Cartelle. Il ricorso può sanare il vizio di motivazione. Categoria: Accertamento e riscossione Sottocategoria: Varie

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Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N. 25 31.03.2016 Cartelle. Il ricorso può sanare il vizio di motivazione Categoria: Accertamento e riscossione Sottocategoria: Varie Il difetto di motivazione della cartella esattoriale non può condurre alla dichiarazione di nullità se il contribuente propone impugnazione contestando puntualmente i presupposti dell imposizione. È quanto emerge dalla sentenza 25 febbraio 2016, n. 3707, della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione. In essa si legge il principio per cui il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell'imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell'imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell'atto abbia determinato al suo diritto di difesa. Premessa Dalla sentenza n. 3707/2016 della Corte di Cassazione emerge che un difetto di motivazione della cartella non conduce automaticamente alla nullità. Infatti, qualora il debitore proponga ricorso dimostrando di avere piena conoscenza dei presupposti dell imposizione, per averli puntualmente contestati, il giudice tributario non può dichiarare la nullità della cartella di pagamento per difetto di motivazione. Il caso La controversia ha riguardato una cartella di pagamento relativa a un iscrizione a ruolo di entrate di natura non tributaria (recupero di multe e 1

ammende conseguenti a una sentenza penale di condanna, oltre ai compensi spettanti al custode giudiziario). Detta cartella esattoriale è stata impugnata dal debitore ex art. 615 cod. proc.civ., e l adito Tribunale di Brescia l ha dichiarata nulla per carenza di motivazione. Equitalia è stata condannata al pagamento delle spese di lite. Di poi il giudizio di legittimità, che si è chiuso con il rinvio della causa al Tribunale per nuovo esame. Il ricorso di Equitalia Equitalia ha proposto ricorso straordinario in Cassazione deducendo: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 100 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3. Nel caso di specie il debitore ha eccepito il vizio di motivazione della cartella esattoriale, quindi l ente esattore ha lamentato la propria carenza di legittimazione passiva in quanto il vizio di motivazione è imputabile all'ente impositore, dal momento che la cartella è formata secondo un modello ministeriale e con contenuto predeterminato, riproducendo quanto l ente impositore indica nell'iscrizione a ruolo, che è atto riservato a quest'ultimo. violazione e/o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 e degli artt. 156 e 157 c.p.c. Secondo la ricorrente Equitalia, il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere la sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo. L ente riscossore sostiene che, non solo l'opponente ha dimostrato con il contenuto dell impugnazione di avere avuto piena conoscenza dei presupposti impositivi, ma non ha né allegato né provato alcun concreto pregiudizio derivato al suo diritto di difesa a causa del preteso vizio di motivazione della cartella impugnata. Quindi la nullità di quest'ultima, ove esistente, si è sanata per raggiungimento dello scopo. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto fondata solamente questa seconda doglianza, con conseguente rimessione della causa dinanzi al Tribunale. Sulla legittimazione passiva Per quanto concerne il motivo (respinto) attinente alla legittimazione passiva dell Agente della riscossione, la Suprema Corte ha affermato che: qualora il debitore abbia impugnato la cartella di pagamento, emessa dall'agente della riscossione, per motivi che attengono a vizi della 2

cartella medesima, compreso il vizio di motivazione, l impugnazione deve essere rivolta nei confronti dell'agente della riscossione, il quale, ove assuma che il vizio sia imputabile all'ente impositore, può estendere il giudizio a quest'ultimo. Nella sentenza n. 3707/2016 si legge: Si rinviene nella giurisprudenza di legittimità l'orientamento per il quale, in tema di disciplina della riscossione coattiva mediante iscrizione nei ruoli, nell'ipotesi di giudizio relativo a vizi propri di un atto proveniente dal concessionario, oggi Agente della riscossione, quale è la cartella di pagamento, la legittimazione passiva spetta a quest'ultimo, con onere dello stesso, ove destinatario dell'impugnazione, di chiamare in giudizio l'ente impositore se non voglia rispondere delle conseguenze della lite (cfr. Cass. n. 5832/11). Il principio, affermato con riferimento al processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben può essere applicato anche quando il procedimento di riscossione coattiva di cui al D.P.R. n. 602 del 1973 venga seguito per la riscossione di entrate di natura non tributaria ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Anche in tale eventualità l'individuazione del soggetto legittimato passivamente va fatta tenendo conto dell'atto impugnato e dei motivi di impugnazione: quando oggetto della controversia è l'impugnazione di atti che si assumono viziati per vizi formali intrinseci agli atti medesimi, come nel caso di impugnazione della cartella di pagamento per vizi propri, l'atto va impugnato chiamando in causa l'agente della riscossione, dal quale l'atto oggetto di impugnativa predisposto. Questo principio consente al destinatario dell'atto di rivolgere la sua contestazione nei confronti di colui che, avendo emanato l'atto, appare anche come autore dei vizi intrinseci dell'atto stesso, senza che il destinatario si debba fare carico dell'imputabilità di questi a soggetti diversi dall'autore dell'atto. Né in senso contrario può essere invocato il precedente di legittimità indicato in ricorso, nel quale l'affermazione secondo cui...il vizio di motivazione, essendo la cartella riproduttiva del ruolo, è imputabile all'ente impositore e non al concessionario (Cass. S.U. n. 11722/10) non è fatta al fine di individuare il soggetto legittimato passivamente rispetto all'impugnazione del contribuente, quanto piuttosto al fine di regolare i rapporti interni tra ente impositore e concessionario. 3

Sulla sanatoria per raggiungimento dello scopo In relazione al motivo accolto cioè quello riguardante la sanatoria della nullità della cartella per raggiungimento dello scopo gli ermellini hanno rilevato che la cartella ha indicato esattamente l'ente creditore, con l'indicazione del ruolo, del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e la descrizione degli importi pretesi. Inoltre il debitore si è adeguatamente difeso impugnando tempestivamente l atto e deducendo, con motivi di opposizione qualificabile come opposizione all'esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., di non essere tenuto, in tutto o in parte, al pagamento delle somme pretese dal Ministero della Giustizia. Il che dimostra: che la cartella esattoriale ha raggiunto il suo scopo; e che non c è stato alcun significativo pregiudizio al diritto di difesa del destinatario nascente dalla dedotta incompletezza delle informazioni ivi riportate. Secondo le Sezioni Unite (sentenza n. 11722/10): la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell'imposizione. Tale motivazione può essere assolta per relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell'imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinchè il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l'atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella - secondo una interpretazione non puramente formalistica della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1 (c.d. Statuto del contribuente) - sempre che in essa siano indicati nella cartella i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione. (Fattispecie in tema di riscossione di contributi consortili ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21). 4

Il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte è stato espresso con riferimento al procedimento di riscossione coattiva seguito per le entrate di natura tributaria; e ben si spiega laddove la cartella di pagamento costituisca il primo e unico atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa tributaria. Me nel caso di specie si tratta di pretese creditorie non tributarie che trovano il loro fondamento in atti, quali la sentenza penale di condanna e i provvedimenti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice, per i quali sono previste forme di comunicazione idonee a rendere edotti i destinatari dell'esistenza e dell'ammontare dei crediti dell'amministrazione. Rispetto a questi ultimi, quindi, la cartella esattoriale, di regola, non è il primo atto col quale l'ente impositore porta a conoscenza la sua pretesa. Si aggiunga che la citata sentenza a Sezioni Unite ha enunciato anche un altro importante principio di diritto, ossia: Il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell'imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell'imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell'atto abbia determinato al suo diritto di difesa. (Questo principio è stato ribadito da Cass. n. 3516/2012 ed è stato posto a fondamento di numerose altre decisioni. Tra le altre, Cass. n. 2373/2013 e n. 21177/2014). Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato la nullità della cartella di pagamento per carenza di motivazione in quanto essa indicava soltanto la causale del credito come riconducibile ad un atto giudiziario, senza specificare quale fosse questo atto, in particolare senza menzionare né la sentenza penale di condanna (cui era riferita, nel "dettaglio degli addebiti", la somma di Euro 70.000 dovuta per "recupero di multe e ammende") né i provvedimenti di liquidazione del compenso del custode (cui era riferita, nel "dettaglio degli addebiti", la somma di Euro 62.748, dovuta a titolo di "cassa depositi e prestiti - cassa ammende"). Inoltre non risultava a detta del Tribunale - che l'opponente avesse avuto conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali posti a fondamento della pretesa impositiva. 5

Ebbene, la Suprema Corte ha osservato che la legge prevede per la sentenza penale di condanna e per i provvedimenti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice forme di comunicazione idonee a rendere edotti i destinatari dell esistenza e dell ammontare dei crediti dell amministrazione. In un caso come quello di specie, quindi, la cartella esattoriale non è, di regola, il primo atto col quale l'ente impositore porta a conoscenza la sua pretesa. Pertanto, affinchè operi la sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo è sufficiente che la cartella contenga gli elementi minimi per consentire al destinatario di individuare la pretesa impositiva e di difendersi nel merito. Il che è quanto accaduto nella fattispecie; infatti il debitore ha impugnato tempestivamente l atto riscossivo contestando puntualmente i presupposti dell imposizione. La Corte ha dunque potuto escludere la lesione del diritto di difesa. Il secondo motivo del ricorso di Equitalia è stato perciò accolto. Per l effetto, gli ermellini hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa al Tribunale per la decisione sulle altre domande del debitore (che erano state assorbite dall'accoglimento del motivo di opposizione centrato sulla nullità della cartella per difetto di motivazione). - Riproduzione riservata - 6