Paola Longo, aprile 2007. Sostegno linguistico in una classe di problemi. La differenza in matematica



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Transcript:

Paola Longo, aprile 2007 Sostegno linguistico in una classe di problemi. La differenza in matematica La questione Somma e sottrazione tra numeri naturali, affrontate all inizio della scuola primaria, non sono operazioni banali, contrariamente a quanto può apparire ad un adulto non implicato nelle questioni dell apprendimento. I bambini non possono imparare algoritmi numerici senza partire da situazioni e significati. Abbiamo detto più volte che la questione più rilevante nella prima formazione matematica è fondare la relazione tra le espressioni formali e l osservazione della realtà, o meglio l esperienza (Longo, 2005). Infatti, se l insegnamento rispetta la natura del pensiero, la prima preoccupazione è assicurarsi che i bambini comprendano somma e sottrazione come rappresentazione codificata di situazioni, e solo successivamente preoccuparsi di insegnare gli algoritmi. In questa modalità, le due operazioni si affrontano dentro uno stesso campo concettuale inteso come un insieme di situazioni che danno senso alle due operazioni. Un problema è sostanzialmente la descrizione di una situazione, in cui un dato può essere momentaneamente incognito: è il dato su cui viene posta la domanda. Ad esempio, nella situazione seguente abbiamo la partizione di un insieme: P 1 Paolo ha 3 caramelle e 4 cioccolatini, egli ha in tutto 7 dolcetti, ciascuno dei 3 dati può essere considerato incognito, nel senso che è perfettamente individuato dalla sua relazione con gli altri due. Nascono così tre possibili domande, e cioè 3 possibili problemi in senso ordinario: P 2 Paolo ha 3 caramelle e 4 cioccolatini, quanti dolcetti ha in tutto? P 3 Paolo ha in tutto 7 dolcetti, 3 sono caramelle e gli altri sono cioccolatini, quanti sono i cioccolatini? P 4 Paolo ha in tutto 7 dolcetti, 4 sono cioccolatini e gli altri sono caramelle, quante sono le caramelle? Questo semplice esempio mostra che non esiste una rigida separazione tra somma e sottrazione, né in matematica, né nell apprendimento, e dunque non deve esistere neanche nell insegnamento. In questo senso G.Vergnaud parla di struttura additiva nella quale somma e sottrazione sono considerate insieme, intendendole da subito come operazioni una inversa dell altra. Egli classifica le situazioni additive in base alle diverse rappresentazioni mentali legate a ciascuna di esse e mostra in questo modo come la difficoltà di un problema non consista nell operazione matematica, ma nei fattori che concorrono alla sua rappresentazione mentale (Vergnaud, 1994). Nella sua classificazione, dopo le situazioni di partizione sono considerate le situazioni di differenza, oggettivamente difficili per i bambini. Riprendendo la riflessione sull importanza del linguaggio nella formazione matematica, vogliamo esaminare l importante contributo che l analisi lessicale può fornire alla comprensione di questa classe di problemi. La differenza e le differenze Su questo tema, è illuminante un esperienza didattica svolta nel 2001 in una classe seconda della scuola paritaria Il seme di Fidenza. Erano presenti F. Rabaglia, che svolgeva allora un attività di supervisione per la matematica nelle classi elementari, e P.Longo in qualità di esperta (Longo, Rabaglia, 2001) Lo scopo era introdurre l uso del termine differenza in matematica, e collegarlo successivamente con la sottrazione. I problemi sulla differenza costituiscono una reale difficoltà per i bambini perchè sono di natura diversa dai primi problemi in cui la sottrazione rappresenta la diminuzione di una unica quantità. Contengono anche espressioni linguistiche non banali come quanti in più, quanti in meno, quale è la differenza, la cui comprensione non è scontata.

Un esempio: P 5 Il palazzo in cui abita Maria ha 12 piani, quello in cui abita Pietro ha 7 piani. Il primo palazzo ha 5 piani più del secondo, ovvero il secondo ha 5 piani in meno del primo. Si possono porre parecchie domande: Quanti piani in più ha il palazzo di Maria rispetto a quello di Pietro? Quanti piani in meno ha il palazzo di Pietro rispetto a quello di Maria? Quale è la differenza? Se il palazzo di maria ha 12 piani e quello di Pietro ne ha 5 in meno, quanti piani ha il palazzo di Pietro? Mentre P 1 e i suoi derivati si riferiscono ad un solo insieme (i dolcetti) suddiviso in due sottoinsiemi (le caramelle, i cioccolatini), in P 5 intervengono due insiemi distinti che occorre confrontare solo rispetto alla quantità (non ci interessa che un palazzo sia nuovo e l altro vecchio, che uno sia di lusso e l altro popolare e così via). In questo caso, prima di eseguire la sottrazione, ci si riporta ad una partizione suddividendo mentalmente l insieme che contiene il numero maggiore di oggetti (i piani del primo palazzo) in due sottoinsiemi, immaginando una corrispondenza biunivoca di una parte dei suoi elementi con tutti gli elementi del secondo insieme (i piani del palazzo di Pietro). Le domande che si possono porre non sono del tutto simmetriche. La prima, quanti piani in più ha il palazzo di Maria, ci chiede di porre una corrispondenza tra i 7 piani effettivi del secondo palazzo e 7 piani del primo palazzo. Analogamente la seconda. la terza presenta solo una diversità di espressione. La quarta invece ci chiede di porre una corrispondenza tra 5 piani (che sono quelli in più, non ci sono se ad esempio si parte da un disegno realistico dei due palazzi) ed un sottoinsieme di 5 piani del palazzo di Maria. Richiede dunque una componente immaginativa di qualità diversa. Descriviamo ora le varie fasi dell esperienza didattica, sottolineando in essa il ruolo della lingua. Prima fase: l esperienza diretta di ciascun bambino E stato consegnato a ciascun bambino un foglio con due vignette apparentemente simili, fotocopiate da un giornalino, chiedendo di ricercare le sette differenze esistenti. Fedrica si è soffermata brevemente sul significato comune della parola differenza ricordando ai bambini esperienze già incontrate, poi i bambini hanno confrontato le due vignette segnando, nel

tempo stabilito, tutte le differenze che erano in grado di rilevare. In questa fase non si fa ancora riferimento al significato matematico del termine. Seconda fase: racconto e discussione Concluso il lavoro personale di osservazione, ciascun bambino ha comunicato a tutti le differenze individuate. Per approfondire l idea di differenza si è discusso come suddividerle in gruppi, concludendo in questo modo: -- prima non c'era poi c'è: orecchio di Pluto, disegno ai piedi del letto -- cambia posizione: maniglia del cassetto, * coperta di Topolino -- cambia forma: angolo del cuscino, quadrante dell'orologio, zampa del letto, * coperta di Topolino. L asterisco indica che a proposito della coperta c erano idee differenti tra i bambini su come classificarla. Per permettere loro di valutare meglio se il cambiamento dipendesse da un cambio di posizione oppure da un effettivo cambio di forma della coperta stessa, come per il piede del letto, sono state osservate in varie posizioni due coperte disponibili in classe, in modo da considerare dal vero queste due possibilità. I bambini hanno allora concluso che ritenevano più opportuno classificare questa differenza come un cambio di posizione. La conversazione ha poi condotto liberamente i bambini a considerare come potessero essere state prodotte le due immagini che avevano considerato. Poteva trattarsi di: due foto scattate nello stesso momento (ma si è concluso che questo non poteva essere, perché la macchina fotografica non è in grado di cambiare arbitrariamente i particolari) due foto scattate in momenti diversi (improbabile, ma possibile) due disegni fatti nello stesso momento da due autori diversi, i quali avevano espresso graficamente la realtà interpretandola (anche questo era possibile) A proposito dell'ultima ipotesi, qualcuno ha affermato che poteva trattarsi dell osservazione della medesima realtà da due punti di vista differenti, come era già capitato di considerare in altre esperienze fatte in classe. Per valutare la verosimiglianza di questo suggerimento, occorreva precisare qual è la questione a cui ci si erano riferiti quando avevano parlato di differenza dei punti di vista. A questo scopo, è stato chiesto a due bambini di osservare un insegnante uno frontalmente e l altro lateralmente e di raccontare, confrontandolo, come vedevano i suoi tratti somatici (i capelli, gli occhi, il naso, la bocca). Quest ultima esperienza ha posto in evidenza che le due vignette osservate denotavano uno stesso punto di vista fisico dei due autori, ma un diverso modo di osservare, con la scelta personale di modificare alcuni particolari. Terza fase: riflessione sul linguaggio comune E stato chiesto ai bambini se avessero mai utilizzato, nel linguaggio corrente, la parola differenza. Ad una loro immediata risposta negativa, è stato suggerito un mezzo per verificare se ciò fosse proprio vero: provare a scrivere ciascuno una frase che contenesse questa parola. Ecco le frasi scritte dai bambini con notevole facilità: Io sono diversa da mia sorella. Guarda, questi quadri sono diversi. Io ho 4 anni, invece mia sorella ne ha 16. Ci sono due classi seconde, ma sono differenti: in una ci sono 16 bambini e nell'altra ce ne sono 20. Un fiore è differente da un albero perché il fiore è più piccolo. Sono andato al museo e ho visto due quadri: sembravano uguali, invece erano differenti.

Queste due macchine sono diverse. Il suono delle maracas è diverso da quello del tamburo. Cristina è differente da me perché è più alta di me. Nelle due vignette, le due sveglie sono diverse perché una è rotonda e l'altra è quadrata. Io sono diversa da mia mamma. L abete è diverso dal ciliegio. La balena è diversa dallo squalo. Una quaderno è a righe, l'altro è a quadretti, cioè sono differenti. Io ho una bicicletta diversa dalla tua. Dopo aver scritto alla lavagna e riletto a voce alta tutte le frasi scritte dai bambini, le insegnanti hanno osservato con loro che non era vero che non avessero mai utilizzato nella vita quotidiana la parola differenza, piuttosto non si erano mai accorti di utilizzarla. Essa infatti nasce quando si confrontano due persone o due oggetti o due situazioni avendo in mente un ben preciso punto di vista, o meglio una ben precisa qualità. Quarta fase: la matematica I bambini, sapendo che l esperta presente in classe (Paola) insegna matematica a ragazzi molto più grandi di loro (al Politecnico di Torino), le hanno chiesto se il lavoro appena fatto riguardasse anche la matematica. Si sono stupiti della risposta affermativa, dal momento che non erano stati usati quasi mai i numeri. Paola, allora, ha precisato che il termine differenza si usa in matematica secondo lo stesso significato generale (operare un confronto), ma quando la caratteristica in questione può essere valutata attraverso l uso dei numeri. Ha portato come esempio il diverso numero di pesci in due acquari, il primo con 10 pesci, il secondo con 20 pesci, appoggiandosi ad un disegno fatto alla lavagna. Ha precisato che non solo possiamo dire che è diverso il numero dei pesci nei due acquari, ma possiamo anche specificare meglio la differenza esprimendoci in questo modo: Il primo acquario contiene 10 pesci meno del secondo. Il secondo acquario contiene 10 pesci più del primo. Prendendo in considerazione un terzo acquario contenente 30 pesci si può specificare: Il primo acquario contiene 20 pesci meno del terzo. Il secondo acquario contiene 10 pesci meno del terzo. Il terzo acquario contiene 10 pesci più del secondo. Il terzo acquario contiene 20 pesci più del primo. Alla fine dell esperienza Paola ha sintetizzato così: quando esaminiamo la differenza tra situazioni che contengono numeri, possiamo specificare attraverso un numero, in modo preciso, la differenza della quantità. Gli insegnanti della classe hanno poi proseguito nei giorni successivi il lavoro su questa classe di problemi arrivando a scrivere le operazioni adeguate. Tra questi problemi rientrano tutti i confronti di misure, quindi anche moltissimi problemi di geometria Una possibile obbiezione

In questa esperienza ogni ipotesi dei bambini è stata accolta e verificata concretamente. Per esempio nel caso della coperta, si potrebbe obbiettare che si sarebbe risparmiato tempo sorvolando sul confronto diretto, sostituendolo con alcune brevi considerazioni fatte dall insegnante. Penso però che non si deve ritenere superfluo il passaggio all osservazione diretta, tenendo conto che si tratta di bambini molto piccoli. L obbiettivo di un azione didattica non è solo quello di fare un passo in matematica, ma anche di aiutare i bambini ad aprire lo sguardo sulla realtà. Non sarebbe quindi stato opportuno sorvolare su una questione collegata alla forma di un oggetto reale non deformabile come la coperta. C è di mezzo una forte questione di invarianza. Analogamente sarebbe stato possibile accontentarsi di un paio di frasi sulla differenza dette dai bambini più svelti. In questo modo però proprio i bambini più lenti sarebbero stati privati della riflessione personale sulla propria esperienza, collegata al fatto che per produrre un esempio erano obbligati a ripescare nella propria memoria una situazione di confronto. Bibliografia Longo Paola, Rabaglia Federica, 2001, Differenza e somma nella scuola elementare, Il Quadrangolo, anno III, n. 1-2, giugno 2001, pag.82/85 Longo P.: 2005, Esperienza e apprendimento (Costanti di metodo nell insegnare matematica), Emmeciquadro,n.24,agosto 2005, pag. 39,51 Vergnaud Gerard, 1994, Il bambino, la matematica, la realtà, Armando, Roma, 1994,