Ceramica invetriata altomedievale e medievale da alcuni siti della Sabina



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Ceramica invetriata altomedievale e medievale da alcuni siti della Sabina Negli ultimi anni numerosi indagini archeologiche sia scavi che "survey" stanno gettando luce sulle produzioni ceramiche della Sabina medievale. Benché lo studio della ceramica sia ancora alle sue fasi iniziali e non esistano precise tipologie, stanno emergendo linee generali che hanno importanza per la nostra conoscenza di questa zona nel periodo altomedievale e medievale. Mentre i ritrovamenti di ceramica a vetrina pesante sono rari (il materiale dell'abbazia di Farfa rappresenta ad esempio un'eccezione in questo panorama), la ceramica a vetrina sparsa sembra essere stata un elemento caratteristico del repertorio delle ceramiche in uso in Sabina fra XI e XIII secolo ed è stato ormai trovata in ampie quantità in un gran numero di siti sia in scavi che in "survey". La ceramica discussa viene da tre siti della Sabina: Collalto Sabino e Rieti nella Sabina reatina e Farfa nella Sabina tiberina (vedi PATTERSON supra, La Campagna Romana, Figg. 1 e 2). Collalto Sabino. Gli scavi del castello di Collalto Sabino nella Sabina reatina (COCCIA et al. 1990) hanno mostrato importanti aspetti dell'insediamento medievale, risalente almeno al XII secolo. Hanno restituito una notevole quantità di vetrina sparsa dai contesti databili fra la fine dell'xi/xii e il XIII secolo (PATTERSON in COCCIA et al. 1990). San Rufo (Rieti). Gli scavi di emergenza in Piazza San Rufo al centro di Rieti (FIORE et al. 1988) hanno restituito una piccola quantità di ceramica a vetrina pesante e molta ceramica a vetrina sparsa, residuo di strati di età moderna. Farfa. L'abbazia di Farfa nella Sabina tiberina è stata oggetto di scavi sistematici della British School at Rome (diretti da David Whitehouse) che hanno prodotto una discreta quantità di ceramica a vetrina pesante ed a vetrina sparsa da stratigrafie databili dal IX al XIII secolo. Il materiale è ancora inedito. Non è stato possibile, al momento della selezione dei campioni per le analisi, un riesame di tutti gli impasti presenti. I RISULTATI DELLE ANALISI Sono stati individuati petrologicamente sei impasti, che indicano l'attività di almeno sei aree produttive in diversi momenti di quest'epoca (vedi PATTERSON, supra, La Campagna Romana, Figg. 1 e 2 che illustrano la distribuzione dei gruppi petrologici della ceramica invetriata nella Sabina). Gruppo 4a (vulcanico - metamorfico) Uno degli esempi più antichi di ceramica a vetrina sparsa, forse dell'xi secolo, da Collalto Sabino è realizzato in quest'impasto. [463] La vetrina e la decorazione (ad incisioni profonde) non sono tipici della ceramica a vetrina sparsa di Roma e dintorni (analisi 146, Fig. 1. 3). Provenienza: non locale. Distribuzione: altri esempi di questo impasto non sono stati rinvenuti in Sabina. Un solo esempio proviene da Santa Cornelia nella Campagna Romana. Il campione di Collalto potrebbe essere un importazione da quest'area, anche se la vetrina e la decorazione sono più tipiche della ceramica invetriata della Sabina reatina piuttosto che di quella di Roma e dintorni. Gruppo 9a (vulcanico - sedimentario - metamorfico). Due esempi di ceramica a vetrina pesante da San Rufo (Rieti) sono realizzati con questo impasto (analsi 231, Fig. 1. 1,2). I frammenti sono identici alla ceramica a vetrina pesante tipo "Forum Ware" e sulla base del confronto con materiale della Crypta Balbi (Roma), sono attribuibili al X secolo. Altri esempi di ceramica a vetrina pesante da Farfa (analisi 307), strettamente confrontabili con "Forum Ware" del tardo IX e X secolo, sono prodotti con questo impasto. Provenienza: non sono di produzione locale, forse sono importazioni da Roma o dell'area circostante. Distribuzione: la maggior parte dei campioni di ceramica a vetrina pesante e sparsa dalla Crypta Balbi (Roma), Pianabella (Ostia), Scorano e Lucus Feroniae appartiene al Gruppo 9 (in questo o in uno degli

altri sottogruppi). Gruppo 10 (metamorfico) Un esempio di ceramica a vetrina pesante del X secolo proveniente da Farfa appartiene al Gruppo 10 (analisi 42, sottogruppo f). Uno dei primi esempi di ceramica a vetrina sparsa da Collalto Sabino, recuperato in un contesto dell'xi-xii secolo, è dello stesso sottogruppo (analisi 147). Provenienza: è possibile che provengano da un'area appenninica e forse dalla stessa Sabina dove esistono cave di argilla di questo tipo. Distribuzione: un esempio di ceramica a vetrina sparsa da Caprignano appartiene al Gruppo l0e. Gruppo 11 (metamorfico - sedimentario). Due esempi del IX e IX-X secolo rinvenuti a Farfa sono realizzati con questo impasto (analisi 308 sottogruppo i e 3Q9 sottogruppo g). Entrambi sono molto simili alla ceramica a vetrina pesante tipo "Forum Ware" di Roma e della Campagna Romana. Provenienza: incerta; da un punto di vista petrografico potrebbe essere locale, dell'area appenninica, ma la distribuzione di ceramica invetriata di questo impasto (vedi PATTERSON, supra, La Campagna Romana, Fig. 2) ed i confronti tipologici suggeriscono che potrebbe trattarsi di importazioni da un'area di produzione non ancora identificato nell'area della Campagna Romana (vedi PATTERSON, supra, La Campagna Romana, Gruppo 11i e 11g). Distribuzione: esempi di ceramica a vetrina pesante di questo impasto sono stati identificati a Santa Rufina, Santa Cornelia e Cencelle. Gruppo 12b (sedimentari). Due frammenti di ceramica a vetrina sparsa rinvenuti a Farfa appartengono a questo gruppo (analisi 310 e 311), e sono databili rispettivamente al tardo XI-XII secolo e al XIII secolo. [464] Sono molto simili a prodotti invetriati contemporanei di Roma e della Campagna Romana. Provenienza: non si può escludere che sia locale ma è sempre molto difficile determinare la provenienza di un impasto molto depurato. Distribuzione: non sono stati trovati altri esempi di quest'impasto in Sabina, a Roma né nei suoi dintorni. Gruppo 15 (generico). La maggior parte della ceramica a vetrina sparsa della Sabina, e in particolare della Sabina reatina, è di questo impasto (Gruppo 15a o 15b, la sola differenza fra i due sottogruppi è che il secondo è ancora più depurato. Un esempio di ceramica a vetrina sparsa da Farfa (analisi 41, Fig. 1.7); e tutta la ceramica della stessa produzione recuperata a San Rufo (Rieti) è del Gruppo 15a (analisi 232, 233, Fig. 1.4-6). Quasi tutta la ceramica a vetrina sparsa di Collalto Sabino è invece realizzata con l'argilla Gruppo 15b (analisi 148 e 149). Provenienza: l'estrema depuratezza di quest'impasto rende molto difficile individuarne la provenienza. Infatti la ceramica a vetrina sparsa da molti siti della Campagna Romana è realizzato con lo stesso impasto. Comunque, gli esempi della Sabina formano un gruppo con caratteristiche proprie, dal punto di vista delle forme, della decorazione, dell'invetriatura e anche del colore dell'impasto, che è diverso dai prodotti ad invetriatura sparsa di Roma e della Campagna Romana. Sulla base di queste osservazione sembra probabile che i materiali della Sabina fossero prodotti nella stessa regione. Distribuzione: quasi tutte le ceramiche a vetrina sparsa da Caprignano appartengono al Gruppo 15a o, in misure minore, al Gruppo 15b. DISCUSSIONE Nella Sabina reatina (Collalto Sabino e Rieti) la ceramica a vetrina pesante è poco rappresentata e sembra probabile che gli esempi da Rieti siano di produzione dell'area romana. Gli esempi più antichi, provenienti da San Rufo, Rieti, sono prodotti sicuramente importati databili al X secolo, identici per forma (Fig. 1.1,2) ed impasto (Gruppo 9a) a ceramiche rinvenute alla Crypta Balbi, Roma, e altri siti nella Campagna Romana. A Collalto Sabino uno degli esempi più antichi di ceramica a vetrina sparsa (Fig. 1.3), anche se è diverso dai prodotti di Roma e dintorni, ha comunque un impasto vulcanico identico a esempi di ceramica a vetrina pesante da Santa

Cornelia e certamente non è di produzione locale. Si può concludere che in quest'area la ceramica invetriata non era disponibile fino al X secolo, momento in cui comincia ad essere importata in piccole quantità da Roma o dall'area circostante. La produzione e/o distribuzione di ceramica invetriata in questa zona, infatti, non avviene su grande scala prima dell'xi o XII secolo, con la produzione di ceramica a vetrina sparsa, che presenta chiare caratteristiche regionali e la cui quantità mostra una considerevole trasformazione nella scala del consumo e l'affermarsi di una manifattura "sabina". [465] La ceramica a vetrina sparsa è molto comune sia a San Rufo che a Collalto Sabino, generalmente pertinente a brocche con ansa a nastro (Fig. 1.4-6). La vetrina è di colore verde e giallo bruno, in generale è piuttosto spessa e concentrata in zone ben delimitate, sulle spalle, intorno all'orlo e sull'ansa. Benché esemplari decorati non fossero comuni, ne sono stati rinvenuti alcuni esempi in ogni gruppo studiato; la decorazione è piuttosto caratteristica e consiste in linee incise, spesso molto profondamente (vedi Fig. 1.3,6,7). Caratteristico è anche il colore rossastro dell'impasto e la morfologia dei piccoli beccucci, in alcuni casi aderente al collo, e le forme dell'orlo (Fig. 1.4,5). L'analisi petrologica di questo materiale ha permesso l'identificazione di due impasti principali (uno dei quali decisamente predominante) che indicano almeno due aree di produzione. L'argilla più comune è quella del Gruppo 15, molto depurato, specie a Collalto Sabino (analisi 148, 149), ed è proprio questa caratteristica che rende meno significativo l'apporto dell'analisi petrografica; pur non escludendo l'ipotesi della produzione locale, l'analisi non consente di trarre conclusioni sulla provenienza della materia prima. Tuttavia l'analisi archeologica la quantità della ceramica a vetrina sparsa rinvenuta da scavi ed su diversi siti in corso di ricognizione (come nella Rieti Survey diretto da Stefano Coccia e David Mattingly per la British School at Rome: COCCIA - MATTINGLY, C.S.) ed il fatto che essa formi un gruppo caratteristico ed omogeneo, offre elementi su cui basare l'ipotesi dell'esistenza di centri di produzione locale. Tale produzione è infatti ben distinguibile da quella della Campagna Romana (Santa Cornelia, Monte Gelato e Santa Rufina) che presenta lo stesso impasto, ma per gli aspetti morfologici e decorativi è identica alla produzione di ceramica a vetrina sparsa di Roma. Un secondo impasto è stato identificato nei campioni di Collalto Sabino (Gruppo l0f, analisi 147). Questo potrebbe essere di produzione locale, Sabina, ed appartiene ad un antico esemplare di ceramica a vetrina sparsa. Un esemplare da Caprignano appartiene a questo gruppo ma al sottogruppo e (LÉCUYER, supra). L'evidenza indica, dunque, che fra l'xi e il XII secolo vasai locali hanno cominciato a produrre ceramica a vetrina sparsa. Anche se è possibile che lo stimolo iniziale a questa produzione venga dalle avviate manifatture di Roma e della Campagna Romana, i cui prodotti sembrano essere stati importati molto sporadicamente nelle Sabina reatina nel X secolo, i vasai locali sembrano aver sviluppato uno stile autonomo.

Il successo di questa produzione si può osservare nella quantità di ceramiche rinvenute nel XII-XIII secolo; essa costituisce un elemento fondamentale delle produzioni ceramiche in uso su siti quali Collalto Sabino; inoltre, alcuni esempi di probabile produzione sabina sono stati rinvenuti a Roma stessa, alla Crypta Balbi, databili al XII-XIII secolo (PAROLI 1990, p. 335, Tav. XLI.331; p. 340-342, Tav. XLIV.346-347; infra, analisi 16). Gli scavi di Collalto Sabino (COCCIA et al. 1990), Caprignano (LÉCUYER, supra) e di Scorano (ROMEI, supra) hanno dimostrato come la produzione e/o distribuzione di questa ceramica è durata più a lungo in Sabina che a Roma, giungendo almeno alla fine del XIII secolo ed oltre. Tale quadro non sorprende dal momento che Roma è un grande centro urbano aperto a nuove mode in continuo combiamento, mentre la Sabina reatina è un'area più isolata e marginale. [467] Questo conservatorismo si può vedere anche nell'evoluzione delle forme di ceramica a vetrina sparsa che non solo mostrano scarsi cambiamenti nell'arco di tempo nel quale è stata prodotta, ma mantengono anche elementi tipologici caratteristici della tradizione altomedievale quali il beccuccio che aderisce al collo; esemplari con queste caratteristiche sono stati rinvenuti a Collalto Sabino in contesti databili al tardo XI o XII secolo. Lo stesso immobilismo è stato osservato nelle ceramiche di altre aree interne dell'italia centrale (PAROLI 1990, 340-342). Un panorama diverso e più variato è offerto dai materiali di Farfa nella Sabina tiberina, dove la posizione geografica e il ruolo politico-religioso dell'abbazia sono alla base dei forti legami con gli sviluppi di Roma. A Farfa la ceramica a vetrina pesante è più comune e la gran parte della ceramica invetriata (vetrina pesante e sparsa) richiama chiaramente la produzione di Roma e della

Campagna Romana. Gli impasti presenti nei prodotti del IX e X secolo (osservati al microscopio binoculare) sono in generale analoghi a quelli identificati per questa ceramica a Roma e nella Campagna Romana (vedi PATTERSON, supra, La Campagna Romana, Fig. 2, (Gruppi 9a e 11i). Un'eccezione è un frammento attribuito a Gruppo 10, forse di provenienza locale. Dal tardo X/XI secolo in poi la ceramica a vetrina sparsa, anche se continua a risentire l'influenza dei prodotti di Roma, è di un impasto diverso (Gruppo 12b) il quale non si trova (fino a adesso) altrove in Sabina, né a Roma o dintorni. E da questo periodo infatti che si diffonde questa produzione, che possiamo considerare locale, e di cui si trovano gli esempi nel corso di ricognizione in questa zona (MORELAND 1987). Ciò non esclude la presenza, seppure molto limitata, di materiale tipico della Sabina reatina, vale dire con le stesse caratteristiche morfologiche e di impasto tipiche della produzione "sabina reatina" (Gruppo 15) individuata a Rieti e Collalto Sabino. Resta da vedere se le chiare differenze che esistono tra la ceramica dei siti della Sabina reatina e Farfa riflettano effettivamente differenze tra le due aree. Le differenze che si possono cogliere in questi gruppi di ceramiche hanno implicazioni più vaste suggerendo sviluppi sociali ed economici differenziati tra le due aree della Sabina. Anche se Farfa costituisce un caso a parte per il ruolo politico-religioso assunto dall'abbazia, tuttavia la sua evidenza sembra generalizzabile al resto della Sabina romana alla luce degli scavi di Rocca Baldesca (informazione di Francesca Bosman). Il materiale di Scorano (ROMEI, supra) mostra gli stessi legami, ma è un caso particolare dato la sua posizione vicino al Tevere. È probabile quindi che quest'area abbia avuto contatti più stretti con Roma nel periodo altomedievale e medievale che non la Sabina reatina: geograficamente è molto meno isolata e di più facile accesso e certamente la presenza della abbazia di Farfa deve aver influenzato notevolmente lo sviluppo dell'area circonstante. [468] Catalogo (Fig. 1) HELEN PATTERSON ( * ) British School at Rome - Università di Siena 1. S. Rufo (Rieti), cannello tubolare unito al collo da un setto traforato. Sottile vetrina verde oliva all'esterno. Gruppo 9a, analisi 231. Esempi simili datati alla Crypta Balbi, Roma, al X secolo (PAROLI 1986, p. 520, Tav. XIV. 12). 2. S. Rufo (Rieti), orlo di un boccale. Vetrina verde oliva all'esterno; all'interno molto sottile. Gruppo 9a. Esempi simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datati al IX e al X secolo (PAROLI 1986, Tav. III). 3. Collalto Sabino, frammento di vaso chiuso. Scanalature verticali sull'esterno. Macchie di vetrina spessa giallastra all'esterno. Gruppo 4a, analisi 146. Viene da un contesto del tardo XI/XII secolo. 4. S. Rufo (Rieti) orlo di un boccale. Vetrina verde solo parziale all'esterno. Gruppo 15a, analisi 233. Questa forma di orlo è comune sia a Rieti che a Collalto Sabino. Forme simile alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al X secolo (informazione di Lidia Paroli) ma gli esempi della Sabina sono principalmente del XII-XIII secolo. 5. S. Rufo (Rieti) beccuccio breve e svasato. Macchie di invetriatura giallo-bruno all'esterno. Gruppo 15a. Questa forma di beccuccio è molto comune nella ceramica a vetrina sparsa sia a Collalto Sabino che a Rieti. A Collalto Sabino è presente nei contesti del XII e XIII secolo. 6. S. Rufo (Rieti) beccuccio tubulare. Scanalature verticali. Vetrina verde-bruno, spessa che copre circa due terzi della superficie esterna. * Desidero ringraziare per le informazioni e per le utili discussioni Francesca Bosman, Stefano Coccia, Maria Grazia Fiore, Tersilio Leggio, Lidia Paroli, Sergio Sfrecola e, per i disegni, Sally Cann.

Gruppo 15a, analisi 232. 7. Farfa, orlo. Decorazione a pettine sotto l'orlo. Invetriatura verde parziale sotto l'orlo. Gruppo 15a, analisi 41. Datazione incerta.[ 469] Bibliografia S. COCCIA, D. MATTINGLY, C.S., The Rieti survey 1988-89, in Fourth Conference of Italian Archaeology, London 1990. S. COCCIA, H. PATTERSON, A. VIGIL-ESCALERA GUIRADO 1990, L'indagine archeologica, in P. DELOGU, S. COCCIA, H. PATTERSON, A. VIGIL-ESCALERA GUIRADO, G. TORRACA, Storia, archeologia e restauro nel Castello di Collalto Sabino, Torino, pp. 35-52. M.G. FIORE, E. MENOTTI, D. MONNA 1988, Nuove acquisizioni per la conoscenza della città di Rieti, gli scavi di Piazza San Rufo, Archeologia Laziale, IX, pp. 356-358. J. MORELAND 1987, The Farfa survey: a second interim report, Archeologia Medievale, XIV, pp. 409-418. L. PAROLI 1986, Ceramica a vetrina pesante e a macchia, in MANACORDA et al, La ceramica medioevale di Roma nella stratigrafia della Crypta Balbi, pp. 516-520, in La ceramica medievale nel Mediterraneo occidentale, Atti del III Convegno Internazionale (Siena- Faenza 8-13 ottobre 1984), Firenze, pp. 511-544. L. PAROLI 1990, Ceramica a vetrina pesante altomedievale (Forum Ware) e medievale (Sparse Glazed). Altre invetriate tardo antiche e altomedievali, in Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi. 5. L'esedra della Crypta Balbi nel medioevo (V secolo) XI- XV (a cura di L. Saguì e L. Paroli), Firenze. [470]