce che non possa essere effettuata la donazione da coloro che non abbiano la piena capacità di disporre dei propri beni, a pena dì nullità del negozio. L orientamento prevalente sostiene che la capacità di donare rappresenti una capacità di agire sui generis, la cui insussistenza è sanzionata con la nullità e non con l annullabilità. Allo stesso modo e disposta la nullità del mandato a donare, con cui si attribuisce ad altri il potere di determinare l oggetto della donazione o di designare la persona del donatario. Di recente, la giurisprudenza ha ammesso altresì la donazione da parte delle persone giuridiche se ciò sia coerente con le finalità dello statuto sociale. L esigenza di tutelare il donante da atti di dissennati che possano incidere sulla propria sfera patrimoniale comporta che la forma della donazione debba essere quella dell atto pubblico a pena di nullità. Secondo l intentio legis, la causa debole della donazione viene bilanciata dalla previsione necessaria di una forma

forte. Non è richiesta la forma a pena di nullità della donazione di modico valore, purché vi sia stata la traditio. Parimenti, tale requisito non è richiesto per altre tipologie di donazione (come ad esempio quella rimuneratoria di scarso valore) in cui l animus donandi è dettato da particolari ragioni o avvenimenti. Le suddette distinzioni rilevano anche con riferimento alla disciplina della revocazione, che può essere richiesta per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Restano, tuttavia, escluse quelle remuneratorie e quelle fatte in occasione di un matrimonio. Parzialmente differente è, invece, la disciplina tracciata per le liberalità non donative. Queste ultime perseguono, o meglio realizzano, gli stessi scopi della donazione ex art 769 cc, ma in via indiretta mediante l utilizzo di un diverso schema. L articolo 809 cc assoggetta suddette fattispecie alla medesime norme che regolano la revocazione della donazione per caso di ingratitudine e per sopravvenienza di figli, nonché a quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari. La distinzione fondamentale è data dal fatto che per le libertà non donative il legislatore non richiede la forma dell atto pubblico a pena di nullità. Tuttavia, lo stesso non dispone neppure un elenco che espliciti quali siano tali fattispecie. L incertezza normativa ha determinato una frenetica attività giurisprudenziale, volta all individuazione in concreto dell ipotesi rientranti nelle donazioni indirette e, soprattutto, di un efficace criterio discretivo rispetto a quelle dirette. Secondo le recenti affermazioni giurisprudenziali, le liberalità indirette possono essere rappresentate non solo da un operazione complessa tra due negozi (mezzo e fine), ma anche da atti unilaterali e meri comportamenti materiali. Sul punto è opportuno citare i principi dettati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2017 che si sono pronunciate sulla donazione di strumenti finanziari mediante operazioni di accredito e addebito sul conto corrente. Ad avviso della corte di legittimità, tale donazione avrebbe natura di liberalità diretta ad esecuzione indiretta. Ciò in quanto l operazione avviene mediante il giroconto, mero strumento di trasferimento di valori patrimoniali, sulla base di un

rapporto di intermediazione gestoria e non giuridica della banca a favore del terzo. Ne consegue la necessità della forma dell atto pubblico, salvo che la donazione sia di modico valore. Il Supremo Consesso, in tale pronuncia, sembra ribadire anche un criterio discretivo tra donazioni dirette e liberalità non donative. Nelle prime la donazione rappresenta la causa del contratto, involgendolo interamente; nella seconda, invece, la stessa rappresenta un effetto. Inoltre, le Sezioni Unite fanno rientrare, anche sulla base delle suddette coordinate, le donazioni miste tra quelle indirette. La categoria del negozio misto indica un contratto con causa unitaria che però al suo interno contiene frammenti di differenti discipline contrattuali. L esempio tipico è costituito dalla vendita mista a donazione. Le recenti elaborazioni pretorie qualificano, infatti, la vendita di un bene a prezzi eccessivamente sproporzionati come donazione indiretta, non richiedendo la forma dell atto pubblico. Alcuni autori in dottrina ritengono che il problema della forma, nella donazione mista, vada risolto in base al criterio adottato per la scelta della disciplina da applicare. Aderendo alla tesi della prevalenza (o dell assorbimento), si applicheranno per intero le disposizioni del tipo negoziale che presenta la causa più forte, escludendosi quindi che possano trovare spazio che le regole sulla donazione, stante la causa debole che essa presenta. Diversamente, seguendo la tesi della combinazione, potranno essere applicate le norme sulla donazione anche in tema di forma. In ogni caso, la struttura del negozio misto va distinto da quella del negozio complesso del collegamento negoziale. Ciò, però, non osta alla circostanza che, soprattutto nell ultimo istituto, possa configurarsi una liberalità indiretta. Resta, invece, incompatibile con il fine delle liberalità il negozio gratuito atipico. La dottrina maggioritaria ritiene, infatti, che nel nostro ordinamento siano ammessi negozi gratuiti atipici, non solo ad effetti obbligatori, ma anche reali. Tale impostazione si fonda su di una interpretazione evolutiva dell articolo 1333

cc, secondo cui lo stesso ha la struttura di un negozio unilaterale a rilievo bilaterale immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica del terzo, fatta salva la possibilità per quest ultimo esercitare il cd rifiuto eliminativo. Può, tuttavia, accadere che lo strumento del negozio gratuito venga utilizzato per effettuare una donazione diretta ed eludere tutta la disciplina codicistica. Si deve, in tal caso, indagare in modo ampio l operazione posta in essere, valutando la causa in concreto e i possibili vantaggi economici indiretti derivanti dall atto. L eventuale lesione della forma richiesta determina inevitabilmente la nullità del negozio per mancanza di uno dei requisiti essenziali richiesti dalla legge. Il non agevole distinguo tra donazioni dirette, liberalità indirette e negozio gratutito atipico è particolarmente evidente nella fattispecie peculiare dell intestazione di beni a nome altrui. Nello specifico si dubita se in tal caso ci si trovi in presenza di una donazione diretta o indiretta. A riguardo, si sottolinea che la giurisprudenza si è già espressa con riferimento al peculiare caso di beni immobili acquistati da un soggetto con il denaro fornitogli da un terzo. Tale ipotesi costituisce per la Corte di Cassazione una donazione diretta del denaro se l acquisto del bene avviene dopo molto tempo dalla dazione dei soldi. Viceversa uno stretto collegamento funzionale tra il denaro e l acquisto configurerà una donazione indiretta dell immobile. Diversamente l acquisto del bene del terzo con intestazione diretta al beneficiario da vita ad una donazione diretta. Alla luce delle recenti coordinate ermeneutiche la questione deve essere analizzata valutando, da un lato, la causa in concreto del negozio posto in essere e dall altro la giurisprudenza che da ultima sembra aver tracciato una distinzione, almeno astrattamente, chiara tra liberalità dirette e non donative. L intestazione di beni può infatti rispondere a diverse cause giustificatrici: può rappresentare un atto a titolo gratuito che determina un vantaggio indiretto economicamente valutabile o, in sua assenza, una donazione diretta o indiretta. Inoltre, essa può costituire un obbligazione traslativa che, in deroga al principio del consenso traslativo, esegue un precedente accordo obbligatorio. Analoga problematica si individua nel contratto a favore del terzo ex art. 1411 cc. Sebbene

recenti pronunce giurisprudenziali qualifichino lo stesso, ricorrendone i presupposti, come una liberalità indiretta, parte della dottrina ritiene che tale schema possa determinare una donazione tipica. Argomentando sulla base della nozione di interesse previsto dall articolo 1411 cc e del meccanismo del rifiuto eliminativo, che consente la produzione di un effetto diretto nei confronti del terzo, per tale tesi potrebbe configurarsi una donazione tipica, anche ad esecuzione indiretta, seguendo i principi delineati dalle Sezioni Unite del 2017 sulla donazione di strumenti finanziari. Differente è, invece, l ipotesi della simulazione relativa, che determina una mera interposizione fittizia. La questione appena trattata coinvolge anche un dibattito giurisprudenziale, che sembra oramai superato, riguardo l ammissibilità di negozi aventi ad oggetto diritti futuri ed in particolare della donazione di cosa futura ed altrui. L orientamento tradizionale negava l ammissibilità di negozi aventi ad oggetto diritti non ancora facenti parte del patrimonio del soggetto (ad esempio il contratto con cui si rinunziava ad un diritto futuro, non ancora acquisito nella sfera giuridica). Tale assunto si fondava sugli artt. 458 e 771 del cc, intesi come espressione di un principio generale dell ordinamento. L impostazione successiva ha, invece, mutato opinione, ritenendo ammissibili i contratti aventi ad oggetto diritti futuri nel nostro ordinamento. La novella concezione deriva da un interpretazione evolutiva degli artt. 1378, 1472 e 1478 cc (gli ultimi due inerenti al contratto di compravendita). Per questa tesi, infatti, le suddette norme sono espressione di un principio generale che ammette il contratto sia in caso di futurità soggettiva che oggettiva a determinate condizioni. In tal guisa gli artt. 458 e 771 c.c. rappresenterebbero solo delle eccezioni alla regola generale. Tale teoria si pone, altresì, correntemente con il principio del consenso traslativo che, sulla base dell art.1456, comma 2 del cc, ammette il negozio obbligatorio ad effetti reali differiti. E necessario, però, ai fini della validità del contratto riguardante diritti futuri, che l oggetto dello stesso sia determinato in aderenza a quanto stabilito dalla giurisprudenza con la fideiussione omnibus ed il pegno rotativo.

I criteri tracciati hanno influenzato anche gli orientamenti pretori sulla donazione di cosa altrui. In passato, parte della giurisprudenza riteneva tale forma di donazione nulla, poiché involgente un bene futuro ai sensi dell art 771 cc. Di recente, però, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno aderito ad una diversa ricostruzione. Secondo i giudici di legittimità, la donazione di beni altrui è valida se il destinatario è consapevole dell altruità della res, obbligandosi il donante, in tal modo, ad effettuare una futura donazione ad effetti traslativi. Nel caso inverso, in cui il donatario non sia consapevole che il bene appartenga ad un altro soggetto, la donazione sarà nulla, ma non ai sensi dell art. 771 cc, bensì per difetto di causa. L evoluzione interpretativa ha condotto ad una estensione delle ipotesi di stipulazione dei contratti con oggetto beni e diritti futuri, che coinvolge, come visto anche tutto l universo delle liberalità, e quindi si estende a quelle indirette e a maggior ragione ai negozi a titolo gratuito. Sul punto si rileva che alcuni autori in dottrina sono favorevoli ad ammettere un contratto che preveda l acquiescenza ad una sentenza non ancora emanata, ma solo se afferente ai cd errores in iudicando, affidandosi così il contraente alla decisione del singolo giudice e alla sua interpretazione del diritto. Da quanto detto si può dedurre che l espansione dell autonomia negoziale dei privati ha favorito lo sviluppo di differenti modalità attraverso cui raggiungere gli scopi delle liberalità in via indiretta. A questa attività espansiva fa da contraltare la funzione della causa in concreto, cui è affidato il compito, in un ottica paternalistica, di garantire i soggetti che compiono atti economicamente rilevanti.