Beni relazionali e centri servizi per il volontariato



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note Beni relazionali e centri servizi per il volontariato Antonino Giorgi 1 1. Premessa Uno dei principi ispiratori e fondanti del volontariato lo definisce come esperienza di solidarietà e pratica di sussidiarietà. Il principio della sussidiarietà, così come riportato nell articolo 118 della Costituzione, afferma sostanzialmente che il perseguimento dell interesse generale riguarda in primo luogo l azione della singola persona. La sussidiarietà, cioè, presuppone e si completa attraverso la pratica della corresponsabilità e della reciprocità sociale. Nella moderna accezione, la sussidiarietà è quel principio secondo il quale a un autorità centrale (Stato, Comunità Europea, ecc.) dovrebbero essere affidati solo quei compiti che un autorità inferiore (Regioni, Province, Comuni) non riesce a svolgere. Sul piano giuridico il principio di sussidiarietà ha un duplice valore: da un lato indica l ordine dei rapporti tra Stato, formazioni sociali, individui, secondo quella che viene definita sussidiarietà orizzontale, dall altro indica un criterio di distribuzione delle competenze tra lo Stato e le autonomie locali, secondo il concetto di sussidiarietà verticale. La sussidiarietà orizzontale nasce dall affermazione che lo Stato deve intervenire solo quando l autonomia della società risulti inefficace e promuove l idea di una cittadinanza attiva, in cui è valorizzata la genialità creativa degli individui e delle formazioni sociali. In questa ottica la persona diventa protagonista della vita sociale, capace di rispondere alle esigenze e ai bisogni della comunità anche attraverso la libera associazione con altri soggetti. La sussidiarietà verticale conduce verso una prospettiva di democrazia di prossimità, in cui i centri decisionali di governo devono essere sempre più vicini ai governati, per rispondere in maniera efficace ai bisogni dell individuo e della collettività (Morand-Deviller, 2002; Giorgi, Marascia, 2010). 1 Psicologo, Dottorando di ricerca in Pubbliche Relazioni, Università degli Studi di Palermo.

2. I CSV I CSV Centri di Servizio per il Volontariato 2 sono stati previsti dalla legge 266/91 e dal Decreto Ministeriale dell'8 ottobre 1997. Essi sono al servizio delle organizzazioni di volontariato e, allo stesso tempo, gestiti da loro, secondo il principio di autonomia del volontariato che la stessa legge 266 ha inteso affermare. Sono finanziati per legge dalle Fondazioni di origine bancarie. I servizi che offrono sono così suddivisi: servizi di sportello, formazione, sostegno alla progettazione, supporto logistico, promozione del volontariato. Quest ultimo, in particolare, ha l obiettivo di aiuto a migliorare la comunicazione in tutti gli ambiti di intervento, consulenza e collaborazione alle iniziative di comunicazione delle singole associazioni e alle campagne di promozione per far conoscere il volontariato e la cultura della solidarietà (Report 2007 CSVnet). 3. Mission dei CSV e beni relazionali La mission fondamentale del volontariato, fondata anche dal principio della sussidiarietà, è quella di incentivare la logica della gratuità e del bene comune attraverso un clima partecipativo 3 di fiducia, di relazioni, di dialogo e reciprocità. Il mondo del volontariato, infatti, attraverso i suoi principi ispiratori, rappresenta un momento importante di funzione sussidiaria locale (i CSV lo rappresentano anche in termini metodologici), laddove la propria azione riesce a garantire coesione sociale e reciprocità solidale, riparare legami sociali, svilupparli. In questa precisa direzione, le attività dei Centri, in coerenza con la carta dei valori del volontariato, devono tendere ad accrescere le competenze di volontari e operatori in ogni contesto d intervento, in termini anche di sviluppo dei legami, dei beni relazionali (Giorgi, 2007), dei rapporti fiduciari e di cooperazione tra soggetti ed organizzazioni, concorrendo ad ampliare, rafforzare e valorizzare il capitale sociale (Putnam, 1993) del contesto locale in cui essi operano. Per i CSV, in sostanza, essendo il bene relazionale un eterogenea categoria (antropologica, psicologica, socio-economica) direttamente connessa alla reciprocità umana, la sua nascita e sviluppo all interno delle comunità locali devono essere considerati obiettivi di fondamentale importanza (Giorgi et al., 2009). In generale, possono essere considerate beni relazionali tutte quelle esperienze umane dove è il rapporto in sé a essere il bene. L amicizia, l amore reciproco e l impegno civile sono tre tipici beni relazionali nei quali è la relazione stessa ad essere il bene: dunque, i beni relazionali nascono e muoiono con la relazione stessa. Inoltre, i beni relazionali sono particolarmente fragili: queste componenti della vita buona sono destinate a non essere per nulla autosufficienti. Esse sa- 2 I CSV sono 78, presenti in tutte le regioni italiane, ad eccezione della provincia autonoma di Bolzano. 3 Il concetto di partecipazione si riferisce al fatto che gli individui, i gruppi, devono essere profondamente coinvolti non solo in processi di natura economica o politica, ma in tutti quelli, di qualsiasi natura, che li riguarda e li tocca da vicino. E con la rivalutazione del principio di sussidiarietà, introdotto come variabile social-ecologica degli accordi europei di Maastricht, che la partecipazione trova un fondamentale riconoscimento (Giorgi, Marascia, 2010).

ranno invece vulnerabili in maniera particolarmente profonda e pericolosa (Nussbaum, 1986-1996: pag. 624). Da un vertice psicodinamico, in particolare per la Gruppoanalisi Soggettuale (Lo Verso, 1994; Di Blasi, Lo Verso, in press.), i beni relazionali sono quelle relazioni che, attraverso il riconoscimento cognitivo - affettivo dell Altro come soggettività autonoma, favoriscono lo sviluppo e il benessere personale, la capacità di ottimizzare risorse economiche e/o sviluppare/orientare intenzioni imprenditoriali verso modalità sostenibili e solidali, piuttosto che predatorie e depauperanti (Giorgi, 2007). In determinate condizioni, infatti, possono emergere beni relazionali tra due o più persone quando queste condividono, in un dato momento e in un dato contesto, anche transitoriamente, obiettivi sia di uguale sia di diversa natura. I beni relazionali presentano alcune precise caratteristiche-base (Bruni, Naimzada, 2006) 4 che, seppur fondanti, non sono sufficienti: la storia della relazione che si instaura tra le persone è, infatti, un elemento molto importante per poter fare e- mergere il bene relazionale. L attività di relazione, infatti, è influenzata non solo dallo sforzo corrente che le persone esercitano, ma anche dagli sforzi passati che hanno costituito lo stock di beni relazionali dei periodi precedenti. Questo significa che maggiore è la presenza e l incisività, qualitativa e quantitativa, delle organizzazioni di volontariato nelle comunità locali, altrettanto maggiore sarà la possibilità e la facilità che emergano beni relazionali (Coppola et al., 2008). Ma significa anche che i CSV, attraverso le proprie funzioni, debbano orientare costantemente le organizzazioni di volontariato allo sviluppo di beni relazionali sia nello scambio quotidiano con il proprio contesto sociale, che al proprio interno associativo al fine di proteggere dai rischi psico-sociali i volontari che operano e fronteggiano giornalmente situazioni di disagio più o meno estreme (Brunori et al., 2004; Giorgi et al., 2009; Coppola et al., in press.). 4. Conclusioni Così come altri tipi di sviluppo, anche quello puramente economico è influenzato dalle relazioni interpersonali e viceversa. Questo significa che uno sviluppo socio-economico sostenibile e non depauperante è decisamente influenzato dall assenza/presenza di beni relazionali. In questa direzione, è necessario che i beni relazionali trovino una sostanziale centralità all interno di un programma di sviluppo locale (De Rita, Bonomi, 1998). La letteratura scientifica sullo sviluppo locale evidenzia sempre più l importanza del territorio come luogo di ri-elaborazione delle politiche centrali. L assunzione del concetto di territorialità nello sviluppo cambia il modo di intendere quest ultimo. La sue caratteristiche stanno nella specificità dei diversi contesti: norme e consuetudini sociali condivise e consolidate, organizzazioni radicate, caratteri ambientali, qualità delle istituzioni, qualità delle reti, beni relazionali, legittimazione delle soggettività, dimensioni antropo-psichiche, integrazione dei fattori socio-culturali con quelli e- conomici. Queste caratteristiche sono considerate come presupposti fondamentali 4 Le caratteristiche-base individuate da Bruni e Naimzada sono: identità, reciprocità, simultaneità, motivazioni, fatto emergente, gratuità, bene.

per il successo di un programma di sviluppo locale (Storper, 1997; Barone et al., 2006; Licari, 2006). Per uno sviluppo locale partecipato e sostenibile, dunque, risulta chiaro il ruolo fondamentale che i CSV rivestono nei diversi territori. Essi hanno un ruolo abbondantemente strategico perché possibili cabine di regia in grado di intessere e fare intessere relazioni solidali, sviluppare beni relazionali, costruire legami, un adeguato senso di comunità e un miglioramento della qualità della vita: prerequisiti essenziali e contemporaneamente prodotti di un buono sviluppo locale. Del resto, proprio a tutto questo la Carta dei Valori del Volontariato s ispira. Essa, così recita: il volontario è una persona che agisce disinteressatamente, cioè gratuitamente ( senza guadagno) e senza cercare vantaggi di alcun tipo ma solo relazioni umane che diano senso o scopo alla sua vita. Facendo volontariato una persona si arricchisce di esperienze, di relazioni e promuove l incontro e lo scambio tra tutte le persone. Per questo si dice che il volontariato aumenta la disponibilità di beni relazionali o del capitale sociale, questo ultimo non meno utile per una società del capitale economico (le imprese, i soldi). Bibliografia Barone R. et al. (a cura di) (2006). Sviluppo locale partecipato e sostenibile. Territorio, interazioni e reti sociali. Padova: Cleup. Bruni A., Naimzada E. (2006). Il bene relazionale. Un modello dinamico. In S. Zamagni (Ed.). Teoria economica e relazioni interpersonali. Bologna: Il Mulino. Brunori L. et al. (Ed.) (2004). Volontari al fronte. Prepararsi all emergenza attraverso il gruppo. Milano: Franco Angeli. Coppola E. et al. (2010). Trame di sviluppo. Il volontariato e la ricerca psicologica per il cambiamento in territori difficili. Milano: Franco Angeli, in press. Coppola E., Giorgi A., Lo Verso G. (2008). Beni relazionali e gruppi di acquisto solidali. Psychomedia Telematic Review. De Rita G., Bonomi M. (1998). Manifesto per lo sviluppo locale. Torino: Bollati Boringhieri. Di Blasi M., Lo Verso G. (2011). Gruppoanalisi Soggettuale. Milano: Raffaello Cortina, in press. Giorgi A. (2007), Oltre il pensiero mafioso: beni relazionali e sviluppo umano, Rivista di Psicologia Clinica n.3: 263 283. Giorgi A. et al. (2009). Territori in controluce. Ricerche psicologiche sul fenomeno mafioso. Milano: Franco Angeli. Giorgi A., Marascia A. (2010). Glossario ragionato sullo sviluppo locale. In M. D Alema, G, Licari, P. Cori (a cura di). Processi partecipativi e sviluppo sostenibile. Padova: Cleup. Licari G. (2006), Antropologia urbana. Il caso dei Contratti di Quartiere. Padova: Cleup. Lo Verso G. (1994), Le relazioni soggettuali, Torino: Bollati Boringhieri. Morand-Deviller J. (2002). A proposito della democrazia di prossimità. Diritto e società, Padova: Nuova serie, n. 4: p. 597-607. Nussbaum M. C. (1986). La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca. Bologna: Il Mulino.

Putman R. (1993). Making Democracy Work: Civic Traditions in Modern Italy. Princeton University Press, Princeton; trad. it. La tradizione civica nelle regioni italiane. Milano: Mondadori. Report 2007 CSVnet, in http://www.csvnet.it/usr_view.php/id=3552 Storper M. (1997). Le economie locali come beni relazionali. Sviluppo locale, IV, 5: 5-42.