LE ATTIVITÀ DEI PROFESSIONISTI



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LE ATTIVITÀ DEI PROFESSIONISTI LE ATTIVITÀ DEI PROFESSIONISTI... 2 1. CONSULENZA GENERICA E CONSULENZA PROFESSIONALE O PERSONALIZZATA... 2 1.1 Il cliente e l educazione finanziaria... 2 1.2 La consulenza professionale... 3 2. LE ATTIVITÀ... 3 2.1 Acquisizione e dazione L importanza del cliente... 4 2.2 Asset Allocation e Gestione dei rischi... 6 2.3 La negoziazione dei costi... 10 2.4 Riduzione dei costi (Cost Reduction)... 11 2.5 Financial Planning... 12 3. AIUTARE IL CLIENTE A FARE BENE IL CLIENTE... 12 Pagina 1 di 13

LE ATTIVITÀ DEI PROFESSIONISTI Consulenza e gestione del portafoglio. Dall acquisizione, alla dazione di informazioni; da un asset allocation strategico, al controllo dei rischi; dalla negoziazione, alla riduzione dei costi sino ad una completa e strategica pianificazione finanziaria. Il nuovo consulente finanziario affianca le aziende e le famiglie nel fare bene il loro mestiere di clienti nei confronti degli operatori finanziari, colmando le asimmetrie informative che esistono tra questi soggetti. 1. Consulenza generica e consulenza professionale o personalizzata Il servizio di consulenza è un processo che prevede da un lato una componente di educazione finanziaria alla clientela e dall altro una metodologia di allocazione e di costruzione del portafoglio fondata su strumenti appropriati. La consulenza generica corrisponde alla prima componente e mira ad accrescere, tramite programmi di educazione finanziaria e campagne di informazione, il grado di conoscenze in campo finanziario e la capacità di pianificazione finanziaria dei risparmiatori. La consulenza professionale o personalizzata, normata dalla direttiva MiFID, regolata dalla Consob e definita come Consulenza finanziaria in materia di investimenti, mira invece ad ottimizzare il portafoglio del cliente, fornendo adeguati supporti alla decisione di investimento e di indebitamento. 1.1 Il cliente e l educazione finanziaria «L educazione finanziaria è il processo attraverso il quale i consumatori/investitori finanziari migliorano la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso l informazione, l istruzione e una consulenza oggettiva, sviluppano le capacità e la fiducia necessarie per diventare maggiormente consapevole dei rischi e delle opportunità finanziarie, per effettuare scelte informate, comprendere a chi chiedere consulenza e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il loro benessere finanziario». 1 Nel corso degli ultimi anni, l offerta da parte degli intermediari di prodotti e servizi è divenuta sempre più ampia e sofisticata. Di conseguenza sono aumentate la complessità e la numerosità delle scelte finanziarie che gli individui devono fronteggiare. D altro canto invece, non sono aumentate in egual misura le capacità e le conoscenze finanziarie dei cittadini, nella generalità dei casi non adeguate. Inoltre, analisi empiriche condotte nell'ambito della psicologia cognitiva mostrano come il processo decisionale degli individui tende a divergere da quello che ci si aspetterebbe per un agente economico razionale che persegua unicamente l obiettivo di massimizzazione del proprio benessere. Numerosi fattori, quali la difficoltà a elaborare le informazioni ricevute, i condizionamenti antropologici e socio-culturali e il contesto in cui avvengono le scelte, influenzano le decisioni della clientela, indirizzandola verso soluzioni non ottimali. La peculiarità dell educazione finanziaria risiede nel fatto che i suoi benefici si producono lungo un orizzonte temporale di medio-lungo periodo. Tali benefici non sono di immediata e facile valutazione. Sicuramente sono tanto maggiori quanto più i singoli interventi si inseriscono in 1 OECD, Improving Financial Literacy: Analysis of Issues and Policies, 2005, p. 26 Pagina 2 di 13

un quadro strategico di fondo. 2 Proprio per questo motivo, l educazione finanziaria è alla base di una consulenza efficace. 1.2 La consulenza professionale La MiFID definisce il servizio di consulenza in materia di investimenti come la prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari (art. 4, paragrafo 1, punto n. 4). La direttiva prevede che Per via della sempre maggior dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate è opportuno includere la consulenza in materia di investimenti tra i servizi di investimento che richiedono un autorizzazione. La ratio alla base della scelta del Legislatore comunitario di definire la consulenza finanziaria come servizio di investimento, deriva dalla considerazione che tale servizio costituisce un attività delicata (o, se si vuole, pericolosa ) dal momento che coinvolge, alla stregua degli altri servizi di investimento, direttamente il pubblico risparmio. Essa, quindi, necessita di essere riservata a soggetti in possesso di determinate caratteristiche e sottoposti a controlli pubblicistici. Una consulenza generica in merito ad un tipo di strumento finanziario, ai fini della direttiva, non è una consulenza in materia di investimenti. Tuttavia, la prestazione di consulenza generica a clienti o potenziali clienti prima o nel corso della prestazione di consulenza in materia di investimenti o di qualsiasi altro servizio o attività investimento, rientra in quegli atti preparatori alla prestazione di un servizio di investimento che sono parte integrante del servizio reso e quindi contemplati dalla direttiva. All art. 52 della direttiva, si precisa che per raccomandazione personalizzata deve intendersi una raccomandazione che viene fatta ad una persona nella sua qualità di investitore e che deve essere presentata come adatta per tale persona o basata sulla considerazione delle caratteristiche della persona. Secondo la direttiva l elemento essenziale della consulenza e, quindi, della raccomandazione, è la personalizzazione. Al riguardo si precisa che non si è nell ambito della consulenza e, la raccomandazione non è personalizzata, se viene diffusa esclusivamente tramite canali di distribuzione o se è destinata al pubblico. 2. Le attività Nel gennaio 2010, attraverso una direttiva, la Consob ha redatto il Regolamento Consulenti Finanziari. Il testo, tra le altre cose, delinea le attività che stanno alla base di questa professione e che noi riporteremo sinteticamente: 1. Nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari si comportano con diligenza, correttezza e trasparenza. Essi, in particolare: Forniscono al cliente o potenziale cliente informazioni corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate affinché il cliente o potenziale cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche 2 Gaetano Chionsini e Maurizio Trifilidis, Banca d Italia, Educazione finanziaria: l utilità di una strategia unitaria Pagina 3 di 13

del servizio di consulenza in materia di investimenti e dello specifico strumento finanziario raccomandato e possa adottare decisioni di investimento informate; Acquisiscono dai clienti o potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro classificazione come clienti o potenziali clienti al dettaglio o professionali e al fine di raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente; Valutano, sulla base delle informazioni acquisite dai clienti, l adeguatezza delle operazioni raccomandate; Istituiscono e mantengono procedure interne e registrazioni idonee; Agiscono nell interesse dei clienti e, ogni volta in cui le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti di interesse non siano sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti stessi sia evitato, li informano chiaramente, prima di agire per loro conto, della natura e/o delle fonti dei conflitti affinché essi possano assumere una decisione informata sul servizio prestato, tenuto conto del contesto in cui le situazioni di conflitto si manifestano; Osservano le disposizioni legislative, regolamentari e i codici di autodisciplina relativi alla loro attività. 2. I consulenti finanziari sono tenuti a mantenere la riservatezza sulle informazioni acquisite dai clienti o dai potenziali clienti o di cui comunque dispongano in ragione della propria attività, salvo che nei casi previsti dall articolo 18-bis, comma 6, lettere e) ed f), del Testo Unico ed in ogni altro caso in cui l ordinamento ne consenta o ne imponga la rivelazione. È comunque vietato l uso delle suddette informazioni per interessi diversi da quelli strettamente professionali. 3. I consulenti finanziari non possono ricevere procure speciali o generali per il compimento di operazioni o deleghe a disporre delle somme o dei valori di pertinenza dei clienti. Partendo da questi tre punti possiamo ora concentrarci sulle attività specifiche delle varie tipologie di professionisti introdotte in precedenza (vedi Cofip informa La Consulenza Finanziaria e il ruolo dei professionisti). 2.1 Acquisizione e dazione L importanza del cliente Il regolamento sui consulenti finanziari 3 si occupa di dazione d informazioni agli investitori. Esso prevede che i consulenti finanziari «forniscano al cliente o potenziale cliente informazioni corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate affinché il cliente o potenziale cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti e dello specifico strumento finanziario raccomandato e possa adottare decisioni di investimento informate» (art. 12, comma 1, lett. a reg. n. 17130/2010). Il flusso informativo non va però solo dal consulente finanziario al cliente, ma anche in senso 3 Consob, Regolamento Consulenti Finanziari, a cura della Divisione Tutela del Consumatore Uffici Relazioni con il Pubblico, Gennaio 2010. Pagina 4 di 13

opposto, ossia dal cliente al consulente. In questo senso dispone la previsione secondo cui i consulenti finanziari «acquisiscono dai clienti o potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro classificazione come clienti, o potenziali clienti al dettaglio o professionali ed al fine di raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente» (art. 12, comma 1, lett. b reg. n. 17130/2010). L ordine temporale del flusso informativo è dunque: 1) prima informazioni dal cliente al consulente finanziario; 2) poi informazioni dal consulente al cliente. All articolo del regolamento che impone al consulente finanziario di raccogliere informazioni dal cliente ci si riferisce con l espressione inglese, largamente diffusa, di know your customer ( conosci il tuo cliente ). Al riguardo la disposizione in esame distingue fra clienti e potenziali clienti. Il cliente può essere già stato acquisito, e allora si parla semplicemente di cliente, oppure può essere in fase di acquisizione, e allora si parla di potenziale cliente. La differenza è che nei confronti del cliente sussiste già un rapporto contrattuale, mentre nei confronti del potenziale cliente non sussiste un rapporto contrattuale (giocando con le parole, si può affermare che esiste un mero contatto, che può poi divenire contratto ). L acquisizione d informazioni da parte del consulente finanziario è finalizzata, in un primo momento, alla classificazione del cliente e, in un secondo momento, alla raccomandazione di strumenti finanziari adatti allo stesso. In merito alla classificazione dei clienti l ordinamento Consob ha introdotto la distinzione fra cliente al dettaglio e cliente professionale : «Un cliente professionale è un cliente che possiede l esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume». Tali clienti vengono poi distinti in clienti professionali di diritto e clienti professionali su richiesta. Il regolatore ritiene non opportuno che i clienti al dettaglio e quelli professionali vengano trattati allo stesso modo, dal momento che i primi hanno bisogno di un livello di protezione maggiore di quello di cui necessitano i secondi. Al fine di garantire a ciascuno la tutela adatta, il primo passo che deve compiere il consulente finanziario è quello di accertarsi di quali siano le caratteristiche del soggetto con cui sta per instaurare un rapporto professionale. Tramite la raccolta d informazioni, il consulente ricostruisce la natura del cliente con cui ha a che fare; a seconda degli esiti dell indagine, il cliente viene classificato come al dettaglio piuttosto che come professionale e riceve il corrispondente trattamento. Una volta raccolte informazioni dal cliente, il consulente finanziario deve a sua volta informare il cliente. Il regolamento, come accennato in precedenza, stabilisce al riguardo che le informazioni devono essere corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate. Correttezza dell informazione significa che l informazione non può essere contraria a verità (anche se bisogna rilevare che l aggettivo più appropriato per esprimere questa nozione sarebbe: vera ). La chiarezza è il secondo requisito dell informazione prescritto dal regolamento. Una delle funzioni della dazione d informazioni è trasmettere conoscenza, risultato che si può realizzare solo quando i dati e le notizie sono trasparenti. Secondo il regolamento, inoltre, l informazione non può essere fuorviante. Un dato è fuorviante quando è in grado di determinare un errore in capo al cliente. Si tratta di un informazione che in sé può anche corrispondere alla realtà delle cose, ma che ciò nonostante può indurre in errore. Questo risultato può realizzarsi in particolare nel caso si combini una serie di dati. Si deve difatti riflettere sulla circostanza che non tutte le informazioni hanno la stessa rilevanza. La sopravalutazione di dati di poca importanza unita a una sottovalutazione d informazioni importanti può creare una rappresentazione in capo al cliente fuorviante rispetto alla realtà delle cose. L informazione infine si legge nel regolamento deve essere sufficientemente dettagliata. Non basta dunque una descrizione sommaria, ma occorre un Pagina 5 di 13

certo livello di specificità. Dall altro lato non è tuttavia consentito eccedere nella dazione d informazioni (requisito di sufficiente dettaglio). Complessivamente si deve ritenere che il consulente finanziario che informa in modo perfetto è quello che fornisce relativamente poche informazioni al cliente, quelle che sono effettivamente rilevanti per la decisione d investimento, omettendo di soffermarsi su dettagli. Il regolamento esige che le informazioni fornite dal consulente siano atte a far sì che il cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza e dello specifico strumento finanziario raccomandato. Il livello di comprensione dipende sì, da un lato, dalle caratteristiche sopra indicate delle informazioni (corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate), ma dipende anche inevitabilmente dalla capacità di decifrazione del singolo destinatario. Con il termine ragionevole il regolatore vuole impedire che, a fronte d informazioni che soddisfano nella sostanza i requisiti sopra esaminati, il cliente possa richiamarsi a una propria incapacità di comprensione. L oggetto dell informazione che il consulente deve rendere è duplice: la natura e le caratteristiche 1) del servizio di consulenza in materia di investimenti e 2) dello specifico strumento finanziario raccomandato. Il consulente deve dunque, in un primo momento, spiegare in cosa consiste il suo lavoro. In un secondo momento occorre tratteggiare la natura e le caratteristiche dello strumento finanziario che intende proporre al cliente. Se vengono raccomandati più strumenti finanziari in un unico contesto, la disposizione in esame va interpretata nel senso che il consulente deve illustrare la natura e le caratteristiche di ogni singolo strumento. 4 2.2 Asset Allocation e Gestione dei rischi La gestione dei rischi finanziari è indispensabile per qualsiasi realtà (aziende o privati) che effettua abitualmente investimenti. In tale ambito, il primo passo per un professionista (che noi abbiamo identificato nel Gestore Finanziario Strategico) è la costruzione di un Asset Allocation, che consenta di individuare il corretto profilo di rischio e che permetta di elaborare strategie compatibili con le caratteristiche proprie del cliente (business di riferimento, passività, flussi di cassa attesi etc.). In secondo luogo, il monitoraggio dell evoluzione degli investimenti e l attuazione di politiche di mitigazione dei rischi finanziari (ad esempio il rischio di controparte o il rischio di mercato legato agli investimenti azionari) consentono di mantenere il profilo di rischio/rendimento coerente con gli obiettivi prefissati, evitando di dover affrontare perdite inattese o situazioni di scarsa liquidità. 2.2.1 Strategie operative di Asset Allocation L Asset Allocation è il processo con il quale si decide in che modo distribuire le risorse fra i diversi possibili investimenti. Le principali categorie di investimenti entro cui si orienta questa scelta possono essere suddivise in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, liquidità) o attività reali (immobili, merci, metalli preziosi, etc.). I vari investimenti o asset gestiti dall investitore tramite l Asset Allocation sono in genere suddivisi e organizzati per tipologie chiamate asset class. Gli asset class possono distinguere la natura dell investimento: per esempio i titoli di debito come le obbligazioni possono costituire un 4 Valerio Sangiovanni, Le nuovissime norme di comportamento (e la responsabilità civile) dei consulenti finanziari, Mercati Finanziari, giugno 2010. Pagina 6 di 13

asset class diverso dai titoli di capitale come le azioni. Il sistema dell organizzazione degli asset class può però seguire anche altri metodi: gli asset gestiti possono essere distinti in base all orizzonte temporale (breve/medio/lungo termine) entro cui si inquadra l investimento stesso. In generale l Asset Allocation porta alla gestione e all organizzazione dei vari asset e dei loro insiemi suddivisi per tipologia in un portafoglio gestito da colui che decide da solo o entro l ambito di un team in che modo allocare le risorse. Nella maggior parte dei casi l asset allocation è un attività svolta da investitori professionali e/o istituzionali come le società di gestione del risparmio (SGR) per conto dei loro clienti. Tuttavia, nel panorama finanziario si stanno affacciando nuovi professionisti del settore come il Gestore Finanziario Strategico e il Consulente Finanziario Indipendente che, avvalendosi delle contestuali competenze, possono svolgere tale attività. In sostanza l Asset Allocation ha il compito di raggiungere una gestione ottimale del portafoglio, ossia una gestione che equilibri nel miglior modo possibile il rendimento e il rischio delle attività alle esigenze e alle aspettative dell investitore. Le due istanze del rendimento e del rischio tendono ad essere proporzionali in quanto in genere un attività ad elevato rischio tende anche ad avere un elevato rendimento atteso. Il rischio è per questo motivo considerato come uno dei parametri fondamentali per distinguere tra loro gli investimenti. Alcuni studiosi parlano a tal proposito di rischio specifico e di rischio generico. Il rischio specifico è un rischio legato alla natura dello stesso investimento. Se per esempio si prende un investimento azionario, il rischio specifico sarà dato dalle caratteristiche economiche della società emittente, dall andamento del conto economico, dalla solidità patrimoniale, dalle prospettive future e dal posizionamento dell azienda rispetto ai suoi concorrenti; Il rischio generico (o sistemico) è invece il rischio a cui il singolo investimento è sottoposto per via delle fluttuazioni del mercato e che non può essere eliminato o sostanzialmente diminuito con la diversificazione del portafoglio, come invece avviene per il rischio generico. L Asset Allocation in generale è suddivisa in tre ulteriori categorie. In tal senso si parla correntemente di Asset Allocation strategica, tattica o dinamica. L Asset Allocation strategica orienta gli investimenti scegliendo di organizzarli secondo un orizzonte temporale di medio e lungo periodo; L Asset Allocation tattica è invece un allocazione basata su un orizzonte di breve termine e quindi basata su una visione del mercato contingente rispetto a quella strategica. In genere questo tipo di Asset Allocation è impiegato per adattare l allocazione strategica a specifici e temporanei trend del mercato, tuttavia una certa coerenza fra questi due tipi di Asset Allocation permette in genere di evitare errori nella gestione del portafoglio; L Asset Allocation dinamica, infine, rappresenta un genere di allocazione degli investimenti ancora più orientato ad una lettura del mercato sotto la prospettiva temporale del breve termine. Spesso si fa riferimento all Asset Allocation dinamica per spiegare rapidi adattamenti del portafoglio a brusche variazioni del mercato; va però sottolineato che il fattore tempo (timing) è in generale un elemento molto importante per l Asset Allocation che è considerata in generale come un processo dinamico. Pagina 7 di 13

2.2.2 Gestione del rischio (Risk Management) Con il termine Risk Management ci si riferisce all'insieme di processi attraverso cui un'azienda (o un cliente) identifica, analizza, quantifica, elimina e monitora i rischi legati ad un determinato processo produttivo. L'obiettivo principale del Risk Management è quello di minimizzare le perdite e massimizzare l efficacia e l efficienza dei processi produttivi. In realtà si tratta, più che di un singolo processo, di un insieme articolato di processi attraverso cui le aziende valutano dapprima la probabilità che si verifichi una determinata situazione e successivamente valutano il modo di evitarla, ridurne gli effetti, trasferirla a terzi o accettarne in parte o totalmente le conseguenze minimizzando gli impatti sull'attività di impresa. Una prima fase del processo di gestione del rischio è quella dedicata alla valutazione del rischio. Qual è la probabilità che un rischio si realizzi? Quale sarà l'impatto di tale rischio sull'attività dell'azienda o del cliente? Ci possono essere rischi che accanto ad una bassa probabilità di occorrenza possono avere un potenziale grosso impatto sull'operatività aziendale e viceversa rischi con elevata probabilità di occorrenza e basso impatto. Se nel caso di un rischio con elevata probabilità e alto impatto è semplice assegnare un indice di priorità, naturalmente, non è così per i casi precedente citati. La principale difficoltà legata al Risk Management è infatti connessa principalmente al grado di difficoltà legata alle analisi e alle valutazioni da effettuare. In generale possono essere individuate a titolo esemplificativo le seguenti fasi: Definizione del contesto; Identificazione dei rischi; Analisi del rischio; Valutazione dei rischi; Controllo dei rischi (fase che a sua volta viene divisa nello step dedicato alla preparazione ed approvazione del Piano di azione dei rischio (Risk Action Plan) e nello step di esecuzione, controllo e modifica del piano. Si parla quindi di rischio riferendosi ad un evento che, quando si verifica, causa problemi. Pertanto quando parliamo di identificazione del rischio ci muoviamo in un territorio difficile in quanto in parte legato alle esperienze e ai fallimenti e in parte alle previsioni (e quindi teorico). Identificare la fonte del rischio è importante. Tale fonte (o sorgente) può ad esempio essere interna o esterna ad un azienda. L analisi di un rischio mette in campo diverse variabili, alcune delle quali difficilmente monitorabili. Ricorrono infatti alla gestione del rischio sia le grandi che le piccole medie imprese. Un azienda o un cliente privato deve poi mettere in conto la spesa che può richiedere monitorare determinati rischi, altro step molto importante in quanto potrebbe darsi che un analisi costo/opportunità rilevi che la gestione di alcuni rischi determini la sottrazione di risorse ad attività più redditizie. 5 La gestione dei rischi nell attività di consulenza in materia di investimenti condivide alcune tematiche con il Risk Management: sia il servizio di consulenza sia quello di gestione sono 5 Borsa Italiana, I processi di gestione del rischio, 4 giugno 2010. Pagina 8 di 13

prestati sotto il regime dell adeguatezza che gli operatori devono obbligatoriamente verificare come condizione per la prestazione del servizio alla clientela. Tuttavia la consulenza presenta ulteriori rischi che sono connessi alla specificità del servizio: in particolare la consegna al cliente di raccomandazioni formalizzate su singoli strumenti finanziari determina una maggiore enfasi sull esito delle singole operazioni rispetto alla gestione di portafoglio che il cliente, fatto salvo il rispetto dei limiti contrattuali, è portato a valutare nel suo insieme. Fornire consulenza ad un cliente significa effettuare raccomandazioni di acquisto o di vendita su strumenti o prodotti finanziari che, per loro natura, possiedono un intrinseca rischiosità che si manifesta in oscillazioni di prezzo. Il cliente che acquista uno strumento finanziario raccomandato dal proprio consulente può incorrere in forti perdite in conto capitale che possono mettere a repentaglio il proprio tenore di vita attuale o prospettico. Se il consulente non ha agito con la diligenza dovuta nell effettuare le raccomandazioni sugli strumenti finanziari, il cliente potrà agire per danni arrecati per comportamento fraudolento o negligente. Nel caso invece che il consulente possa provare, anche grazie alla corretta conservazione dei documenti, l adeguatezza e la diligenza del proprio comportamento, le perdite subìte dal cliente possono comunque dar luogo ed effetti negativi quali, ad esempio la crisi di fiducia e la minore reputazione professionale. Occorre quindi effettuare una netta distinzione tra i diversi livelli di rischio che sono connessi all attività di consulenza, esaminando separatamente il rischio di natura legale, che corrisponde alle potenziali passività derivanti da azioni di risarcimento per danni arrecati per comportamento fraudolento o negligente, e il rischio reputazionale, che è legato ad un insoddisfacente qualità del servizio che può tradursi in perdita di clienti ed in potenziale crisi o default dell impresa. Tra rischio legale e rischio reputazionale c è naturalmente un forte collegamento: l azione di risarcimento per danni avviata da clienti per comportamento non adeguato da parte del consulente provoca un danno di reputazione e una diminuzione del grado di fiducia che è maggiore e più diffuso in proporzione all entità dell azione legale. Tuttavia il rischio legale ed il rischio reputazionale possono essere in qualche misura indipendenti: non sempre le azioni di risarcimento per danni arrecati alla clientela intaccano la reputazione degli operatori. Inoltre, non sempre una diminuzione della reputazione dà luogo ad azioni legali da parte della clientela. Si tratta spesso di una crisi di fiducia che può determinare effetti negativi anche più sostanziali e duraturi. L analisi dei rischi connessi all attività di consulenza non può prescindere inoltre dall esame della metodologia di valutazione di adeguatezza. A questo proposito si possono distinguere due classi di metodologie di valutazione dell adeguatezza: Valutazione di adeguatezza riferita alle singole raccomandazioni. La metodologia di valutazione dell adeguatezza riferita ad ogni singola raccomandazione si basa su una classificazione degli strumenti e prodotti finanziari secondo una scala di valori di rischiosità. Il livello di rischio del singolo strumento deve risultare coerente con il livello di rischio associato al cliente. Tale metodologia presenta alcuni svantaggi: non essendo basata su un approccio di portafoglio, potrebbe sottovalutare l impatto quantitativo della raccomandazione del Pagina 9 di 13

singolo strumento finanziario sul portafoglio del cliente. Inoltre non è adatta a cogliere l effetto di concentrazione o di diversificazione dei singoli investimenti. A queste considerazioni va aggiunta la valutazione del rischio emittente che espongono i professionisti a forti rischi reputazionali. Infine la valutazione dinamica di rischiosità dei singoli strumenti finanziari risulta più onerosa: occorre infatti verificare nel tempo la stabilità della classificazione per ognuno degli strumenti finanziari raccomandati. Valutazione di adeguatezza riferita al portafoglio raccomandato. Nelle Linee guida elaborate da Assogestioni, validate da Consob nel mese di marzo 2009, si precisa che vi è una presunzione di adeguatezza per le raccomandazione formulate nel quadro di un servizio di consulenza, prestato in via continuativa, valutato come adeguato al cliente. Possono quindi essere considerate adeguate tutte le raccomandazioni formulate in conformità della valutazione iniziale di adeguatezza effettuata al momento dell apertura del rapporto che quindi non necessitano di essere valutate singolarmente. Tale metodologia si basa sul principio che la rischiosità di un portafoglio non può essere identificata con la sommatoria dei rischi dei singoli componenti. L approccio di portafoglio consente una maggiore facilità nell identificazione e nel monitoraggio del rischio ed una valutazione dell adeguatezza in funzione dell entità dell operazione consigliata. Tale metodologia presenta tuttavia il rischio che le raccomandazioni su singoli strumenti finanziari possano essere giudicate ex-post come non adeguate. 6 2.3 La negoziazione dei costi I professionisti autorizzati all attività di intermediazione mobiliare devono eseguire gli ordini di negoziazione impartiti dai clienti alle migliori condizioni di mercato con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse. Nell individuare le migliori condizioni possibili si ha riguardo ai prezzi pagati o ricevuti e agli altri oneri sostenuti direttamente o indirettamente dall investitore. Gli schemi tipici attraverso i quali si può realizzare l attività di negoziazione di strumenti finanziari sono solo due: la negoziazione per conto proprio e la negoziazione per conto terzi. La prima può essere svolta da SIM e altre imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie, banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie, intermediari ex art. 107 TUIB, limitatamente alla negoziazione in proprio di strumenti finanziari derivati, e consiste nell attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari svolta dall operatore per conto proprio (dealer), il quale movimenta proprie posizioni in titoli. La proposta di vendita ricevuta dal cliente trova contropartita nell acquisto di strumenti da parte dell intermediario, mentre la proposta di acquisto (se si tratta di titoli nel portafoglio della banca o dell intermediario) può essere da questi soddisfatta, senza fare transitare l ordine attraverso il mercato (quanto è avvenuto nel 95% degli acquisti dei tanto contestati bond argentini che sono stati trasferiti direttamente dal portafoglio degli intermediari a quello dei clienti). La seconda, che può essere svolta soltanto da SIM ed altre imprese d investimento comunitarie ed extracomunitarie, banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie, è invece attività di brokeraggio, in cui il soggetto si pone nei confronti della clientela come puro intermediario o broker, senza movimentare posizioni in proprio, ma facendo transitare gli ordini 6 Massimo Scolari, La gestione del rischio nell attività di consulenza in materia di investimenti, Prometeia Advisor. Pagina 10 di 13

stessi sul mercato, dietro corresponsione di una commissione variabile, calcolata in percentuale sul controvalore della transazione (sia di acquisto, sia di vendita). In sostanza, nella prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio, gli intermediari autorizzati comunicano all investitore, all atto della ricezione dell ordine, il prezzo al quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente all assenso dell investitore. Sul prezzo pattuito non possono applicare alcuna commissione. Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, ferma restando l applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato all investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall intermediario (cfr. art. 32, delibera Consob 1 luglio 1998 n. 11522). Gli ordini di negoziazione si presumono soddisfare le condizioni summenzionate qualora vengano eseguiti nei mercati regolamentati. E ancora, gli ordini vengono annotati dagli intermediari prima della loro esecuzione (o della loro revoca) e al momento della loro esecuzione in un apposito registro delle operazioni che costituisce prova della trasmissione ed esecuzione degli ordini medesimi. Se le negoziazioni hanno ad oggetto valori mobiliari non negoziati nei mercati regolamentati e la controparte del cliente sia l intermediario medesimo, quest ultimo deve rendere noto al cliente stesso, prima della conclusione dell operazione, le condizioni di prezzo alle quali è disposto a comperare o vendere i valori mobiliari. 7 2.4 Riduzione dei costi (Cost Reduction) Sul mercato finanziario esistono (anche se in Italia sono ancora poco diffuse) realtà di consulenza specializzata nell analisi e abbattimento dei costi per conto di clienti/aziende. Questa attività è riassumibile attraverso queste principali mansioni: Ascolto delle reali esigenze di consumo dei clienti/aziende Analisi dei costi attualmente sostenuti Realizzazione di una spending review Elaborazione di un progetto ad hoc sulla base delle analisi effettuate Definizione degli obiettivi di risparmio di tempo e di costi perseguibili (abbattimento delle spese in media del 30%) In sostanza, un professionista esperto in Cost Reduction dovrebbe poter risolvere l eterno dilemma che, in termini di riduzione dei costi, affligge tutti gli investitori: Quanto comprimere i costi senza correre il rischio di impatti negativi sull organizzazione e sul business, conseguenti al calo delle performance? La necessità di una corretta identificazione dei bisogni, la conseguente determinazione dei requisiti e l efficace e costante monitoraggio delle prestazioni, costituiscono la struttura portante per la ricerca delle migliori soluzioni. Alla base di questo processo sta l analisi dei costi (Cost Analysis) mirata ad ottenere le informazioni di dettaglio su beni/servizi acquistati dal cliente. La Cost Analysis ha come obiettivo l identificazione di soluzioni tecniche e funzionali che, a parità di prestazioni, permettano di conseguire economie in termini di costo valide anche per il 7 Assonebb, Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa, Negoziazione di titoli. Pagina 11 di 13

futuro. L analisi dei costi e le conseguenti operazioni di Cost Reduction sono inoltre fondamentali per molte delle attività citate in precedenza, tra cui soprattutto la negoziazione. Senza eseguire un'accurata analisi dei costi, non è possibile negoziare in modo efficace. 2.5 Financial Planning Qual è il vero ruolo del Consulente Finanziario? Il suo impegnativo lavoro si svolge a monte con la gestione del processo decisionale, che deve portare alla stesura di una completa pianificazione finanziaria di breve, medio e lungo termine. Il Financial Planner è una figura professionale che, oltre a collocare strumenti di investimento, offre un servizio di consulenza e di pianificazione finanziaria che coniuga diversi aspetti quale quello tributario, previdenziale e successorio. È un professionista capace di seguire il cliente sia nella fase di selezione dell'investimento, sia in quelle di gestione, monitoraggio e rimborso. Si tratta di un nuovo ruolo professionale che appartiene ad un professionista competente, costantemente aggiornato, in grado di comprendere le caratteristiche del cliente e quindi soddisfare tempestivamente le sue esigenze. Il Financial Planner, quindi, deve avere una profonda conoscenza dei mercati finanziari e deve essere in grado di seguire la completa gestione del patrimonio del cliente. Deve essere un professionista capace di poter gestire il patrimonio a 360 gradi. Questo significa andare ben oltre l'investimento in prodotti finanziari, conoscendo e gestendo anche gli aspetti assicurativi che interessano il cliente, ma fornendo allo stesso tempo anche un'adeguata assistenza fiscale. 3. Aiutare il cliente a fare bene il cliente In applicazione della Legge n.4 del 14 gennaio 2013 Disposizioni in materia di professioni non organizzate (GU 26 gennaio 2013, n.23) l associazione COFIP sta cercando di promuovere una nuova figura professionale che sia in grado di affiancare le aziende e le famiglie nei rapporti con il mondo finanziario e creditizio: il Consulente Finanziario Professionista o CFP (vedi Cofip informa La Consulenza Finanziaria e il ruolo dei professionisti). Al comma 2 della legge si evince che, per professione non organizzata in ordini e collegi si intende l attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il consenso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell art. 2229 del Codice Civile. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge. L inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed è sanzionato ai sensi del medesimo codice. L esercizio della professione è libero e fondato sull autonomia, sulle competenze e sull indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell ampliamento e della specializzazione dell offerta dei servizi, della responsabilità del professionista. La professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma di lavoro dipendente. Pagina 12 di 13

Il Consulente Finanziario Professionista non effettua raccomandazioni ma come le altre figure professionali parte dall acquisizione delle informazioni. Il CFP è altamente preparato e conosce i servizi e i prodotti che il mercato finanziario offre. Egli è in grado di controllare e valutare i rischi e di calcolare e negoziare i costi. I tempi stanno cambiando rapidamente e come abbiamo detto nei capitoli precedenti le banche si stanno evolvendo e con loro (e forse prima di loro) anche i clienti. Potrebbe essere questa la professione cardine del nuovo mercato? Un professionista in grado di aiutare il cliente a fare bene il mestiere del cliente, eliminando di fatto le asimmetrie informative che esistono tra i vari attori del mercato stesso? Pagina 13 di 13