Il valore del Piano B di Lester Brown di Gianfranco Bologna



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Il valore del Piano B di Lester Brown di Gianfranco Bologna Lester Russell Brown è veramente la persona adatta per scrivere un libro come questo. Nel 1980 l amico Adriano Buzzati Traverso, scienziato di fama internazionale e grande esperto di problemi ambientali (in quel periodo era anche Senior Adviser del Programma delle Nazioni Unite per l Ambiente) UNEP) pubblicò, nella collana da lui diretta per Sansoni, dal titolo Il Pianeta, l allora nuovo libro di Lester Brown Il 29 giorno, uscito due anni prima negli Stati Uniti. Un libro straordinariamente lucido e chiaro che poneva in concreto le basi di quello che oggi chiamiamo sviluppo sostenibile. Non si trattava certo del primo libro di Lester Brown pubblicato in italiano. La casa editrice Mondadori, nella sua serie delle Edizioni Scientifiche e Tecniche (EST), aveva già pubblicato due libri di Brown, I limiti alla popolazione mondiale. Una strategia per contenere la crescita demografica, nel 1974, con una bella premessa proprio di Adriano Buzzati Traverso, e Di solo pane. Un piano d azione contro la fame nel mondo, nel 1975, scritto in collaborazione con Erik Eckholm. Proprio Lester Brown nel 1974, quindi solo due anni dopo la pubblicazione del rapporto del Club di Roma sui limiti della crescita, aveva fondato il Worldwatch Institute, un istituto indipendente di analisi integrata dei problemi ambientali, sociali ed economici del mondo, che ha acquisito negli anni una straordinaria fama internazionale, grazie proprio alla principale qualità di Lester Brown, vale a dire la sua capacità di lettura transdisciplinare delle problematiche mondiali. Brown ha fatto scuola trasmettendo questo stile a ogni ricercatore del-l Istituto (e in tutti questi anni se ne sono avvicendati parecchi) e facendo diventare i rapporti del Worldwatch dei veri e propri best seller, nonché punti di riferimento della cultura mondiale sull ambiente e la sostenibilità: primo fra tutti l annuario State of the World, uscito per la prima volta nel 1984 e tradotto ogni anno in oltre 30 lingue. I temi che tratta il Worldwatch Institute sono, in buona sostanza, gli stessi sui quali opera sin dal 1968 il Club di Roma, una struttura internazionale informale, costituita da un centinaio di membri provenienti da diverse parti del mondo, tutte figure di notevole spessore intellettuale, con background culturali, formativi e professionali diversi, accomunate dalla preoccupazione per il nostro futuro e per la scarsa capacità da parte della nostra specie di gestire i problemi che ha provocato. Pochi anni prima della pubblicazione de Il 29 giorno, avevo avviato un profondo rapporto di amicizia con Peccei e Buzzati Traverso, anch egli membro del Club di Roma. Successivamente conobbi anche Lester Brown, con il quale ho intrecciato una bella amicizia e un affascinante collaborazione che mi ha spinto a promuovere l edizione italiana di quasi tutti i suoi libri. La prima edizione italiana di State of

the World è del 1988 e, da allora, ho il piacere di esserne il curatore: un esperienza che considero una meravigliosa avventura intellettuale. Dal 1998 l annuario è pubblicato in Italia da Edizioni Ambiente. I rapporti personali con Peccei, Buzzati Traverso (purtroppo interrotti per la scomparsa di Buzzati nel 1983 e di Peccei nel 1984), Brown e molti altri, mi hanno in qualche modo consentito di vivere l elaborazione della concezione della sostenibilità del nostro sviluppo sociale ed economico, che ha visto come momenti ufficiali le due grandi conferenze delle Nazioni Unite: quella su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 1992, e quella sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002. In veste di esperto non governativo della delegazione italiana ho partecipato a entrambe. Ancora oggi credo che Il 29 giorno sia un libro fondamentale, perché offre oltre all analisi della situazione in cui ci troviamo anche la proposta di intraprendere una nuova strada, desiderabile e possibile, verso la sostenibilità della nostra presenza sul pianeta. Il titolo di quel volume prendeva spunto proprio da un indovinello di cui si servono gli insegnanti francesi per insegnare ai ragazzi la natura della crescita esponenziale (indovinello che fu comunicato da Robert Lattès a Donella Meadows, allora al Massachusetts Institute of Technology di Boston, una delle autrici del primo famosissimo rapporto al Club di Roma, I limiti allo sviluppo). L indovinello recita: In uno stagno c è una foglia di ninfea. Ogni giorno che passa, il numero delle foglie si raddoppia: due foglie il secondo, quattro il terzo, otto il quarto, e così via. La domanda che segue è: Se lo stagno si ricopre interamente di foglie il trentesimo giorno, quando si troverà coperto per metà?. La risposta è: Il 29 giorno. Brown si serve dell indovinello per trattare la tesi centrale del libro: il nostro pianeta può essere paragonato allo stagno di ninfee. Se la presenza umana, sia in termini semplicemente numerici, relativi alla crescita della popolazione (quando il libro fu pubblicato nel 1978, la popolazione umana era di 4 miliardi), sia in termini di stili di vita, nonché di utilizzo e trasformazione delle risorse e di produzione di rifiuti, non modifica la sua strada basata sulla continua crescita materiale e quantitativa, allora entro la prossima generazione il pianeta potrebbe trasformarsi completamente, diventando inospitale per noi stessi. Brown scrive: Una lettura attenta dei segnali indica che le pressioni sui principali sistemi biologici e sulle principali risorse di energia della Terra stanno aumentando. Sollecitazioni molto forti sono chiaramente percepibili in ciascuno dei quattro principali sistemi biologici, le zone di pesca oceaniche, i pascoli, le foreste e le terre coltivate, da cui l umanità dipende per il cibo e le materie prime industriali. Se si fa eccezione per i terreni agricoli, sono tutti essenzialmente sistemi naturali, modificati poco o nulla dall uomo. In grandi aree del mondo, la pressione di una domanda umana crescente su questi sistemi ha raggiunto il punto in cui essa comincia a incidere negativamente sulle loro capacità produttive. Le discussioni sulle prospettive di crescita economica a lungo termine si sono concentrate in anni recenti sulle risorse non rinnovabili, specialmente su minerali o combustibili fossili. L attenzione sulle risorse non rinnovabili è stata rafforzata dall assunto implicito che, poiché le risorse biologiche sono rinnovabili, non era il caso di preoccuparsene troppo. In realtà, invece, si sono 2

andate contraendo le basi tanto delle risorse non rinnovabili quanto di quelle rinnovabili. I sistemi biologici della Terra costituiscono il fondamento del sistema economico mondiale. Oltre al cibo, i sistemi biologici forniscono praticamente tutte le materie prime all industria, eccezion fatta per i minerali e per le sostanze sintetiche derivate dal petrolio. Quattro miliardi di esseri umani, ricordo ancora che la versione originale del libro di Brown risale al 1978, con crescenti aspirazioni esercitano una grande pressione su questi sistemi biologici, spesso soverchiando la capacità della natura di continuare a far fronte a lungo termine a queste richieste. Il deterioramento dei sistemi biologici non è un problema secondario che interessi soltanto agli ecologi. Il nostro sistema economico dipende dai sistemi biologici della Terra. Tutto ciò che minaccia la vitalità di questi sistemi biologici minaccia anche l economia mondiale. Ogni deterioramento di questi sistemi rappresenta un deterioramento delle prospettive dell umanità. La restaurazione di un rapporto stabile fra l umanità e i sistemi naturali che sostengono la vita umana non potrà non preoccupare gli uomini politici nei prossimi anni e nei prossimi decenni. Gli adattamenti che dobbiamo oggi introdurre nei modelli di consumo, nella politica demografica e nel sistema economico, se vogliamo preservare i sostegni biologici dell economia mondiale, sono profondi; essi rappresentano una sfida molto impegnativa sia per l intelligenza dell uomo sia per la sua capacità di modificare il proprio comportamento. Il libro espone quindi la situazione dei problemi derivanti dalla crescita demografica, dallo sfruttamento energetico, dalla situazione alimentare, da quella economica, dalla distribuzione della ricchezza fra le società e dalla distribuzione della ricchezza all interno delle società, per poi dedicarsi alle proposte relative alla necessità di adattamento tra le dimensioni e i bisogni della popolazione umana e lo stato delle risorse del pianeta, agli elementi fondamentali di tale adattamento e ai mezzi per concretizzarlo. Scrive Brown: Il bisogno di adattare la vita umana simultaneamente alla capacità di rigenerazione dei sistemi biologici della Terra e ai limiti delle risorse rinnovabili richiederà una nuova etica sociale. L essenza di questa nuova etica è l adeguamento: l adeguamento del numero e delle aspirazioni degli esseri umani alle risorse e alle capacità della Terra. Questa nuova etica deve soprattutto arrestare il deterioramento del rapporto dell uomo con la natura. Se la civiltà, quale la conosciamo oggi, deve sopravvivere, quest etica dell adeguamento deve sostituire la dominante etica della crescita. La soluzione che daremo al problema di arrestare il deterioramento del rapporto fra la popolazione umana, che oggi conta già quattro miliardi di individui, e i sistemi e le risorse naturali della Terra, inciderà su ciò che mangeremo, su quanto pagheremo la casa e su quanti figli potremo avere. Alcuni considereranno i mutamenti che ci attendono con allarme, o anche in termini apocalittici. Altri, fra i quali si schiera l autore, ritengono che i problemi delineati in questo libro siano solubili, ma che per risolverli in modo soddisfacente sarà necessaria una dose eccezionale di volontà politica e di intelligenza. L etica dell adattamento costituisce proprio uno degli elementi centrali del concetto di sostenibilità del nostro sviluppo. Un concetto che si è 3

andato evolvendo in questi ultimi tre decenni, producendo una straordinaria e affascinante elaborazione transdisciplinare che, di fatto, sta portando a una vera e propria Sustainability Science, una scienza della sostenibilità (si veda, tra gli altri, Kates, et al., 2001; AA.VV., 2003; Bologna, 2003 e 2008). Nel 2001 Lester Brown, che nel frattempo ha lasciato il Worldwatch Institute, alla cui presidenza è succeduto il suo allievo Christopher Flavin) ha fondato l Earth Policy Institute, un istituto di analisi transdisciplinare che ha l obiettivo precipuo di dimostrare la praticabilità immediata di una vera e propria eco economia (come viene analizzata e proposta da anni da molti studiosi che nel 1987 hanno dato vita all International Society of Ecological Economics). L istituto in questi primissimi anni di vita ha già pubblicato tre volumi, tutti scritti da Lester Brown e tutti fortunatamente tradotti in italiano. Il primo intitolato Eco-economy, il secondo Bilancio Terra e il terzo, che qui viene proposto nella sua nuova, aggiornata e fortemente ampliata terza edizione (dopo che Edizioni Ambiente aveva pubblicato già la prima), Piano B. Il Piano B 3.0 di cui parla Brown in questo volume vuole essere la traccia di un vero e proprio piano alternativo, che dovrebbe essere varato al più presto, per avviare una concreta inversione dell attuale rapporto negativo esistente tra i sistemi naturali e la specie umana e realizzarne uno nuovo, certamente più positivo e armonico. La cultura scientifica e transdisciplinare della sostenibilità sta facendo progressi ragguardevoli, come ci dimostra la stessa opera portata avanti da centri come il Worldwatch e l Earth Policy Institute. E non può non colpire la constatazione del gap macroscopico che ancora separa questi progressi e l inadeguata, quando non del tutto assente, risposta politica. La teoria e la prassi della sostenibilità hanno oggi al loro arco molte frecce, la cui praticabilità è dimostrata da tanti esempi concreti. La conoscenza scientifica che si sta accumulando sul funzionamento dei sistemi naturali, e sul ruolo dell intervento umano esercitato su di essi, in seno alla comunità scientifica ha consentito di raggiungere una convergenza su alcune importanti conclusioni. Non a caso in occasione della prima Open Science Conference intitolata Challenges for a Changing Earth, organizzata dai grandi programmi internazionali di ricerca sul cambiamento globale nel luglio 2001, da allora riunitisi nell Earth System Science Partnership (www.essp.org) per lavorare in maniera maggiormente sinergica, hanno sottoscritto una dichiarazione comune che, tra l altro, afferma: I cambiamenti indotti dalle attività umane nel suolo, negli oceani, nell atmosfera, nel ciclo idrologico e nei cicli biogeochimici dei principali elementi, oltre ai cambiamenti della biodiversità, sono oggi chiaramente identificabili rispetto alla variabilità naturale. Le attività umane sono perciò a tutti gli effetti comparabili, per intensità e scala spaziale di azione, alle grandi forze della natura. Molti di questi processi stanno aumentando di importanza e i cambiamenti globali sono già una realtà nel tempo presente. (...). I cambiamenti indotti dalle attività antropiche sono causa di molteplici effetti che si manifestano nel sistema Terra in modo molto complesso. Questi effetti interagiscono fra di loro e con altri cambiamenti a scala locale e regionale con andamenti multidimensionali difficili da interpretare e ancor più da predire. Per questo gli eventi inattesi abbondano. (...) Le attività antropiche hanno la capacità potenziale di fare transitare il sistema 4

Terra verso stati che possono dimostrarsi irreversibili e non adatti a supportare la vita umana e quella delle altre specie viventi. La probabilità di un cambiamento inatteso nel funzionamento dell ambiente terrestre non è ancora stata quantificata ma è tutt altro che trascurabile. Per quanto riguarda alcuni importanti parametri ambientali, il sistema Terra si trova oggi ben al di là delle soglie prevedibili di variabilità naturale, per lo meno rispetto all ultimo mezzo milione di anni. La natura di questi cambiamenti che hanno già luogo simultaneamente nel sistema Terra, la loro intensità e la velocità con cui si manifestano non hanno precedenti nella storia della Terra. Il pianeta sta in questo momento operando in uno stato senza precedenti confrontabili. (...) Il modo corrente di gestione del sistema Terra non è più un opzione percorribile e deve essere al più presto sostituito con strategie di sviluppo sostenibile che possono preservare l ambiente e, allo stesso tempo, perseguire obiettivi di sviluppo sociale ed economico (si veda, tra gli altri, Alverson et al., 2002; Steffen et al., 2002). Il primo rapporto pubblicato dal grande programma internazionale del Millennium Ecosystem Assessment, patrocinato dalle Nazioni Unite (Millennium Ecosystem Assessment, 2003 e 2005; www.maweb.org), suggerisce che le stime di circa 3 miliardi in più di esseri umani, e un previsto quadruplicamento dell economia mondiale entro il 2050, implicano un notevole incremento nella domanda e nel consumo di risorse fisiche e biologiche, così come di un incremento del nostro impatto sugli ecosistemi del mondo e una riduzione degli stessi servizi che essi forniscono al nostro benessere. Il benessere della nostra specie e i progressi verso uno sviluppo sostenibile) secondo il rapporto del Millennium Ecosystem Assessment) sono strettamente dipendenti dal miglioramento delle capacità di conservare e gestire gli ecosistemi del pianeta. Infatti, mentre cresce la nostra domanda e quindi la nostra pressione sui servizi che gli ecosistemi ci forniscono garantendo cibo e acqua, la nostra azione negativa su di essi diminuisce la loro capacità di soddisfare le esigenze umane. Politiche e azioni mirate per invertire il degrado degli ecosistemi possono conseguire risultati positivi, non soltanto su questi, ma anche sul nostro benessere. Sapere quando e come intervenire richiede conoscenze adeguate sullo stato di salute degli ecosistemi, sulle loro dinamiche naturali e sulla loro interazione con i sistemi sociali. La migliore informazione non garantisce automaticamente decisioni e azioni corrette, ma è senza dubbio un prerequisito per prendere decisioni migliori. Queste conclusioni non fanno che confermare quanto la scienza ambientale sta dicendo ormai da diversi decenni, e cioè che è indispensabile ridurre il nostro peso sulla Terra. 5