FRATERNITA DEI LAICI AREZZO ANNALI ARETINI AREZZO NELLA SEDE DELLA FRATERNITA

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FRATERNITA DEI LAICI AREZZO ANNALI ARETINI XI AREZZO NELLA SEDE DELLA FRATERNITA 2003 5

COMITATO SCIENTIFICO DEGLI ANNALI ARETINI: Augusto Antoniella, Luca Berti, Camillo Brezzi, Armando Cherici, Giovanni Cherubini, Alberto Nocentini, Silvano Pieri Direttore: Giovanni Cherubini Segreteria di Redazione: Gianna Rogialli MAGISTRATO DELLA FRATERNITA DEI LAICI: Primo Rettore: Paolo Bucciarelli Ducci Rettori: Angiolo Citernesi, Andrea De Rogatis, Danilo Petri, Pier Luigi Peruzzi, Daniele Piccoletti, Livio Tanganelli ISBN 88-7814-2471-6 2004 - Fraternita dei Laici - Arezzo, Via Ricasoli, 8 Pubblicato da Edizioni All'Insegna del Giglio s.a.s. - www.edigiglio.it Firenze, Via N. Piccinni, 32 6

INTRODUZIONE Secondo Seneca, l amatore di oggetti raffinati il collezionista potremmo dire è un individuo pervaso da una sete malata, egli «sente la mancanza di una suppellettile splendente di vasi d oro, di argento famoso per le firme di antichi cesellatori, di bronzo fatto prezioso per la follia di pochi ( ) di marmi di tutti i paesi: quand anche tutto ciò venisse ammucchiato, mai sazierà un animo insaziabile» (Consolatio ad Helviam, 11.3-4). Sulla base di queste considerazioni si è sviluppata una tenace e lunghissima tradizione fortemente critica nei confronti dei collezionisti. Ad esempio, Carlo Goldoni nella Famiglia dell antiquario (1750), descrive con tagliente ironia le idiosincrasie del protagonista facendone il paradigma dell uomo vano e stolto. In effetti, ancora oggi nel linguaggio comune il termine collezionismo evoca passioni irrazionali, morbosi desideri di possesso, furti su commissione e comportamenti devianti. Tuttavia, qualora si tralasci di concentrare l attenzione sui singoli episodi di collezionismo e si analizzi invece il fenomeno in una prospettiva antropologica, esso si rivela un tema complesso, capace di sollecitare riflessioni sul valore semantico degli oggetti e sulle loro funzioni. In questa direzione si muove un illuminante saggio di Krzysztof Pomian, che ha felicemente definito gli oggetti da collezione come semiofori, ovvero portatori di significato, e ne ha identificato la specificità nella capacità che è loro propria di creare un collegamento tra mondo reale ( il visibile ) e mondo delle idee o dell aldilà ( l invisibile ) 1. Secondo Pomian, la funzione primaria delle collezioni è di rappresentare valori immateriali di carattere culturale, sociale e religioso attraverso una serie di oggetti attentamente selezionati e opportunamente esposti. Questa sottile lettura della funzione del collezionismo può essere ulteriormente arricchita riflettendo sulle motivazioni che sostengono l esigenza, universalmente sentita, di collezionare. Una di queste ragioni risiede nel bisogno, comune tanto ai singoli individui quanto a intere comunità, di affermare e comunicare in modo tangibile la propria identità. L attribuzione di uno speciale significato ad un oggetto e il suo inserimento in una collezione esposta allo sguardo di un pubblico, sia esso assai selezionato oppure vasto e indifferenziato, costituisce infatti, in modo più o meno consapevole, un potente strumento per mettere in evidenza aspetti fondativi dell identità, quali, ad esempio, il livello culturale, lo status sociale, le convinzioni politiche e religiose. 1 K. POMIAN, Tra il visibile e l invisibile: la collezione, in Collezionisti, curiosi e amatori. Parigi-Venezia XVI-XVIII secolo, Milano, 1989, pp. 15-60. 5

Collocato in questo contesto, lo studio del collezionismo apparirà, quale in effetti è, un elemento essenziale per comprendere culture passate e presenti; esso consente di far interagire gli strumenti interpretativi propri della storia e della storia dell arte con quelli della semiologia, della sociologia e dell antropologia, determinando un sorprendente intreccio multidisciplinare capace di trasporre in un contesto di ampio respiro episodi altrimenti confinati entro limiti che possono apparire a prima vista angusti. E proprio le molteplici possibilità d indagine offerte dalla storia del collezionismo ne hanno determinato una larga fortuna, come dimostra l incessante moltiplicarsi di pubblicazioni e iniziative espositive sull argomento. Infatti, oltre a render note informazioni essenziali sulla storia materiale degli oggetti e a riportare alla luce le figure di coloro che tali oggetti raccolsero, la storia del collezionismo offre la possibilità di percepire le modalità della ricezione e dell apprezzamento delle opere d arte, segnala gli orientamenti del gusto e gli indirizzi della ricerca scientifica e fornisce informazioni fondamentali sulle credenze e, in definitiva, sulla mentalità del gruppo verso cui si rivolge la nostra attenzione. Uno storico dai vasti interessi e dalle ampie vedute come Peter Burke ha recentemente rilevato come le collezioni conservino la memoria di aspetti macroscopici della storia culturale. Basti pensare, ad esempio, alle strette relazioni che intercorrono tra le collezioni-microcosmo del Rinascimento e la cultura coeva, tutta vòlta alla ricerca dell universale, e, per contro, alla specializzazione delle collezioni attuali che riflettono in modo speculare la frammentazione del sapere tipica dell epoca moderna e contemporanea. Sarà dunque interessante leggere in questa prospettiva gli interventi raccolti nel presente volume, dedicati a una realtà complessivamente poco nota quale è quella aretina tra Seicento e Ottocento. Il panorama ricco e approfondito che se ne ricava sollecita alcune riflessioni, tra le molte possibili, sul carattere della collezione privata di natura aristocratica da un lato, e sulle origini, le modalità e le ragioni dell affermarsi delle collezioni pubbliche dall altro. I saggi forniscono elementi di grande interesse per comprendere le reciproche interferenze dei due modelli, apparentemente collocati su fronti opposti, ma in realtà intimamente correlati. Se la collezione privata fin dal primo Rinascimento caratterizza l identità del singolo, denunciandone l appartenenza a una dinastia o a un gruppo sociale, economico o politico, le raccolte pubbliche appaiono invece elemento determinante per la costituzione dell identità di intere comunità cittadine o nazionali. Tra le due sfere non sono tuttavia escluse tangenze e sovrapposizioni, come appare evidente nel caso della collezione Bacci, studiata da Isabella Droandi, le cui origini risalgono per vie matrimoniali all età e al nome di uno degli aretini più illustri, lo storico e pittore Giorgio Vasari, e affondano pertanto le radici sia in una dimensione strettamente privata e familiare (Vasari sposò Nicolosa Bacci), sia in una di carattere civico e di pubblico interesse. Tale è stato il valore assegnato 6

dalla città all illustre antenato, che le reliquie vasariane, tanto di provenienza Bacci quanto Spinelli, hanno fortunatamente e fortunosamente trovato il modo di confluire, tramite le cure della Fraternita dei Laici, nelle raccolte pubbliche cittadine. Alla luce di questo fitto intreccio di vicende, piuttosto che i risvolti legali o penali va rilevata la sfumatura sacrilega che assume la vicenda di tre registri di documenti pertinenti all archivio vasariano, indebitamente sottratti al loro contesto originario e successivamente acquistati dalla pur nobilissima Beinecke Library della celebre università americana di Yale. L esaltazione degli artefici che, come Vasari, avevano reso illustre il patrimonio artistico aretino, si colora del desiderio da parte dei collezionisti privati di affermare l identità storica e artistica del proprio territorio d origine in contrapposizione ai modelli proposti dalla presenza soverchiante di Firenze. In questa chiave si comprende dunque l inclusione di Pietro da Cortona per quanto non strettamente aretino nel pantheon delle glorie artistiche locali; riscontrarne la fortuna collezionistica seicentesca, segnalata da Liletta Fornasari, se da un lato mostra un aggiornamento artistico e culturale di portata nazionale, dall altro conferma il perdurare di un esigenza di affermazione della specifica identità del territorio. Una simile commistione di orgoglio civico e di fortuna privata si percepisce anche nell apprezzamento delle opere di Federico Barocci, la cui fama locale traeva origine dalla commissione da parte della Fraternita dei Laici della pala della Madonna del Popolo che, giunta in città nel 1579, fu sottratta alla comunità aretina per ordine mediceo nel 1787 e sostituita con un opera di Bernardino Poccetti, la quale sarà apparsa al confronto di scarsissimo significato, precipitata com era da una realtà esterna e prevaricatrice. Un serrato scambio dialettico tra collezionismo privato e collezionismo pubblico si riscontra in tutti gli interventi del volume. Silvia Burbi, ad esempio, ricorda come la storia della collezione della famiglia Baldelli (1727) sia intrinsecamente legata al prestigioso Museo dell Accademia Etrusca a Cortona, uno dei primi musei pubblici italiani, ben noto ai viaggiatori stranieri, mentre Anna Marzocchi Goti ripercorre con dovizia di particolari gli anni in cui Antonio Fabroni (1823-1845) fu direttore del Museo di storia naturale e di antichità presso la Fraternita dei Laici di Arezzo. Stupisce, nel leggere quest ultimo intervento, scoprire l attaccamento della popolazione aretina a questa istituzione, nella quale la città certamente intravedeva la possibilità di guadagnare fama e prestigio internazionali. Gli infiniti doni, piccoli e grandi, di fossili, minerali e reperti archeologici sono il segnale che l intera cittadinanza attribuiva al museo un valore simbolico che travalica le più immediate finalità scientifiche e conoscitive, per cui Fabroni stesso spese tanta parte delle proprie energie. L episodio del Museo di storia naturale e di antichità costituisce un interessante indicazione del processo di affermazione dell idea del museo come ente destinato al bene pubblico e all educazione dei cittadini, che 7