L INCONTRO a cura di R. ZINI Pier Paolo Mariani è stato per tutti noi ex-giovani artroscopisti degli anni 80 un vero mito ed un particolarissimo punto di riferimento. Un mito perché è stato uno dei primi chirurghi ortopedici italiani che, avendo capito il carattere veramente innovativo della chirurgia artroscopica, l ha brillantemente messa in pratica quando ancora sembrava fantascienza, riportando dei risultati che facevano sognare ed intuire la profonda trasformazione della chirurgia ortopedica che oggi è negli occhi di tutti. Mito anche perchè, al tempo stesso, ha sempre avuto il piacere di trasmettere le sue esperienze, accogliendo tutti quelli che ne facevano richiesta nella sua sala operatoria. La sua particolarità dipende però dal fatto che, oltre a trasferirci le sue profonde conoscenze, è stato capace di diventare per molti di noi, per la sua innata simpatia ed il suo sincero carattere, un vero amico, al quale poter chiedere un autorevole consiglio e soprattutto un aiuto nei momenti di necessità. Intervistarlo oggi è stato quindi per me emozionante, ma anche piacevole e semplice, visto il rapporto di amicizia che mi lega a lui, che fa superare la preoccupazione di trovarsi di fronte al Maestro. Romano, di origini marchigiane e, me ne vanto, pesaresi, nasce nel 1946. Si laurea in Medicina presso l Università di Roma nel 70 e si specializza in Ortopedia nella stessa Università, intraprendendo la carriera Universitaria. Attualmente è Professore associato presso l Università di Scienze Motorie di Roma. Con la sua solita simpatia mi riferisce di essere sposato con Mara, avere 2 figli, un cane e moltissime pipe. Una delle immagini pubblicate lo mostra intento ad operare, con al fianco il sottoscritto, in una delle sue frequenti live-surgery; l altra, in cui usa una delle sue celebri pipe come una pistola, l ho scelta perché lo immortala, a ragione, come lo sceriffo dell artroscopia italiana. 9
E. Taverna Artroscopia / VOL III, N 1, 2002 Guardando al passato raccontami com è nata la passione per l artroscopia. Come spesso accade, per caso. Negli anni 70 si viveva un periodo indimenticabile nella Clinica Ortopedica dell Università di Roma, ove ero allora un giovane specializzando. In quegli anni, si viveva un esaltante clima di fervore scientifico per la chirurgia del ginocchio, sotto la guida del Prof. Perugia ed io passavo i miei pomeriggi in biblioteca a studiare ed aggiornarmi, consultando libri e riviste. Mi capitò tra le mani un numero dello Scandinavian Journal of Surgery, dove lessi un articolo di Gillquist ed Hamberg sulle preliminari applicazioni diagnostiche della tecnica artroscopica. La cosa m incuriosì molto, perciò continuai a cercare articoli sull argomento e ne trovai uno scritto da Eriksson. In quegli anni, la diagnosi di menisco era fonte di errori e non avevamo le odierne indagini strumentali. Presa quindi carta e penna (a quell epoca non c era Internet!), scrissi ad Eriksson. Trascorsi un periodo a Stoccolma, dove ebbi la possibilità di assistere alle prime artroscopie. Approfittai di quei periodi trascorsi in Svezia per approfondire le mie conoscenze d anatomia e la mia prima artroscopia fu eseguita in sala settoria. Da allora mi è rimasto un particolare interesse per l anatomia e ogni volta che mi sono dedicato a nuove applicazioni dell artroscopia, ho compiuto sempre un preliminare studio anatomico. Ti senti vecchio ad essere intervistato quale uno dei padri dell artroscopia italiana? Non pensavo di essere così vecchio da meritarmi un intervista sino a quando non mi hai chiamato! Un intervista è come una commemorazione e ad ogni buon conto, sono molto felice di essere commemorato da vivo! Per quanto riguarda il titolo di padre, ricordati che non è mai importante essere il primo a fare una cosa; l importante è continuare a farla bene! Il rischio di riposare sugli allori è come addormentarsi sulla parete di una montagna: ci si addormenta e si cade. Chi ti ha spinto verso l artroscopia? In parte ti ho già risposto: la mia curiosità! I primi tempi furono difficili: lo scetticismo nei confronti della tecnica era elevato. Indubbiamente, se poi l artroscopia si è diffusa a Roma, il merito va rivolto al mio maestro, il Prof. Perugia. Ricordo ancora la mia prima artroscopia: si trattava di un ragazzo di 15 anni, di cui ricordo ancora il nome a distanza di 25 anni, con dolori localizzati al ginocchio, che oggi avremmo classificato anteriori. Fu messo in lista operatoria per artrotomia esplorativa ed eventuale meniscectomia ma il Prof. Perugia mi chiese sei in grado di eseguire un artroscopia diagnostica?. Con uno strumentario rudimentale, di cui conservo ancora la documentazione fotografica, accertammo che il menisco del ragazzo era sano, e da allora fu un crescendo d interesse e di applicazioni cliniche. La fiducia accordata ad un giovane borsista (avevo allora 29 anni!) mi stimolò a continuare su quella strada. Fu comprata un attrezzatura moderna, poi un sistema televisivo e divenimmo in quegli anni un centro italiano di riferimento per l artroscopia e per la chirurgia del ginocchio. Molti colleghi, provenienti da altre città, presero a frequentare la nostra Università, e la tecnica artroscopica prese a diffondersi in Italia. Questa, però, è una storia più recente. Quali sono le persone che più ti hanno insegnato nell Ortopedia, nell Artroscopia e, perché no, nella vita? Iniziamo dalla vita: mio padre, che era un professore di chimica della facoltà di Ingegneria. Da lui ho imparato ad amare lo studio e l attività d insegnamento. Nell ortopedia, e quindi nell artroscopia, (l artroscopia non è una disciplina separata dall ortopedia!) ho imparato dal mio maestro, il Prof. Perugia, che mi ha insegnato ad utilizzare l artroscopia sempre con discernimento e proprietà d indicazioni ed applicazioni. Da Eriksson: la tecnica artroscopica ed il rigore scientifico, la sua voglia di 10
sperimentare e provare nuove avventure. E poi tanti altri ancora: ogni persona che tu incontri nella tua vita, ti lascia qualche cosa che poi porterai sempre con te. Quando ti sei reso conto che l Artroscopia era veramente la novità esplosiva dell Ortopedia ed avrebbe modificato tutti gli equilibri dell Ortopedia tradizionale? Ho vissuto l esperienza artroscopica senza mai rendermi conto di intraprendere un esperienza esplosiva, come tu la definisci giustamente. È avvenuto tutto molto naturalmente. Non ti rendi mai conto di quanto è profonda una pozzanghera sino a quando non c entri dentro! Tu sei stato uno dei primi miti di noi giovani artroscopisti negli anni 80: cosa pensi di averci dato? È una domanda che non devi rivolgere a me ma ai giovani. Anzi, sono curioso di conoscere la loro risposta! La sai sicuramente già la nostra risposta, perché sei divenuto amico di molti di noi ed hai potuto raccogliere le nostre confidenze; ci hai fatto capire con i tuoi primi brillanti risultati che la strada era quella giusta, anche se vi erano notevoli difficoltà ideologiche da parte di tanti nostri colleghi e, soprattutto, dei nostri Primari di allora; ci hai insegnato teoria e pratica di metodiche che sembravano impossibili e, come già detto nella breve introduzione, l hai fatto con autorevolezza ma anche con amicizia e grande disponibilità; non mi sembra assolutamente cosa da poco. Ma so che non ti piace essere troppo celebrato e quindi passo alla domanda successiva. Tu sei stato l uomo del rinnovamento nella Società di Artroscopia favorendo un ricambio generazionale ed introducendo molti giovani promettenti ai livelli più alti della Società e te ne rendiamo merito; cosa chiedi oggi a tutti noi del Consiglio Direttivo della Società? Apri un capitolo doloroso: l aver deciso di lasciare volutamente la Società, che avevo fondato con altri temerari, è stato un momento doloroso e da alcuni non compreso o condiviso. Pur tuttavia, ritenevo necessario eseguire quel passo per il bene della Società: era evidente attorno a me la crescita professionale di molti colleghi, più o meno giovani, ed era giusto premiare la loro serietà coinvolgendoli nella vita della nostra Società. Mi pare di poter affermare di aver visto bene: la Società è cresciuta, si è ampliata ed è divenuta un punto di riferimento per i giovani, quelli veri, non come te che inizi ad avere i capelli bianchi! La rivista è un evidente segno di crescita e maturità della Società. Proprio per il mio legame con la Società di Artroscopia permettimi una considerazione: molti considerano il ricoprire una carica nella Società un modo per ricevere onori e lustro. Non è assolutamente vero! Appartenere alla Società significa mettersi a disposizione di altri colleghi per un reciproco aiuto e per lo sviluppo della Società stessa e talora, come è successo a me, facendo anche delle dolorose rinunce. Quello che spero di vedere in voi, è lo stesso amore nei confronti della Società. L insegnamento in Artroscopia: quali sono le tue idee ed i tuoi programmi futuri? La mia prossima iniziativa, che prenderà la luce nei prossimi mesi, è la creazione di un Laboratorio di Artroscopia permanente a Roma. È un laboratorio aperto a tutti i colleghi e spero che non abbia nulla da invidiare ad altri laboratori. Purtroppo mancherà la possibilità di utilizzare i cadaveri. Un altra iniziativa è stata la creazione di una fellowship privata per un giovane specialista che voglia trascorrere con me un anno, seguendomi nell attività clinica e di ricerca. In questo momento, è al termine di questa fellow-ship il Dott. Russo, un giovane specialista siciliano, che penso ritornerà alla sua attività con competenze arricchite. In un domani spero che tale iniziativa possa divenire qualche cosa di più ufficiale, riconosciuto dalla Società di Artroscopia o da qualche Università, analogamente a quanto avviene all estero. Il 2002 mi vedrà poi impegnato sul fronte scientifico e didattico sia con l incarico di organizzare il prossimo congresso dell ESSKA, sia con l incarico di godfather di accompagnare i fellows in un lungo, ma certamente interessante, viaggio. Ritengo anzi che sia giunto il momento per la SIA di organizzare delle iniziative analoghe: una traveling-fellowship in giro per l Italia, per i giovani chirurghi italiani, in un ambiente più conosciuto e familiare. Tu, che sei un illustre membro della SIA, pensi che sia utopia? 11
E. Taverna Artroscopia / VOL III, N 1, 2002 Università: quali sono i tuoi ricordi migliori, i tuoi rammarichi, i tuoi rapporti attuali? Il mio rapporto attuale è ancora stretto. Con l Università ho un cordone ombelicale che è difficile tagliare! Sono uscito dalla Clinica Ortopedica ma ho voluto conservare il mio rapporto con l Università, passando alla facoltà di Scienze Motorie, facoltà nuova e per questo interessante. Non ti nascondo che la clinica Ortopedica mi manca, soprattutto per l impossibilità di trasmettere le mie conoscenze agli specializzandi e per questo ho sentito la necessità di creare un laboratorio. I miei rammarichi sono tanti, ma per come sono andate le vicende non tutto è dipeso da me. Le ferite si rimarginano tutte, come ben sai, il problema è che qualcuna diviene un cheloide! I ricordi belli sono tanti ma il più bello è una lettera che ho ricevuto da uno specializzando il giorno che mi sono trasferito. Quale sarà il futuro della Chirurgia Artroscopica? Credi nelle nuove frontiere di bio-genetica e bio-ingegneria? Sono sufficientemente vecchio da non essere in grado di vedere il futuro e non ti so dire dove arriveremo! Certamente le nuove frontiere sono affascinanti, e nel futuro il chirurgo lavorerà a stretto contatto con il biologo. La mia cultura biologica di base è però poca cosa per apprezzarne le potenzialità o stimolare il mio interesse. Considera solo che al mio corso di laurea, l insegnamento d istologia fu un esame facoltativo! A ciò aggiungi che non ho mai amato dover sacrificare gli animali per eseguire studi sperimentali e quindi comprenderai facilmente che la bio-genetica o la bio-ingegneria sono materie ostiche per me. In un passato non tanto lontano, tanti artroscopisti Italiani hanno visto negli Stati Uniti il luogo dove vedere cose impossibili in Italia. Le cose si sono gradualmente modificate, tanto che ora nel nostro Paese si praticano le stesse tecniche probabilmente con gli stessi risultati. Credi che ancora oggi l America debba essere per un giovane l obiettivo a cui guardare per aggiornarsi in Artroscopia? È verissimo! Molti colleghi d oltre oceano, in visita in Italia, rimangono stupiti costatando lo standard della nostra chirurgia. Ritengo però che dall America possiamo imparare ancora altre cose: l organizzazione ed il metodo di lavoro, sia clinico sia scientifico. È soprattutto nella ricerca che siamo inferiori. L Università, luogo deputato all insegnamento ed alla ricerca, non svolge nessuna delle due funzioni, a parte qualche rara eccezione. Visto che mi chiedi un paragone con l America, ebbene in quel Paese il medical student giunge alla laurea già con alcuni lavori scientifici alle spalle, avendo l obbligo di frequentare uno dei numerosi laboratori di ricerca. Recentemente, per poter svolgere due ricerche bio-meccaniche, che mi stavano molto a cuore, ho dovuto pagare personalmente i costi di una ricerca in America. Inoltre, sono stati necessari molti insuccessi ed amare delusioni prima di apprendere come scrivere un lavoro scientifico e solo dopo numerosi tentativi sono riuscito a pubblicare alcuni articoli su riviste straniere. In Italia la ricerca non ha fondi scientifici, ed è vero, ma anche per scarsa lungimiranza delle nostre leggi e dell Università stessa che impediscono il supporto dei privati. L industria sarebbe molto più felice di investire in laboratori o seri programmi di ricerca piuttosto che in viaggi o congressi! E noi dovremmo imparare a chiedere alle Ditte più supporto per la ricerca, invece di sfiancarle con le richieste di partecipazione a congressi turistici. Un altro motivo di inferiorità culturale è costituito infine dalla nostra lingua per cui, come tutti i popoli latini, soffriamo di un isolamento linguistico. L Università non stimola l apprendimento di una lingua straniera. Solo ora, all Università di Scienze Motorie, è stato istituito un corso biennale obbligatorio di lingue straniere, e stiamo ora decidendo di svolgere le nostre lezioni in Inglese. La mia esperienza individuale è che conoscendo solo la lingua francese, mi sono dovuto mettere a studiare l inglese alla non più giovane età di 30 anni, da autodidatta e con risultati appena discreti. Cambiamo argomento; non credo che tu abbia tanto tempo libero, ma prova lo stesso a raccontarci i tuoi hobby. Sotto questo punto di vista credo di essere una persona abbastanza noiosa e ti posso raccontare dei miei hobby solo parlando al passato: la vela e la fotografia. Lo sport; romanista fino all osso ; quello appena passato è stato un anno di grande soddisfazione. Esatto, e se non fossi stonato come una campana, ti canterei adesso il nostro inno Grazie Roma. 12
Quali sono i giocatori operati che ricordi più volentieri e chi ti è rimasto amico? Con i giocatori avviene quello che normalmente avviene con i tuoi pazienti: con alcuni si riesce ad avere un contatto umano, che travalica il rapporto medico-paziente, con altri, invece, il rapporto è solo professionale. È proprio necessario fare dei nomi? Quale ricordi che sia stato il tuo più grande successo a livello di immagine? Non ho mai curato la mia immagine o le pubbliche relazioni. Tu lo sai che le mie radici affondano nella città di Pesaro, città di persone laboriose ma sempre schive a livello d immagine. Sinceramente non saprei risponderti: secondo te quale è stato? In realtà, visto che mi sono calato nella parte di intervistatore, la domanda era più una curiosità da giornalista che da ortopedico; intendevo per successo a livello di immagine il caso operato che più era stato messo in risalto da giornali o media ; ce ne sono stati tanti che certamente è difficile ricordarli tutti e scegliere. Comunque devo ammettere che, conoscendo il tuo carattere riservato, mi sarei dovuto aspettare la risposta che mi hai dato. Cerchiamo di rimediare: tra i tuoi numerosi successi di carattere scientifico, che ti hanno gratificato negli ambienti ortopedici Italiani e stranieri, quale è stato quello che ti ha dato più soddisfazione? Indubbiamente è stata un emozione il ricevere una laurea honoris causa dall Università di Pleven, in Bulgaria, per meriti didattici avendo avuto la possibilità di insegnare l artroscopia a molti colleghi bulgari. Mi riprometto di riceverne altre in futuro! A parte gli scherzi, le soddisfazioni nel nostro lavoro non mancano: ogni volta che un paziente mi ringrazia per me è una gioia ed una soddisfazione. Sei sempre nella lista degli invitati ai congressi italiani, ma da qualche anno a questa parte, il tuo nome come relatore appare sempre più nei programmi dei congressi europei nonché americani: a cosa è dovuta questa scelta? È una domanda acuta ma anche imbarazzante! Il primo è quello di arricchire la mia esperienza con le osservazioni di altri chirurghi. In Italia, come ben sai, la discussione dopo ogni relazione è molto soffice e di scarsa utilità. Il rapportarsi con esperienze anche estere mi fa crescere intellettualmente, scientificamente e anche chirurgicamente. Vuoi mettere quanti litri di sana adrenalina si riversano nelle mie arterie a stimolare tutte le mie funzioni emotive quando si sale su un podio straniero! Ha molto colpito la stampa sportiva un tuo intervento eseguito a suon di Elvis Presley? Cambi la musica secondo il tipo di paziente o di chirurgia? È vero che non entro in sala se non è accesa la musica! Io preferisco musica classica, ed in particolare amo la musica di Brahms o di Mahler. Ma siccome il lavoro chirurgico è un lavoro di équipe, io sono sempre in minoranza nella scelta della musica da ascoltare! Gli assistenti mi concedono cortesemente di ascoltare la musica che preferisco, solo se devo affrontare un intervento complesso o se sono un poco più nervoso più del solito! Chiudiamo qui l intervista a Pier Paolo Mariani. Ci sarebbero state tante altre domande da fare ed a tutte avrebbe risposto con la sua solita signorilità, venata da una sottile ironia e da tanto buon senso. Lo spessore del personaggio ed il carattere incompiuto dell intervista, dovuta alla mia scarsa esperienza giornalistica, mi porterà a richiedere di eseguire tra qualche tempo una seconda intervista, nella quale potere inserire anche qualche battutaccia, qualche espressione romanesca e qualche giudizio sincero su noi suoi allievi, ex-giovani artroscopisti degli anni ottanta. 13