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LE SCELTE DEL LEGISLATORE DEL 1942 L istituto della revocatoria fallimentare rappresenta ancor oggi, a distanza di oltre cinquant anni dall entrata in vigore della legge fallimentare, un pilastro portante delle procedure concorsuali di tipo liquidatorio. Non v è infatti fallimento in cui il giudice delegato solleciti il decreto di chiusura ai sensi dell art. 118 l.f., senza aver prima invitato il curatore ad esaminare l eventualità di promuovere azioni revocatorie. Ancor oggi lo strumento dell azione revocatoria viene visto ed utilizzato come fattore di realizzazione dell attivo fallimentare. Ma se questo istituto è un pilastro fondamentale per le curatele, è al contrario una vera e propria mina vagante per la regolarità e certezza dei traffici commerciali e spesso un vero e proprio atto di ingiustizia per coloro che subiscono la revocatoria e sono al contempo estranei al mondo dei traffici commerciali (un esempio per tutti gli acquirenti di beni immobili che si vedono esposti al rischio di perdere la casa, che rappresenta il frutto di anni di risparmi). Da un punto di vista economico l istituto della revocatoria rappresenta un punto di crisi fra esigenze di tutela del credito ed esigenze di certezza dei traffici commerciali e dei rapporti giuridici. Definire l azione revocatoria come istituto attuale o anacronistico dipende anche dalla scelta di porsi rispetto ad essa in posizione statica o dinamica. Infatti ove si propendesse per una visione dell istituto ancorata ai principi sottesi alla ratio legis del 1942, si dovrebbe pensare che la revocatoria fallimentare è un 1

istituto del tutto anacronistico in quanto rivolto ad assicurare quella par condicio creditorum, che più volte il legislatore nel trascorrere degli anni ha cercato di demolire. Va evidenziato inoltre come anche la giurisprudenza della Corte di legittimità si sia incanalata verso un indirizzo di graduale ma progressiva emarginazione dell istituto revocatorio, a seguito delle reiterate e costanti pronunce intervenute in tal senso. Ma se invece si muove da una visione dinamica del fenomeno insolvenza, quale si è palesato nel corso del tempo, ci si avvede che ogni situazione fattuale presenta peculiarità tali da suggerire un uso nuovo (e per certi versi alternativo) dell azione revocatoria in funzione di evitare il più possibile aree di emarginazione dell istituto. Ed ancora, sempre nella prospettiva di verificare l attualità della revocatoria fallimentare, non è certo secondario accertare quale sia il baricentro dell azione. Se si pensa alla revocatoria ordinaria la risposta sembra pronta e sicura: il pregiudizio dei creditori determinato dall effettiva perdita o diminuzione della garanzia patrimoniale generica. E noto infatti che l identità fra l azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare sia fortemente discussa sino al punto che molti autori intravedono più elementi di diversità che di somiglianza. 2

Perché dunque si possa affermare che la revocatoria fallimentare è ancora uno strumento efficace ed attuale e non anacronistico e ingiusto, occorre dimostrare che assolve a finalità utili e concrete e persegue scopi ancor oggi meritevoli di tutela, ovvero che, di fatto, sia uno strumento giusto secondo l idem sentire. LE SCELTE DEL LEGISLATORE DEL 2005 In quast ottica sembra essersi mosso il legislatore della riforma, nel tentativo di uniformare il contrasto interpretativo, dottrinario e giurisprudenziale, insorto nel corso degli anni. Ad una prima lettura, appaiono invero oggettivamente astratte le condizioni dettate dal legislatore per sottrarre alcune operazioni alla revocatoria fallimentare, a meno che la giurisprudenza e gli interpreti in generale non provvederanno, in tempi brevi a colmare tale vuoto normativo. Questa è la sensazione che si trae dall esame dell elaborato normativo introdotto al nuovo art. 67 l.f. dall art. 2 DL n. 35 del 14.03.2005, pubblicato sulla G.U. n. 62 del 16.03.2005. Sentito era il bisogno di una radicale riforma della legge fallimentare: è indubbio infatti che, come già visto, la revocatoria fallimentare ha da sempre rappresentato una procedura ripristinatoria della par condicio creditorum, a volte eccessivamente rigorosa. L Art. 67 l.f. così come riscritto, dimezzando i termini previsti per l azione revocatoria fallimentare e aggiungendo un elencazione di atti resi esenti 3

dall azione, evidenzia una concezione marcatamente indennitaria, sottesa alla nuova disciplina dell azione revocatoria fallimentare. Del resto, in linea con le più recenti tendenze espresse sul tema in esame dalle legislazioni europee più sensibili e avanzate (si pensi alle soluzioni adottate in Francia, Belgio, Germania e Spagna ove la durata del periodo sospetto, fisso o mobile che sia, risulta in linea di principio piuttosto contenuta), la evidenziata riduzione mira a realizzare l obiettivo di una maggior certezza nei rapporti giuridici e di una maggiore stabilità nei traffici commerciali, configurandosi come un contributo di coerenza rispetto alle caratteristiche di un economia in continua evoluzione in vivaci dinamiche di spiccata concorrenzialità e di continua competizione. Se quindi come vedremo l art. 2 del DL 35/2005 nella prima parte si è sostanzialmente limitato a rimodulare i presupposti temporali dell azione, nella seconda introduce delle deroghe destinate sicuramente ad avere un grande impatto. Il più vistoso e sensibile mutamento infatti è dato dall introduzione di numerose ipotesi di esenzione dalla revocatoria, dirette ad attenuare le conseguenze di una normativa che è oggi ritenuta da molti eccessivamente rigida e penalizzante per le imprese che sono potenziali destinatarie della revoca, tra cui in modo particolare le banche. Ulteriore scopo di alcune delle ipotesi di esenzione è rendere più facile il raggiungimento di accordi per la sistemazione della crisi, sia propedeutici 4

all accesso alla procedura di concordato preventivo nella sua nuova disciplina sia a carattere stragiudiziali. All art. 67 l.f. è dunque stato aggiunto un terzo comma che recita: Non sono soggetti all azione revocatoria: a) i pagamenti, di beni e servizi effettuati nell esercizio dell attività d'impresa nei termini d uso; b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca; c) le vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della sua esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la sua ragionevolezza sia attestata ai sensi dell articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile; e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonchè dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis; f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito; 5

g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo; Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali. Art.67 l.f. 3 comma lett. a) L esclusione dalla revoca dei pagamenti di beni e servizi effettuati nell esercizio dell attività d impresa nei termini d uso, introduce un importante eccezione alla regola generale dettata dall art. 67, secondo comma, secondo la quale erano revocabili i pagamenti effettuati nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento quando il curatore avesse provato che il creditore era a conoscenza dello stato d insolvenza. La norma nella disciplina anteriormente in vigore attuava in termini rigorosi il principio della par condicio, revocando tutti i pagamenti indipendentemente dalla prova di uno specifico pregiudizio alle ragioni della massa dei creditori. Tutti i pagamenti di corrispettivi della fornitura di beni e servizi effettuati all impresa divengono esenti dalla revocatoria. 6

Restano così revocabili i pagamenti che non si riferiscono all attività d impresa o che non sono stati effettuati nei termini d uso, oltre che naturalmente i pagamenti non effettuati con denaro o con mezzi normali di pagamento secondo la previsione dell art. 67, comma 1, n. 2 l.fall.. Esiste così una sorta di stretta correlazione tra l utilità apportata da tali acquisizioni e l esercizio dell attività imprenditoriale. Si tratta tuttavia, prima facie, di una correlazione sin troppo allargata, non essendo consentito il sindacato circa il verificarsi o meno di un apprezzamento economico dell operazione o, meglio, il vantaggio concreto ottenuto dall esercizio dell attività di impresa. Nella nuova fattispecie preclusiva basta che l acquisizione del bene o del servizio sia inerente all impresa e che il pagamento sia stato parimenti eseguito nei termini d uso. Non è quindi difficile prevedere che intorno a quest eccezione la giurisprudenza avrà ampi spazi di manovra interpretativa, forse anche disattendendo in parte lo spirito della novella che è dichiaratamente quello di evitare le incertezze applicative e i contrasti giurisprudenziali (si veda in proposito la relazione al decreto legge). In ogni caso la ratio di fondo della deroga sembra condivisibile e ha sicuramente tra gli effetti anche quello di scoraggiare comportamenti scaltri e aggressivi dei creditori. Art.67 l.f. 3 comma lett. b) 7

L ipotesi in commento considerata dal nuovo terzo comma dell art. 67 l.f. regolamenta in termini restrittivi l azione revocatoria delle rimesse di conto corrente, accogliendo un istanza in questo senso avanzata da molto tempo dal sistema bancario. Si è infatti sovente osservato che il troppo ampio esercizio dell azione revocatoria delle rimesse di conto corrente, che la giurisprudenza oggi considera ammissibile tutte le volte che la rimessa non abbia carattere ripristinatorio della provvista e dunque quando essa intervenga su conto passivo non affidato ovvero su conto affidato oltre i limiti dell affidamento, rappresenta un costo eccessivo per le banche e consente alle curatele di ottenere la condanna delle banche alla restituzione di somme per importi superiori all ammontare del credito che la banca aveva talvolta di fatto concretamente erogato al correntista fallito. La revoca è tuttora consentita, ma soltanto quando essa abbia ridotto in maniera consistente e durevole l esposizione del correntista nei confronti della banca. Non saranno pertanto più revocabili le rimesse che non hanno questa caratteristica. Anche in questo caso l uso di tali espressioni, forse troppo generiche, non lascia tranquillo l interprete: che significa consistente, in che misura può ritenersi tale l esposizione del correntista nei confronti della banca? In relazione all entità del rientro effettuato in correlazione con il fido concesso o con che altro? 8

Quando dovrà ritenersi durevole la riduzione dell esposizione debitoria in presenza di costanti e numerose movimentazioni del conto? La difficoltà interpretativa di tali espressioni potrà sicuramente creare disagio in merito ad un azione che potrà essere richiesta dal curatore, autorizzata dal giudice delegato, ma alla fine risultare inutilmente proposta apparendo forse tanto infondata da essere ritenuta temeraria. In via interpretativa potrà sicuramente soccorrere l orientamento giurisprudenziale consolidatosi in sede di legittimità sin dagli inizi degli anni ottanta, nel senso di limitare, da un lato, la revocabilità alle sole rimesse effettuate su conto corrente bancario scoperto (categoria al cui interno risulterebbe ricompresa sia l ipotesi di conto passivo non assistito da apertura di credito, che quella del conto con saldo debitore eccedente il limite di fido) riconoscendo loro carattere solutorio e, quindi, natura di pagamenti di debiti liquidi ed esigibili; escludere, dall altro, la revocabilità delle rimesse aventi funzione meramente ripristinatoria dell affidamento concesso dalla banca all imprenditore correntista. Così si potrebbe ritenere che la dizione riduzione consistente e durevole dell esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca, si sostituirà di fatto alla distinzione, di creazione giurisprudenziale, tra rimesse aventi natura solutoria e rimesse con natura ripristinatoria, potendosi ritenere revocabili quelle tra le rimesse che contribuiranno o meno a ridurre in maniera consistente e durevole l esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca. 9

Quanto alla determinazione del significato di quest ultimo parametro, un ulteriore aiuto potrebbe rinvenirsi nei criteri adottati da quell orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Civ. 26.02.1999 n. 1672) che, pur tenendo ferma la distinzione tra conto scoperto e conto passivo, ammetteva la revocabilità delle rimesse afferenti a un conto passivo, allorché si fosse provato che le suddette rimesse avevano concretamente e definitivamente concorso a ridurre il debito verso la banca. Sintomatico è, comunque, il ribaltamento che la nuova disposizione di legge verrebbe di fatto a realizzare, in caso di definitiva conversione del D.L., rispetto all orientamento giurisprudenziale sin qui esposto, allorché si ritenevano revocabili tutte le rimesse effettuate sul conto corrente nel periodo sospetto purchè fosse fornita la prova della scientia decoctionis in capo alla banca, a prescindere che il conto fosse affidato o assistito da affidamento. Quindi, alla luce di quanto esposto, anche gli sconfinamenti oltre l ammontare del fido concesso, in genere di modesto ammontare e per lo più erogati in vista del prossimo e prevedibile accredito di somme destinate a ridurre l esposizione nei limiti del fido, non sono più revocabili. In effetti in questi casi la banca non eroga, dal punto di vista sostanziale, ulteriore credito al cliente, che supera il fido accordato soltanto per un breve lasso di tempo, in attesa che venga contabilizzata ulteriore provvista, già considerata dalla banca nel momento in cui consente lo sconfinamento oltre il fido. 10

Si può poi aggiungere, ancora con riferimento alla revocatoria delle rimesse di conto corrente, che la limitazione della revoca al massimo scoperto avrebbe realizzato già una sostanziale limitazione degli effetti della revocatoria, accogliendo così le esigenze equitative fatte valere dal sistema bancario. L ulteriore esenzione considerata dall art. 67 l.f., comma 3, relativa alle rimesse che non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca, appare probabilmente non indispensabile. Art.67 l.f. 3 comma lett. c) L esenzione di cui alla lettera c) del terzo comma dell art. 67, relativa alle vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, introduce un eccezione fondata sull esigenza equitativa di favorire l acquirente della casa di abitazione, altrimenti esposto al rischio di perderla. Va peraltro sottolineato che la legge delega 2 agosto 2004, n. 210, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti norme per la tutela patrimoniale degli acquirenti di immobili. L art. 3, lett. b) della legge delega prevede già la limitazione dell esperibilità delle azioni revocatorie nei confronti dell acquirente e la modifica dell art. 72 l.fall. in termini corrispondenti. Va ricordato che per acquirente la legge delega intende sia la persona fisica che sia promissario acquirente sia l acquirente a titolo definitivo di un immobile da costruire sia colui che abbia stipulato ogni altro contratto compreso quello di 11

leasing che abbia o possa avere per effetto l acquisto o comunque il trasferimento non immediato a sé o ad un proprio parente in primo grado della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire. Acquirente è anche chi possa pretendere l assegnazione in proprietà o l attribuzione di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire da parte di una cooperativa edilizia (sul punto si rinvia al testo dell art. 2, comma 1, lett. a) della legge 210/2004; va precisato che ancora non sono stati emanati i decreti legislativi delegati di attuazione della legge delega.) A differenza della legge delega 210/2004 la norma proposta dal maxi emendamento non si riferisce soltanto agli immobili da costruire, ma in generale a tutti gli immobili, ivi compresi quelli già edificati, che abbiano destinazione abitativa, purchè destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. Sicuramente lo spirito dell eccezione in commento è apprezzabile, anche se il requisito richiesto della abitazione principale, potrebbe mostrarsi, come già correttamente osservato da alcuni commentatori, non del tutto soddisfacente dal punto di vista sociale. Forse sarebbe stato più equo cercare di tutelare il primo acquisto immobiliare, inteso in senso cronologico, quale sinonimo più tipico della tutela del risparmio costituzionalmente garantito. Art.67 l.f. 3 comma lett. d) e) e g) 12

Le esenzioni in commento considerate dal terzo comma dell art. 67, secondo il testo del D.L. 35/2005, mirano tutte a rafforzare la possibilità di risolvere la crisi dell impresa attraverso un concordato, giudiziale o stragiudiziale. Sotto il primo profilo vengono in considerazione gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonchè dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis, vale a dire dell accordo di ristrutturazione dei debiti. Si tratta di un ipotesi di esclusione da azione revocatoria anche in questo caso molto ampia e generica. Essa si contrappone o si affianca alla revocatoria di cui al 2 co. dell art. 67 della l.f. i cui termini, come visto sono stati dimezzati, nonché si pone in ausilio alla nuova procedura di ristrutturazione per debiti di cui all art. 182 bis l.f., così come introdotto dal D.L. in commento. Già si è detto che l esenzione da revocatoria, ragionevole quando i pagamenti rispettino il principio di parità di trattamento tra i creditori, non si giustifica più se tale principio non é stato rispettato. La deroga ha un senso fino a quando il concordato può trovare esecuzione, perché essa si fonda sull accordo dei creditori; non quando si sia registrato l insuccesso e sia stato dichiarato il fallimento, ovvero gli atti i pagamenti e le concessioni di garanzie (vieppiù volontarie) siano stati effettuati con un fine fraudolento o comunque diretto a ledere la par condicio creditorum. In questo caso la liquidazione concorsuale deve svolgersi rispettando il principio di parità, fatte salve le cause legittime di prelazione. 13

Vi è esenzione anche per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo. Quest esenzione si giustifica, nella visione del legislatore, perché l apertura della procedura concorsuale ha effetti conservativi del patrimonio dell imprenditore e dunque le spese sostenute per accedervi sono nell interesse della massa dei creditori. Tale considerazione non è sempre vera, perché in taluni casi la presentazione della proposta di concordato o della richiesta di fallimento in proprio da parte dell imprenditore, non riesce di nessuna utilità per i creditori, soprattutto quando a tanto l imprenditore si risolva troppo tardi, quando ormai l insolvenza è irreversibile. Al concordato stragiudiziale fa riferimento la diversa ipotesi di esenzione relativa agli atti, ai pagamenti e alle garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile. Va precisato che il richiamo all art. 2501 bis, quarto comma, che disciplina la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (c.d. leveraged buy out) comporta che vi debba essere una relazione redatta da un esperto che attesta la ragionevolezza della previsione delle risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni derivanti dal concordato. 14

La previsione in parola deve essere inserita in un piano che deve indicare le modalità con cui si realizza il risanamento dell esposizione debitoria dell impresa ed il riequilibrio della situazione finanziaria. Non è sufficiente che il piano elimini l insolvenza, anche se i termini impiegati dal legislatore richiedono almeno questa condizione. La valutazione dovrà essere compiuta dal giudice sulla base del criterio della prognosi postuma, senza che egli possa ritenersi vincolato dalla valutazione espressa dal perito all uopo incaricato. L esenzione da revocatoria dovrebbe agevolare il ricorso a forme di concordato stragiudiziale, anche se a tali forme di concordato manca la tutela costituita dalla moratoria dei pagamenti e dal divieto delle azioni esecutive dei creditori, in difetto della quale diviene sovente molto difficile portare avanti operazioni di ristrutturazione del debito, perché l imprenditore rimane soggetto alle azioni esecutive la cui minaccia rende talvolta impossibile portare avanti il tentativo di composizione stragiudiziale. Art.67 l.f. 3 comma lett. f) Viene sul punto stabilita l esenzione della revocatoria per i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito. 15

La norma risponde all esigenza, come tale apprezzabile, di tutelare alcuni soggetti deboli quali i lavoratori dipendenti ed altri collaboratori, ancorché le azioni revocatorie fallimentari proposte nei confronti dei dipendenti fossero comunque sporadiche. Interessante è invece l assimilazione, ai fini dell esenzione da revocatoria, tra lavoratori subordinati e altri collaboratori, proposizione che sembra fare riferimento all ampio utilizzo da parte dell impresa di soggetti nell ambito di nuove forme di lavoro. ASPETTI PROCESSUALI Prima dell esercizio giudiziale dell azione revocatoria, secondo prassi il curatore invita l accipiens a restituire quanto indebitamente percepito. Laddove tale intimazione non sortisca esito positivo il curatore deve chiedere al Giudice delegato l autorizzazione a promuovere l azione revocatoria, ed il Giudice qualora ritenga fondata l istanza deve provvedere con decreto autorizzando l azione e designando il legale della procedura. Le fattispecie di revocatoria fallimentare disciplinate al 1 ed al 2 comma dell art. 67 l.f. sono distinte ed autonome tra loro, dando luogo a differenti domande che, pur potendo essere caratterizzate dal medesimo petitum, si fondano su diverse causae petendi. Ne consegue che il passaggio dall una all altra della fattispecie di revocatoria costituisce una domanda nuova e non una mera emendatio, impedendo la modifica della domanda in corso di causa ai sensi dell art. 183 c.p.c.. 16

In base al disposto di cui all art. 24 l.f. la competenza spetta in via esclusiva ed inderogabile al tribunale che ha dichiarato il fallimento, mentre, in ipotesi di azione revocatoria promossa da un fallimento nei confronti di altra procedura fallimentare, deve ritenersi che sia territorialmente competente il tribunale che ha dichiarato il fallimento attore. La legittimazione attiva compete al Curatore fallimentare che, in relazione ai fatti dedotti in giudizio, assume la posizione di terzo e, pertanto, non sarà tenuto (pur potendolo fare) a disconoscere le scritture private del fallito. La posizione di terzo del curatore attore in revocatoria determina, inoltre, l impossibilità per il convenuto di proporre domanda riconvenzionale di pagamento, ancorché fondata sullo stesso rapporto dedotto in revocatoria. Eventuali pretese creditorie del convenuto in revocatoria potranno, nel rispetto del disposto di cui all art. 52 l.f., essere azionate nelle forme dell insinuazione allo stato passivo fallimentare ai sensi degli artt. 93 e 101 l.f. Il fallito non è parte in causa e, quindi, non è deferibile nei suoi confronti il giuramento decisorio, né egli può prestare interrogatorio formale. In ipotesi di concordato fallimentare la cessione delle azioni revocatorie, ai sensi dell art. 124 2 comma l.f. in favore del terzo che si accolla l obbligo di adempiere al concordato è possibile solo con riferimento alle azioni già proposte dal curatore fallimentare alla data di deposito della proposta di concordato, mentre nelle altre ipotesi di chiusura del fallimento, l azione revocatoria diviene improseguibile. 17

Passivamente legittimato è l accipiens del pagamento, ovvero il terzo contraente dell atto revocando, senza che sussista litisconsorzio necessario con il debitore fallito. L interesse ad agire del curatore è individuabile nel pregiudizio che l atto da revocare arreca alla massa fallimentare per cui il fatto che il pagamento da revocare abbia soddisfatto un credito assistito da un privilegio di primo grado, non consente di escludere di per sé la sussistenza del pregiudizio, che può essere accertata solo avendo il riguardo alla mancanza di crediti pozioni. Il dies a quo per l individuazione del compimento dell atto revocando nel c.d. periodo sospetto annuale o semestrale, previsto, rispettivamente, dal 1 e dal 2 comma dell art. 67 novellato, coincide con la data di deposito (pubblicazione) della sentenza dichiarativa di fallimento e non anche con quella, anteriore, della sua deliberazione. La giurisprudenza di merito ha, inoltre, precisato che, in ipotesi di revocatoria ai sensi del 2 comma dell art. 67, il periodo sospetto deve essere computato con riferimento all epoca in cui è intervenuto l atto solutorio e non a quella in cui è sorta l obbligazione, così come l esercizio del diritto di prelazione o la stipulazione di un contratto preliminare non determinano, ai fini in esame, la retrodatazione del contratto definitivo. In ipotesi di consecuzione di procedure concorsuali nel tempo, il termine previsto dall art. 67, 2 comma l.fall., per l individuazione del c.d. periodo sospetto deve decorrere a partire dalla prima delle procedure concorsuali. 18

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che in caso di successione di procedure concorsuali a carico del medesimo imprenditore commerciale il computo a ritroso del cosiddetto periodo sospetto inizia a decorrere dal decreto di ammissione alla prima procedura, anche con specifico riferimento all ipotesi di successione del fallimento alla procedura di concordato preventivo. Siffatto univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità ha trovato anche l adesione della Corte Costituzionale (Corte cost., 23-1-1997, n. 12; Corte cost., sent. 6-4-1995, n. 110). Il termine di prescrizione dell azione revocatoria fallimentare è quello ordinario quinquennale di cui all art. 2903 c.c., con decorrenza dalla data della dichiarazione di fallimento. Stante l affermata natura costitutiva dell azione revocatoria fallimentare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno espressamente statuito che non può essere attribuita efficacia interruttiva della prescrizione alla semplice costituzione in mora, essendo, invece, necessario che nel termine prescrizionale il fallimento provveda a radicare il giudizio di revocatoria mediante la notificazione dell atto di citazione. Per quanto concerne l oggetto dell azione revocatoria, si deve ricordare che l eventuale preventiva ammissione allo stato passivo fallimentare del credito residuo non impedisce l esercizio dell azione revocatoria dei pagamenti parziali, così come è possibile assoggettare a revocatoria fallimentare le rimesse effettuate su conto corrente bancario il cui saldo passivo abbia già costituito oggetto di definitiva insinuazione al passivo del fallimento. 19

L affermata natura costitutiva dell azione revocatoria fallimentare ha condotto la giurisprudenza di merito ad affermare, peraltro non univocamente, l inammissibilità delle ordinanze anticipatorie di condanna di cui agli artt. 186 ter e 186 quater c.p.c.. ART. 67 1 COMMA La revocatoria fallimentare determina esclusivamente la declaratoria di inefficacia dell atto revocato nei confronti della massa dei creditori, mentre non incide sulla validità dell atto stesso tra le parti originarie. La descritta funzione redistributiva della revocatoria fallimentare, mirando a ripartire tra i creditori la perdita derivante dall insolvenza, caratterizza l azione come rimedio rivolto a ripristinare la parità di trattamento tra tutti i creditori, pur nel rispetto delle eventuali cause di prelazione. Per tale motivo è stato affermato che nell azione revocatoria fallimentare per i creditori il danno è presunto e si concreta nella stessa lesione della par condicio. Si tratta, tuttavia, di presunzione iuris tantum, restando a carico del convenuto la dimostrazione dell inesistenza del pregiudizio alla massa fallimentare, mentre è precluso al giudice qualunque accertamento d ufficio. Il requisito dell eventus damni, o, meglio, la prova della sua mancanza, deve essere valutata con riferimento al momento in cui viene promossa l azione revocatoria e non con riferimento al momento di compimento dell'atto revocando. 20

A titolo esemplificativo, tra le ipotesi nelle quali la giurisprudenza, in applicazione dei menzionati principi, ha escluso la revocabilità per difetto del danno, si possono ricordare: - la vendita il cui prezzo sia stato integralmente destinato al soddisfacimento di creditori aventi garanzia reale consolidata sul bene stesso; - il pagamento effettuato dal terzo che si è rivalso sul debitore fallito in moneta fallimentare; - i versamenti in conto corrente effettuati dal terzo in adempimento di un proprio obbligo fideiussorio nei confronti della banca creditrice, spettando in siffatte ipotesi al curatore l onere di provare che la massa ha comunque subito un danno. L azione revocatoria fallimentare ha natura costitutiva ed, in ipotesi di vittorioso esperimento dell azione, l obbligazione dell accipiens ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza di accoglimento della revocatoria. La qualificazione dell obbligazione restitutoria quale debito di valuta è tuttavia limitata alle sole obbligazioni pecuniarie, gravando negli altri casi sul soccombente in revocatoria l obbligo di integrale ricostituzione del patrimonio del debitore fallito. Pertanto, qualora il bene oggetto dell azione revocatoria non possa essere restituito al fallimento poiché alienato ad un terzo, il convenuto in revocatoria potrà essere condannato al pagamento dell equivalente pecuniario. 21