CRITERI DI RESISTENZA DEI MATERIALI



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Transcript:

CRITERI DI RESISTENZA DEI MATERIALI Tutti i materiali da costruzione rimangono in campo elastico sino ad una certa entità delle sollecitazioni su di essi agenti. Successivamente, all incrementare dei carichi, si entra in fase plastica per i materiali duttili, o si raggiunge la crisi per i materiali fragili. Materiali Duttili σ Materiali Fragili σ σ 0 ε σ T ε σ 0 σ C La finalità dei criteri di resistenza è quella di mettere in relazione i parametri critici del materiale ottenuti da prove sperimentali per i materiali duttili la tensione di snervamento σ 0 per i materiali fragili la tensioni di rottura a compressione e trazione σ C e σ T con la resistenza dell elemento soggetto in genere ad uno stato di tensione biassiale o triassiale.

La teoria dei criteri di resistenza introduce gli stati tensionali ugualmente pericolosi o monoassiali equivalenti, che sono caratterizzati da una tensione monoassiale equivalente detta tensione eale σ definita in funzione dello stato di sforzo effettivamente agente (espresso nel riferimento principale o in un qualunque riferimento cartesiano) σ = f ( σ, σ, σ ) σ = f ( σ, σ, σ, τ, τ, τ ) I II III x y z xy yz zx Per ciascun criterio di resistenza la crisi si verifica quando la tensione eale raggiunge il valore limite, di snervamento o rottura rispettivamente se il materiale è duttile o fragile. La differenza tra i vari criteri di resistenza è data da come in ognuno di essi viene definita la tensione eale.

CRITERIO DI GALILEO - RANKINE Questo criterio, valo per i materiali fragili, è detto anche criterio della massima tensione normale. Esso assume che la crisi ha luogo quando una delle tre tensioni principali raggiunge il valore limite. Secondo il criterio di Galileo-Rankine la tensione eale a trazione e a compressione viene assunta rispettivamente pari a: + { I II III } { } σ = max σ, σ, σ σ = min σ, σ, σ I II III Introducendo le tensioni di rottura a trazione σ T e a compressione σ C si può esprimere il criterio attraverso le doppie diseguaglianze : σ σ σ {,, } C i T i = I II III Che definiscono nello spazio delle tensioni un dominio di resistenza (insieme di stati tensionali ammissibili) avente forma di cubo.

Nel caso di stati di tensione piani (II =0) il criterio può essere espresso attraverso le 4 disequazioni : σ σ σ σ σ σ C I T C II T Che definiscono nel piano O I un dominio di resistenza di forma quadrata. I punti al suo interno corrispondono a stati di sforzo sicuri secondo il criterio di Galileo-Rankine. I σc O σ T σ T σ C

Il criterio di Galileo-Rankine presenta il limite di non tenere conto dell interazione tra le tensioni principali. Facendo riferimento sempre al caso di stato tensione piano, conseriamo ad esempio un elemento soggetto, in due casi differenti, a tensioni principali aventi lo stesso segno e segno opposto : I I I I ( a ) ( b) E evente che nel caso (a) la tensione principale I contrasta la dilatazione trasversale causata dalla (e viceversa) per cui la resistenza del blocco aumenta rispetto al caso (b) I Vi sono invece coppie di valori (,I ) per le quali il criterio di Galileo-Rankine non tiene conto di questo fatto, associando alle configurazioni di tensione dei due casi lo stesso grado di pericolo. ( σ, σ ) ( σ, σ ) I I II II O

CRITERI DI RESISTENZA PER MATERIALI DUTTILI Nei materiali duttili come i metalli la tensione al limite di snervamento σ 0 è teoricamente uguale in valore assoluto a trazione e compressione. L aggiunta di una pressione rostatica, anche di valore estremamente elevato, non altera tale limite. Entrambe le proprietà hanno avuto ampie conferme sperimentali In particolare per quanto riguarda la seconda negli anni 50 Brgman eseguì una serie di prove di trazione su provini immersi in una camera a pressione capace di sovrapporre fino a 25000 atmosfere (z2500 MPa) costatando che il limite di snervamento rimaneva inalterato. Un criterio di resistenza per materiali duttili deve tenere conto di queste proprietà Due sono i criteri più adottati, perché maggiormente valati dalla sperimentazione : Il criterio di TRESCA Il criterio di HUBER-MISES -HENKY

IL CRITERIO DI TRESCA Secondo Tresca (1868) nell intorno di un punto l indice del pericolo è dato dalla massima tensione tangenziale. 1 τ = τmax = max σ σ, σ σ, σ σ 2 { } I II II III I III Poiché in regime monoassiale si ha τ max = 1 σ 2 I Lo stato tensionale monoassiale equivalente è caratterizzato dalla tensione eale σ = 2τ

L espressione analitica del criterio di Tresca assume pertanto la forma : { I II II III I III } 0 σ = max σ σ, σ σ, σ σ σ Il criterio rispetta le condizioni di simmetria e indipendenza dalla componente rostatica della tensione. Ad esso corrisponde, nello spazio delle tensioni principali, un dominio di resistenza avente la forma di un prisma a base esagonale regolare e l asse coincente con la trisettrice del primo ottante. La sua intersezione con il piano O I, di forma esagonale irregolare, è il dominio di resistenza per stati di tensione piani. II I σ 0 I σ 0 σ 0 σ 0

IL CRITERIO DI HUBER-MISES MISES-HENKY Questo criterio proposto da Huber (1904) è stato esaminato e sviluppato nei vari aspetti da Von Mises (1913) e Henky (1923). E anche noto come criterio della massima tensione tangenziale media o della massima tensione tangenziale ottaedrale o della massima energia specifica di distorsione I diversi nomi derivano dalle differenti procedure adottate dagli autori per pervenire alla stessa espressione della tensione eale. Si richiama che per la trave elastica è stata definita energia specifica di deformazione o potenziale elastico la sequente quantità: Ψ Ψ * 1 T 1 T 1 T Ψ tot = q Q = q Kq = Q DQ 2 2 2 Essendo q e Q i vettori delle caratteristiche della deformazione e della sollecitazione, K e D le matrici di rigezza e deformabilità Ψ e Ψ* definiscono il potenziale elastico rispettivamente nello spazio delle caratteristiche di deformazione e di sollecitazione. Ψ* è detto potenziale complementare.

Nello scrivere le quantità precedenti si è fatto riferimento al legame costitutivo : Nel caso del solo trimensionale, essendo il legame costitutivo esprimibile nella forma: -1 e = Ds ; s = Ee ; ( D = E ) Con e e s vettori di ordine 6 contenenti le componenti speciali della deformazione e della tensione, il potenziale elastico si può esprimere nella forma: Ψ Ψ * 1 T 1 T 1 T Ψ tot = e s = e Ee = s Ds 2 2 2 Nella precedente relazione Ψ e Ψ* definiscono il potenziale elastico rispettivamente nello spazio delle deformazioni e in quello delle tensioni. Nel secondo caso il potenziale è detto complementare. Ad esempio, per solo omogeneo ed isotropo, nello spazio delle tensioni e delle deformazioni principali, si può scrivere 1 1 Ψ tot = εσ i i = ( εi σi + εii σii + εiii σiii ) 2 2 3 i = 1 q = DQ ; Q = K q

1 Il potenziale complementare ( essendo ε1 = [ σi ν ( σii + σiii )] essere scritto come segue : E etc ) può e che 1 2 2 2 ν Ψ tot = Ψ * = ( σ ) ( ) 2 I + σ E II + II σ E I I + I II + II Tenendo presente che σiσii + σiiσiii + σiiiσi = I σ 2 2 2 2 2 2 = I + II + III = I + II + III + I II + II III + III I I σ 1 ( σ σ σ ) ( σ σ σ ) 2( σ σ σ σ σ σ ) ovvero 2 2 2 2 + + = σ1 2 σ2 σi σii σiii I I Si ottiene l espressione del potenziale elastico complementare in funzione degli invarianti primo e secondo della tensione : 1 1 * 2 I +ν Ψ = E E I 2 σ1 σ2

Sottraendo al potenziale elastico l aliquota dovuta alla sola dilatazione della materia 1 2ν 2 Ψ * dil = Iσ 1 6E Si ottiene il potenziale elastico distorsivo 1 +ν 2 Ψ * dist = Ψ * Ψ * dil = ( Iσ1 3 Iσ2) 3E Che può essere scritto in forma alternativa come segue: 1 + ν 2 2 2 Ψ * dist = ( σi σii ) ( σii σiii ) ( σi σiii ) 6E + + Nel caso di tensione monoassiale (I =II =0) si ha Ψ * = dist 1 +ν σ 3E 2 I Da cui 1 σ = ( σ σ ) + ( σ σ ) + ( σ σ ) = I 3I 2 2 2 2 2 I II II III I III σ1 σ2

A differenza del criterio di Tresca attraverso il criterio di Huber-Mises- Henky è possibile esprimere la tensione eale in funzione delle componenti speciali della tensione espresse in un qualunque riferimento cartesiano. A tale espressione si perviene ricordando che gli invarianti primo e secondo della tensione possono essere scritti come: I σ 1 = σx + σy + σz 2 2 2 2 2 2 x y z x y y z z x xy yz zx σ = σ + σ + σ ( σ σ + σ σ + σ σ ) + 3( τ + τ + τ ) 2 2 2 x y y z z x xy yz zx I σ 2 = σ σ + σ σ + σ σ ( τ + τ + τ ) Per cui I Il dominio di resistenza nello spazio delle tensioni principali è un cilindro a base circolare avente asse coincente con la trisettrice del primo ottante. Nel caso di stato piano di tensione il dominio di resistenza è un ellisse circoscritto all esagono di Tresca. σ 0 σ 0 σ 0 σ 0

PARTICOLARIZZAZIONE PER IL SOLIDO DI DE SAINT-VENANT Nel caso del solo di De Saint-Venant composto da materiale duttile omogeneo e isotropo le tensioni principali si determinano risolvendo l equazione λ 0 τxz 3 2 Det ( σ λi ) = Det 0 λ τyz = λ Iσ1λ + Iσ2λ Iσ3 = 0 τxz τyz σz λ con 2 2 σ1 σz σ2 τxz τyz σ3 I = ; I = ; I = 0 Si ottiene: 2 2 2 z ± z + 4( xz + yz ) I σ σ τ τ σ λ = = 2 σ II Per il criterio di Tresca la tensione eale è Per il criterio di H.M.H si ha invece 2 2 2 I II z xz yz σ = σ σ = σ + 4( τ + τ ) 2 2 2 z xz yz σ == σ + 3( τ + τ )