La Banca Centrale Europea motore dell'unificazione politica

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1 1 F E B B R A I O 2 0 1 5 La Banca Centrale Europea motore dell'unificazione politica di Umberto Triulzi Professore ordinario di Politica economica Sapienza Università di Roma

La Banca Centrale Europea motore dell'unificazione politica * di Umberto Triulzi Professore ordinario di Politica economica Sapienza Università di Roma Il titolo del mio intervento è molto, forse troppo, ambizioso, ma alla luce di quanto avvenuto il 22 gennaio scorso si possono avanzare alcune riflessioni. Lasciatemi dire, innanzitutto, quali sono state le mie sensazioni alle misure annunciate da Draghi. Ho vissuto con un po di ansia il fatidico inizio, ore 14.30, del suo intervento. Ho paragonato questa sensazione che avevo, e perdonate questo mio paragone, ad una delle tante partire di calcio Italia contro Germania: da una parte la squadra italiana capitanata da Draghi e composta da giocatori, le banche centrali, favorevoli al modulo italiano, quella della flessibilità e forse anche dell inventiva nell interpretazione delle regole, e dall altra la squadra tedesca, forte, compatta, appoggiata da altre banche centrali influenti, sostenitrice del modulo del rigore, una caratteristica questa che molti paesi europei e non europei le riconoscono da sempre. L ansia non ha preso soltanto chi vi parla ma ho visto tanti altri colleghi piuttosto nervosi sull esito della sfida e domandarsi chi avrebbe vinto, il modulo dell innovazione o il modulo del rigore. Come sono terminate le partite Italia-Germania lo sappiamo, mi auguro che anche questa volta il modulo di gioco di Draghi possa risultare vincente. Ma veniamo alle riflessioni su quanto accaduto il 22 gennaio 2015. Credo che questa data si possa definire come una data storica dell UE, certamente lo è per l UEM. Ritengo che lo sia per tre motivi fondamentali. Ricordo, vedendo tanti giovani studenti in sala, solo le decisioni più importanti annunciate dal Presidente della BCE: un programma di acquisto mensile di attività finanziarie (obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi dell area dell euro, ma anche agenzie situate nell area dell euro e istituzioni europee) per un importo di 60 miliardi di euro, con partenza marzo * Il testo riproduce l intervento al Convegno Unione europea: quale unione politica?, tenutosi a Roma, presso la Biblioteca del Senato della Repubblica, il 30 gennaio 2015. 2 federalismi.it n. 3/2015

2015 e termine settembre 2016, allo scopo di far fronte ai rischi derivanti da un periodo troppo prolungato di bassa inflazione. In totale si tratta di 1.140 miliardi di euro, circa il 17 per cento dei titoli di stato in circolazione nei 19 paesi membri dell UEM. la cifra mensile di 60 miliardi di euro comprende non solo gli acquisti di titolo di stato ma anche le obbligazioni bancarie garantite (covered bond) e i titoli cartolarizzati (Abs), che la Bce ha cominciato a comprare lo scorso anno, anche se con esiti inferiori alle attese, e titoli di agenzie sovrannazionali e nazionali europee. Complessivamente, i titoli di Stato acquistati mensilmente, dovrebbero essere circa 50 miliardi di euro. la data stabilita per questi acquisti non è definitiva in quanto queste operazioni potrebbero essere prorogate ulteriormente finché il Consiglio direttivo non riscontri un aggiustamento del tasso di inflazione a livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine. gli acquisti sono finalizzati ad allentare ulteriormente le condizioni monetarie e finanziarie, rendendo meno costoso l accesso al finanziamento da parte di imprese e famiglie la Bce acquisterà solo l 8% dei titoli sovrani, un altro 12% di titoli sarà acquistato dalle istituzioni europee (Bei, Efsf e Esm ), il resto, cioè l 80 per cento, finirà nei bilanci delle banche centrali nazionali. Gli acquisti verranno effettuati in proporzione della quota dei Paesi nel capitale della Bce. Ma veniamo alle riflessioni. La prima riflessione è collegata al concetto di indipendenza. La BCE è in assoluto la banca centrale più indipendente al mondo, il suo statuto è stato voluto e costruito sull assoluta indipendenza da qualsiasi altra istituzione nazionale ed europea. Si è discusso molto, o almeno lo si è fatto in tutti questi anni di vita dell Euro, se questa caratteristica possa considerarsi eccessiva perché non soggetta a nessun controllo istituzionale esterno oppure se è da ritenere necessaria data la novità assoluta dell euro, l eterogeneità dei paesi partecipanti all UEM ed i rischi di possibili interventi da parte dei governi per influire sulle decisioni di politica monetaria della BCE. Alla luce delle misure di allentamento monetario (quantitative easing) annunciate dal Presidente Draghi, si ritiene che la BCE abbia dato un segnale importante al sostegno della tesi dell indipendenza. Ed è interessante qui ricordare come sia stata la squadra tedesca quella che più si è attivata per renderla tale e che in questi giorni di attesa della decisione del Consiglio Direttivo si è lamentata, sia in ambito domestico che europeo, dei rischi che proprio questa sua autonomia 3 federalismi.it n. 3/2015

avrebbe potuto produrre, qualora fosse passata la linea sostenuta dal suo Presidente, sulla sostenibilità dei bilanci pubblici dei paesi dell UEM più indebitati. L indipendenza, così come è stata voluta, non è un valore che si può tirare da una parte o dall altra a seconda degli interessi mutevoli dei governi: o c è, ed è quella che ha portato il Presidente di un istituzione sovranazionale, quale la BCE, a prendere una decisione storica, oppure non c è. Considerando che le banche centrali, come i governi e le istituzioni finanziarie, sono soggette ad una attenta verifica da parte dei mercati relativamente alla credibilità dei loro annunci e delle loro politiche, il segnale dato da Draghi ai mercati è stato, in questa circostanza, di grande rilevanza non avendo ceduto, se così possiamo esprimerci, alle pressioni esercitate da alcuni governi forti. L affermazione dell indipendenza della BCE ha, inoltre, un forte impatto, ma vorrei dire anche forte condizionamento, sulla seconda riflessione che vorrei porre alla vostra attenzione. La seconda riflessione riguarda un tema fondamentale per comprendere il comportamento e le scelte degli operatori in mercati fortemente globalizzati, il tema delle aspettative. E, infatti, inevitabile porsi la domanda se le misure monetarie recentemente approvate dalla BCE siano in grado di soddisfare le aspettative degli operatori economici e finanziari. Se ciò accadrà, e questo avviene solo se le imprese hanno aspettative positive sul futuro dell economia, e di qui la decisione di investire nell innovazione tecnologica e nella ristrutturazione delle loro attività produttive, si verificherà la crescita della domanda e, di conseguenza, l atteso aumento dei prezzi verso il target di inflazione perseguito, a norma di statuto, dalla BCE. Che questa manovra straordinaria della BCE non sia sufficiente, da sola, a rilanciare la crescita lo ha più volte sostenuto Draghi in tante diverse occasioni: ma quello che è certo, ed è questo il segnale importante dato ai mercati, è che la BCE ha fatto molto più di quello che ci si attendeva e molto di più di quanto i rigoristi erano disposti ad accettare. Ha deciso di svolgere il ruolo che compete a tutte le banche centrali in momenti di difficoltà: il ruolo di prestatore di ultima istanza. Si è rotto finalmente un tabù della politica monetaria europea, la possibilità di acquistare titoli del debito pubblico dei paesi membri dell UEM, e lo si è fatto rispettando lo statuto ed interpretando in modo molto innovativo (non lo hanno fatto i precedenti Presidenti della BCE) l obbligo del mantenimento di un tasso di inflazione prossimo al 2 per cento. Oggi siamo molto al di sotto di questo valore, di poco superiore allo 0,4-0,5 per cento, ed i canali utilizzati sino ad ora dalla BCE per favorire l aumento dei prezzi hanno dimostrato la loro inefficacia. Occorreva muoversi verso altre direzioni e con altri strumenti ed il fatto che la dimensione ed i tempi delle operazioni di 4 federalismi.it n. 3/2015

quantitative easing (Qe) siano potenzialmente illimitate è un fattore che influirà positivamente sulle aspettative degli operatori. Alla domanda da cui siamo partiti, sarà sufficiente questa manovra a rilanciare la crescita, possiamo dare una risposta positiva se anche le istituzioni europee e nazionali sapranno, a loro volta, cogliere le opportunità indotte da questa decisione storica intervenendo con politiche espansive nelle aree e nei settori di rispettiva competenza. E dall effetto combinato delle politiche espansive, sia monetarie che fiscali e di bilancio, che potranno derivare gli impulsi necessari alla crescita della domanda. Per tre evidenti motivi. Il primo è che la liquidità fornita dalla BCE alle banche attraverso l acquisto di titoli sovrani consentirà a queste ultime di rendere disponibili maggiori flussi di credito alle imprese e quindi favorire le loro decisioni di investimento. Il secondo è che, a fronte di una aumentata liquidità e alla possibilità di indebitarsi a più lungo termine e a costi molto contenuti, la domanda di credito dovrebbe aumentare anche da parte di altri operatori economici interessati ad espandere le proprie attività (nel settore immobiliare, nella ricerca, nei servizi ad alto contenuto tecnologico, nel settore dell ambiente, nella valorizzazione del capitale umano). La Banca d Italia, ad esempio, ha calcolato che gli effetti indotti dalla manovra espansiva della BCE potranno comportare, nell arco di due anni mezzo, un punto in più di crescita del Pil. Una boccata d ossigeno per un paese che negli ultimi anni ha sofferto moltissimo in termini di contrazione della crescita economica e riduzione dell occupazione. Il terzo motivo è collegato all effetto espansivo sulla domanda derivante dalle decisioni dei governi dei paesi membri dell UEM di allentare il rigore fiscale per effettuare investimenti pubblici nelle infrastrutture, nei settori di punta delle loro economie e nei servizi a supporto delle fasce più vulnerabili della popolazione. Non è certamente il programma di investimenti annunciato da Juncker che potrà aumentare in modo significativo le risorse a disposizione dei 19 paesi dell UEM, ma solo la determinazione dei paesi membri a chiedere un allentamento dei vincoli fiscali per riprendere, sotto l attenta sorveglianza delle istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento Europeo), gli investimenti necessari a ridare competitività ai sistemi produttivi e a rilanciare la crescita. Il rispetto degli obiettivi di disavanzo annuo nominale e strutturale potrà essere assicurato solo attraverso la produzione di risorse aggiuntive attivate con investimenti mirati alla crescita e con riforme strutturali (non solo del sistema pensionistico come previsto per i paesi con deficit eccessivi) in grado di migliorare l ambiente economico, sociale, istituzionale ed amministrativo in cui operano le imprese ed i cittadini. E questa la strada da percorrere, non altre. L UE e gli stati 5 federalismi.it n. 3/2015

membri con maggiori difficoltà di bilancio e di crescita dovranno assumere responsabilità e attivare interventi altrettanto coraggiosi. I segnali positivi derivanti dalla dinamica dei prezzi sui mercati internazionali, segnatamente la svalutazione dell euro e la riduzione del costo del petrolio, potranno contribuire a produrre ulteriori benefici per le economie europee. La perdita di valore dell euro, deprezzatosi del 18 per cento rispetto al dollaro nell ultimo anno, favorirà un meccanismo virtuoso di crescita dell export che andrà ad aggiungersi all effetto moltiplicativo creato dalla immissione di liquidità nel sistema creditizio e finanziario. Analoghi effetti positivi sono attesi dalla forte caduta registrata nel prezzo del greggio che porterà ad un riduzione del costo delle importazioni petrolifere e ad una conseguente riduzione dei costi per le imprese e per i consumatori. E veniamo ora alla terza riflessione. Possiamo considerare in qualche modo la decisione della BCE come un azione che va in direzione di un rafforzamento del processo di costruzione dell unità politica dell Europa? E una domanda legittima dopo il forte segnale dato dalla BCE ma a cui non è facile rispondere. La decisione di acquistare titoli del debito pubblico dei paesi membri dell UEM conferisce alla BCE un ruolo analogo a quello svolto dalle banche centrali nazionali. In questo senso possiamo affermare che l UE, che non è ancora uno stato federale, ha ora una banca centrale che si muove in direzione di un identità che non è definibile solo in termini di indipendenza monetaria ma che assume anche un significato preciso di indipendenza politica. Gli avvenimenti dei prossimi mesi ed anni, ed i risultati che ne deriveranno in termini di crescita del reddito e dell occupazione, ci diranno se questa interpretazione sarà confermata e condivisa anche dai paesi che oggi più osteggiano le decisioni prese dal Presidente Draghi. Ma è indubbio che una istituzione sovranazionale e totalmente indipendente come la BCE ha dato evidenza di sapersi sottrarre all influenza o al veto dei paesi più forti, e questo è decisamente da interpretare come un segnale politico che rafforza il processo di integrazione dell UE. Sino ad ora avevamo una UE e una banca centrale con strumenti di politica monetaria limitati. Oggi abbiamo una BCE che dimostra di essere ben consapevole del suo ruolo e della sua autonomia e questo da certezza, come si è detto, agli operatori, soddisfa le loro aspettative di medio e lungo periodo. Quello della BCE non è stato, allora, un esercizio di muscoli, come qualcuno ha scritto, ma un atto di leadership sovranazionale che prefigura, in un quadro politico europeo molto frammentato, un azione di stimolo per i governi e per tutti i cittadini europei a muovere in direzione di un rafforzamento dell identità politica dell UE. 6 federalismi.it n. 3/2015

Anche la critica avanzata alla BCE per avere addossato alle banche centrali nazionali la gran parte dei rischi provenienti da una eventuale insolvenza dei debiti contratti dai governi nazionali, un tributo forse indispensabile per stemperare l ostilità della Germania verso la politica di Draghi, dimostra come la manovra approvata il 22 gennaio non sia stata interamente compresa. E vero che la BCE non ha assunto per intero, come farebbe una banca centrale tradizionale, tutti i rischi derivanti da un eventuale default dello stato, ma è anche vero che gli scenari individuati dai detrattori della decisione della BCE non tengono conto che le misure introdotte a difesa dei rischi di un default (o ricapitalizzazione di una banca centrale per le perdite subite nel finanziamento del debito sovrano) verrebbero comunque attivate dalla stessa BCE con i programmi di salvataggio OMT e con altri strumenti di intervento proposti dalla nuova governance europea. In questo senso, e sino a quando l Europa e l Eurozona resteranno unite in questo percorso, è lecito attendersi che il processo di integrazione sin qui avviato potrà avanzare anche in direzione di un rafforzamento della solidarietà europea e, quindi, dell integrazione politica dei paesi membri. Un ulteriore elemento di riflessione sull unità politica indotta dalla manovra della BCE può rintracciarsi nel significato e nel peso che attribuiamo al completamento dell UEM, una architettura complessa avviata dal Trattato di Maastricht ma che non solo non è stata, come la crisi più recente ha ben messo in risalto, completata con l unione bancaria (partita solo di recente ma che richiederà tempi lunghi per la sua attuazione) e fiscale (ancora lontana dall essere soltanto immaginata), ma che ha evidenziato nel tempo il ricorso a strumenti di intervento, mi riferisco ai regolamenti successivi al Trattato di Maastricht del 1997, del 2005 e del 2011 e al Trattato sul Fiscal Compact, che ne hanno modificato l originaria impostazione. Nella sostanza, i regolamenti menzionati hanno ridotto l autonomia degli stati nella determinazione delle loro politiche economiche, ed in particolare hanno irrigidito l interpretazione del pareggio di bilancio a medio termine divenuto ora un obbligo da realizzare attraverso un percorso concordato con la Commissione e il Consiglio. Non entro nel merito di questo argomento che noti economisti e giuristi hanno sviluppato e approfondito ma i risultati a cui si è giunti, specialmente nei paesi più indebitati, in termini di costi economici e sociali (crescita della disoccupazione, chiusura di imprese, sottoutilizzazione delle capacità produttive, riduzione degli investimenti, caduta del livello dei redditi e dei consumi) sono sotto gli occhi di tutti. Il completamento dell architettura dell UEM avviato dalle nuove misure di Qe della BCE porta, inevitabilmente, a riflettere sul ruolo della politica monetaria non più configurabile come disgiunto da quello della politica fiscale. La politica monetaria esercita la sua influenza sulle aspettative dei mercati, favorisce l espansione del credito da parte delle banche ordinarie, incentiva gli investimenti delle imprese e i consumi delle 7 federalismi.it n. 3/2015

famiglie nella misura in cui questa manovra è accompagnata da politiche di bilancio che si sostanziano in un aumento degli investimenti pubblici e in una espansione della domanda interna. Se la manovra fiscale non viene attivata congiuntamente alla politica monetaria perché i vincoli di bilancio non lo consentono, gli stimoli monetari perdono di incisività e i risultati attesi non si realizzano o si realizzano solo in parte. La dichiarazione di Draghi è un messaggio politico dato ai governi europei per un cambiamento altrettanto radicale nell impiego della politica fiscale. In questo senso possiamo affermare che la BCE ha fatto avanzare il processo di unione dell Europa perché ha portato l eurozona su un terreno più vicino, per funzioni, competenze e strumenti di intervento, a quello di una Unione che, sin dalla sua origine e non solo per i 19 paesi membri dell UEM, si è data obiettivi ambiziosi di solidarietà, di sviluppo armonioso e bilanciato e di coesione economica e sociale. Spetta ora ai governi dei paesi dell UE portare a compimento questo processo chiedendo non solo una radicale trasformazione delle Istituzioni e delle politiche europee ma anche agendo all interno dei propri sistemi educativi, informativi e di partecipazione civile e sociale per fare crescere e condividere un progetto politico di democrazia europea che sappia affrontare le grandi sfide poste dalla globalizzazione (sicurezza, ambiente e risorse energetiche, disuguaglianze, sviluppo sostenibile). Concludo ricollegandomi agli interventi del Prof. De Mauro e del Prof. Caravita di stamattina. Molta Europa (più di quanto conosciamo o abbiamo evidenza, se penso al mio paese) è già presente nelle nostre leggi e nelle nostre istituzioni ma molto resta ancora da fare non solo per approfondire il disegno di integrazione definito dai Trattati dell UE ma per formare le competenze di cui abbiamo bisogno per procedere verso il completamento dell UEM. Le decisioni assunte dalla BCE ci hanno fatto capire che è possibile, innovando nel rispetto delle regole, cambiare marcia ed è questa la vera sfida politica che mi auguro tutti, governi e cittadini dei paesi membri dell UE, sappiano accogliere. 8 federalismi.it n. 3/2015