Dipartimento di Medicina animale, Produzioni e Salute, Università di Padova (2)



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Transcript:

CORSO DI FORMAZIONE A DISTANZA Controlli sanitari in un allevamento di bufale Valerio Giaccone, Giuseppe Di Loria, Giovanni Cassella Dipartimento di Medicina animale, Produzioni e Salute, Università di Padova Dipartimento di Prevenzione ASL di Caserta, Servizio Veterinario, Servizio di Igiene degli Alimenti di O.A. Il caso problema Nell ambito dei controlli sanitari periodici in un allevamento di bufale, uno dei capi risulta positivo alla prova della tubercolina; la bufala, che ha 6 anni, viene posta in isolamento rispetto agli altri capi e nei giorni successivi avviata al macello, con regolari documenti di accompagnamento (passaporto e modello 4). Al macello la bufala è sottoposta a visita ante mortem dal Veterinario Ufficiale, come prevede il Reg. CE n.854/04, senza che si apprezzino segni clinici che facciano sospettare alcuna patologia. I linfonodi esplorabili a vivo non si presentano ingrossati e la bufala non manifesta dispnea. L animale è macellato a fine giornata tenendola carcassa separata da quelle degli animali macellati regolarmente. Alla visita post mortem si apprezzano formazioni nodulari nel polmone (figura 1) e linfoadenite caseosa in vari gruppi di linfonodi, in particolare nei mediastinici. Sulle sierose sono presenti i noduli carnosi peduncolati che caratterizzano la tisi perlacea. Anche i linfonodi retrofaringei appaiono interessati. In particolare, colpiscono le dimensioni raggiunte dal linfonodo mediastinico caudale (figura 2) Per obbligo di legge, si era proceduto altresì al prelievo dell obex encefalico per farvi eseguire i controlli relativi alla BSE.

Figura 1: linfonodo bronchiale con linfadenite caseosa. (Foto: Dr. Di Loria G.) Figura 2: imponente ingrossamento del linfonodo mediastinico caudale, colpito da linfadenite caseosa (Foto: Dr. Di Loria G.)

Materiale didattico Le bufale sono animali rustici, si adattano a condizioni climatiche anche disagevoli e si accontentano di alimenti poveri che sanno convertire in prodotti di ottimo pregio, quali le carni e il latte che è di eccellente composizione e si presta alla produzione di formaggi. La mozzarella di bufala campana, una delle più rinomate DOP, deve essere prodotta esclusivamente con latte di bufala. Si stima che in Italia si allevino oltre 360.000 bufale, di cui più di 181.000 nella Provincia di Caserta e altre 78.000 in quella di Salerno. Gli allevamenti bufalini sono concentrati soprattutto in Campania e Lazio, ma ne troviamo anche in regioni del Nord, com è il caso del Veneto. La gestione sanitaria della salute delle bufale e della qualità igienica del loro latte ha una sua importanza, cui non corrisponde in generale l attenzione che è riservata ai bovini. La legge comunitaria sull igiene delle produzioni di alimenti per l uomo (Reg. n.853/04) assimila il bufalo ai bovini, annoverando la specie Bubalus bubalus fra li ungulati domestici. Tutto ciò che le norme comunitarie prevedono per la macellazione degli ungulati domestici e per l impiego del loro latte a uso umano si applica, quindi, anche ai bufali allevati e a queste norme faremo riferimento nei successivi commenti. La comparsa di una positività alla prova della tubercolina in un allevamento di vacche o di bufale ha varie ripercussioni: i singoli animali trovati affetti da TB devono essere avviati entro breve tempo a macello, in modo da estinguere la possibile fonte di contagio agli altri capi ancora non infetti, l allevamento perde la qualifica di ufficialmente indenne e in prima istanza il latte che vi si produce non può più essere destinato a consumo alimentare umano, perché la condizione di allevamento ufficialmente indenne da TB è uno dei principali requisiti per potere usare il latte come alimento per l uomo, come prevede l Allegato III, sezione IX del Reg. CE n.853/04. Quindi, se in un allevamento di bufale o di vacche si scopre anche solo un capo positivo per TB, tutto l allevamento perde la qualifica di ufficialmente indenne e il latte prodotto non può più essere utilizzato né per consumo umano diretto né per la trasformazione. Tuttavia, lo stesso Reg. CE n.853/04, al Cap. I della Sezione IX fornisce le indicazioni per gestire il rischio di una possibile presenza di mycobatteri nel latte delle lattifere ancora sane, con opportuni provvedimenti. In pratica, il latte di vacche o bufale non infette che si trovino in un allevamento non ufficialmente indenne da TB può essere destinato a consumo umano, previa autorizzazione dell autorità competente. Sotto responsabilità dell OSA che gestisce l allevamento, infatti, quel latte potrà essere destinato a un trattamento termico come la pastorizzazione. È scientificamente dimostrato che questo processo (almeno 72 C per non meno di 15 secondi, per legge) è sufficiente per inattivare eventuali agenti di tubercolosi animale nel latte. In alternativa al trattamento termico, il suddetto latte crudo potrà essere destinato alla produzione di

formaggi anche a latte crudo, a patto che i prodotti subiscano una stagionatura e una maturazione di almeno 2 mesi. Questa seconda deroga è giustificata, sul piano scientifico, perché: con la stagionatura il formaggio è destinato a perdere acqua. La parziale perdita di acqua, sommata all effetto del sale aggiunto, fanno sì che nella pasta si abbassi un importante fattore che condiziona la crescita dei batteri, la frazione di acqua libera (valore di A w). Con una sufficiente stagionatura, la Aw del formaggio scende a valori tali (<0,930) da bloccare la proliferazione dei microrganismi patogeni, compresi i mycobatteri tubercolari, i processi di maturazione del formaggio sono determinati sia da enzimi endogeni alla massa caseosa (proteasi e lipasi) sia da enzimi prodotti dai batteri lattici, sempre molto abbondanti nel prodotto in maturazione. Questa sorta di tempesta chimica ha sicuramente effetti devitalizzanti anche sui batteri agenti di malattia alimentare, a patto che la maturazione sia sufficientemente lunga (almeno 2 mesi, meglio ancora se 3). Per quanto riguarda l applicazione delle norme sanitarie sulla gestione del pericolo BSE, il prelievo dall obex, citato nel caso, è stato condotto d ufficio perché alla data della macellazione della bufala la normativa imponeva di sottoporre a prelievo dell encefalo a tutti i bovini di età superiore ai 48 mesi (attualmente, l età minima per l esecuzione della diagnosi è stata portata a 72 mesi). Riferimenti bibliografici 1. Amanfu W. (2006). The situation of tuberculosis and tuberculosis control in animals of economic interest. Tuberculosis, 86, 330-335. 2. Hunter R.L. (2011). Pathology of post primary tuberculosis of the lung: An illustrated critical review. Tuberculosis 91, 497-509. 3. Naranjo V., Gortazar Ch., Vicente J., de la Fuente J. (2008). Evidence of the role of European wild boar as a reservoir of Mycobacterium tuberculosis complex. Veterinary Microbiology 127, 1-9. 4. Tariq Javeda M., Latif Shahid A., Farooqi F.A., Akhtar M., Cardenas G.A., Wasiq M., Cagiola M. (2010). Risk factors associated with the presence of positive reactions in the SCCIT test in water buffalo around two cities in Punjab, Pakistan. Acta Tropica 115, 242-247. 5. Kanameda M., Ekgatat M., Wongkasemjit S., Sirivan C., Pachimasiri T., Kongkrong C., Buchaphan K., Boontarat B. (1999). An evaluation of tuberculin

skin tests used to diagnose tuberculosis in swamp buffaloes (Bubalus bubalis). Preventive Veterinary Medicine 39, 129-135.