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Transcript:

CAMERA DEI DEPUTATI COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO RESOCONTO STENOGRAFICO MISSIONE A PRATO LUNEDÌ 24 NOVEMBRE 2014 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA Audizione di Matteo Biffoni, Sindaco di Prato PRESIDENTE. Dò inizio alla missione di una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo a Prato. La delegazione è composta, oltre a me, dall on. Susanna Cenni e all on. Mattia Fantinati. È presente il segretario della Commissione cons. Antonio Menè. Il primo incontro prevede l audizione di Matteo Biffoni, Sindaco di Prato. Per noi è molto importante questo passaggio a Prato, signor Sindaco, per tutto quello che Prato rappresenta, è una realtà particolare, ma anche emblematica di tutta una serie di situazioni a livello nazionale. La nostra angolazione è principalmente quella della contraffazione, però capisco che dal suo punto di vista magari è difficile spaccare di netto un profilo come quello dalla contraffazione dalla serie di criticità e di illegalità ad essa collegate. Per noi è importante soprattutto ascoltarla, quindi non voglio sottrarle ulteriore tempo e la prego di darci tutta la sua sensibilità e le sue indicazioni sul tema. Inizierei subito la nostra audizione, abbiamo già avuto la possibilità di raccogliere la documentazione che gentilmente ci avete mandato, e darei subito la parola al sindaco di Prato, Matteo Biffoni. MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Il tema è questo: siamo in una situazione piuttosto particolare, perché da noi troverà tanto la classica idea della contraffazione, quella che copia un

marchio e lo immette illegalmente sul mercato, quanto anche un altro tipo di percorso, che poi i tecnici racconteranno meglio di me, e che è una peculiarità del sistema, ma fa parte in maniera purtroppo emblematica di un problema nazionale complessivo e che ora illustrerò alla Commissione. Noi abbiamo la presenza, ormai notoria, di circa 5.000 aziende a conduzione cinese, non tutte ovviamente parte del settore tessile: in questo settore sono 3.800. Una parte di queste commercializza a prezzi che fanno realmente impressione e che quando tornerete a trovarci vi farò vedere, per cui una camicia viene venduta a 90 centesimi, un paio di pantaloni a 1 euro e 10; questo avviene perché sono prodotti figli di una filiera che ovviamente ha come caposaldo quello dell assoluta illegalità, per quanto concerne innanzitutto il rispetto delle norme riguardanti il rapporto di lavoro. Si tratta di lavoro dipendente al nero e di assunzioni senza alcun rispetto della normativa. Un ampia fetta di questa attività è legata alla disponibilità a una parte di tessuto importato, in maniera illegittima e assolutamente fuori controllo, dai Paesi poveri del mondo. Scatta qui l effetto contraffazione, perché a quei tessuti e a quella produzione, come purtroppo ogni tanto le televisioni mostrano, viene attaccata l etichetta made in Italy. Per quanto ci è dato sapere dalle risultanze dei sequestri questi tessuti arrivano non più solo dalla Cina, ma anche dal Bangladesh, dal Vietnam, dall India, e da Paesi ancora più poveri. Riescono a entrare nei nostri confini nazionali, dove vengono trasformati in capi di pronto moda, che vengono poi venduti sui mercati italiani. Ma non solo, perché qui vengono a rifornirsi da tutta Europa di made in Italy assolutamente illegittimo e illegale, il che pone un doppio problema. Il primo è quello che accennavo, che però non è oggetto dell indagine della Commissione, quello della violazione delle norme del diritto del lavoro. Il dramma del 1 dicembre dell anno scorso, con la morte di operai cinesi in capannoni industriali, è il prodotto della mancanza del rispetto delle normativa del lavoro. Ci si trova in una commistione di sede di lavoro e di vita che dovrebbe essere completamente superata, mentre in alcuni opifici industriali troviamo persone che vi mangiano, vi vivono, vi dormono, cosa che ora stiamo combattendo. L altro corno della questione è che esiste un percorso che utilizza questo tipo di manodopera ed immette sul territorio, ed esporta in Europa, un made in Italy assolutamente illegittimo e fuori controllo, sia dal punto di vista industriale e commerciale che dal punto di vista del prodotto fornito. Prato è una grande scommessa produttiva, perchè rappresenta la più grande provincia italiana per l export tessile. Da quattro trimestri si registra un più 18 per cento nelle esportazioni, perché nel distretto sono rimasti i migliori produttori, e i migliori a Prato sono i migliori d Europa. Parliamo dei tessuti più importanti del mondo, della grande moda.

Il rischio vero è che a un certo punto non si capisca più dove sia la grandissima qualità e che, anziché certificare l assoluta qualità, si finisca (l esempio classico è l inchiesta di Report e quanto è successo alla Moncler, che potrebbe succedere anche con Gucci, con Prada) mischiati in un grande calderone che nuoce alle imprese e al sistema Paese complessivamente inteso. Noi abbiamo bisogno di capire come contrastare a Prato questo tipo di percorso, perché questa è una realtà che rappresenta ancora il 14 per cento dell export nazionale sul tessile, che è un prodotto debole, perché tutte le nuove economie più povere aggrediscono i settori a basso valore aggiunto come il tessile. Prato ha retto alla crisi economica generale, passando da una realtà che alcuni anni fa aveva 44-45.000 addetti diretti nel tessile e che ora conta 18.000 addetti, con la peculiarità tutta nostra del sistema del distretto cinese. Non lasciatevi infatti fuorviare da chi vi dirà che quello cinese è un distretto parallelo, perché non lo è, in quanto è legato a interessi locali anche di italiani: c è chi ha venduto o affittato loro il capannone, ci sono i commercialisti, i miei colleghi avvocati, le aziende che li hanno utilizzati, quindi è un tema più complesso su cui occorrerebbe una mattinata per sviscerarne appieno le problematiche. C è poi il tema della tutela del prodotto di grande qualità. Qui ci sono aziende che realizzano un tessuto di qualità che, come si dice a Prato, tiene su i muri in caso di terremoto. Non possiamo permettere che questo prodotto di qualità entri in contatto con tessuti di bassissima qualità che arrivano dai Paesi poveri del mondo e che violano le prescrizioni del Regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH), creando perciò rischi per la della salute dei consumatori. Questa è la grande scommessa che riguarda Prato, ma riguarda complessivamente il sistema Paese. PRESIDENTE. Se colgo esattamente il quadro della situazione, noi abbiamo un tessile pratese in cui oggi convivono profili di impresa diversi. È più forte che in passato un tessile di qualità, imprese in larga parte italiane, che lavorano per griffes importanti o in proprio, con un tipo di prodotto che va sul mercato interno e internazionale come prodotto di qualità pratese. C è poi un sistema di imprese che lavorano su una fascia di prodotto medio-bassa o addirittura bassissima, con una forte presenza di imprese cinesi e una forte importazione illegale di materia prima, che viene poi riciclata sul mercato come prodotto italiano e materia prima italiana, con una contraffazione del made in Italy, che in minima parte diventa anche contraffazione di griffes.

MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Qualcosa c è, ma sono numeri minori rispetto ad altri, capita ma non è forse la punta più avanzata del problema. PRESIDENTE. Anche questa tipologia di imprese fa a sua volta export, oltre che il mercato interno con costi infinitamente più bassi, se parliamo addirittura di camicie e pantaloni a 1 euro! Questa è la fotografia. Due domande, una specifica e una aspecifica, cominciando dall ultima. Da una quindicina d anni di questa situazione pratese mi ha sempre impressionato l esistenza di un circuito di imprese quasi tutte cinesi che operano in un sistema di totale illegalità; sono numerose e hanno una loro fisicità non trascurabile, in quanto lavorano non in una stanzetta di tre metri quadrati in qualche appartamento, ma in capannoni. Mi chiedo quindi se vi sia stata in passato e forse ancora oggi una certa acquiescenza del circuito della società locale nei confronti di un sistema illegale che forse ad alcuni faceva anche comodo. Questa è la domanda aspecifica, che non riguarda peculiarmente la contraffazione. La seconda riguarda la contraffazione: qual è l atteggiamento che riscontrate da parte del sistema delle griffes nei confronti della realtà pratese e magari anche di altri circuiti toscani? MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. La seconda risposta è più facile, nel senso che ogni tanto capitano sequestri di capi contraffatti di un marchio famoso, e da noi capita spesso che venga copiato il marchio toscano della grande griffe oppure il pronto moda, cioè quella fetta di fashion, di cui avrete contezza nella visita agli stabilimenti di Patrizia Pepe, di media qualità, che è l obiettivo primo della contraffazione. È difficile ipotizzare che Prato ditte cinesi copino, ad esempio, una griffe come Armani, anche perché non c è il tempo: l idea dell azienda cinese è infatti quella della velocità. Abbiamo quindi casi che riguardano, ad esempio, le aziende Pinko o Liu Jo, cioè imprese di quella fascia di mercato che non è il top delle griffes nazionali, ma un tipo di griffe che operano sul mercato con un prodotto di moda. Questo è un pezzo importante della contraffazione: non ci sono solo le case come Valentino e Armani, ad esempio, ma anche quelle che operano in questa fascia di mezzo. Il sistema è particolarissimo perché le aziende cinesi sono eccezionali, dal loro punto di vista: vedono la sfilata del prodotto e due giorni dopo mettono sul mercato prodotti marchiati con lo stesso simbolo o marchiati in modo diverso ma assolutamente identici. Il marchio è Patrizia Pepe o Liu Jo, ma l azienda cinese magari non lo marca più Liu Jo ma in altro modo, però il prodotto è praticamente identico, e si vende ovviamente a prezzi bassissimi, in un pronto moda rapidissimo.

Apro un breve inciso a proposito delle commistioni, così vengo anche alla prima domanda. La cosa particolare è che i negozi vendono pronto moda cinese, e pronto moda vuol dire che i più giovani con 100 euro si rivestono da capo a piedi con prodotti che seppure sono di scarsissima qualità e che durano pochissimo, sono tuttavia all ultima moda. La capacità dell imprenditoria cinese consiste proprio nel fatto che, se domattina va di moda il verde a pallini bianchi, loro sono pronti con il verde a pallini bianchi e lo vendono a prezzi assolutamente fuori mercato. La gente compra, si riveste, la tiene finché dura e poi butta via tutto. Questa è l incredibile capacità di stare sul pezzo, si direbbe se fosse una cosa positiva, da parte di questo tipo di imprenditoria. Da noi è capitato anche e credo che ve ne parlerà poi la Guardia di Finanza, di sequestrare marchi di metallo di varie aziende più o meno conosciute. PRESIDENTE. Scusi, il tempo è tiranno, perché poi i commissari dovranno porle dei quesiti. Se può rispondermi quindi sul primo punto MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Sì, ci tenevo in maniera particolare. Io le dico la mia: il fenomeno dell imprenditoria cinese è arrivato a metà degli anni 90, ed è stato secondo me sottovalutato, ma non perché lo si volesse sottovalutare come scelta consapevole, ma perché in quel momento storico nessuno si fidi era in grado di comprenderne la portata. Non eravamo attrezzati non come Prato, ma come Paese, a renderci conto di quello che è successo. Qualcuno ha avuto dei vantaggi, perché i cinesi allora compravano a prezzi doppi rispetto ai valori di mercato capannoni e abitazioni, e poi le affittavano a prezzi assolutamente concorrenziali; questo è avvenuto all improvviso, per una serie di ragioni legate anche al fatto che avevamo un imprenditoria artigianale fortissima, eravamo la seconda provincia dopo Vicenza, un imprenditoria che però è entrata in crisi perché il tessile, con la globalizzazione mondiale, era in un momento di cambiamento, e ha ritenuto più semplice affittare a imprenditori cinesi e, diciamo così, tirare i remi in barca. Questo ha creato un effetto domino devastante, perché fra qui vicino (San Donnino, Campi Bisenzio) e Prato a un certo punto c è stata un esplosione che non abbiamo avuto né i mezzi, né la capacità di controllare. C è quindi una serie di fattori: sottovalutazioni, commistioni, per essere chiari volontà di approfittarsene, laddove alcuni industriali ci hanno lucrato, perché ovviamente avere come subfornitore un cinese significava spendere meno. Con l aiuto della Regione Toscana il Comune effettua oggi circa 10 controlli al giorno negli opifici industriali cinesi, il che evidenzia a Prato lo dico alla Commissione, al Governo e a tutte le istituzioni una situazione molto particolare: 10 controlli al giorno nei capannoni significa

chiuderne 3 o 4 alla volta, con controlli interforze che richiedono una squadra istituzionale operativa che richiede l intervento congiunto di Polizia municipale, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia, Vigili del Fuoco, ASL, ecc., che operano congiuntamente nelle situazioni più critiche. Chiudere opifici significa evidenziare notizie di reato, significa lavoro per i tribunali, significa impegnare le forze dell ordine, che già sono scarse in una città di 191.000 abitanti, e che Il Sole 24 Ore colloca al decimo posto per numero di reati, cosa a cui credo, perché tutte le mattine i miei ragazzi della Polizia municipale e delle ASL della Regione Toscana più i Carabinieri, la Guardia di Finanza o la Polizia controllano due o tre aziende cinesi da cui si evidenziano notizie di reato, perché ci sono sicuramente delle violazioni: qualcosa chiudiamo, qualcosa non chiudiamo, ma è una rincorsa. PRESIDENTE. Però è la strada giusta. MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Però le dico che le aziende cinesi hanno 18 mesi di vita media, quindi attenzione, perché questo è un altro grande tema: loro aprono e chiudono, e noi non facciamo in tempo ad aggredire, tant è che io ho chiesto che i controlli dell ASL Regione Toscana vadano sulle neonate, che spesso si trovano in regola: finalmente si inizia a vedere aziende che rispettano le regole o hanno solo delle bazzecole (l impianto elettrico o simili) fuori norma! Questo però è un altro grande tema, che vale per Prato ma credo per un pezzo d Italia complessiva, perché spesso dopo 18 mesi cambia il titolare dell azienda, e, se ad esempio da Confezioni Jack di Li Ping titolare diventa un Confezioni Stella con Chang titolare, non si prendono più! È un grandissimo tema su cui bisogna fare una riflessione. SUSANNA CENNI. Vorrei rivolgere un paio di domande al Sindaco; alcuni degli interrogativi che avevo hanno già avuto risposta, però mi soffermo su alcuni temi presenti anche nella relazione della Polizia municipale, che ho trovato molto interessante perché fornisce degli spunti di riflessione utili al lavoro della Commissione. Uno è quello appena toccato delle imprese italiane che utilizzano imprese cinesi con subforniture, con questa commistione nel lavoro di filiera. Visto che siete partiti con l esperienza del Patto per la sicurezza che ha già portato ad ottimi risultati, vorrei una valutazione sul Patto e una su questo tema della filiera. Ci sono esperienze rilevanti di autocertificazione oppure da parte delle nostre imprese locali si manifesta scarsa disponibilità al riguardo?

Per quanto riguarda poi il tema del tessuto che arriva dall estero, anche da nuovi Paesi e non solo dalla Cina, per essere venduto e diffuso, si può potenzialmente arrivare anche alle griffes se non c è un controllo di qualità di un certo tipo? Un tema a cui lei stesso mi aveva accennato tempo fa è quello dei dati delle rimesse finanziarie. Come si arriva ad aggredire questo fenomeno in maniera consistente, che esulano dal tema dei controlli nei capannoni? MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Cerco di essere brevissimo. Patto per la sicurezza: noi siamo l unica città (e di questo devo ringraziare la Presidenza del Consiglio) oltre alle Città metropolitane ad avere un tavolo presso la Presidenza del Consiglio per la peculiarità della nostra situazione. Questo ci ha permesso di ottenere aiuti per la Guardia di Finanza o per i Carabinieri, intesi come numero di unità disponibili, e vorremmo ottenere lo stesso anche per la Questura, perché la mia città deve uscire da questa sensazione che tutto ruoti intorno all imprenditoria cinese, mentre c è tanto altro nel distretto. Abbiamo chiesto quindi di far entrare il tessile in quel percorso per cui i dazi all esportazione sul tessile siano tolti in ingresso, in quanto gli Stati Uniti sono per noi un grande mercato e abbiamo bisogno di riportare al centro Prato, perché altrimenti si rischia di entrare in un loop complicato. Esistono poi aziende cinesi che sono assolutamente in regola, assolutamente lineari. Il tema delle griffes è questo: Gucci è un esempio di filiera rigorosa per il controllo dei fornitori nel rispetto della normativa. Il trucco meraviglioso era, ad esempio che una griffe Biffoni di altissima qualità, scegliesse di affidarsi al subfornitore artigiano Cenni, un esempio di illibatezza imprenditoriale e a quel punto si fermasse. Se però l imprenditore Cenni decida di farsi cucire le tasche dei jeans da un azienda cinese, deve assumersi la responsabilità di sapere se quell azienda cinese sia in regola oppure no; quindi occorre andare a ritroso, subfornitore per subfornitore. Chi mi ha preceduto nel ruolo di Sindaco di Prato era titolare di una nota azienda, sponsor di Miss Italia, la Sasch; l azienda è entrata in crisi, sulla quale non mi permetto di entrare, proprio perché un subfornitore che cuciva i piumini che quella griffe poi metteva sul mercato ha presentato istanza di fallimento, e questo ha fatto emergere in maniera evidente quello che era un rischio. Devo dire però che le grandi marche toscane che gravitano in questa zona sono piuttosto attente, perché sanno di non potersi permettere un colpo così. Non mi permetto di dire quanto questo sia ferreo e rigoroso, ma conosco l esperienza di Gucci perché ho parlato con i manager e i dirigenti che mi hanno spiegato quanto hanno fatto, e credo che sia un esempio da seguire, perché è

stato adottato un rigore vero che scende fino all ultimo gradino e non si ferma allo step immediatamente successivo, ma va veramente in fondo. Ho la percezione che il tessuto importato dalla Cina, piuttosto che dal Vietnam o dal Bangladesh, assolutamente fuori regola, difficilmente possa entrare nel circuito delle grandi griffes, però è una percezione, e veramente in certi momenti siamo ai minimi termini. Mi preoccupa di più la fascia media di Italian style, più che altro per la tutela del made in Italy. PRESIDENTE. È stato chiarissimo: qui c è la contraffazione dell origine, quindi del made in Italy. MATTIA FANTINATI. Sarò velocissimo, perché è già stato chiesto quasi tutto. Dal punto di vista del consumatore siamo venuti a conoscenza dell esistenza di alcuni (per non dire diversi) negozianti senza scrupoli che tra le borse di Gucci ne inseriscono consapevolmente qualcuna contraffatta. Questo fenomeno esiste anche da voi, effettuate controlli su questo? MATTEO BIFFONI, Sindaco di Prato. Noi abbiamo un accordo con i NAS regionali, che ho ovviamente potenziato dopo averlo trovato dalla precedente Giunta, con un lavoro nel settore commerciale piuttosto imponente rispetto a una città di queste dimensioni. La borsa di marca contraffatta in mezzo alle altre può trovarsi a Prato come in tutta Italia, mentre abbiamo una peculiarità che vale per Prato ma anche per tutta Europa. Se la domenica pomeriggio venite al Macrolotto 2 o al Macrolotto di Riolo dove sono concentrati i pronto moda cinesi, showroom che difficilmente si trovano nelle aziende italiane, vedrete arrivare decine di camion da Francia, Spagna, Germania e da tutta Italia che si riforniscono di prodotti da vendere sui mercati. Non è detto che questo avvenga per contraffare, ad esempio, Benetton, ma, se qualcuno senza scrupoli vuole riempire un treno di camicie di Benetton, francamente non lo so. Lo stiamo spiegando a tutti e abbiamo iniziato a spiegarlo nelle scuole (è un lavoro che credo l Unione Industriali vi illustrerà) perché cerchiamo di sensibilizzare l acquirente su quello che compra, per evitare di sottovalutare che il tessuto della camicia che si indossa riguarda direttamente la propria salute, perché si mette tutti i giorni. Magari un giorno solo ci si può permettere di indossare qualcosa che viene dal Bangladesh e non si sa esattamente come sia stata colorata e trattata, ma se questo succede tutti i giorni gli effetti sono noti. L idea del Comune è questa: occhio a quello che fai, alziamo l asticella sul rigore. PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l audizione.