ALIMENTAZIONE E TUMORI



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ALIMENTAZIONE E TUMORI All'inizio del Novecento soltanto una persona su trenta si ammalava di tumore nel corso della vita. Attualmente una persona su tre. I motivi di un simile drammatico aumento sono diversi e difficilmente valutabili singolarmente. Hanno avuto certamente certamente un peso il prolungamento della vita media (i tumori si manifestano più frequentemente fra le persone anziane), la netta riduzione della mortalità per le malattie infettive grazie agli antibiotici e ai vaccini, il miglioramento delle capacità diagnostiche. Tuttavia i fattori di gran lunga più importanti sono il deteriorarsi dell'ambiente esterno e le modificazioni del proprio stile di vita. Si ritiene, infatti, che oltre l'80% dei tumori deve la sua insorgenza o il suo sviluppo a fattori ambientali. E fra questi un ruolo preminente (almeno il 30% dei casi) lo svolge l alimentazione: il tipo di cibo, i metodi di preparazione, la quantità, la varietà, la conservazione, la cottura. Si stima che un azione incisiva sulla popolazione per il miglioramento della dieta quotidiana potrebbe evitare fino a 4 milioni di nuovi casi di tumori all anno, su scala mondiale. La correlazione fra alimentazione e tumori è emersa in modo chiaro dai grandi studi epidemiologici che hanno evidenziato come uno stesso tumore avesse un'incidenza drammaticamente diversa in popolazioni con abitudini alimentari differenti. Per la peculiarità della sua alimentazione è la popolazione giapponese a proporre gli esempi più significativi, nel bene e nel male. Le donne giapponesi, per esempio, hanno una frequenza di tumori della mammella cinque volte inferiore alle donne statunitensi. Tale prerogativa è stata attribuita al loro basso consumo di grassi. A conferma di questa ipotesi, si è visto un significativo aumento di tale tumore in quelle Giapponesi che, emigrate negli Stati Uniti, hanno adottato le abitudini alimentari di quel paese. Per contro, i Giapponesi hanno la più alta incidenza mondiale di tumori dello stomaco, fenomeno correlato alla loro alimentazione ricca di cibi proteici (carne e pesce), salati e affumicati, e povera di frutta e verdura. Anche in questo caso la conferma di tale supposta correlazione è venuta dalla netta riduzione di una simile forma tumorale in quei Giapponesi che, emigrati nelle Hawaii, hanno adottatto un'alimentazione ricca di vegetali. Alla vitamina C è infatti riconosciuta la capacità di inibire la formazione delle nitrosamine, considerate sostanze cancerogene, che si formano nello stomaco dall'unione della amine (contenute negli alimenti proteici) con i nitrati (aggiunti per la conservazione degli alimenti).

La salatura, il più antico procedimento di conservazione dei cibi, è stata sospettata di essere di per sé un promotore dei tumori gastrici. Da quando in Giappone si è diffusa la tecnica della surgelazione, che ha permesso la limitazione dell'uso del sale, si è assistito ad una netta riduzione dei tumori dello stomaco. Altra chiara evidenza del rapporto alimentazione-tumore è la maggiore frequenza di tumori intestinali nelle popolazioni europee rispetto a quelle africane e asiatiche. La cosa è attribuita a due caratteristiche negative dell'alimentazione europea: l'eccesso di grassi animali e la scarsità di fibre alimentari. I grassi animali aumentano produzione di acidi biliari, fra cui l acido desossicolico che può essere convertito a metilcolantrene, un potente agente oncogeno, in grado di alterare il DNA delle cellule della mucosa intestinale. La scarsità di fibre alimentari, determinando un rallentamento del transito intestinale delle feci, permette un maggior tempo di contatto di eventuali sostanze cancerogene con la mucosa intestinale; in più le fibre, legando notevoli quantità di acqua, assorbono eventuali oncogeni. Ad un eccessivo consumo di alcol è attribuita una maggiore incidenza di tumori del cavo orale, dell'esofago e della laringe. Quando il bevitore è anche forte fumatore il fattore di rischio per il carcinoma dell esofago aumenta di 8 volte. Neanche l'eccessivo consumo di caffè è esente da sospetti, essendogli attribuita una correlazione con i tumori della vescica, del pancreas e del colon. La correlazione fra eccesso ponderale e rischio neoplastico, per anni soltanto ipotizzata, ha ricevuto di recente conferma in quanto gli alti livelli di insulina e di estrogeni che si hanno in questa condizione (in entrambi sessi) sono ritenuti induttori di crescita tumorale. Sembra, secondo recentissime ricerche, che anche alti livelli di leptina, una proteina prodotta dalle cellule adipose, stimola la crescita tumorale. Il grasso corporeo è associato con un aumentato rischio di adenocarcinoma dell esofago e con i tumori del pancreas, del colon-retto, dell utero, della mammella ( in età postmenopausale), nonché dell endometrio e del rene, mentre per il tumore alla cistifellea l associazione è solo probabile. Un elevato livello di insulina circolante è una situazione piuttosto frequente nelle popolazioni occidentali, data la loro propensione verso un regime alimentare ricco di carboidrati raffinati ad alto indice glicemico, cioè che hanno la proprietà di provocare alti valori glicemici post-prandiali, a causa del rapido assorbimento intestinale. L insulina è considerata un vero e proprio fattore di crescita tumorale poiché favorisce la bioisponibilità degli ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni), la cui relazione rispettivamente con il tumore mammario e prostatico è risaputa. Nel rapporto alimentazione-tumori ha la sua importanza anche la modalità di conservazione dei cibi destinati a essere consumati a distanza di tempo dalla loro produzione. Se non attentamente conservati alcuni prodotti, in particolare quelli a elevato contenuto oleoso e zuccherino (arachidi, piselli, pistacchi, pere, vino, patate,

riso, mais, grano, pane) possono essere contaminati da aflatossine (metaboliti tossici del fungo Aspergillus flavus e parassiticus), messi in relazione all insorgenza di tumori epatici. Le proprietà cancerogene delle aflatossine furono scoperte per caso nel 1962, in seguito all inspiegabile morte di centomila tacchini in Gran Bretagna alimentati con arachidi brasiliane.frequente è anche la contaminazione di spezie come pepe, peperoncino, chiodi di garofano, ginepro e altre ancora. Le aflatossine possono passare nel latte (e da questo nei latticini) attraverso il mangime contaminato. Così come insetticidi, diserbanti, maturanti e conservanti, se non utilizzati secondo rigide regole, possono rendere insidiosi prodotti della terra <<troppo belli>>. Un ruolo non secondario nel rapporto alimentazione-tumori è svolto anche dalle modalità di cottura dei cibi: un uso frequente di carni cucinate alla brace, alla griglia e nel barbecue, aumenta il rischio di tumori all'apparato digerente e alla vescica, per lo sviluppo di idrocarburi aromatici policiclici durante il processo di arrostimento. L uso di cuocere le carni a fuoco vivo e le tecniche di affumicazione dei cibi producono benzopirene e composti analoghi, dovuti principalmente alla pirolisi di grassi e proteine. I pirolisati di aminoacidi possiedono un forte potere mutageno. Le donne che mangiano eccessive quantità di patatine e fritture aumentano significativamente il rischio di ammalarsi di tumore all utero o alle ovaie: l indice è stato puntato contro l acrilamide, una sostanza prodotta dalla frittura di alimenti ricchi di amido, potenzialmente cancerogena. Recente ricerche circa l influenza dell alimentazione della dieta sull immunità e su alcune situazioni da essa dipendente, fra cui i tumori (oltre a malattie autoimmuni, infezioni e invecchiamento), hanno dimostrato alterazioni sia nelle condizioni di denutrizioni sia di eccessivo apporto alimentare. LA CHEMIO-PREVENZIONE ONCOLOGICA Poichè le campagne di prevenzione basate sulla limitazione delle sostanze potenzialmente nocive hanno dato finora scarsi risultati, si sta puntando con sempre maggiore convinzione su programmi di assunzione di alimenti ritenuti protettivi, in grado cioè di invertire l'evoluzione delle cellule pre-maligne (prima cioè che diventino invasive e metastatiche), durante il lunghissimo intervallo di latenza che caratterizza la maggior parte dei tumori umani. Oggi il 35% di tutti i tumori si può prevenire con una sana alimentazione: almeno il 45% di quelli alla prostata e ben il 70% delle neoplasie del colon. La ricerca moderna sta, infatti, sempre più dimostrando che il ruolo della carenza di alcuni elementi determinata da un insufficiente introduzione di frutta e verdura, è più importante nel promuovere l'insorgenza di malattie neoplastiche, del ruolo negativo svolto da alcune sostanze identificate come cancerogene.

Questra strategia mira a proteggere per tutto il giorno l'organismo dalla deleteria azione dei radicali liberi (alterazioni ossidative a livello dei lipidi di membrana e del DNA) attraverso l apporto di sostanze antiossidanti; vitamine (betacarotene,vitamina C, E, acido folico) polifenoli, indoli, oligoelementi (selenio), in dosi e combinazioni non riproducibili in laboratorio nelle pillole, di cui sono ricchi i vegetali. I meccanismi protettivi dei vegetali sono vari. la vitamina C, come già detto, impedisce la formazione di nitrosamine, sostanze mutagene e cancerogene; la vitamina E protegge le strutture cellulari dai pericolosi radicali liberi; il beta-carotene, precursore della vitamina A, contribuisce a prevenire la trasformazione metaplasica delle cellule epiteliali (stadio precoce del passaggio dal tessuto normale a quello neoplastico); il licopene, contenuto in larga misura nei pomodori dandogli il caratteristico colore rosso, è un potente antiossidante, assorbito più facilmente dal pomodoro cotto, essendo in quello crudo in forma cristallina, poco solubile. In uno studio su 48 mila uomini, ricercatori di Harvard, hanno rilevato che 10 porzioni alla settimana di cibi ricchi di pomodori (sugni, pizza, ketchup) dimezzavano il rischio di cancro alla prostata; le fibre, che oltre a svolgere la già citata azione protettrice sul colon accelerando il transito intestinale, ne svolgono altre più complesse. E stato osservato che nel colon le fibre subiscono da parte della flora batterica saprofitica un processo di fermentazione, che ne modifica la strutture nutrendosene, e che durante tale processo si formano sostanze che inducono l apoptosi (cioè la morte programmata) delle cellule intestinali anomale, quelle potenzialmente progenitrici di un tumore, mentre non hanno alcun effetto sulle cellule sane. Inoltre, sempre attraverso la fermentazione, viene modificato il ph (cioè il tasso di acidità) intestinale, che contrasta la formazione di sostanze induttrici di tumori derivanti dalla digestione di altri alimenti (carni rosse ricche di grassi).gli alimenti ricchi di fibre sono, inoltre, anche ricchi di fitoestrogeni, ormoni vegetali che svolgono un'azione protettiva nei confronti di alcuni tumori estrogeno-dipendenti (in particolere la mammella) con vari meccanismi: legandosi ai recettori per gli estrogeni umani presenti in sede mammaria, inibiscono l azione induttrice tumorale degli ormoni naturali; aumentando la produzione epatica delle proteine di trasporto degli estrogeni, diminuiscono la loro quota libera (la più attiva); inibendo l'aromatasi (l'enzima che converte nel tessuto adiposo gli androgeni in estrogeni), diminuiscono ulteriormente il livello di estrogeni circolanti; rallentando l assorbimento degli zuccheri a livello intestinale, diminuiscono la secrezione di insulina da parte del pancreas e quindi la bio-disponibilità degli ormoni sessuali e di IGF-1, potenziali induttori

di tumori mammari e prostatici. Uno studio su 470 mila persone ha evidenziato che le persone più protette sono quelle che consumano da 5 a 7 porzioni di frutta e verdura al giorno. Oltre alle vitamine, ai minerali e alle fibre, sono presenti nella frutta e nella verdura numerose sostanze antiossidanti (alcune già individuate come i bioflavoni, altre in via di definizione), motivo per cui non è la stessa cosa ingoiare pillole di vitamine, sali minerali, fibre e consumare alimenti ricchi di questi principi nutritivi. E l intero cocktail di frutta e verdura ad avere un effetto positivo, e attraverso gli alimenti è impossibile arrivare ad un sovradosaggio degli elementi suddetti. anche un buon apporto di omega-3 (accanto alla già riferita e riconosciuta azione cardio-protettiva) sembra esplicare un effetto di prevenzione antitumorale, rendendo ragione della bassa incidenza di tumori tra gli Eschimesi della Groenlandia. Se si riuscisse ad invertire la tendenza fra consumo di carne rossa e di pesce si ridurrebbero di molto i tumori intestinali. Sulla base di queste osservazioni i Comitati di Ricerca che indagano sulla relazione fra alimentazione e cancro hanno formulato alcune raccomandazioni generali seguendo le quali si potrebbe ridurre in modo significativo l'incidenza di alcuni tumori. Queste sono: evitare il sovrappeso; limitare il consumo dei grassi a non piu' del 30% delle calorie totali, con un giusto rapporto fra acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi; limitare i prodotti trattati con sale, in salamoia e affumicati e l'aggiunta del sale nella preparazione dei piatti; limitare l'assunzione di sostanze alcoliche, soprattutto superalcoliche, specie in associazione col fumo; limitare l'uso di carne cotta su fuoco vivo, potendosi formare per pirolisi prodotti cancerogeni (benzopirene); avere molta cura nel conservare prodotti come cereali, legumi, noci, facilmente inquinabili da muffe produttrici di aflotossine; consumare cereali integrali, con elevato contenuto in fibre e a basso indice glicemico. includere nel menu giornaliero cinque porzioni di verdure (verdi e gialle) e frutta (evitando quella troppo bella e troppo lucida, in sospetto di fitocosmesi), per assicurare un adeguato apporto di vitamine; privilegiare l'uso di cibi non conservati, preferendo, comunque, i surgelati; evitare cibi cotti ad alte temperatura. Giova ricordare che la dieta mediterranea (e più propriamente la sua versione suditaliana) rappresenta un buon modello di alimentazione in una prospettiva di chemioprevenzione tumorale.