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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: LINA MATERA - Presidente SERGIO GORJAN Consigliere - GUIDO FEDERICO Consigliere ROSSANA GIANNACCARI - Consigliere - Oggetto LAVORO AUTONOMO R.G.N. 28362/2014 Cron.7-2()/0.3 Rep. Ud. 08/02/2018 CC CHIARA BESSO MARCHEIS - Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 28362-2014 proposto da: VITANTONIO, rappresentato e difeso dall'avvocato ; - ricorrente - contro GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in R 2018 575 - controricorrente - avverso l'ordinanza del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il 08/10/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere CHIARA BESSO

MARCHE

R.G. 28362/2014 PREMESSO CHE Vitantonio ha instaurato un giudizio di opposizione contro il decreto che gli aveva ingiunto di pagare la somma di euro 34.000 a titolo di compenso per le prestazioni professionali rese dall'avvocato Giuseppe Il Tribunale di Salerno ha rigettato l'opposizione e confermato il decreto. Contro l'ordinanza Vitantonio ricorre in cassazione. Giuseppe resiste con controricorso, con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque rigettato perché infondato. CONSIDERATO CHE 1. Il ricorso è articolato in tre motivi. a) Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. del d.m. 127/2004, per avere il giudice dell'opposizione determinato il valore della controversia non applicando le norme del codice di procedura civile e non considerando così la causa di valore indeterminabile (nell'atto introduttivo del giudizio, di divisione ereditaria, i beni relitti del defunto non erano stati determinati; solo in corso di causa, a seguito di consulenza tecnica di ufficio, il valore dei beni relitti del defunto è stato quantificato in euro 54.038,30 mentre il donatum, effettuato dal de cuius in favore del ricorrente con dispensa dalla collazione, è stato valutato in euro 248.448,38). Il motivo è infondato. La denunciata violazione non è ravvisabile in quanto il Tribunale ha applicato i criteri valorizzati dal primo (secondo cui "nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del codice di procedura civile, avendo riguardo [..] nei giudizi di divisione, alla quota o ai supplementi di quota in contestazione) e dal quarto (per cui "nella 3

liquidazione degli onorari a carico del cliente, per la determinazione del valore effettivo della controversia, deve aversi riguardo al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti") comma dell'art. 6 del citato d.m. Secondo l'orientamento di questa Corte, ai fini della liquidazione del compenso dell'avvocato il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione (Cass. 6765/2012), per determinare la quale si ricorre alla valutazione eventualmente effettuata dal consulente tecnico (Cass. 10939/2012). b) Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del d.m. 127/2004 per avere il giudice dell'opposizione determinato il valore della controversia non sul valore dei beni in contestazione, ma anche sul donatum, violando e falsamente applicando l'art. 737 del codice civile (la donazione a favore del ricorrente è stata effettuata con dispensa dalla collazione ai sensi dell'art. 737 e l'azione di divisione ereditaria non è stata preceduta dall'azione di riduzione, per cui l'immobile ricevuto in donazione non andava conferito all'asse ereditario non essendo aggredibile da parte degli altri coeredi). Il motivo è infondato. Come ha precisato il Tribunale, gli attori che avevano introdotto il giudizio di divisione nei confronti del ricorrente avevano richiesto la collazione, nella massa ereditaria, dei beni a lui donati, così che proprio in relazione al donatum si incentrava l'interesse perseguito dagli attori e il donatum va considerato nella determinazione del valore della causa; il fatto poi che, nel giudizio di divisione, si sia ritenuto che gli attori non abbiano proposto azione di riduzione attiene al merito della controversia e non rileva ai fini della determinazione del thema disputandum. c) Il terzo motivo denuncia violazione "dell'art. 360, comma 5 c.p.c., error in iudicando": il giudice dell'opposizione ha determinato 4

in modo illogico il valore della controversia, avendo illogicamente considerato il valore del donatum. Il motivo è inammissibile. In rubrica viene richiamato il comma 5 dell'art. 360: essendo quattro i commi dell'articolo, il ricorrente vuole probabilmente fare riferimento al n. 5 del primo comma dell'articolo, poi però, nell'esposizione del motivo, lamenta l'illogicità della determinazione del giudice della opposizione, così facendo riferimento a un parametro non applicabile ratione temporis alla fattispecie. Quanto poi all'error in iudicando invocato in rubrica, esso non trova alcuno svolgimento nella esposizione del motivo. II. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese sono liquidate in dispositivo seguendo la soccombenza. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge. Sussistono, ex art. 13, comma 1-bis del d.p.r. n. 115/2002, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 8 febbraio 2018. Il Presidente (Una Matera) 5