Appunti di viaggio in Sardegna - ottobre 2018

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Appunti di viaggio in Sardegna - ottobre 2018 di Gianfranco Fabbio Un recente viaggio di lavoro mi ha consentito di visitare due Foreste in provincia di Oristano (Seneghe) e del Sud Sardegna (Marganai). A Seneghe ho potuto osservare la realizzazione di usi civici attraverso ceduazione del bosco di leccio e forme diverse di rilascio della matricinatura per intensità, struttura delle età e distribuzione spaziale. Mi hanno impressionato, oltre la bellezza naturale del luogo, che è attributo assai frequente delle foreste sarde, l impostazione tecnica estremamente attuale delle soluzioni quali la dimensione delle tagliate, il loro mosaico, i tipi variabili di struttura interposti, le forme di rilascio che sospendono la percezione visiva del taglio secondo la posizione dell osservatore e la morfologia del versante. Tutto questo mi ha richiamato un articolo di review molto recente (2018), letto soltanto alcuni giorni prima su una rivista internazionale e riferito alle tecniche più attuali di selvicoltura. La frase era sulla necessità che i forestali si preoccupassero di più di quello che vanno a rilasciare oltre che di quanto vanno ad utilizzare. La foto a commento era quella di un soprassuolo di conifere in Canada, dove una quinta di alberi rilasciati interrompe una tagliata a raso. Un riferimento quindi geograficamente molto lontano, ma proprio il medesimo concetto che stavo osservando a Seneghe come prassi applicata. Complimenti quindi ai colleghi progettisti e ai tecnici gestori! Spero che quanto si sta realizzando in questa Foresta sia opportunamente fatto conoscere e divulgato anche nei dettagli tecnici visuali perchè sicuramente trasferibile a molte altre realtà, e non rimanga quindi soltanto nella memoria dei fortunati, ma occasionali visitatori come il sottoscritto. Voglio comunque riservare la parte principale di questi Appunti alla visita della Foresta del Marganai, salita recentemente alle cronache per la ripresa del taglio del bosco nella forma del governo a ceduo. Lo faccio come ricercatore. Dall inizio fine anni 70 e per tutto il percorso di lavoro appena concluso, mi sono occupato di cedui e di boschi di origine cedua, della dinamica di post-coltivazione e delle tecniche di avviamento ad altofusto seguenti la sospensione parziale del trattamento, dalla metà del 1900. La Foresta del Marganai è paesaggisticamente molto attraente. Colpiscono la copertura totale del bosco interrotta soltanto dalle emergenze di calcare e granito, le variazioni di pendio e la prospettiva continuamente variabile del territorio che si apre nelle vallate interne poco acclivi. Conoscendo abbastanza l Isola, direi che nel territorio del Marganai convergono in positivo elementi diversi che caratterizzano l ambiente collinare e montano mediterraneo. Il bosco, la morfologia delle chiome della lecceta e la fisionomia di macchia costituiscono la tessitura principale del paesaggio. La copertura forestale, all apparenza naturale, è in realtà - come in tutto il bacino del Mediterraneo - il risultato di molti secoli di uso delle popolazioni locali e non solo. Nel caso del Marganai, agli utilizzi tradizionali della legna e del carbone, del pascolo e al disturbo degli incendi colposi, si sono sovrapposte fino agli anni 60 del 1900 le esigenze energetiche dell industria 1

estrattiva, la produzione di assortimenti legnosi per l uso di miniera, la costruzione della viabilità di servizio, le infrastrutture, il trasporto del materiale, la ricollocazione degli inerti, sicuramente pressanti per la foresta. La cessazione di questa attività riduce drasticamente l utilizzo intensivo del bosco e del territorio e, nel 1979, la superficie diventa Bene Demaniale. Tutto questo è bene descritto nel Piano di gestione Complesso Marganai - Ripristino del governo a ceduo su aree demaniali (2010), che vado a commentare. Una breve notazione a p.26 merita considerazione: una valutazione critica della precedente gestione non può prescindere dall analisi del contesto socio-economico in cui il complesso boschivo si inseriva. Nei primi anni sessanta, la funzione produttiva assegnata ai boschi era molto importante in quanto la legna da ardere rappresentava una insostituibile fonte energetica. Il concetto qui espresso, che collega l analisi del problema al contesto sociale ed economico di riferimento piuttosto che ad una lettura critica posteriore che formuli poi le basi del giudizio su una situazione attuale diversa, è - insegnano gli storici - estremamente importante per capire la dinamica temporale degli eventi, perché sono accaduti in quel momento, perchè possono accadere di nuovo. Oggi, 50 anni dopo, la lettura dell ambiente forestale verifica la presenza di stadi di sviluppo differenziati, il recupero naturale del bosco, i diversi livelli di fertilità presenti, gli effetti localizzati dell uso passato sul suolo e sul soprassuolo, dove questo ha maggiormente inciso. Nel Piano si individuano, su una superficie da sottoporre a selvicoltura attiva di 412 ettari e al governo a ceduo matricinato di 305 ettari, sei categorie fisionomiche: cedui produttivi, cedui invecchiati, cedui in conversione, fustaie transitorie, macchia-foresta e soprassuoli degradati. Queste categorie sono ricondotte a quattro classi colturali necessarie ad orientare i criteri di gestione applicabili: (a) i cedui produttivi: cedui maturi e invecchiati recuperabili per la produzione di legna, (b) il ceduo a sterzo: cedui che per struttura e caratteristiche stazionali possono sperimentare il trattamento a sterzo, (c) le fustaie di leccio: i cedui già in avviamento ad alto fusto e quelli in stadio di avanzata evoluzione naturale con fisionomia strutturale di fustaia, tali da escludere il ritorno a ceduo, (d) i soprassuoli in evoluzione naturale: cedui a fertilità scadente, formazioni a macchia alta, macchia-foresta o macchia degradata, non assoggettabili a taglio per il ritardo evolutivo a seguito del disturbo passato. Le classi colturali così individuate (continua il Piano) consentiranno di mantenere la diversità strutturale all interno della superficie. La loro gestione o non-gestione creerà il mosaico fisionomico, migliorerà la percezione visiva e differenzierà gli ambienti per la fauna. Tecniche colturali e di governo differenti saranno così rappresentate in un area relativamente circoscritta. Commento: l analisi di contesto adottata è pienamente condivisibile e riassume bene le tipologie presenti. La notazione sulla diversità fisionomico-strutturale è importante perché rappresenta la capacità di una moderna gestione forestale adattativa di differenziare ambienti forestali 2

fortemente condizionati dalla interruzione contemporanea delle utilizzazioni legnose e quindi una coetaneità diffusa ed una omogeneizzazione evidente delle classi cronologiche prevalenti.... Continua il Piano: la fase successiva di dettaglio ha consentito la determinazione delle identità colturali e delle attitudini/funzioni. Mi soffermo su questo ultimo punto. L identificazione, pure nella considerazione della multifunzionalità propria di qualsiasi soprassuolo forestale, di una vocazione prevalente per particella/sub particella secondo i caratteri della stazione (orografia, pedologia, accidentalità, esposizione), il tipo ecologico-vegetazionale e fisionomico, la stabilità strutturale, la accessibilità, il tipo di fruizione attuale e potenziale per produzione legnosa, protezione, ricreazione, paesaggio. Sono così definite le seguenti attitudini: (a) produzione di materiale legnoso ( o biomassa) (b) protezione idrogeologica e ambientale (c) turismo e ricreazione (d) conservazione e valorizzazione naturalistica (e) diversificazione ecologica e fisionomica sia ai fini paesaggistici che a favore della fauna selvatica (habitat e supporto alimentare). Commento: è questo un passaggio essenziale e trattato con il necessario rigore che supera la annosa querelle sulla multifunzionalità del bosco tout court, non associata a alcun concetto di scala applicativa. Per uno dei tanti paradossi che punteggiano il dibattito gestione forestaleambiente, la multifunzionalità intrinseca al concetto di bosco è stata spesso utilizzata per negare una qualsiasi funzione localmente prevalente che si integra viceversa perfettamente al livello superiore, e che anzi sviluppa, come logico che sia, in modo ottimale funzioni assolutamente complementari tra loro secondo i caratteri naturalmente variabili di stazione e soprassuolo. Sembra cosa banale, ma non lo è, e numerosi esempi sono lì a dimostrarlo. Importante quindi affermare, come hanno fatto gli estensori del Piano, con termini comprensibili e chiari questo principio essenziale che informa la gestione corrente della Foresta. Questi i punti che ho ritenuto di dovere riprendere dal Piano. Quelli che seguono sono appunti della visita sul terreno e considerazioni generali che possono contribuire, spero, a fare maggiore chiarezza nel dibattito sempre vivace tra conservazione e gestione di risorse rinnovabili quali il bosco. Tutto questo in una fase critica tra mutamento ancora del contesto energetico generale e dei cambiamenti ambientali, del clima soprattutto. Appunti tecnici sulla visita alla Foresta del Marganai Le aree di ceduo di leccio sottoposte al taglio negli ultimi anni mostrano acclività ridotta, una densità di ceppaie elevata, i polloni hanno un accrescimento longitudinale sostenuto e quindi la copertura del suolo è praticamente completa già a due-tre anni dal taglio. Non sono evidenti, tranne che in punti molto circoscritti, danni al suolo e alle ceppaie e si presume quindi che la serie di regole imposte dal Piano per limitare gli impatti di taglio, allestimento ed esbosco al suolo e alla viabilità siano state seguite. 3

Mi si dice viceversa di un impatto evidente della brucatura degli ungulati sui nuovi getti nei primi anni. Questo è un fenomeno purtroppo assai comune, dato lo squilibrio esistente tra le popolazioni di selvatici e le superfici a loro disposizione. Si osservano spesso e soprattutto all interno di aree protette, ripuliture complete non solo di qualsiasi forma di rinnovazione naturale (agamica o da seme), ma anche della componente erbaceo-arbustiva. È singolare, ma accade di vedere al confine recintato tra un area protetta ed un bosco privato, la prima priva e il secondo ricco di vegetazione al suolo. Esattamente il contrario di quanto ci si aspetterebbe e dovuto alle densità dei selvatici che crescono indisturbate nel perimetro di protezione. Anche in altre Regioni il problema esiste e la carenza di rinnovazione naturale è evidente da molti anni anche e nonostante le campagne di abbattimenti programmati per riportare nei limiti di equilibrio le popolazioni. Il tutto si riassume nel disturbo che si viene a creare quando non si tiene conto di un Principio essenziale dell Ecologia che è quello dell equilibrio tra le diverse componenti del sistema. Nella prassi gestionale a regime, il disturbo degli ungulati al taglio si può ridurre pianificando contemporaneamente la ceduazione in aree diverse e lontane della foresta, così da offrire agli animali un pabulum il più possibile distribuito. Anche il rilascio di fascina sottile sulle ceppaie può ostacolare la brucatura nell immediato. Rimane comunque il problema alla base dell equilibrio ecologico da rispettare tra due risorse che devono convivere nel giusto rapporto: gli animali ed il bosco. La matricinatura rilasciata, inferiore a quella mantenuta in precedenza, è probabilmente ancora prudenziale nel numero complessivo, più aderente dove realizzata per gruppi o mista per pedali e gruppi, mentre giusto appare il rapporto indicato di 3:1 tra soggetti di 1 e 2 turni e il mantenimento in piedi non oltre la durata di 2 volte il turno. A proposito, i 27 anni previsti sono un allungamento circa doppio dei periodi di più intensa utilizzazione, aderente ai canoni attuali di minore intensità di coltivazione del ceduo e della specie (il leccio) e alle considerazioni di carattere ecologico-stazionale e produttivo fatte nel Piano (p.33). Condivisibili i limiti di ampiezza e contiguità delle tagliate, così come la durata del divieto di pascolo post-ceduazione. I tratti di bosco avviati in precedenza e già con struttura di giovane fustaia si intercalano alle superfici utilizzate di recente sia sulle pendici che lungo la viabilità. Queste interruzioni visive contribuiscono molto a ridurre l impatto del taglio del ceduo, che pure rimane circoscritto ai primi anni per la successiva rapida ricopertura dello spazio aereo. Le età, densità e dendrotipi diversi che formano le tipologie in avviamento e che probabilmente contengono anche lembi di fustaia originale, formano un insieme che produce valori anche estetici molto interessanti e da preservare nel modo migliore con interventi di diradamento puntuali. Anche le intercalazioni di macchia contribuiscono all effetto complessivo. Se tecnicamente sappiamo che essa ha origine sui tratti meno fertili, più acclivi o più disturbati nel passato, la copertura vegetale comunque ricostituitasi è garanzia di un processo, anche se lento, di ripristino naturale, da assistere comunque con opere vive e morte, dove fosse necessario intervenire. Credo utile proseguire e concludere con alcune considerazioni di carattere generale: la prima sul concetto di conservazione e lo stesso applicato a risorse rinnovabili. 4

La conservazione Il significato attribuito al termine conservazione è quello del mantenere integra e quindi nel suo aspetto originale una fisionomia di pregio, artisticamente ed esteticamente valida e quindi meritevole appunto di conservazione. Esso è perfettamente applicabile a un chiostro del 300, a un dipinto, a una statua. Lo stesso concetto di conservazione, applicato a una risorsa rinnovabile, quindi intrinsecamente dinamica e caratterizzata da un ciclo di vita, si modifica nell obiettivo fondamentale di perpetuare la sua esistenza. Anche se la sua struttura varierà in continuo alle diverse scale a cui si evidenziano i processi di funzionamento, pure mantenendo una fisionomia di complesso apparentemente eguale. È questo il caso del bosco che, attraverso continui scambi di energia e materia con l ambiente, nasce, vive, muore e si rinnova. La fase conclusiva è quella più critica e può avvenire in modo apparentemente caotico, ma perfettamente naturale e durare anche alcuni decenni. È anche la fase meno osservabile nelle foreste europee coltivate da molti secoli che quindi non arrivano a completare il ciclo oltre la maturità fisica degli alberi e i crolli che precedono e accompagnano la rinnovazione. La formulazione, oltre due secoli fa, delle dottrine selvicolturali relative alle forme diverse di governo e trattamento, ha tenuto in particolare considerazione la fase di rinnovazione, riconoscendola come quella maggiormente sensibile e delicata. Si può affermare quindi che l obiettivo della conservazione della risorsa rinnovabile sia stato ben presente fino dall inizio nei principi e criteri di coltivazione del bosco. Le forme canoniche di selvicoltura, e tra queste il governo a ceduo che utilizza la capacità naturale delle latifoglie di rinnovazione agamica complementare a quella da seme, sono quindi funzionali all obiettivo del mantenimento della risorsa attraverso cicli di vita successivi e quindi alla sua conservazione. Il cambiamento del contesto Oggi assistiamo, a soli 60-70 anni dalla crisi del bosco ceduo per la diffusione dei combustibili fossili, ad un rinnovato interesse per questa forma di governo pure attualizzata nei criteri tecnici di realizzazione (es. matricinatura) e da una minore intensività di coltivazione (allungamento deciso dei turni). Primo motivo è la consapevolezza ormai generale che i combustibili fossili non sono affatto puliti, che non saranno disponibili così come oggi per molti anni ancora, che il loro consumo crescente ha innescato un cambiamento che minaccia il nostro habitat globale. L Italia produce oggi solo una quota parte del proprio fabbisogno di legna da ardere, che rimane l energia rinnovabile alternativa al fossile più diffusa e di cui siamo il Paese maggiore importatore. Il contesto generale cambia così ancora e ripropone soluzioni di mitigazione che solo alcuni decenni fa sembravano accantonate per sempre. Una forma di governo del bosco antica si ripropone come molto moderna ed attuale. L importazione di legna nelle quantità attuali non sarà ancora a lungo sostenibile, anche da un punto di vista etico. Il risparmio sulle nostre foreste a carico del consumo di quelle di altri Paesi che hanno necessità di esportazione oltre norme minime 5

di buona condotta nell utilizzo delle proprie risorse, non garantisce un bilancio neutro in termini di stoccaggio generale di carbonio perchè il sovra-uso continuato del bosco nei Paesi esportatori riduce la sua capacità di fissazione della CO 2 atmosferica. Il mutamento del clima Correlato all uso massiccio dei combustibili fossili è il riscaldamento del pianeta. Nell area mediterranea, questo si manifesta con l aumento delle temperature medie e massime e la maggiore irregolarità e riduzione delle piogge. Il cambiamento impone forme di coltivazione del bosco adattative al nuovo ambiente. Tra queste emerge il bosco ceduo, non solo perchè produttore della prima fonte di energia rinnovabile e quindi neutra per emissioni, ma per le caratteristiche proprie del sistema che ne riducono la vulnerabilità. Prima fra tutte la garanzia di rinnovazione naturale, la flessibilità e reversibilità della coltura, l elevata resilienza ai disturbi, la variabilità degli habitat dallo stadio iniziale a quello finale, la semplicità di gestione. La letteratura scientifica internazionale recente sull argomento si arricchisce di prove che documentano la capacità di sequestro di carbonio già subito dopo il taglio, la maggiore resistenza dei polloni a periodi di aridità per la disponibilità di un apparato radicale pre-formato rispetto alle piantine nate da seme, la copertura del suolo più rapida e le minori perdite di acqua per evaporazione. Nelle ipotesi di lavoro c è poi l esigenza di fornire ai tecnici gestori una cassetta degli attrezzi (il tool box dei colleghi anglosassoni) più ampia possibile per fronteggiare la sfida tecnica dei prossimi anni. Una minore omogeneità strutturale e cronologica della foresta, come quella di una ripresa ragionata e possibile del governo a ceduo, va anche in questo senso. Non solo la letteratura scientifica documenta l adattabilità della forma di governo al nuovo scenario, ma iniziative internazionali dimostrano l interesse concreto. Tra queste, negli ultimi anni, sono la Conferenza internazionale sul ceduo di Brno Coppice forests: past, present and future (2015), la creazione della nuova Unità IUFRO 1.03.01- Traditional coppice: ecology, silviculture and socio-economic aspects (2017), l Azione COST FP1301 EuroCoppice - Innovative management and multifunctional utilization of traditional coppice forests - an answer to future ecological, economic and social challenges in the European forestry sector (2013-2017), il progetto LIFE FutureForCoppiceS (2015-18). In conclusione di questi Appunti, mi pare che quanto visto nella Foresta del Marganai e quanto letto nel testo del Piano di gestione relativo alla ripresa del governo a ceduo, suggerisca un modello di gestione necessario, che anticipa una realtà prossima comune a molte foreste mediterranee dove la presenza della tipologia di bosco è prevalente. Questo nell interesse primario comune di operare una mitigazione del cambiamento globale che vede nella progressiva sostituzione del fossile con energie alternative e rinnovabili il passo fondamentale. Questo avviene ampiamente entro i limiti di una gestione forestale sostenibile, dei Criteri ed Indicatori dettati ed adottati a livello pan-europeo, ed è in grado di assicurare la perpetuità e quindi la conservazione della risorsa bosco. 6

La rilevanza del tema impone di sviluppare una informazione al pubblico ampia, corretta e scientificamente fondata. Firenze, dicembre 2018 Gianfranco Fabbio già dirigente di ricerca CREA, Centro di ricerca Foreste e Legno di Arezzo 7