www.iss.it/stra ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ DIPARTIMENTO AMBIENTE E CONNESSA PREVENZIONE PRIMARIA REPARTO AMBIENTE E TRAUMI OSSERVATORIO NAZIONALE AMBIENTE E TRAUMI (ONAT) Marco Giustini, Franco Taggi, Alessio Pitidis Cinture e sicurezza stradale [2001] Pubblicato in I dati socio-sanitari della sicurezza stradale, a cura di Franco Taggi e Gioia di Cristofaro Longo, Istituto Superiore di Sanità, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roma, 2001, pp. 173-179 Il contenuto di questa pubblicazione può essere utilizzato citando la fonte nel modo seguente: Marco Giustini, Franco Taggi, Alessio Pitidis, "Cinture e sicurezza stradale", in I dati socio-sanitari della sicurezza stradale, a cura di Franco Taggi e Gioia di Cristofaro Longo, Istituto Superiore di Sanità, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roma, 2001, pp. 173-179
Cinture e sicurezza stradale* Marco Giustini, Franco Taggi, Alessio Pitidis Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica, Istituto Superiore di Sanità - Roma In Italia ogni anno muoiono circa 550.000 persone ed altrettante ne nascono. La gran parte dei decessi avviene per malattie dell apparato cardiocircolatorio o per tumori, la cui incidenza è fortemente relata all età dell individuo, colpendo principalmente le classi più anziane. Di certo ogni singola vita ha di per sé, concettualmente, un valore infinito; tuttavia, è innegabile come un intervento atto ad evitare la morte di una persona di 80 anni non possa avere le stesse ricadute in termini sociosanitari rispetto ad un azione volta a preservare la vita di un giovane. Queste considerazioni sono fondamentali per inquadrare correttamente il fenomeno della mortalità dovuta ad incidenti stradali che, se considerata superficialmente, può apparire, con i suoi 8000 morti all anno, un fenomeno trascurabile di fronte a tutte le morti osservate, la gran parte delle quali, si noti, è praticamente inevitabile (la metà di queste avviene infatti oltre i 78 anni). Nel nostro Paese, oggi, gli incidenti stradali rappresentano la principale causa di morte al di sotto dei 40 anni. I 300.000 morti per incidenti stradali, registrati negli ultimi 30 anni, di cui un terzo costituito da soggetti fra i 15 e 29 anni di età, rappresenta un fenomeno di proporzioni enormi dai costi sociali tanto rilevanti quanto, per la gran parte, evitabili. Certamente, in questo periodo si è assistito ad un sostanziale calo della mortalità dovuto in buona parte ad importanti eventi quali la maggior protezione offerta dai veicoli, l introduzione di leggi sull uso * Pubblicato su Il Centauro, n. 50, pp. 12-14 (2000) 173
4Ln(Morti / 1000 Veicoli registrati) I PARTE - L EPIDEMIOLOGIA DEGLI INCIDENTI STRADALI obbligatorio dei sistemi di sicurezza, lo svolgimento di numerose campagne di educazione-infomazione, i notevoli progressi della moderna medicina, sia di tipo diagnostico che terapeutico. Tuttavia, pur essendo coscienti che, a differenza di molti altri fenomeni indesiderabili, gli incidenti stradali non sembrano essere attualmente eliminabili in quanto conseguenza fisiologica del sistema della circolazione stradale, è nostra convinzione che ancora molto può essere fatto per ridurre questo tributo di vite che la collettività paga ogni anno. Come ebbe a mostrare sin dagli anni 40 R.J.Smeed, la mortalità osservata per incidente stradale sembra essere strettamente correlata al numero di veicoli registrati e alla popolazione, nel senso che conoscendo questi dati è possibile prevedere quanti morti si avranno nell anno per incidenti stradali (v. fig. 1). In sostanza, numero di veicoli e numero di abitanti di un certo Paese sembrano riassumere bene la propensione generale del sistema al movimento veicolare, con quel che ne consegue se al movimento è associato un rischio, sia pur piccolo, di morte. D altra parte vi sono dei Paesi per i quali il modello predittivo formulato da Smeed non funziona bene in quanto il numero di morti osservato è nettamente inferiore a quello previsto dal modello: non a caso si tratta di Svezia, Norvegia, Finlandia, Regno Unito e Giappone, Paesi che hanno da decenni dedicato attenzione e investimenti alla sicurezza stradale (v. ancora fig. 1). Relazi 3 LN T M/V 2 1 0 y = -0,760x - 1,470 r 2 = 0,912-1 Norvegia, Svezia, Finl andia, Giappone, Regno Uni to -2-8 -6-4 -2 0 Ln(Veicoli registrati / Popolazione) 174
CINTURE E SICUREZZA STRADALE Allo stato dei fatti, perciò, una mortalità come quella osservata nel Regno Unito, che quanto a popolazione residente e parco veicolare può essere considerato simile al nostro, segnala sostanzialmente lo zoccolo duro del fenomeno, valutabile in questo caso attorno a 6 morti per 100.000 residenti/anno. Poiché in Italia abbiamo attualmente un tasso attorno a 14 morti per 100.000 residenti/anno, possiamo ritenere che un obiettivo realistico da perseguire nel medio-lungo termine sia quello di ridurre del 50% la mortalità attuale, ovvero passare da circa 8.000 morti all anno a 4.000. Certamente, i tempi e i modi di realizzazione di questo ambizioso obiettivo variano a seconda delle strategie messe in opera. Vi sono infatti delle azioni che, pur potendo essere attivate in tempi brevi, forniscono risultati a lunga scadenza: l educazione stradale delle nuove generazioni è un esempio in questo senso; esistono, invece, azioni attivabili in tempi brevi che potrebbero fornire immediatamente risultati importanti: è questo il caso dei dispositivi di sicurezza. Come vedremo, se si riuscisse ad elevarne la prevalenza d uso, le ricadute sarebbero immediate e certamente, vista la quantità di autovetture circolanti, la quota parte principale nella riduzione del fenomeno l avrebbero le cinture di sicurezza. Di certo non è immediato stimare con precisione quanti siano gli automobilisti deceduti nell anno per incidente stradale (non a sette giorni dall incidente!) dal momento che tale infomazione sulla tipologia di utenza della strada sovente viene purtroppo tralasciata all atto della compilazione della scheda di morte. Tuttavia, con buona approssimazione possiamo affermare che se dalla mortalità stradale dell anno togliessimo pedoni, ciclisti, ciclomotoristi e motociclisti, resterebbe circa un 55% di soggetti che avrebbe potuto trarre beneficio dall uso della cintura di sicurezza: si tratta di circa 5000 morti tra conducenti e trasportati di autoveicoli. Tale ordine di grandezza è in linea, del resto, con quanto è emerso dai dati del Progetto SISI (Studio Italiano Sugli Incidenti) realizzato dall Istituto Superiore di Sanità alcuni anni fa, per quanto riguarda i soggetti feriti. Una delle linee di ricerca, denominata Sorveglianza, ha infatti permesso attraverso gli arrivi di pronto soccorso negli ospedali di tre regioni, Liguria, Marche e Molise, di osservare quanti pazienti afferivano ai centri a causa degli incidenti stradali. Degli oltre 12.000 arrivi registrati, circa la metà era relativa, infatti, ad automobilisti. Si tratta, quindi, del nucleo di utenti della strada che maggiormente potrebbe contribuire, qualora facesse uso corretto della cintura di sicurezza, alla riduzione della mortalità e della morbosità secondaria ad incidente stradale nel suo complesso. L uso delle cinture di sicurezza da parte di conducenti e trasportati di autoveicoli ha dato, in base agli studi epidemiologici svolti in tutto 175
I PARTE - L EPIDEMIOLOGIA DEGLI INCIDENTI STRADALI il mondo negli ultimi trenta anni, risultati notevolmente positivi. Già nel 1977, il prof. William Haddon, padre della moderna accidentologia, riferì ad una Commissione del Governo degli Stati Uniti sulla grande efficacia di questi dispositivi nel ridurre i traumi secondari ad incidenti stradali. Nel 1978, una meta-analisi, condotta sui risultati ottenuti in 21 Paesi dall Istituto dell Economia dei Trasporti Svedese, mostrava la notevole efficacia delle cinture nel ridurre mortalità e morbosità; numerose altre esperienze maturate in tempi successivi in Paesi diversi hanno confermato questi risultati. Una prima considerazione generale che può essere fatta in base ai risultati osservati è che l uso delle cinture di sicurezza cresce con la severità della legislazione: nei Paesi in cui l uso è volontario, la percentuale di utenti che utilizzano durante la guida le cinture di sicurezza è estremamente bassa, mentre i livelli raggiunti in presenza di una legge di obbligo sono in genere piuttosto adeguati. E bene tener presente questo punto poiché si è visto che le campagne di informazioneeducazione della popolazione, da sole, sono inefficaci per il raggiungimento di una soddisfacente proporzione di utilizzo delle cinture di sicurezza; nella civilissima Svezia, ad esempio, il governo spese a suo tempo milioni di dollari in campagne di educazione stradale che si rivelarono sostanzialmente inefficaci. Si può affermare, quindi, che oggi nessuno più dubita sull efficacia e sui positivi risultati dell uso delle cinture di sicurezza da parte dei conducenti e trasportati negli autoveicoli. E piuttosto ancora oggetto di studi e approfondimenti anche metodologici la natura, la qualità e la misura di tali positivi risultati. In altre parole si cerca di determinare, con la maggiore approssimazione possibile la differenza tra il non uso e l uso delle cinture in termini di riduzione del danno sia per l individuo (traumatismi e altre conseguenze) sia per la collettività (costi sociali). Come si ripercuote, dunque, l uso delle cinture di sicurezza sulla mortalità e sulla morbosità osservate per gli incidenti stradali? E molto difficile rispondere con precisione a questa domanda, in quanto esistono molteplici fattori che possono distorcere una valutazione statistica del fenomeno; tuttavia, per nostra fortuna, l effetto in gioco è piuttosto consistente e, quindi, tenendo bene in mente che possono esistere molti limiti per una stima precisa, possiamo fornire alcune indicazioni di sicuro interesse. Anche se da più parti sono state sollevate in passato obiezioni sui diversi dispositivi di sicurezza, attribuendo ad essi, come nel caso del casco, la responsabilità di indurre incidenti o lesioni, talora anche gravi, i dati ad oggi disponibili mostrano una elevata efficacia di tali dispositivi, mentre un aumento di rischio connesso con il loro uso (special- 176
CINTURE E SICUREZZA STRADALE mente a fronte di quello che accade con il loro non-uso) non appare determinante. In Australia, ad esempio, nello stato di Victoria, si è osservata una diminuzione del 27-32% delle morti attese, dopo l introduzione della legislazione sull uso delle cinture. In Belgio tale decremento è stato del 25%. Studi mirati effettuati nel Regno Unito hanno mostrato una particolare efficacia delle cinture di sicurezza nella riduzione delle lesioni gravi o mortali (decrementi intorno al 35%). Contrariamente a quanto si è soliti pensare, le cinture sono utili non solo fuori città, ma anche e soprattutto in città, dove avviene il maggior numero di incidenti. In zona urbana le velocità sono in genere più contenute; tuttavia, le energie in gioco sono già a livelli tali da produrre lesioni gravi o mortali (come spesso si suole ricordare, un urto a 50 km/h è equivalente ad una caduta dal terzo piano); comunque, l evidenza epidemiologica mostra che le cinture sono utili pure a velocità elevate. Anche il rischio determinato dalla possibilità di rimanere intrappolati in auto in alcune situazioni specifiche (incendio dell auto, caduta in acqua, ecc.) è largamente compensato dal fatto che l uso delle cinture aumenta la probabilità di rimanere coscienti dopo un incidente stradale, fatto determinante per salvarsi la vita in tali condizioni. Se gli italiani indossassero di più la cintura, dunque, cosa cambierebbe nel quadro traumatologico che ogni anno si osserva? Utilizzando il modello matematico, da noi applicato alla valutazione della riduzione del trauma cranico indotta dall uso del casco, possiamo cercare di dare un idea della diminuzione percentuale di mortalità (e, in linea di massima, anche di invalidi e di ricoveri) che si osserverebbe all aumentare della prevalenza d uso delle cinture di sicurezza. Il modello è sintetizzato dalla formula seguente: P2 α + ( 100 P2 ) δ = 1 P1 α + ( 100 P1 ) (modello IPP, Taggi 1986) dove d è la riduzione percentuale prevista, a è la protezione relativa indotta dalla cintura, P 1 e P 2 sono rispettivamente le prevalenze d uso della cintura prima e dopo l intervento volto ad aumentarne l utilizzo. La Tab. 1 riporta i risultati ottenuti col modello in diverse ipotesi di uso prima-dopo (si è posto come valore prima un uso delle cinture pari al 20%, prevalenza media osservata in studi nazionali in Italia). Come si osserva, le diminuzioni percentuali stimate, pur nella loro variabilità e nei limiti inevitabili del modello matematico, rappresentano indicazioni di sicuro interesse per la sanità pubblica. Assumendo in media che per ogni morto ci siano due invalidi gravi e venti ricove- 177
I PARTE - L EPIDEMIOLOGIA DEGLI INCIDENTI STRADALI rati, sono riportati in tabella i valori assoluti della riduzione annua stimata. Tenendo sempre presente i limiti di ogni stima modellistica, si può tuttavia facilmente vedere come aumentare l uso delle cinture di sicurezza porterebbe ad un risparmio di vite (in genere di giovani) molto consistente e, soprattutto, ad una forte diminuzione del numero di invalidi e di ricoveri. E questo ogni anno in quanto i calcoli sopra riportati sono stati fatti in riferimento a quello che purtroppo ogni anno è dato osservare. Ovviamente, il tutto porterebbe ad un risparmio sociosanitario di grande portata, dell ordine di migliaia di miliardi/anno. Per fare un esempio, in termini di stima di massima, se attribuiamo, in base al criterio produttivistico residuale nell ambito dell approccio del capitale umano (Pitidis et al., 1998), ad ogni perdita di vita umana in incidente stradale un costo indiretto (perdita di produzione) di 1 miliardo e 400 milioni, ad ogni invalidità grave un costo indiretto di 320 milioni (posizionandoci su una media di invalidità funzionale dell 11%) e ad ogni ricovero un costo diretto ospedaliero pari a 5,3 milioni (degenza media di 8,5 giorni, con una tariffa media giornaliera ponderata di 624.000 lire), pervenendo ad un uso delle cinture pari al 100%, si avrebbe una riduzione annua di costi pari a: 2.265x1400 + 4.530x320 + 45.3000x5,3 = 4.860 miliardi l anno. Questa, ripetiamo, è solo una stima di massima, peraltro molto conservativa riguardo ai costi diretti, che sono quelli che in termini finanziari sicuramente incidono sul bilancio dello Stato; ma è, certo, di gran- Tab.1 Diminuzione stimata, espressa in numero di casi evitati di morti, invalidi e ricoverati per incidente stradale in autoveicolo all'aumentare della prevalenza d'uso delle cinture di sicurezza (prevalenza d'uso attuale 20%) Prevalenza d uso Situazione attuale Prima della legge Dopo legge la Diminuzione stimata (val.%) Morti 5000 Invalidi 10.000 Ricoverati 100.000 20% 30% -5,7 285 570 5.700 20% 40% -11,3 565 1.130 11.300 20% 50% -17,0 850 1.700 17.000 20% 60% -22,7 1.135 2.270 22.700 20% 70% -28,3 1.415 2.830 28.300 20% 80% -34,0 1.700 3.400 34.000 20% 90% -39,7 1.985 3.970 39.700 20% 100% -45,3 2.265 4.530 45.300 178
CINTURE E SICUREZZA STRADALE de utilità: la cifra risultante, mostra realisticamente l ordine di grandezza dei ritorni economici che si avrebbero da azioni efficaci, tese ad aumentare l uso delle cinture di sicurezza. Da quanto sin qui esposto, se da una parte emerge come ci sia ancora molto da fare per controllare maggiormente il fenomeno degli incidenti stradali, dall altra esistono molteplici possibilità per farlo: tra queste, certamente, figura per efficienza al primo posto l uso generalizzato delle cinture di sicurezza. E bene sottolineare, infine, che la cintura non solo può salvare la vita, ma anche salvaguardare la qualità di vita: per esempio, alcune lesioni al viso possono non essere mortali, né particolarmente gravi, ma possono influenzare profondamente la qualità della vita di chi sfortunatamente ne è vittima (es., lesioni deturpanti del viso, specie nelle donne giovani). Nei prossimi anni, perciò, un obiettivo primario dovrà razionalmente essere quello di elevare la prevalenza d uso delle cinture di sicurezza (aumentando i controlli, informando correttamente il pubblico, concedendo vantaggi anche di tipo economico a chi le usa, ecc.) e far sì che indossarle divenga abitudine di tutti, come già avviene in molti Paesi che ci hanno preceduto in queste azioni. BIBLIOGRAFIA PITIDIS A., PALAZZO F., MENNINI F.S. & TAGGI F. The evaluation of indirect costs of road traffic accidents in Italy, European Conference on Measuring the Burden of Injuries, ECOSA, Amsterdam (1998) TAGGI F., Stima della quota prevenibile di mortalità per incidenti stradali indotta dall uso dei dispositivi di sicurezza, in atti del 3 Convegno Nazionale sugli Studi di Mortalità, Comitato Italiano per gli Studi di Mortalità, Firenze (1986) 179
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