Intervento di: FRANCO PASQUALI Coordinatore Retinopera PER UN NUOVO UMANESIMO DELLA SCIENZA Accolgo volentieri la sollecitazione di Mario Capanna a riflettere sul rapporto tra scienza, scientismo e democrazia, una questione delicata e complessa sulla quale è opportuno interrogarsi, sia sul fronte scientifico sia sul versante sociale. La scienza contemporanea mostra sempre più spesso una forte caratterizzazione preottocentesca, una sorta di arroganza derivata da una eccessiva fiducia in se stessa, con la conseguente chiusura al confronto sociale e alla definizione di un corretto ordine delle priorità. La ricerca dovrebbe sempre mettere al centro dei propri obiettivi ed interessi l uomo e la sua umanità nel senso forte del termine, avere come fine la ricostituzione di un nuovo umanesimo che sia inclusivo, aperto al confronto pubblico. L innovazione scientifica e la sperimentazione sono fondamentali per il progresso umano, ma devono essere consapevoli, fondarsi sul consenso, analizzare implicazioni e conseguenze del proprio operare, soprattutto su temi delicati come le bioscienze e le biotecnologie applicate all agricoltura. Ad esempio, la questione degli organismi geneticamente modificati - che in più occasioni ci ha visti partecipi insieme alla Fondazione Diritti Genetici - dimostra come l arroganza di alcuni scienziati abbia impedito una riflessione serena su una innovazione che avrebbe richiesto studi più approfonditi, tempi più lunghi, analisi di tutte le implicazioni. Non può essere considerata, come invece è accaduto, soltanto un mero oggetto di ricerca, visto che il suo ambito di applicazione è ben più ampio e complesso, anche in virtù delle ricadute sul consorzio umano - inteso come comunità - chiamato ad interagire con la ricerca e l innovazione.
Gli stessi scienziati dovrebbero essere educati ad un approccio più umanistico nei confronti della ricerca, ad una sensibilità nuova, globale, su temi che necessitano di risposte completamente nuove. Bisognerebbe ad esempio comprendere che, nel caso dell ingegneria genetica applicata all agricoltura, il cibo non può essere considerato soltanto un oggetto di studio da parte della ricerca scientifica. Il tema è molto più complesso, riguarda la socialità, le modalità di relazione delle persone all interno delle proprie comunità e a livello globale, non si può pensare di affrontarlo esclusivamente dal punto di vista della tecnologia, occorre un approccio a tutto campo che investa la sociologia e la politica. PER UNA SCIENZA OLTRE IL MERCATO La condizione di autoreferenzialità in cui opera la scienza ne deprime progresso e potenzialità, soprattutto quando ad essa si associano i condizionamenti del mercato e della finanza. La necessità di monetizzare nell immediato i risultati ottenuti dalla ricerca scientifica impedisce di fatto lo studio e l analisi delle sue possibili conseguenze ed implicazioni, nonché una riflessioni sulla sua effettiva rispondenza ai bisogni reali della società. Alla condizione di autoreferenzialità culturale si aggiunge dunque uno stato di forte condizionamento economico che inevitabilmente introduce forzature e distorsioni nella lettura della realtà. Tornando all esempio del cibo, questo rischio di distorsione/semplificazione/strumentalizzazione è fortissimo: esiste il problema della fame nel mondo, dunque si può intervenire superando qualsiasi situazione di responsabilità politica, sociale, etica, filosofica. Ma un approccio all innovazione puramente autoreferenziale ed economicista è estremamente semplificativo e, dunque, molto pericoloso. Le società occidentali dovrebbero essere più consapevoli della necessità di introdurre all interno della ricerca scientifica una visione più complessa della realtà, che faccia da modello e da traino per le nuove potenze emergenti. La situazione della ricerca in Cina, ad esempio, non è affatto tranquillizzante. In quel caso si assiste ad una estremizzazione della autoreferenzialità per giustificare ricerche che destano non poche perplessità e non offrono sufficienti garanzie in termini di sicurezza. Non credo sia possibile introdurre innovazione se la società non ha gli strumenti culturali più adatti a gestirla. La scienza e la società dovrebbero porsi, come obiettivo principale, quello di costruire un patrimonio culturale ed etico che sia in grado di gestire le ricerche prodotte. SCIENZA E DEMOCRAZIA
L irruzione delle forze economiche e finanziarie all interno della ricerca apre dunque un nuovo fronte di riflessione: in gioco non c è più soltanto il rapporto tra scienza e società ma anche quello tra scienza, società e democrazia. Consentire alla società di partecipare alla scienza, non solo nei mezzi e negli strumenti, ma anche nelle finalità generali della ricerca scientifica, appare un passaggio obbligato per garantire la democrazia. Indubbiamente la conoscenza e l informazione sono condizioni necessarie per un agire consapevole e un coinvolgimento diretto nel processo democratico di scelta, ma sempre più spesso, nelle nostre società, si registra un deficit di conoscenza e trasparenza, e non solo nel campo della ricerca scientifica. Senza una informazione corretta e aperta al confronto, la nostra democrazia diventa, per così dire, anomala, o per lo meno non in grado di affrontare una riflessione seria e operativa su argomenti basilari per l essere vivente, come ad esempio le bioscienze o le questioni energetiche. Gli eventi accaduti lo scorso anno in Giappone hanno evidenziato come in quel caso la scienza e la tecnologia, guidate da fortissimi interessi economici, non fossero in grado di prevenire o gestire i rischi da esse stesse prodotti. Nel caso delle biotecnologie la questione è più sottile ma ugualmente insidiosa, ecco perché necessita di una più forte attenzione democratica. Sono nettamente contrario ad ogni forma di guerra ideologica, ma certamente alcuni settori della scienza, come la manipolazione genetica, richiedono un atteggiamento di maggiore cautela e una ricerca in progress che valuti di volta in volta i vari passaggi dell innovazione senza passare immediatamente alla fase applicativa. Il coinvolgimento democratico dell opinione pubblica è fondamentale, e va realizzato attraverso la promozione della conoscenza e la costruzione di nuove forme di consapevolezza. Il successo delle recenti consultazioni referendarie dimostra che la società, correttamente e democraticamente informata, sceglie di partecipare e di impegnarsi su questioni che ritiene importanti per il vivere comune. Spesso, invece, la non conoscenza dei temi in discussione genera una eccessiva semplificazione e banalizzazione degli argomenti. In occasione della pubblicazione dell ultimo rapporto Censis, ad esempio, Giuseppe de Rita ha sottolineato come non ci sia ancora una conoscenza diffusa sufficiente delle realtà economiche e del lavoro. Spesso si procede per slogan e banalizzazioni, come se la realtà attuale fosse la stessa del passato, come se la figura del datore di lavoro fosse ancora quella dell industriale di turno; in realtà chi ne discute non conosce affatto la nuova complessità dei contratti co.co.co che imporrebbe una
visione diversa e più complessa, non affidata a stereotipi dettati dall ignoranza dei processi reali. Lo stesso accade nella ricerca, con conseguenze negative dal punto di vista decisionale. SCIENZA E PARTECIPAZIONE Incremento e miglioramento dell informazione e della conoscenza devono preludere a nuove forme di partecipazione diretta della società all interno dei processi di innovazione. Sicuramente le forze sociali devono avviare un percorso di modernizzazione, prepararsi alle nuove responsabilità che sono chiamate ad affrontare. Molte organizzazioni sono ritagliate su un vecchio modello fordista, si sono sedimentate negli anni su schemi che non sempre le rendono pronte a rispondere alle nuove sfide di partecipazione. Le nuove questioni aperte dalla ricerca scientifica possono sicuramente essere l occasione per ridisegnare le forze sociali, per capire come possano interagire l una con l altra, per costruire un nuovo approccio alla ricerca, ai nuovi modelli di consumo e di sviluppo. Sarà un percorso di riscrittura lungo e complesso, ma che può e deve cominciare fin da subito, nella lettura dei nuovi percorsi di ricerca e nella definizione di nuove forme di partecipazione. La stessa iniziativa della Fondazione Diritti Genetici, di avviare un dibattito pubblico sul rapporto tra scienza e democrazia, parte proprio da questa sfida: capire come rendere effettiva la partecipazione ai processi di innovazione. Si tratta di una vera e propria sfida per il futuro, che ogni forza sociale dovrebbe contemplare tra i propri assi di sviluppo e di modernizzazione, visto che questi stessi processi di innovazione condizionano pesantemente il futuro dell uomo, anche in senso culturale. La scienza dovrebbe fare un passo verso la società, ma è anche vero che la società stessa dovrebbe aiutare la scienza ad uscire dal proprio isolamento dorato, da questa condizione di autoreferenzialità che manca di contrappesi politici. Occorre però che le forze sociali e politiche non si appiattiscano su modelli di breve respiro, è necessario ricostruire gerarchie che diano autorevolezza a tavoli e attori, che possano offrire una governance più equilibrata per poi interpretare un modello di sviluppo. In un momento in cui tutti gli equilibri sembrano venire meno, è responsabilità di tutti provare e ricomporli. E una sfida che investe sia chi è impegnato nella ricerca scientifica, sia chi è impegnato nella governance di una comunità, di un Paese o di una forza sociale. Dobbiamo creare delle nuove lenti attraverso cui guardare il futuro.
DALLA GOVERNANCE AL GOVERNO DELL INNOVAZIONE Alla base del rapporto scienza-democrazia ci sono le scelte che riguardano l innovazione e, quindi, lo sviluppo di un Paese. Sarebbe necessario definire una nuova forma di interazione tra l ambito etico-culturale e quello propriamente politico. La politica è il prodotto di un certo humus culturale, di cui rappresenta la concretizzazione, la traduzione in atto. Cultura della testimonianza e cultura di governo, riflessione e operatività dovrebbero sempre procedere insieme. La riflessione su quanto di nuovo sta emergendo nelle nostre società (pensiamo ad esempio al ruolo delle nuove modalità di comunicazione, come Twitter, nell ambito delle cosiddetta Primavera araba ), dovrebbe avere come oggetto anche nuove forme di responsabilizzazione verso la ricerca e, parallelamente, nuove forme di governo dell innovazione. Bisogna prendere atto del fatto che anche i corpi della rappresentanza sociale hanno la necessità di essere riletti e rigenerati. Essi devono ricreare un legame con la base associativa, garantire una reale partecipazione, superare sistemi oligarchici e cooptativi non adeguati ad affrontare le sfide del futuro. Le forze sociali dovrebbero essere in grado di costruire un nuovo legame partecipativo, oggi molto debole, basato su una programmazione di lungo respiro e su temi convergenti in quello che potremmo definire il futuro del pianeta, senza più decidere e operare in condizioni emergenziali, bensì con una nuova idea di sviluppo, un nuovo concetto di innovazione. Come rilanciare la qualità della vita dei nostri figli e del loro lavoro? Su quali tematiche, secondo quali obiettivi? Bisogna creare nuovi strumenti aggregativi di rappresentanza nell ambito delle forze sociali, ma anche ridare peso e autorevolezza al momento politico e partitico, badando a non cadere in quelle situazioni di consociativismo e collateralismo, sfociate poi nel clientelismo, che hanno generato una lunga condizione di paralisi nel nostro Paese. E opportuno imparare a leggere e interpretare la realtà di fenomeni completamente nuovi prima di poter riprogettare, insieme, il futuro.