IL DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE

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Transcript:

IL DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE Subito dopo aver proposto insieme a James Watson la struttura tridimensionale del DNA, Francis Crick cominciò a considerare il problema del rapporto funzionale fra DNA e proteine. Questo lo portò a enunciare quello che chiamò il dogma centrale della biologia molecolare. In parole semplici, il dogma afferma che il gene è un tratto di DNA contenente le informazioni per la produzione di una catena polipeptidica; la proteina però non contiene l informazione per la produzione di altre proteine, dell RNA o del DNA. Per dirla con le parole di Crick «una volta che l informazione si è infilata in una proteina non riesce più a tornare indietro». Il dogma centrale della biologia molecolare solleva due interrogativi: 1. In che modo l informazione passa dal nucleo al citoplasma? Infatti, il DNA della cellula eucariotica è quasi interamente confinato nel nucleo, mentre le proteine sono sintetizzate nel citoplasma. 2. In che rapporto stanno una determinata sequenza nucleotidica del DNA e una determinata sequenza amminoacidica di una proteina? Per rispondere a queste domande Crick propose due ipotesi: 1- La trascrizione e l ipotesi del messaggero. Per spiegare in che modo l informazione passa dal nucleo al citoplasma, il gruppo di Crick propose che da un filamento di DNA di un particolare gene si formasse per copia complementare una molecola di RNA. L RNA messaggero o mrna si sposta poi dal nucleo al citoplasma dove, a livello dei ribosomi, serve da stampo per la sintesi delle proteine. Il processo con cui si forma questo RNA si chiama trascrizione. L ipotesi di Crick è stata messa più volte alla prova con geni che codificano proteine e il risultato è sempre stato lo stesso: ogni sequenza di DNA di un gene che codifica una proteina si esprime come sequenza di mrna.

Il virus dell influenza penetra nella cellula ospite per endocitosi, all interno di una vescicola membranosa. La fusione della membrana virale con quella della vescicola porta alla liberazione del virione all interno della cellula. Il virus contiene l enzima necessario per la duplicazione del proprio genoma a RNA. Questo enzima è un RNA polimerasi particolare, che utilizza come stampo l RNA (a differenza delle RNA polimerasi cellulari che come stampo utilizzano il DNA). Il filamento di RNA virale così sintetizzato serve poi sia da mrna sia da stampo per la sintesi, mediante appaiamento complementare delle basi, di nuove copie del genoma virale.

I retrovirus come HIV presentano un ciclo riproduttivo più complesso. In questo caso il virus penetra nella cellula per fusione diretta tra il rivestimento virale e la membrana plasmatica dell ospite. La caratteristica peculiare del ciclo vitale dei retrovirus è la sintesi di DNA guidata dall RNA. Questo processo, catalizzato dall enzima virale trascrittasi inversa, produce un provirus a DNA formato da cdna (DNA complementare, trascritto a partire dal genoma a RNA), che rappresenta la forma sotto cui il genoma virale si integra nel DNA della cellula ospite. Il provirus risiede stabilmente nel genoma della cellula ospite, attivandosi di tanto in tanto per produrre nuovi virioni. Quando ciò accade, il provirus viene trascritto in mrna, che poi viene tradotto nelle proteine virali. Le glicoproteine virali si inseriscono nella membrana plasmatica della cellula ospite, che poi diventerà il rivestimento virale. Altre proteine virali formeranno il capside, che racchiude le molecole di RNA virale. La liberazione dei virioni dalla cellula ospite avviene per un processo di gemmazione molto simile all esocitosi.

2- La traduzione e l ipotesi dell adattatore. Per spiegare in che modo una sequenza di DNA si trasforma nella sequenza di amminoacidi specifica di un polipeptide, Crick suggerì l ipotesi dell adattatore: deve esistere una molecola adattatrice capace di legarsi in modo specifico a un amminoacido e di riconoscere una sequenza di nucleotidi. La immaginò provvista di due regioni, una che svolge la funzione di legame e l altra che svolge la funzione di riconoscimento. Ben presto tali molecole adattatrici sono state trovate; si tratta di un RNA noto come RNA transfer, o trna. Dato che riconosce il messaggio genetico dell mrna e allo stesso tempo trasporta specifici amminoacidi, il trna è in grado di tradurre il linguaggio del DNA in linguaggio delle proteine. Gli adattatori di trna, che portano gli amminoacidi, si allineano lungo la sequenza dell mrna in modo tale che gli amminoacidi si vengono a trovare nella sequenza giusta per la crescita di una catena polipeptidica: un processo chiamato traduzione. Anche in questo caso, l osservazione della reale espressione di migliaia di geni ha confermato l ipotesi che il trna agisca da intermediario fra l informazione di una sequenza nucleotidica dell mrna e la sequenza amminoacidica di una proteina.

IL CODICE GENETICO A metà degli anni cinquanta, si iniziò ad affrontare il problema della decifrazione del codice genetico. Fu presto chiaro che le sequenze di DNA, trascritte in un filamento di RNA contenente uracile (U) invece di timina, dovessero in qualche modo costituire delle stringhe in codice che racchiudessero le informazioni per dirigere la produzione proteica. L insieme di regole che permettono la traduzione dell informazione genetica in proteine prende il nome di codice genetico.

1927 1 La maggior parte delle informazioni sulla natura del codice genetico sono state fornite dagli esperimenti su alcune mutazioni rii del fago T4 condotti da Francis Crick e Sydney Brenner nel 1961. Essi studiavano il comportamento dei fagi sottoposti all azione del mutageno PROFLAVINA e ritenevano che tali mutazioni fossero il risultato di una alterazione del DNA che non implicava sostituzione di basi. Le mutazioni indotte da mutageni analoghi della basi (ad esempio la 2-aminopurina e il 5-bromouracile) erano ritenute (correttamente) mutazioni per sostituzione di basi e potevano revertire a fenotipo selvatico utilizzando gli stessi composti che le avevano indotte (ciò costituiva una prova del fatto che fossero dovute a sostituzioni di basi). UNA PERCENTUALE MOLTO BASSA DELLE MUTAZIONI INDOTTE DA PROFLAVINA REVERTE A FENOTIPO SELVATICO IN PRESENZA DI ANALOGHI DI BASI, MENTRE LA PERCENTUALE DI REVERSIONE A FENOTIPO SELVATICO E MOLTO ALTA IN PRESENZA DI PROFLAVINA STESSA. Crick e Brenner IPOTIZZARONO che la proflavina potesse indurre mutazioni PUNTIFORMI per inserzione o delezione di una singola coppia di basi. Nel 1961 non era ancora possibile sequenziare il DNA in modo semplice e corrente, quindi la natura delle mutazioni indotte dagli analoghi di basi o dagli agenti intercalanti era solo un ipotesi (poi dimostratasi corretta). Quindi: alcuni revertanti derivavano da una correzione esatta della mutazione originale. Un secondo gruppo di revertanti risultava molto più utile per stabilire la natura del codice genetico: esso si originava da una seconda mutazione all interno del gene rii molto vicina ma distinta rispetto al sito di mutazione originario.

Esempio di reversione di una mutazione

Crick e colleghi classificarono tutte le mutazioni isolate in due gruppi: il gruppo più (+) e il gruppo meno (-) pur non sapendo quale dei due gruppi fosse realmente quello delle mutazioni per inserzione e quale quello delle delezioni. Crick e colleghi costruirono ricombinanti che portavano varie combinazioni delle mutazioni (+) e (-). I ricombinanti con due mutazioni (+) o due mutazioni (-) avevano sempre il fenotipo mutante, come le mutazioni singole. I ricombinanti con tre mutazioni (+) o tre mutazioni (-) esibivano spesso il fenotipo selvatico. Questo risultato poteva essere spiegato solo ipotizzando che ogni codone contenesse tre nucleotidi.

La scoperta del codice genetico Marshall Warren Nirenberg (1927-2010), biochimico statunitense, è noto per aver svelato il codice genetico e per averne interpretato il ruolo nella sintesi proteica. Tali studi gli valsero il Premio Nobel nel 1968 insieme a Robert Holley ed Har Gobind Khorana. Nel 1959, quando Nirenberg iniziò le sue ricerche, molto era stato definito relativamente al DNA. I lavori di Crick, Watson ed Avery ne avevano chiarito la struttura ed il ruolo di molecola latrice dell'informazione genetica. Non era ancora chiaro il meccanismo attraverso cui il DNA potesse essere replicato e fornire informazioni per la sintesi proteica. Non era nemmeno chiaro quale ruolo potesse avere l RNA in questi processi. Per rispondere a questi interrogativi, Nirenberg intraprese i suoi studi ai NIH insieme ad Heinrich Matthaei nel 1960. Nell'agosto del 1961 vi fu una pubblicazione a riguardo: "The dependence of cell-free protein synthesis in E. coli upon naturally occurring or synthetic polyribonucleotides", che trattava la dipendenza della sintesi proteica nell'e. coli con i polinucleotidi sia naturali che sintetici, e nel 1962 la scoperta fu resa famosa e 'UUU' venne definita come la prima 'parola' nel 'dizionario chimico della vita. Robert William Holley (1922-1993), biochimico statunitense, focalizzò dapprima le sue ricerche sull'isolamento dell RNA transfer (trna), per poi dedicarsi specificamente alla determinazione di sequenza e struttura dell'alanil-trna, la macromolecola che permette l'inserimento dell amminoacido alanina all'interno delle proteine. Il gruppo di ricerca di Holley determinò la struttura del trna utilizzando due RNAsi in grado di spezzare il trna in pezzetti. Poiché tali RNAsi sono in grado di tagliare la molecola solo presso specifiche sequenze nucleotidiche, il gruppo fu in grado di ricostruire, come per un puzzle, la struttura dell'intera molecola. Completata nel 1964, tale struttura costituì una scoperta chiave nella spiegazione della traduzione da mrna a proteine. Quella dell'alanil-trna fu anche la prima sequenza di RNAad essere determinata. Utilizzando il metodo di Holley, inoltre, altri scienziati furono in grado in seguito di determinare le strutture degli altri trna.

Har Gobind Khorana (1922-2011), biochimico indiano naturalizzato statunitense, riuscì per primo a costruire in laboratorio degli RNA messaggeri monotoni nella ripetizione della coppia di nucleotidi CU. Non riuscì a ricavare informazioni precise sul significato delle triplette CUC e UCU, ma portò una definitiva dimostrazione del fatto che il codice genetico fosse a triplette: infatti la proteina che si formava in seguito alla lettura del messaggio era formata da due amminoacidi che si alternavano e se il codice genetico fosse stato a doppiette si sarebbe formata una proteina monotona (lo stesso sarebbe successo se fosse stato a gruppi di 4 nucleotidi). Il biochimico di origine spagnola Severo Ochoa (1905-1993) aveva sviluppato (premio Nobel per la medicina 1959) un metodo per sintetizzare un lungo filamento di DNA mediante l'unione di nucleotidi; con questo metodo aveva creato un filamento di RNA in provetta costituita da una sola base azotata, l'uracile, denominando così il filamento poli- U.

I primi esperimenti genetici dimostrarono che nell'mrna (RNA messaggero) le triplette, o codoni, non sono sovrapposte né separate da nucleotidi non codificanti, per cui la sequenza di una proteina è definita da una sequenza continua di triplette contigue nell'mrna corrispondente. Gli esperimenti che condussero negli anni Sessanta a comprendere la specifica corrispondenza tra ciascuna tripletta e ciascun aminoacido sono dovuti soprattutto a M.W. Nirenberg che, insieme ai suoi collaboratori, ideò una serie di esperimenti in vitro che contribuirono a chiarire diversi aspetti del codice genetico; i primi risultati vennero ottenuti da Nirenberg e H. Matthaei nel 1961. Essi utilizzarono un estratto da cellule di Escherichia coli (cell free extract) che conteneva tutti gli ingredienti necessari per la sintesi proteica: il DNA, i trna (RNA di trasporto), i ribosomi e gli enzimi necessari. Questo estratto venne esposto a un mrna artificiale e ai 20 aminoacidi naturali, dei quali uno solo per volta era marcato radioattivamente. Il primo mrna artificiale usato fu l'acido poliuridilico (poli U), ottenuto dall'uridina 5'-difosfato con una reazione di polimerizzazione catalizzata dall'enzima polinucleotide fosforilasi. Secondo l'ipotesi di Nirenberg, l'acido poliuridilico avrebbe dovuto agire come un mrna costituito da un unico nucleotide ripetuto, in cui le triplette erano tutte uguali (UUU) e avrebbero codificato un solo aminoacido. Dopo l'incubazione dell'acido poliuridilico con le 20 diverse miscele, contenenti ciascuna un solo aminoacido radioattivo, e la successiva filtrazione per separare l'eventuale proteina (o meglio la catena omo-polipeptidica), si osservò che l'unica miscela che aveva dato luogo a una proteina radioattiva era quella in cui l'aminoacido marcato radioattivamente era la fenilalanina: si era infatti formata poli-fenilalanina. La tripletta UUU fu così il primo codone a essere identificato.

Con la stessa procedura, il gruppo di Nirenberg assegnò i codoni per gli altri aminoacidi: vennero utilizzati svariati messaggeri artificiali come polinucleotidi sintetici contenenti un unico nucleotide, cioè il poli A e il poli C (il poli G non diede allora alcun risultato utile per ragioni steriche), oppure polinucleotidi con sequenze casuali ottenuti da opportune miscele di due o più nucleosidi 5'-difosfato. Con questi messaggeri artificiali fu possibile stabilire la composizione di molte triplette che codificano i 20 aminoacidi naturali.

LE CARATTERISTICHE DEL CODICE GENETICO Mediante i suddetti esperimenti, vennero identificati tutti i 64 codoni, permettendo così di definire le caratteristiche del codice genetico, che sono le seguenti: 1- Il codice è a triplette : ogni codone dell mrna che specifica un amminoacido di una catena polipeptidica consta di tre nucleotidi. 3- Il codice non ha segni d interpunzione : l mrna viene letto in maniera continua, un codone per volta, senza saltare alcun nucleotide presente nel messaggio. 4- Il codice non ha sovrapposizioni: l mrna viene letto in gruppi successivi di tre nucleotidi. Un messaggio del tipo AAGAAGAAG... viene letto nella cellula come lisina-lisina-lisina..., che è quanto specificato da AAG. 5- Il codice è quasi universale : tutti gli organismi condividono lo stesso linguaggio dal punto di vista genetico. Pertanto la lisina è codificata da AAA oppure AAG negli mrna di tutti gli organismi, l arginina da CGU, CGC, CGA, CGG, AGA, AGC, e così via. Quindi è possibile isolare l mrna da un organismo, tradurlo usando l apparato isolato da un altro organismo e produrre la proteina così come se fosse stata tradotta nell organismo di partenza. Tuttavia il codice non è completamente universale. 6- Il codice è degenerato: tranne due eccezioni, AUG (metionina) e UGG (triptofano), per ogni amminoacido è presente più di un codone. Questa molteplicità del codice è detta degenerazione del codice. Infatti, se due codoni hanno i primi due nucleotidi uguali e il terzo è U oppure C, spesso codificano per lo stesso amminoacido. Per esempio, UUU e UUC specificano per fenilalanina, CAU e CAC specificano l istidina. Inoltre, quando i primi due nucleotidi sono identici, spesso viene specificato lo stesso amminoacido se la terza base è A oppure G, come nel caso di UUA e UUG che codificano per leucina, AAA e AAG che codificano per lisina. In alcuni casi, fissate le prime due posizioni, la base in terza posizione potrà essere U, C, A o G e l amminoacido codificato sarà sempre lo stesso. Un esempio è dato da CUU, CUC, CUA e CUG, tutti per leucina. Anche se esiste degenerazione del codice, questo non implica che tutti i codoni siano usati con la stessa frequenza. Alcuni studi hanno dimostrato che l uso dei codoni non è casuale, bensì che alcuni codoni sono utilizzati ripetutamente, mentre altri non sono usati quasi mai.

7- Il codice ha dei segnali d inizio e di fine: nel codice sono contenuti segnali specifici per l inizio e la fine della sintesi proteica. Sia negli eucarioti che nei procarioti AUG (metionina) è il codone d inizio più comunemente usato, nonostante in alcuni rari casi possa venir utilizzato anche GUG. Così, esaminando la sequenza di un particolare mrna per localizzare quella parte della sequenza che codifica per amminoacidi, si cercherà presso l estremità 5 il codone d inizio AUG e da lì si comincerà a leggere la sequenza amminoacidica. Soltanto 61 dei 64 codoni codificano per amminoacidi: questi codoni sono detti codoni senso. Gli altri tre codoni - UAG, UAA, UGA - non specificano per nessun amminoacido e in cellule normali non esiste alcun trna che rechi l anticodone appropriato. Questi tre codoni sono i codoni di stop, o codoni non-senso o codoni di terminazione. Sono utilizzati singolarmente o in coppia (ad esempio UAG UAA) per specificare la fine del processo di traduzione di una catena polipeptidica. Ancora, quando leggiamo una particolare sequenza di mrna, cerchiamo la presenza di un codone di stop nella stessa fase di lettura del codone d inizio AUG per stabilire dove termini la sequenza codificante per gli amminoacidi. 8- L anticodone vacilla: dal momento che nell mrna 61 codoni senso specificano amminoacidi, esiste un totale di 61 molecole di trna che potrebbero portare gli anticodoni appropriati. Ma, in teoria, l insieme completo dei 61 codoni senso potrebbe essere letto da meno di 61 distinti trna a causa del vacillamento nell anticodone. L ipotesi del vacillamento fu proposta da Crick. L analisi di sequenza ha mostrato che la base terminale dell anticodone (complementare alla base al 3 terminale del codone, ovvero alla terza lettera) non è sottoposta a restrizioni come le altre due basi. Questa caratteristica permette un appaiamento delle basi meno preciso, cosicché la base al 5 dell anticodone può potenzialmente appaiarsi con tre basi differenti al 3 del codone: può vacillare. Non esiste alcuna singola molecola di trna che sia in grado di riconoscere quattro codoni diversi ma, se la molecola di trna contiene al 5 terminale dell anticodone il nucleotide con la base modificata inosina, allora tre codoni diversi possono essere riconosciuti dallo stesso trna.

Ecco le tappe della produzione dell insulina umana: 1) Il frammento del DNA che corrisponde al gene umano dell'insulina viene isolato attraverso diverse tecniche; la più efficace e rapida è quella che prevede la creazione del gene a partire dall RNA messaggero, che si trova in grande abbondanza nelle cellule beta del pancreas di persone non affette dal diabete. La molecola di RNA messaggero costituisce una copia complementare del DNA che forma il gene dell insulina. Con l utilizzo di un enzima detto TRASCRITTASI INVERSA (estratto da alcuni virus), viene creata la copia di DNA complementare all RNA messaggero. Si ottiene però solo un singolo filamento (mentre il DNA è costituito da una doppia elica o doppio filamento), quindi si inserisce un altro enzima detto DNA-POLIMERASI che crea il filamento complementare del DNA già presente. Alla fine di questa tappa abbiamo ottenuto un frammento isolato di DNA che corrisponde al gene completo dell insulina umana. 2) Il vettore usato per inserire il gene nel batterio è un PLASMIDE (piccolo anello di DNA presente nei batteri). Questo plasmide ad anello viene tagliato da un enzima detto ENDONUCLEASI DI RESTRIZIONE e mescolato con il DNA del gene. L intervento di un altro enzima, il DNA-LIGASI, permette l unione tra il DNA plasmidico e quello del gene dell insulina. Il plasmide si ricompone ad anello comprendendo anche il gene nuovo. 3) Il plasmide messo a contatto con la cellula di Escherichia coli penetra al suo interno. Il DNA ricombinante diventa parte integrante del DNA del batterio, il quale inizia a riprodursi generando tante cellule identiche, tutte in grado di produrre l insulina umana. 4) Il numero dei batteri inseriti in appositi fermentatori aumenta in modo esponenziale, producendo molta insulina che viene estratta, purificata e confezionata.

THE CODON TABLE As the codon table (which mrna nucleotide triplets coded for which amino acids) were being filled in, a number of patterns became evident (in the figure the first letter of the codon is in the center, then select outward second codon, third codon). Notably, in many cases, all four possible third nucleotide position selections call for the same amino acid at the top of the figure, going from the central G upwards, note that G-G-[UCAG] all code for glycine. This pattern holds for eight of the amino acids (blue circles). For seven, either purine (A, G) results in the same outcome (orange circles) and for another seven, either pyrimidine (C, U) calls for one amino acid (green circles). Lastly, for one amino acid (isoleucine; just left of bottom) A, C and U all answer if the codon starts A-U-. What to make of this? One reasonable answer is that if several similar codons mean the same thing, then errors will be less likely.

THE WOBBLE HYPOTHESIS (Crick,1966)

JMB Volume 19, Issue 2, August 1966, Pages 548-555 Codon anticodon pairing: The wobble hypothesis F.H.C.Crick It is suggested that while the standard base pairs may be used rather strictly in the first two positions of the triplet, there may be some wobble in the pairing of the third base. This hypothesis is explored systematically, and it is shown that such a wobble could explain the general nature of the degeneracy of the genetic code. A wobble base pair is a pairing between two nucleosides in RNA molecules that does not follow Watson-Crick base pair rules. The four main wobble base pairs are guanine-uracil (G-U), hypoxanthine-uracil (I-U), hypoxanthine-adenine (I-A), and hypoxanthine-cytosine (I-C). In order to maintain consistency of nucleic acid nomenclature, "I" is used for hypoxanthine because hypoxanthine is the nucleobase of the nucleoside inosine. The thermodynamic stability of a wobble base pair is comparable to that of a Watson-Crick base pair. Wobble base pairs are fundamental in RNA secondary structure and are critical for the proper translation of the genetic code. Crick postulated that the 5 base on the anticodon, which binds to the 3 base on the mrna, was not as spatially confined as the other two bases, and could, thus, have nonstandard base pairing. Inosina