Spazi di Banach e Spazi di Hilbert

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Capitolo 1 Spazi di Banach e Spazi di Hilbert 1.1 Spazi normati e spazi di Banach In questa prima sezione ci occuperemo della definizione di spazio normato e di come su uno spazio normato sia possibile introdurre una topologia, compatibile con la struttura algebrica di spazio vettoriale. 1.1.1 Definizioni e proprietà elementari Definizione 1.1.1 Sia E uno spazio vettoriale (o lineare) sul campo C dei numeri complessi. Una norma su E è un applicazione di E in R che associa a v v con le seguenti proprietà: (i) v, v E (ii) v = v = (iii) αv = α v, α C, v E (iv) v + w v + w v, w E Uno spazio E su cui è definita una norma è detto uno spazio normato. In uno spazio normato si può introdurre una distanza ponendo cioè ρ soddisfa le seguenti proprietà: (D1) ρ(v, w), v, w E (D2) ρ(v, w) = v = w (D3) ρ(v, w) = ρ(w, v), v, w E ρ(v, w) = v w

2 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert (D4) ρ(u, v) ρ(u, w) + ρ(w, v), u, v, w E La (D4) è nota come disuguaglianza triangolare. Esercizio 1.1.2 Verificare che ρ verifica le condizioni (D1)-(D4). Ogni spazio normato è dunque uno spazio metrico, ma il viceversa è falso. Dalle proprietà della distanza, infatti, non discende la (iii) della Def. 1.1.1. Gli spazi vettoriali normati sono esempi particolari dei cosiddetti spazi localmente convessi. L importanza di questi spazi sta nel fatto che, grazie alla struttura lineare, la topologia dello spazio è nota quando sia nota una base d intorni di un prefissato punto x. In particolare, si può scegliere x =. Infatti se U = {U} è una base d intorni di zero è facile verificare che U x = {x + U} dove x + U = {x + y : y U} è una base d intorni di x. Esercizio 1.1.3 Dimostrare l asserzione precedente. In parole povere, in uno spazio localmente convesso, gli intorni di x si ottengono traslando di x gli intorni di zero. E utile a questo punto ricordare alcune definizioni e proprietà relative agli spazi metrici. Definizione 1.1.4 Sia (E, ρ) uno spazio metrico. Una successione {x n } di elementi di E è detta una successione di Cauchy se ɛ > N(ɛ) tale che se n, m N(ɛ) ρ(x n, x m ) < ɛ. Proposizione 1.1.5 Ogni successione convergente è di Cauchy Dimostrazione Sia x n x e scegliamo ɛ > ; allora esiste N(ɛ) tale che per n > N(ɛ) ρ(x n, x) < ɛ/2. Se anche m > N(ɛ) allora ρ(x m, x) < ɛ/2 e quindi ρ(x n, x m ) ρ(x n, x) + ρ(x m, x) < ɛ per n, m > N(ɛ) Definizione 1.1.6 Uno spazio metrico (E, ρ) è detto completo se ogni successione di Cauchy converge in E Esempio 1.1.7 Gli spazi C e R sono completi; lo spazio Q dei numeri razionali non è completo. Definizione 1.1.8 Un sottoinsieme B di uno spazio metrico (E, ρ) è detto ogni x di E è il limite di una successione di elementi di B; cioè se denso ( in E) se x (x n ) n B : x n x

1.1. Spazi normati e spazi di Banach 3 Per esempio Q è denso in R. Definizione 1.1.9 Uno spazio normato (E, ) è completo se esso è completo come spazio metrico con la metrica indotta. Uno spazio normato completo è detto uno Spazio di Banach. 1.1.2 Esempi di spazi di Banach In questa sezione discuteremo due esempi di spazi di funzioni che sono spazi di Banach. Esempio 1.1.1 Indichiamo con C[, 1] l insieme delle funzioni continue nell intervallo chiuso [,1] a valori in C.È facile rendersi conto del fatto che C[, 1] è uno spazio vettoriale sul campo dei complessi. Se f C[, 1] poniamo f = sup f(x) (1.1) x [,1] Si può dimostrare facilmente (esercizio!) che in questo modo si definisce una norma in C[, 1]. Per provare la completezza di questo spazio basta notare che la convergenza di una successione {f n } rispetto alla norma ( 1.1 ) è equivalente alla convergenza uniforme ed utilizzare il ben noto risultato che afferma che se una successione {f n } di funzioni continue converge uniformemente a una funzione f, allora f è continua. Esempio 1.1.11 (Spazi L p ) Siano f, g due funzioni misurabili (secondo Lebesgue) in R. Si dice che f e g sono equivalenti se l insieme {x R : f(x) g(x)} ha misura nulla ovvero se f(x) = g(x) quasi ovunque (q.o.). Con L p (R), 1 p < indichiamo l insieme delle classi di equivalenza (rispetto alla relazione definita sopra) delle funzioni misurabili (secondo Lebesgue) tali che ( 1/p f p f(x) dx) p < (1.2) R Il seguente teorema implica che L p (R) è uno spazio di Banach. Teorema 1.1.12 In L p (R), 1 p < valgono le seguenti affermazioni (i) (Disuguaglianza di Minkowki) Se f, g L p (R), allora (ii) (Teorema di Riesz-Fisher) L p (R) è completo. Dimostrazione Dimostreremo solo la (ii). f + g p f p + g p Sia f n una successione di Cauchy in L p (R). Allora esiste una sottosuccessione f ni, n 1 < n 2 <, tale che f ni+1 f ni p < 2 i (i = 1, 2, 3,...) (1.3) Poniamo g k = k f ni+1 f ni, g = f ni+1 f ni (1.4)

4 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert Poiché vale ( 1.3 ), la disuaglianza di Minkowski implica che g k p < 1 per k = 1, 2, 3.. Per il lemma di Fatou, applicato a g k (x) p, risulta allora g p 1. In particolare g(x) < quasi ovunque (q.o.), cosicché la serie f n1 + (f ni+1 f ni ) (1.5) converge assolutamente per quasi ogni x R. Indichiamo la somma di ( 1.5 ) con f(x) per quegli x in cui ( 1.5 ) converge; poniamo, inoltre, f(x) = sul rimanente insieme di misura nulla. Poiché si vede che k 1 f n1 + (f ni+1 f ni ) = f nk, (1.6) f(x) = lim i f ni q.o. (1.7) Vogliamo provare che f è anche il limite in L p di f n. Scegliamo ɛ >. Allora esiste un N tale che f n f m p < ɛ se n > N ed m > N. Per ogni m > N, sempre dal lemma di Fatou segue che f f m p dx lim inf f ni f m p dx. (1.8) i R Quindi f f m L p (R). Di conseguenza f L p (R) e infine f f m p per m. Questo completa la dimostrazione. R Non entriamo in ulteriori dettagli sugli spazi L p perché andremmo lontano dai nostri scopi. Ci limitiamo a ricordare, senza dimostrarla, una rilevante proprietà di approssimazione con funzioni continue. Teorema 1.1.13 Per 1 p < lo spazio C (R) delle funzioni continue a supporto compatto in R è denso in L p (R). Per concludere questa breve discussione sugli spazi L p sottolineamo che si possono anche considerare gli spazi L p (E) dove E è un qualsiasi insieme misurabile in R e che, sempre nell ipotesi 1 p <, le proprietà stabilite sopra continuano a valere 1.1.3 Operatori lineari in uno spazio di Banach Anche se ci stiamo occupando di spazi di Banach alcune proprietà elementari degli operatori lineari non dipendono dalla completezza dello spazio e verranno perciò date per spazi normati. Definizione 1.1.14 Un applicazione T da uno spazio normato (E 1, 1 ) nello spazio normato (E 2, 2 ) è detta operatore lineare limitato se sono soddisfatte le seguenti condizioni: (i) T (αv + βw) = αt v + βt w v, w E 1 and α, β C (ii) Esiste una costante C tale che T v 2 C v 1 v E 1

1.1. Spazi normati e spazi di Banach 5 Il più piccolo C per cui (ii) è soddisfatta è detto norma di T e si indica con T. Si ha T = sup T v 2 (1.9) v 1 =1 Abbiamo detto che gli spazi normati sono spazi metrici e negli spazi metrici si introduce, nel modo a tutti noto, il concetto di continuità di un applicazione (sia essa lineare o no). In spazi normati, la nozione di continuità per operatori lineari è del tutto equivalente alla nozione di limitatezza introdotta sopra (nel teorema che segue useremo la stessa notazione per norme in spazi differenti; non vi è, infatti, pericolo di ambiguità). Teorema 1.1.15 Sia T un operatore lineare dallo spazio normato E nello spazio normato F. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) T è continuo in un punto (ii) T è continuo in ogni punto (iii) T è limitato Dimostrazione (i) (ii) Sia T continuo in x. Allora ɛ > esiste un intorno U(x ) tale che x U(x ) riesce T x T x < ɛ Sia y un qualunque punto di E. È facile vedere che V = y x + U(x ) è un intorno di y e che per y V si ha T y T y < ɛ. (ii) (iii). Evidentemente T è continuo in zero. Allora scelto ɛ = 1 esiste un δ > tale che per x < δ si ha T x < 1. Sia x e y = x 1 x C con < 1 C < δ allora, evidentemente y = 1 C < δ e T y = 1 C x T x < 1 cosicché T x < C x. (iii) (i). Se T x < C x x E per x < ɛ C risulta T x < ɛ e quindi T è continuo. Indichiamo con B(E, F ) l insieme degli operatori lineari limitati da E in F. È facile dimostrare che la somma di operatori limitati è un operatore limitato. E lo stesso vale per il multiplo scalare di un operatore. B(E, F ) è quindi uno spazio lineare. Esercizio 1.1.16 Dimostrare l ultima asserzione. Provare inoltre che se F è uno spazio di Banach, anche B(E, F ) è uno spazio di Banach rispetto alla norma (1.9). 1.1.4 Forme lineari continue e duale di uno spazio di Banach Fra gli operatori lineari discussi nella sezione precedente rientrano certamente quelli per i quali in particolare F = C. Gli elementi di B(E, C) prendono il nome di forme o funzionali lineari continui (o, che è lo stesso, limitati) su E. Una notazione corrente è E = B(E, C). Lo spazio E è detto spazio duale di E. La norma di un elemento f di E è definita dalla (1.9) che si può anche scrivere nella forma f(x) f = sup x E x

6 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert Non è questa la sede per addentrarci in uno studio dettagliato della teoria della dualità. Ci limitiamo quindi ad alcune osservazioni e a mostrare alcuni esempi. Esempio 1.1.17 (Spazi L p ) Sia L p (R), 1 p < lo spazio discusso nell Esempio 2. Valgono le seguenti affermazioni: (i) Siano f L p (R) e g L q (R) con p 1 + q 1 = 1. Allora fg L 1 (R e fg 1 f p g q (disuguaglianza di Hölder) (ii) Sia L un elemento di {L p (R)}. Allora esiste g L q (R), p 1 + q 1 = 1, con g q = L L p che L(f) = f(x)g(x) dx Quindi L p è isometricamente isomorfo a L q. R tale In pratica le affermazioni precedenti dicono che L q è il duale di L p e poiché i ruoli di p e di q si possono scambiare anche L p è il duale di L q. In altri termini L p è il biduale di se stesso. Tuttavia ciò non è in genere vero per spazi di Banach arbitrari. Per esempio il duale di L 1 è lo spazio L delle funzioni essenzialmente limitate. Tuttavia il duale di L non è L 1 ma uno spazio molto più grande. Uno spazio di Banach che coincide col suo biduale è detto riflessivo. Prima di concludere, notiamo il caso in cui p = 2. La discussione precedente mostra che il duale di L 2 è lo spazio L 2 stesso. Questa è la situazione che tipicamente si presenta per gli spazi di Hilbert di cui lo spazio L 2 è un esempio. 1.2 La Geometria dello Spazio di Hilbert 1.2.1 Definizioni ed esempi Definizione 1.2.1 Sia V uno spazio lineare. Un applicazione che associa ad una coppia ordinata {x, y} di elementi di V V un numero complesso (x, y) è detta un prodotto scalare se sono soddisfatte le seguenti condizioni: (i) (λx + µy, z) = λ(x, z) + µ(y, z) (ii) (x, y) = (y, x) (iii) (x, x) x V (iv) (x, x) = x = dove x, y, z sono elementi di V e λ, µ numeri complessi. Esercizio 1.2.2 Dimostrare che valgono le seguenti proprietà elementari. (, y) =, y V (x, λy) = λ(x, y)

1.2. La Geometria dello Spazio di Hilbert 7 (x, y + z) = (x, y) + (x, z) La (iii) e la (iv) della def. 1.2.1 permettono di definire una norma in V, ponendo x = (x, x) 1/2 Per verificare che si tratta effettivamente di una norma nel senso del capitolo 1 bisogna provare le disuglianze stabilite nel seguente teorema. Proposizione 1.2.3 In uno spazio V in cui è definito un prodotto scalare valgono le seguenti disuguaglianze: (i) (Disuguaglianza di Schwarz) (x, y) x y (ii) (Disuglianza triangolare) x + y x + y Dimostrazione (i) Siano x, y V. Se (x, y) = non c è nulla da dimostrare. Supponiamo dunque che (x, y) e sia a è uno scalare. Si ha (x + ay, x + ay) = (x, x) + (x, ay) + (ay, x) + (ay, ay) Scegliendo si perviene a E quindi l asserto. (ii) a = x 2 (y, x), x 2 x 2 x 2 + x 4 y 2 (x, y) 2 e questo prova l affermazione. (x + y, x + y) = x 2 + 2R(x, y) + y 2 x 2 + 2 (x, y) + y 2 x 2 + 2 x y + y 2 = ( x + y ) 2 Quindi uno spazio con prodotto scalare è uno spazio normato ed è perciò metrizzabile, come abbiamo visto nella sezione precedente. Definizione 1.2.4 Due vettori, x e y di uno spazio a prodotto scalare V si dicono ortogonali se (x, y) =. Una famiglia x i di vettori di V è detta una famiglia ortonormale se (x i, x i ) = 1 e (x i, x j ) = per i j. Esercizio 1.2.5 Siano x e y vettori ortogonali di uno spazio a prodotto scalare V e sia z = x + y. Dimostrare che vale il teorema di Pitagora; cioè che z 2 = x 2 + y 2. Definizione 1.2.6 Uno spazio a prodotto scalare H che sia completo rispetto alla norma definita sopra è detto uno spazio di Hilbert.

8 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert Esempio 1.2.7 Per n fissato lo spazio C n di tutte le n-ple di numeri complessi z = (z 1, z 2,..., z n ) è uno spazio di Hilbert se il prodotto scalare di z e di w = (w 1, w 2,..., w n ) è definito da n (z, w) = z j w j j=1 Esempio 1.2.8 Lo spazio L 2 (R) definito nel capitolo precedente è uno spazio di Hilbert se il prodotto scalare di due elementi f, g è definito da (f, g) = f(x)g(x) dx (1.1) R Per rendersi conto del fatto che ( 1.1) è ben definito, basta ricordare la disuguaglianza di Hölder. La completezza di L 2 (R) è già stata stabilita col teorema di Riesz-Fisher. Sottolineamo il fatto che la disuguaglianza triangolare provata in (1.2.3 ), nel caso di L 2 (R) è un caso particolare della disuguaglianza di Minkowski. Esempio 1.2.9 Lo spazio C[, 1] delle funzioni complesse continue in [, 1] è uno spazio a prodotto scalare se si pone (f, g) = 1 f(x)g(x) dx ma non è uno spazio di Hilbert. Consideriamo infatti la successione di funzioni ( ) se x 1 2 1 n n f n (x) = 2 x 1 2 + 1 2 se 1 2 1 n x 1 2 + 1 n 1 se 1 2 + 1 n x 1 per n > 2. si ha É facile verificare che se f è la funzione discontinua { se x 1 f(x) = 2 1 se 1 2 < x 1 1 lim n f n (x) f(x) 2 dx = Quindi f n è una successione di Cauchy in C[, 1] (perché è convergente) ma f C[, 1]. Osservazione 1.2.1 In uno spazio a prodotto scalare V o, in particolare, in uno spazio di Hilbert, si possono introdurre due nozioni di convergenza per una successione x n di vettori. La prima è la convergenza rispetto alla norma definita dal prodotto scalare, detta talvolta convergenza forte: la successione x n converge fortemente a x se x n x converge a zero; la seconda è la cosiddetta convergenza debole: la successione x n converge debolmente a x se (x n, y) (x, y) y V. Dalla disuguaglianza di Schwarz segue immediatamente che la convergenza forte implica la debole; ma il viceversa non è vero. Per rendercene conto, consideriamo la successione f n (x) = sin nx, n = 1, 2,... in L 2 (, π). Un facile calcolo mostra che f n f m 2 2 = π e quindi la successione {f n } non converge fortemente. D altra parte se g L 2 (, 2π) allora (f n, g) e quindi f n converge debolmente a zero (questo fatto deriva dalla disuguaglianza di Bessel che proveremo in seguito).

1.2. La Geometria dello Spazio di Hilbert 9 Prima di concludere questa sezione diamo, sotto forma di lemma, due identità che ci saranno utili nel seguito. Lemma 1.2.11 In uno spazio a prodotto scalare V valgono le seguenti identità: x + y 2 + x y 2 = 2 x 2 + 2 y 2, x, y V (x, y) = 1 3 i k x + i k y 2, x, y V. 4 k= La dimostrazione è lasciata come esercizio. 1.2.2 Sottospazi e teorema di proiezione Definizione 1.2.12 Una sottospazio M di uno spazio di Hilbert H è un sottoinsieme M di H tale che se x, y M e λ, µ C allora λx + µy M. Un sottospazio chiuso M di H è un sottospazio chiusa ( rispetto alla norma di H ). É abbastanza chiaro che se M è un sottospazio chiuso di H allora è esso stesso uno spazio di Hilbert con la norma indotta. Definizione 1.2.13 Sia Y un sottoinsieme di H. Il complemento ortogonale di Y, che viene indicato con Y, è l insieme dei vettori di H che sono ortogonali a Y. La seguente proposizione fornisce alcune proprietà elementari del complemento ortogonale. Proposizione 1.2.14 Siano X e Y sottoinsiemi di H valgono allora le seguenti proprietà: (i) X Y Y X (ii) ( X ) = X dove X indica la chiusura di X in H (iii) X = X Esercizio 1.2.15 Dimostrare che Y è un sottospazio chiuso di H e che Y Y = {}. Di particolare interesse è il caso dei sottospazi. Il seguente teorema mostra che esistono vettori perpendicolari ad ogni sottospazio chiuso e, inoltre, che essi sono abbastanza numerosi da far sì che H = M + M = {x + y x M, y M } Lemma 1.2.16 Sia H uno spazio di Hilbert e M un suo sottospazio chiuso. Per ogni x H esiste un elemento z M che realizza la minima distanza di x da M.

1 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert Dimostrazione Sia d = inf y M x y. Allora esiste una successione {y n } M tale che x y n d. Ma allora, utilizzando il Lemma 1.2.11, si ha y n y m 2 = (y n x) (y m x) 2 = 2 y n x 2 + 2 y m x 2 2x + y n + y m 2 = 2 y n x 2 + 2 y m x 2 4 x 1 2 (y n + y m ) 2 2 y n x 2 + 2 y m x 2 4d 2 (1.11) e quest ultimo termine tende a zero per n, m. Quindi {y n } è una successione di Cauchy che, dunque, converge ad un elemento z M.È facile verificare che x z = d. Per dimostrare l unicità, supponiamo che z sia un altro elemento di M soddisfacente le stesse proprietà. Con calcoli simili ai precedenti si trova: z z 2 = 2 z x 2 + 2 z x 2 2x + z + z 2 2 z x 2 + 2 z x 2 4d 2 = 2d 2 + 2d 2 4d 2 = (1.12) Teorema 1.2.17 Sia H uno spazio di Hilbert ed M un suo sottospazio chiuso. Ogni x H può essere decomposto, in unico modo, nella somma x = z + w con z M w M. Dimostrazione Sia x H e z l elemento determinato in base al lemma precedente. Posto w = x z, la sola cosa che occorre dimostrare è che w M. Sia y M e t R; si ha: d 2 x (z + ty) 2 = w ty 2 = d 2 2tR(w, y) + t 2 y 2 (1.13) Questo implica che 2tR(w, y) + t 2 y 2 t R ; perché ciò accada è necessario e sufficiente che il discriminante di questo polinomio sia non positivo. Ma /4 = R(w, y) 2 ; quindi, necessariamente, R(w, y) =. Un calcolo analogo, con it al posto di t, mostra che anche I(w, y) =. Un interessante conseguenza del teorema di proiezione è la seguente Proposizione 1.2.18 Sia M un sottospazio di H allora M = M. Dimostrazione Supponiamo che M M ;allora se x M \M, si può decomporre x nella somma x = y + z con y M e z M = M (vedi prop. 1.2.14). Ne segue che, se h M, si ha = (x, h) = (y, h) + (z, h) = (z, h) e quindi z M ; cosicché z = e x M, contro l ipotesi. Il seguente teorema, noto come Lemma di Riesz o anche come Teorema di rappresentazione di Riesz, è uno dei risultati fondamentali della teoria degli spazi di Hilbert di cui caratterizza i funzionali lineari continui. Esso è dovuto a Riesz e a Fréchet. Teorema 1.2.19 Sia H uno spazio di Hilbert ed y H. Posto L y (x) = (x, y) x H L y è un funzionale lineare e continuo su H e L y = y Viceversa se L è un funzionale lineare continuo su H, allora esiste un unico y H tale che L L y.

1.2. La Geometria dello Spazio di Hilbert 11 Dimostrazione Che L y è un funzionale continuo segue subito dalla disuguaglianza di Schwarz. La stessa disuguaglianza prova che L y y. D altra parte L y = sup L y (x) L y ( y x =1 y ) = ( y, y) = y y e questo conclude la prova della prima parte. Per dimostrare il viceversa, consideriamo un funzionale lineare continuo L su H. Posto M = KerL, M è un sottospazio chiuso (chiuso) di H che non coincide con H. Allora M {}. Sia u M con u = 1. Si ha: L(L(u)x L(x)u) = L(u)L(x) L(x)L(u) = e perciò L(u)x L(x)u M. Dato che u M si ha: cioè Posto y = ul(u) si ha L L y. = (L(u)x L(x)u, u) = L(u)(x, u) L(x) L(x) = (x, u)l(u) Proviamo l unicità. Sia z H un altro vettore tale che L = L z. Allora y z = L y z = L y L z = L L = e quindi y = z. Un interessante applicazione del lemma di Riesz è il seguente Teorema 1.2.2 Sia B(, ) una forma sesquilineare limitata su H, cioè un applicazione di H H in C che soddisfa le seguenti condizioni: (i) B(αx + βy, z) = αb(x, z) + βb(y, z) (ii) B(x, αy + βz) = ᾱb(x, y) + βb(x, z) (iii) Esiste C > tale che B(x, y) C x y per ogni x, y, z H α, β C allora esiste un unico operatore lineare limitato A da H in H tale che B(x, y) = (x, Ay) x, y H e A = sup B(x, y) x = y =1 Dimostrazione Fissato y H, B y (x) = B(x, y) è un funzionale lineare limitato. Per il Lemma di Riesz, esiste z H tale che B y (x) = B(x, y) = (x, z) x H. Posto Ay = z, si definisce in questo modo un applicazione A di H in sè.è facile provare che A è un operatore lineare. Per provare che è limitato calcoliamo Ay 2 Ay 2 = (Ay, Ay) = B(Ay, y) Ay y. Resta da provare l unicità. Sia A un altro operatore lineare tale che B(x, y) = (x, Ay) x, y H allora (x, A y Ay) = x H; ma H = {}. Ciò conclude la dimostrazione.

12 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert 1.2.3 Basi ortonormali In uno spazio di dimensione finita gioca, come si sa, un ruolo fondamentale il concetto di base. Lo scopo di quanto faremo in seguito è di estendere il concetto di base a uno spazio di Hilbert: la cosa non è, evidentemente banale essendo uno spazio di Hilbert, in genere, di dimensione infinita. Abbiamo già definito cosa intendiamo per sistema ortonormale di vettori. Un insieme ortonormale S di vettori di H è detto una base ortonormale di H se S non è contenuto propriamente in nessun altro insieme di vettori ortonormali di H. Con un semplice argomento che fa uso del Lemma di Zorn si può dimostrare il seguente: Teorema 1.2.21 Ogni spazio di Hilbert ha una base ortonormale Osservazione 1.2.22 Il teorema precedente non dice nulla sulla cardinalità di una base. Noi non ci addentreremo nello studio di questo particolare aspetto della teoria. Ci limiteremo ad osservare che, oltre agli spazi di Hilbert di dimensione finita, che posseggono quindi una base costituita da un numero finito di vettori, esistono spazi di Hilbert che ammettono una base numerabile di vettori ortonormale e spazi di Hilbert con base ortonormale non numerabile. Quest ultimo caso è per noi di scarso interesse. Gli spazi di Hilbert che noi considereremo saranno sempre separabili (cio è ammettono un insieme di vettori denso e numerabile). Esercizio 1.2.23 Dimostrare che lo spazio H delle funzioni f : [, 1] C che sono non nulle al più in un sottoinsieme numerabile di [, 1] è uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare (f, g) := t [,1] f(t)g(t), f, g H. Dimostrare che il sottospazio F delle funzioni f : [, 1] R tali che f(t) solo per un numero finito di punti t [, 1] costituisce un sottospazio denso di H. Dimostrare che H non è separabile. Vale il seguente Teorema 1.2.24 Uno spazio di Hilbert è separabile se, e soltanto se, ammette una base ortonormale costituita, al più, da una infinità numerabile di vettori. Prima di andare avanti è opportuno stabilire alcune proprietà elementari dei sistemi ortonormali di vettori. Lemma 1.2.25 Sia S = {e i, i I} un sistema di vettori ortonormali. I vettori di S sono linearmente indipendenti (nel senso che ogni sottoinsieme finito di S è costituto da vettori linearmente indipendenti). Viceversa, se S = {y n, n Z} è un insieme numerabile di vettori linearmente indipendenti, esiste un sistema ortonormale S = {e n, n Z} in cui ciascun e n è combinazione lineare dei primi n y k (Procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt) Dimostrazione La dimostrazione della prima affermazione è lasciata come esercizio.

1.2. La Geometria dello Spazio di Hilbert 13 Proviamo la seconda parte. Poniamo z 1 = y 1 e e 1 = z1 z ; definiamo z 1 2 = y 2 + λe 1 e calcoliamo λ in modo che (e 1, z 2 ) =. Il risultato è che deve essere λ = (y 2, e 1 ). A questo punto si definisce e 2 = z2 z. 2 Iterando il procedimento, si perviene all n-simo passo alla Ancora una volta, non resta che porre e n = n 1 z n = y n (y n, e k )e k zn z n Esercizio. In L 2 (, 1) dimostrare che le funzioni della successione f n (x) = x n, n N sono linearmente indipendenti. Applicare il procedimento di Gram-Schmidt alle prime quattro di esse. È utile avere a disposizione qualche criterio che ci permetta di stabilire se una data successione di vettori ortonormali e n costituisce una base. Cominciamo con l osservare che se e n è una successione ortonormale ed x un vettore arbitrario di H la serie (x, e i )e i è sempre convergente in H. Infatti ( n x (x, e i )e i, x = x 2 2 = x 2 n (x, e i ) 2 + ) n (x, e i )e i n (x, e j )(x, e i )(e i, e j ) i,j=1 n (x, e i ) 2 (1.14) ne segue che n (x, e i) 2 x 2, per ogni n, quindi (x, e i ) 2 x 2 Questa è nota come disuguaglianza di Bessel. Essa implica, in particolare che (x, e i)e i converge sempre (anche se non necessariamente ad x). Teorema 1.2.26 Sia {e n } una successione di vettori ortonormali di H. {e n } è una base ortonormale se, e soltanto se, l unico vettore di H ortogonale a tutti i vettori di {e n } è il vettore nullo. Dimostrazione Se {e n } {}, esiste in H un vettore z non nullo ortogonale a tutti i e n. Il sistema costituito da z e dai vettori e n è, allora, un sistema di vettori ortonormali (se si sceglie z = 1) che contiene propriamente la successione data, che quindi non può essere una base. Viceversa, se {e n } = {} allora è chiaro che il sistema dei e n altro sistema ortogonale. non può essere incluso in nessun

14 1. Spazi di Banach e Spazi di Hilbert La seguente proposizione chiarisce il senso del nome base dato a un sistema di vettori ortonormali massimale. Proposizione 1.2.27 Sia {e n } una successione di vettori ortonormali di H. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) {e n } è una base ortonormale (ii) x = (x, e i)e i x H (iii) (x, y) = (x, e i)(e i, y) x, y H (iv) x 2 = (x, e i) 2 x H (uguaglianza di Parseval) Dimostrazione (i) (ii). (x (x, e i)e i, e j ) = (x, e j ) (x, e j ) = e quindi, per il teorema 1.2.26, x (x, e i)e i =. (ii) (iii). Basta moltiplicare scalarmente x e y dove averli rappresentati come in (ii). (iii) (iv). Basta porre nella (iii) x = y (iv) (i). Supponiamo che x sia ortogonale a tutti i e i. Allora, dalla (iv), x = e dunque x =. L affermazione segue quindi dal teorema 1.2.26. Esempio 1.2.28 Sviluppo in serie di Fourier. Nello spazio di Hilbert L 2 (, 2π), le funzioni z n (x) = e inx, n Z costituiscono un insieme ortogonale. Poiché z n 2 2 = 2π, le funzioni e n (x) = (2π) 1/2 e inx costituiscono un insieme ortonormale. Per mostrare che è una base, occorre far vedere che l unico vettore di L 2 (, 2π) ortogonale a tutte le e n è il vettore nullo. Sia f una funzione continua in (, 2π) tale che questo implica che 2π f(x)e inx dx = n Z 2π T (x)f(x) dx = per ogni polinomio trigonometrico T (x). Se f esiste un x tale che f(x ) ; si può allora assumere che f(x ) = η > ; per la continuità di f esiste un intorno di x, (x δ, x + δ) (, 2π) tale che f(x) > η/2 >. Consideriamo il polinomio trigonometrico T (x) = 1 cosδ + cos(x x ). T (x) gode delle seguenti proprietà: > 1 x x < δ T (x) = 1 x x = +δ < 1 x x > δ e quindi x+δ x δ T n (x)f(x) dx = x δ 2π T n (x)f(x) dx + x +δ T n (x)f(x) dx 2π f(x) dx perché T n (x) < 1 per x x > δ. Sia µ = min{t (x), x (x δ/2, x + δ/2). In quest intervallo f(x) > η/2. Quindi x+δ x δ T n (x)f(x) dx x+δ/2 x δ/2 T n (x)f(x) dx µ n η 2 δ

1.2. La Geometria dello Spazio di Hilbert 15 ma µ > 1 ; siamo perciò pervenuti a una contraddizione. Sia f non continua ma in L 2 (, 2π) e quindi in L 1 (, 2π). Poniamo F (x) = x f(t) dt. F è continua e poiché f è ortogonale a qualunque polinomio trigonometrico, essa è ortogonale anche alle funzioni costanti, cosicchè F () = F (2π) =. Se T (x) è un polinomio trigonometrico, integrando per parti, si ha = 2π T (x)f(x) dx = 2π T (x)f (x) dx T è ancora un polinomio trigonometrico arbitrario (costanti a parte), quindi F è ortogonale a tutte le funzioni del sistema, esclusa al più e (x) = 1. Per risolvere quest ultimo punto poniamo 2π G(x) = F (x) C con C = 1 2π F (x) dx, G è ortogonale a tutte le funzioni del sistema; allora, necessariamente, G = cioè F = C. Ma F () = e, in definitiva, f = quasi ovunque.