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A cura di Margherita de Pilati

La montagna non rappresenta solo uno spazio fisico. È un luogo della mente e dello spirito, che tempra il corpo e forma il carattere. È allo stesso tempo luogo e teatro di trasformazioni continue, sia di natura geologica che antropica. L uomo modifica il paesaggio abitandolo, utilizzandolo, piegandolo ai propri scopi: coltiva le pendici delle montagne, ne sfrutta le pendenze per lo sport e per il divertimento, estrae minerali e materie prime dalle sue profondità, costruisce strade per rendere accessibili luoghi remoti. Talvolta trasforma le montagne in scenari di guerra, come avvenuto cento anni fa in occasione delle drammatiche e logoranti battaglie di trincea ad alta quota che caratterizzarono il fronte alpino della Prima Guerra Mondiale. Altre volte l uomo è capace di rispettare l ambiente montano, osservandolo silenzioso e tutelandolo. Ne resta così affascinato e impressionato che spesso lo elegge a soggetto di opere letterarie e pittoriche: gli esempi sono pressoché infiniti. Basti pensare ai dipinti di Giovanni Segantini, massimo interprete delle emozioni estetiche delle vette alpine e raffinato cantore della vita bucolica, che alla fedeltà nei confronti della pittura en plein air consacrò la propria vita. Attraverso la fotografia, la montagna non è più idealizzata e interpretata; la resa del paesaggio è fedele come solo l obiettivo della macchina può fare. Eppure ognuno dei sette artisti presenti in mostra la fa propria, fotografando un paesaggio che sembra sempre diverso perché visto da ciascuno con i propri occhi, la propria sensibilità, il proprio credo estetico e intellettuale.

Gabriele Basilico (Milano, 1944 2013) Noto per la sua capacità di indagine sui contesti urbani, Basilico ha al suo attivo una serie straordinaria di lavori dedicati alla geografia dell abitare, sia in Italia che all estero, da cui ha tratto saggi esemplari per una ricognizione molto efficace sul cambiamento delle città e della società contemporanea, un tema che sembra davvero potersi affidare soltanto alla verità dell obiettivo fotografico. Nel sapiente uso del bianco e nero, nelle ampie prospettive che a volo d uccello traguardano montagne e valli per sconfinare verso l orizzonte del cielo, nel puntiglioso documentare con una precisione che mette tutto a fuoco anche i dettagli più piccoli e lontani dei luoghi oggetto della sua indagine fotografica, Basilico risponde con grande convinzione alla nostra sempre viva esigenza di conoscere, capire e interpretare i luoghi dove la nostra vita si compie e dove dunque i destini della storia si avverano. Veduta del lago di S. Giustina, 2003 fotografia montata su alluminio, 65 x 95 cm Mart, Provincia autonoma di Trento

Antonio Biasiucci (Dragoni, 1961) Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica in un viaggio dentro gli elementi primari dell esistenza. Magma, 1985 1995 fotografia b/n, 38 x 38 cm Mart, Collezione I Cotroneo

Alberto Bregani (Milano, 1962) Considerato tra i più puri e validi interpreti della fotografia di montagna in bianco e nero, cresciuto a Cortina d Ampezzo, scatta prevalentemente in pellicola medio formato. Lavora su progetti preferibilmente di medio/lungo periodo. Nel dicembre del 2012 è stato pubblicato il suo lungo lavoro dedicato alle Dolomiti di Brenta, durato quattro anni, dal titolo Dentro e fuori le Cime. Dal 2005 è Accademico del G.I.S.M. - Gruppo Italiano Scrittori di Montagna che raggruppa scrittori, alpinisti, fotografi che attraverso imprese alpinistiche o opere letterarie e fotografiche abbiano contribuito ad accrescere la cultura di Montagna. Solo il Vento è un progetto in pellicola bianco e nero in cui Bregani ha percorso alcuni dei più significativi e suggestivi tratti di media e alta montagna del fronte Austro-Ungarico trentino, per fotografare con sguardo autoriale, contemporaneo ed evocativo le vestigia della Grande Guerra. Cresta Lares - Attilio Calvi, 2013 stampa fotografica, 70 x 105 cm Mart, Provincia autonoma di Trento

Gea Casolaro (Roma, 1965) Dal 1994 espone in musei, spazi istituzionali e gallerie private in Italia e all estero. Con un approccio vicino alle pratiche di sociologi e filosofi, utilizza i mezzi della contemporaneità per indagare la nostra relazione con le immagini, l attualità, la società che ci circonda, i paesaggi urbani e le persone che li vivono. Il suo lavoro dà grande risalto visivo al passare del tempo, ed è quindi innanzitutto una riflessione sul carattere di permanenza dell opera dell uomo. Si tratta di elaborazioni fotografiche di grande formato, nelle quali Casolaro ha sovrapposto immagini recenti e scatti storici d archivio. Solda all Ortles, 2007 stampa fotografica da digitale, 69 x 104 cm Mar

Camilla de Maffei (Cles, 1981) Il progetto The visible mountain. Sarajevo, realizzato nel 2011, è basato sull interazione tra fotografia ed antropologia sociale, esplorando il passato ed il presente di un territorio dimenticato. Il monte Trebevic, uno dei più potenti simboli di Sarajevo, è stato da sempre la meta privilegiata delle escursioni cittadine. Sede dei giochi olimpici nel 1984, fu occupato dalle truppe serbo-bosniache all inizio del conflitto e trasformato in una postazione chiave dell assedio della città. Durante la guerra le strutture presenti sulla montagna vennero rase al suolo ed ancora oggi il paesaggio ne porta le dolorose cicatrici. The visible mountain. Sarajevo, 2013 2014 c-print, 100 x 150 cm Courtesy l artista

Walter Niedermayr (Bolzano, 1952) Fin dai primi anni Ottanta, nei suoi lavori fotografici e video, osserva come le trasformazioni prodotte dall industria del turismo modifichino il paesaggio alpino. Il tema ricorrente della sua ricerca artistica è la rappresentazione dello spazio e della sua percezione, sia in contesti aperti che in strutture chiuse. La sua produzione trova espressione in progetti seriali in progress nei quali, abbandonando l immagine singola in favore di composizioni a più pannelli, crea interruzioni e sovrapposizioni spazio-temporali. Stubaier Gletscher III, 1997 fotografia, 100 x 127 cm Mart

Marco Maria Zanin (Padova, 1983) Dedica gran parte del suo tempo ad esplorare l universo umano, studiando diverse culture, praticando le discipline olistiche e viaggiando per il mondo, sempre in contatto con la natura, l individuo e la sua anima. Zanin considera la fotografia come strumento privilegiato per creare una relazione con il mondo. Essa diventa un mezzo per realizzare un percorso di indagine interna e di conoscenza di sé, e quindi uno strumento per trasformare l uomo e la società. L uso personale del colore e la meticolosa attenzione ai dettagli avvolgono e accompagnano con dolcezza l osservatore. Cattedrali rurali, 2012 foto cromogenica, 18 x 27 cm Mart, Collezione "i Cotroneo"