Dalla ricostruzione del fenomeno all analisi di politiche e interventi



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i VADEMECUM di LombardiaSociale.it La povertà in Lombardia Dalla ricostruzione del fenomeno all analisi di politiche e interventi a cura di Cecilia Guidetti prefazione di Cristiano Gori 2014

Indice Prefazione di Cristiano Gori 2 Introduzione 3 Il fenomeno della povertà in Lombardia Consumi delle famiglie e povertà in RL 6 Il reddito disponibile delle famiglie in Lombardia: una ripresa ancora lontana 12 Dov è la povertà in Lombardia 16 Politiche e interventi di contrasto Lotta alla povertà e Regioni: una mappatura delle politiche 23 Gli interventi a sostegno delle famiglie in difficoltà: il caso del Comune di Legnano 31 Il welfare abitativo in Lombardia 39 Gli immigrati in Regione Lombardia: un accoglienza che non fa rima con integrazione 45 Segnalazioni 53

Prefazione di Cristiano Gori Care Lettrici e Cari Lettori, tutti noi di Lombardiasociale.it - direzione, redazione e collaboratori - siamo lieti di avviare il quarto anno di attività del nostro sito di monitoraggio e discussione sul welfare sociale lombardo. I nostri risultati, per numero di accessi e circolazione dei materiali proposti nei territori, continuano ad essere positivi e a registrare una costante crescita. Ciò è per noi motivo di soddisfazione così come fattore di stimolo intervenire sulle nostre aree di miglioramento. Gli obiettivi di Lombardiasociale.it sono quelli di sempre: costruire occasioni di confronto sul welfare lombardo e di discussione delle scelte di policy, e fornire strumenti concreti per l attività di chi coordina e gestisce i servizi nel territorio. Come lo scorso anno, apriamo la nuova stagione proponendo i Vademecum 2014, dossier tematici che raccolgono vari articoli pubblicati sinora nel sito e riguardanti alcuni tra i temi di maggiore rilievo per il welfare sociale lombardo. Ogni Vademecum colloca pezzi usciti in momenti diversi all interno di un quadro comune e si propone, così, come un sintetico stato dell arte del tema esaminato. Uno stato dell arte che vuole fornire un insieme di spunti, dati ed idee utili all operatività e alla discussione. I nuovi vademecum proposti raccolgono articoli usciti tra settembre 2013 e luglio 2014 e coprono nove temi di particolare rilievo per il welfare sociale della nostra regione. Si tratta di: le misure per minori e famiglie, programmazione e governance del welfare sociale lombardo, la presa in carico nella disabilità, politiche e servizi per le dipendenze, gli interventi contro la povertà, il finanziamento e la spesa e le politiche per gli anziani non autosufficienti. Speriamo che i Vademecum possano servire a chi è a qualunque titolo impegnato nel welfare sociale lombardo e interessato al suo futuro. Come sempre, i commenti e le critiche ci saranno particolarmente utili. Milano, settembre 2014 2

Introduzione di Cecilia Guidetti Con questo Vademecum riproponiamo gli articoli più rilevanti, pubblicati sul sito nell ultimo anno, sul tema della povertà in Lombardia. L argomento è trattato da due diversi punti di vista: da una parte sono analizzati i principali studi realizzati sul fenomeno della povertà e del crescente impoverimento delle famiglie con particolare attenzione al contesto lombardo e dall altra si propone una panoramica delle principali misure e interventi sul tema, guardando sia al livello regionale sia al livello locale. Il fenomeno della povertà in Lombardia Per definire un quadro chiaro dell attuale rilevanza del fenomeno della povertà in Lombardia proponiamo qui tre contributi. Il primo presenta i dati Istat relativi al 2012 sui consumi delle famiglie e povertà relativa e assoluta, che evidenziano in modo molto chiaro, sia a livello nazionale che lombardo, una contrazione della spesa media per i consumi e una crescita delle famiglie in condizioni di povertà, mostrando per la prima volta un inversione di tendenza rispetto alle precedenti rilevazioni. I dati sono confermati dall indagine Istat sempre relativa all anno 2012 - sul reddito disponibile delle famiglie italiane, analizzata nel secondo articolo. Qui, attraverso un focus specifico sulla Lombardia e la presentazione di diversi dati si ricostruisce l andamento del reddito disponibile delle famiglie negli ultimi anni collocando il contesto lombardo in relazione alle altre regioni italiane. Il terzo contributo Dov è la povertà in Lombardia? analizza, infine, un indagine specifica sulla Lombardia realizzata da Éupolis, che si propone di esaminare le principali configurazioni territoriali assunte dalla povertà nella nostra regione attraverso una categorizzazione dei Comuni secondo la loro ampiezza demografica e la loro collocazione come aree centrali o periferiche. L articolo si conclude con una breve disanima delle politiche di contrasto alla marginalità sperimentate in Lombardia in questi anni. 3

Politiche e interventi di contrasto La seconda sezione è dedicata a esaminare le principali misure messe in atto per contrastare il fenomeno della povertà e della marginalità in Lombardia, sia a livello regionale sia da parte degli Enti Locali attraverso il caso di un Comune dell hinterland milanese. L articolo Lotta alla povertà e Regioni presenta un confronto tra le misure implementate da Regione Lombardia e quanto realizzato nelle altre regioni italiane. L analisi è articolata intorno ai tre principali assi di intervento regionale nel contrasto alla povertà. Per ognuno di questi viene proposta una panoramica di quanto realizzato dalle diverse regioni e un focus specifico sulla Lombardia. Il contributo successivo propone, invece, un intervista all assessore di un Comune del milanese che racconta attraverso dati dettagliati i processi e gli interventi messi in atto dai servizi comunali per rispondere alla crescente domanda di sostegno economico e non solo da parte di cittadini e famiglie. Il compendio si conclude con due approfondimenti che allargano lo sguardo dalle misure prettamente dedicate al contrasto alla povertà a due aree strettamente contigue: quella del welfare abitativo e quella dell integrazione sociale dei cittadini stranieri. In merito alle misure di welfare abitativo vengono presentati i principali interventi realizzati da Regione Lombardia a cavallo tra la IX e la X legislatura per sostenere la locazione e l acquisto della prima casa, le risorse dedicate e le principali linee di tendenza di queste misure. Nell ultimo articolo si esplora, invece, il tema dell integrazione dei cittadini stranieri, collocando il contesto lombardo a partire dalle principali evidenze che emergono da recenti studi sul tema dell immigrazione. A partire dai dati segue poi una disanima dei principali interventi dedicati a questo tema in Lombardia. 4

Il fenomeno della povertà in Lombardia 5

Dati e ricerche Consumi delle famiglie e povertà in Regione Lombardia Un commento agli ultimi dati Istat di Carla Dessi 29 ottobre 2013 Temi > Povertà I dati Istat relativi al 2012 sui consumi delle famiglie e povertà relativa ed assoluta ci mostrano un quadro per la prima volta in evidente contraddizione con le precedenti rilevazioni: assistiamo, infatti, a livello nazionale ad una contrazione della spesa media per consumi e anche per il Nord, Lombardia compresa, si registra una crescita delle famiglie in condizione di povertà. I consumi delle famiglie Il dato a livello nazionale vede per il 2012 una spesa media mensile pari, in valori correnti, a 2.419, spesa che, tenuto conto dell errore campionario e della dinamica inflazionistica è diminuita anche in termini reali (-2,8%) rispetto all anno precedente. La Lombardia perde il primato di regione con la spesa media mensile più elevata, per il 2012 attribuito al Trentino Alto Adige, ma come si può vedere in Tabella 1 si colloca comunque al secondo posto con 2.866 mensili. Tabella 1. La spesa media mensile delle famiglie per regione Anni 2011 2012 Fonte dati: Istat I consumi delle famiglie 2011 2012 Variazione 2011-2012 Piemonte 2.705 2.632-2,7 Valle d Aosta 2.573 2.604 + 1,2 Lombardia 3.033 2.866-5,5 Trentino-Alto Adige 2.855 2.919 + 2,2 - Bolzano 2.941 3.119 + 6,1 - Trento 2.776 2.736-1,4 Veneto 2.903 2.835-2,3 Friuli-Venezia Giulia 2.594 2.461-5,1 6

Liguria 2.371 2.267-4,4 Emilia-Romagna 2.770 2.834 + 2,3 Toscana 2.673 2.591-3,1 Umbria 2.443 2.450 + 0,3 Marche 2.615 2.509-4,1 Lazio 2.522 2.468-2,1 Abruzzo 2.348 2.237-4,7 Molise 2.201 2.200-0,04 Campania 1.944 1.896-2,5 Puglia 1.958 1.898-3,1 Basilicata 1.898 1.908 + 0,5 Calabria 1.904 1.762-7,5 Sicilia 1.637 1.628-0,5 Sardegna 1.921 1.879-2,2 ITALIA 2.488 2.419-2,8 Elaborazioni IRS su dati Istat Indagine sui consumi Anni 2011-2012 È, tuttavia, una spesa che registra una variazione in termini negativi senza precedenti: - 5,5% rispetto al 2011 e che porta la Lombardia ai livelli di spesa più bassi degli ultimi 6 anni (vedi Tabella 2). Tabella 2. La spesa media mensile familiare in Regione Lombardia Anni 2007 2012 Fonte dati: Istat I consumi delle famiglie 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Lombardia 2.896,20 2.929,00 2.917,69 2.896,00 3.033,00 2.866,00 +0,3% +1,1% -0,4% -0,7% +4,8% -5,5% Nord Ovest 2.763,28 2.770,16 2.763,92 2.796,00* Nord Est 2.844,51 2.866,93 2.772,97 2.843,00 2.761,00 Centro 2.539,09 2.557,71 2.552,54 2.539,00 2.577,00 2.511,00 Sud 2.039,64 2.011,67 1.967,91 1.898,00** 1.894,00 1.844,00 Isole 1.829,79 1.826,94 1.760,89 ITALIA 2.480,07 2.480,64 2.441,77 2.453,00 2.488,00 2.419,00 * A partire dal 2010 il dato disponibile comprende tutto il Nord Italia. ** A partire dal 2010 il dato disponibile non riporta la suddivisione tra Sud e Isole. Se ritorniamo alla Tabella 1 riportante le variazioni nella spesa media mensile nel biennio 2011-2012, dal confronto con le altre regioni italiane, la Lombardia subisce la contrazione maggiore per il Nord Italia e a livello nazionale è in seconda posizione dietro alla Calabria (con un -7,5%), dato dal quale si mette in evidenza il cambio di rotta che vede protagoniste le famiglie lombarde. 7

Entrando invece nel merito della composizione della spesa, possiamo notare a livello nazionale una crescita delle quote destinate ai combustibili e all energia (dal 5,2% al 5,6%) e, parallelamente, la contrazione della spesa destinata all abbigliamento e alle calzature e all acquisto di arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa. Analizzando le voci dei capitoli di spesa per la Lombardia riportate in Tabella 3 troviamo conferma di questo trend, seppur vadano messi in evidenza per le famiglie lombarde un incremento delle spese legate all abitazione ed una diminuzione delle spese per trasporti, quest ultimo dato da imputarsi con molta probabilità alla spesa per la benzina, in diminuzione a seguito della riduzione della percentuale di famiglie che l acquistano. Ad integrazione di questo quadro è interessante segnalare come rimanga pressoché stabile la voce di spesa per le Comunicazioni, ciò ad avvalorare quanto messo in evidenza peraltro anche nell ultimo rapporto Éupolis[1] per cui se le famiglie povere a differenza delle non povere devono dare priorità a spese quali i combustibili e l energia, non rinunciano comunque alle spese per le comunicazioni laddove l utilizzo del telefono cellulare rappresenta una importante opportunità di relazione. Tabella 3. La spesa media mensile familiare in Regione Lombardia per capitolo di spesa Anni 2007 2012 Fonte dati: Istat - I consumi delle famiglie 2007 2008 2009 2010 2011 2012 v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Alimentari e 462,9 16 483,4 16,5 469,1 16,1 474,9 16, 491,3 16, 472,9 16, bevande 4 2 5 Tabacchi 21,7 0,8 22,3 0,8 19,2 0,7 20,3 0,7 21,2 0,7 22,9 0,8 Abbigliamento 166,5 5,7 174,3 6,0 151,8 5,2 144,8 5,0 154,7 5,1 134,7 4,7 /calzature Abitazione 822,4 28,4 818,0 27,9 826,5 28,3 857,2 29, 6 891,7 29, 4 877,0 30, 6 Combustibili ed 122,2 4,2 146,5 5,0 153,1 5,2 141,9 4,9 148,6 4,9 146,2 5,1 energia Mobili/elett./ 166,5 5,8 158,8 5,4 164,9 5,7 156,4 5,4 157,7 5,2 140,4 4,9 servizi per la casa Sanità 134,1 4,6 109,4 3,7 98,5 3,4 104,3 3,6 106,2 3,5 100,3 3,5 Trasporti 455,8 15, 7 426,0 14,5 437,0 15,0 440,2 15, 2 497,4 16, 4 424,2 14, 8 Comunicazioni 52,6 1,8 54,6 1,9 53,7 1,8 55,0 1,9 51,6 1,7 51,6 1,8 Istruzione 28,8 1,0 32,9 1,1 28,5 1,0 28,9 1,0 33,4 1,1 37,3 1,3 Tempo 128,2 4,4 132,0 4,5 128,5 4,4 139,0 4,8 145,6 4,8 131,9 4,6 libero/cultura/ giochi Altri beni e 334,4 11,5 371,3 12,7 386,7 13,3 333,0 11, 339,7 11, 329,6 11, servizi 5 0 2 5 SPESA MEDIA 2.896 100 2.929 100,0 2.917 100 2.896, 100 3.033 100 2.866, 100 MENSILE Elaborazioni IRS su dati Istat Indagine sui consumi Anni 2007-2012 8

I dati sulla povertà relativa Il dato a livello nazionale diffuso dall Istat mette in evidenza per il 2012 come il 12,7% delle famiglie sia relativamente povero (ovvero oltre 9 milioni di persone) e il 6,8% lo sia in termini assoluti (oltre i 4 milioni)[2]. E un dato che, coerentemente con quanto registrato dall indagine sui consumi, interrompe bruscamente la sostanziale stabilità registrata nel corso dell ultimo quinquennio e che per la Regione Lombardia registra un aumento di 1,8 punti percentuali rispetto al 2011. L incidenza sia della povertà relativa che della povertà assoluta aumenta tra il 2011 e il 2012 pressoché in tutte e tre le ripartizioni territoriali (vedi Tabella 4 e Tabella 5). Tabella 4. Incidenza di povertà relativa Dato % Regione Lombardia e Italia Anni 2007 2012 Fonte dati: Istat La povertà in Italia 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Lombardia 4,8 4,4 4,4 4,0 4,2 6,0 Nord 5,5 4,9 4,9 4,9 4,9 6,2 Centro 6,4 6,7 5,9 6,3 6,4 6,1 Mezzogiorno 22,5 23,8 22,7 23,0 23,3 24,8 ITALIA 11,1 11,3 10,8 11,0 11,1 12,7 Tabella 5. Incidenza di povertà assoluta per ripartizione geografica Anni 2009 2012, valori % Fonte dati: Istat La povertà in Italia 2009 2010 2011 2012 Nord 3,6 3,6 3,7 5,5 Centro 2,7 3,8 4,1 5,1 Mezzogiorno 7,7 6,7 8,0 9,8 ITALIA 4,7 4,6 5,2 6,8 È interessante a questo punto richiamare quanto si evince in Figura 1 osservando l evoluzione nell incidenza della povertà assoluta nell ultimo triennio. Se per il Centro l incremento delle famiglie in condizione di povertà assoluta era ben visibile già negli anni precedenti, visto che la variazione maggiore (+40,7%) si osserva nel biennio 2009-2010, nel Mezzogiorno e al Nord la massima crescita dell incidenza di povertà si osserva nell ultimo biennio. In particolare il Nord, che presentava una variazione di solo +2,8% nel 2010-2011, conosce un picco del +48,6% nel 2011-2012. 9

Figura 1. Variazioni nell incidenza della povertà assoluta per ripartizione geografica Anni 2009-2012, valori % Fonte dati: Istat La povertà in Italia Elaborazioni IRS su dati Istat Anni 2009-2012 L Istat precisa in questo senso come la povertà sia aumentata per molti sottogruppi di popolazione toccando anche quelli che tradizionalmente presentavano una diffusione del fenomeno più contenuta. Entrando nel merito delle tipologie familiari che versano maggiormente in condizione di fragilità, il dato nazionale mette in evidenza come l incidenza della povertà assoluta sia aumentata in particolar modo tra le famiglie composte da coppie con tre o più figli (con una crescita dal 10,4% al 16,2%), specialmente in caso di presenza di figli minori (in questo caso l incremento sale dal 10,9% al 17,1%). I peggioramenti più marcati si osservano per le realtà familiari con problemi di accesso al mercato del lavoro: la quota di famiglie povere tra quelle con a capo una persona in cerca di occupazione cresce nel biennio 2011-2012 dal 27,8% al 35,6%. Il Nord Italia, come sopra richiamato, è colpito duramente da questo peggioramento complessivo: le condizioni di vita delle famiglie settentrionali si sono aggravate soprattutto se a capo della famiglia vi è una persona in cerca di lavoro, la variazione registrata vede un incidenza della povertà raddoppiata dall 11,7% del 2011 al 22,3% del 2012. Ciò che tuttavia l Istat sottolinea nel rimarcare la gravità della situazione è che un livello di istruzione medio alto e un lavoro, anche di elevato livello professionale, non garantiscono più dal rischio di cadere in povertà assoluta, 10

soprattutto quando altri membri della famiglia perdono la propria posizione professionale [3]. In conclusione di questo scenario la Regione Lombardia con il 6,0% vede in una condizione di povertà oltre 264.000 famiglie, pari a circa 585.000 persone, con una crescita in termini assoluti rispetto al 2011 di 200.000 persone[4]. Dato quest ultimo che conferma quanto già si segnalava sempre all interno del rapporto Éupolis per cui la mobilità in uscita dalla povertà si è ridotta piuttosto che ampliata [5] e che, parallelamente, rappresenta un importante indicatore di una cronicizzazione delle situazioni di fragilità delle famiglie che si auspica abbia la giusta attenzione nell agenda politica regionale dei prossimi mesi. 1. [1] Vedi L. Cavedo Povertà assoluta in Lombardia in L esclusione sociale in Lombardia. Quarto Rapporto 2011, Éupolis Lombardia, Febbraio 2013. 2. [2] Per la precisione la soglia di povertà relativa per il 2012, per una famiglia di due componenti, è pari a 990,88, circa 20 in meno di quella stabilita nel 2011, i dati diffusi calcolano 9.563.000 persone povere in termini relativi e 4.814.000 povere in termini assoluti. Ricordiamo che l Istat calcola l incidenza della povertà assoluta sulla base di una soglia di povertà corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile (cfr. www.istat.it/dati/catalogo/200900422_00). 3. [3] Vedi Istat, La povertà in Italia Anno 2012, p. 9. 4. [4] Dato calcolato dall annuario statistico regionale (www.asr-lombardia.it) da cui risultano nel 2012 in Lombardia 4.409.655 famiglie e una popolazione residente di 9.732.063 persone, per un numero medio di componenti per famiglia pari a 2,21. 5. [5] Vedi G. Rovati Povertà temporanea e povertà persistente: indicazioni di policy dal network ORES in L esclusione sociale in Lombardia. Quarto Rapporto 2011. 11

Dati e ricerche Il reddito disponibile delle famiglie in Lombardia: una ripresa ancora lontana A cura di Carla Dessi 16 febbraio 2014 Temi > Povertà Proponiamo in questo contributo una sintesi del quadro diffuso dall Istat per l anno 2012 sul reddito disponibile delle famiglie italiane ampliando lo sguardo all ultimo decennio. Una discesa che sembra inarrestabile Se i dati Istat sull evoluzione del reddito disponibile delle famiglie per gli anni 2008-2011 lasciavano presagire dei piccoli segnali di ripresa, il quadro recentemente diffuso va in tutt altra direzione mettendo in evidenza per la Lombardia, così come per il resto delle regioni italiane, una situazione che permane di forte criticità. Nel 2012, infatti, il reddito disponibile delle famiglie, espresso in valori correnti, rispetto al 2011, registra ovunque una variazione con segno negativo che va da un minimo di 0,8% in Basilicata a un massimo di - 2,8% in Liguria e Valle d Aosta. Osservando più da vicino il posizionamento della Regione Lombardia nello scenario tratteggiato dall Istat possiamo vedere che: - Il reddito disponibile per abitante per l anno 2012 è pari in Regione Lombardia a 20.666, dato superiore alla media nazionale di 17.563 e che colloca la nostra regione, coerentemente con le precedenti rilevazioni, al 4 posto, dopo la Provincia di Bolzano, la Valle d Aosta e l Emilia-Romagna (vedi Figura 1); - Il dato sulla variazione del reddito delle famiglie nel biennio 2012-2011 vede in Regione Lombardia una contrazione del 1,9%, in linea con il quadro emerso a livello nazionale ed in particolare per il Nord-ovest e il Centro (vedi Figura 2); - Il reddito da lavoro dipendente si conferma la componente più rilevante nella formazione del reddito disponibile delle famiglie e registra per la Regione Lombardia un 68,3% (vedi Figura 3). Se si va ad osservare il tasso di variazione di questa 12

importante componente del reddito rispetto al 2011, la Lombardia registra un timido + 0,2 in un quadro che a livello nazionale evidenzia una vera e propria crescita 0 (vedi Figura 4). Se entriamo maggiormente nel dettaglio dei dati messi a disposizione dall Istat ampliando lo sguardo all ultimo decennio e concentriamo l attenzione sulle variazioni registrate annualmente, il biennio 2012-2011 sembra evocare, seppur con percentuali più contenute, la situazione drammaticamente esplosa a partire dal 2009. Quei segnali di ripresa che parevano accennarsi a partire dal 2011 paiono ancora lontani. Possiamo, infatti, constatare che: - Il reddito disponibile delle famiglie per abitante registra nuovamente in Lombardia e in Italia una variazione di segno negativo come non accadeva dal biennio 2009-2008 (vedi Figura 5 in allegato); - Le variazioni nei redditi da lavoro dipendente registrate nell ultimo biennio sono ben lontane dai valori che si registravano nei primi anni Duemila, che si sono mantenuti solo fino al 2008 (vedi Figura 6 in allegato). - I possibili segnali di ripresa che l Istat legava nel 2011 al tasso di crescita sensibilmente positivo (in Italia, +2,1% e in Lombardia +3,6%) per il reddito misto, reddito che rappresenta il risultato dell attività imprenditoriale svolta dalle famiglie nella loro veste di produttori, vengono disconfermati. Nel 2012 in Regione Lombardia la variazione negativa registra un 4,6%, di poco inferiore al dato nazionale del 5,1% e vicino al 4,0% del 2009 (vedi Figura 7 in allegato). 13

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Dati e ricerche Dov è la povertà in Lombardia? Un analisi delle aree a maggiore presenza di povertà, a partire dalla ricerca Eupolis Aree periferiche in Lombardia: specificità e prospettive di Marcella Sala 14 marzo 2014 Temi > Povertà I comuni svantaggiati sono oggi i luoghi dove la povertà si concentra maggiormente? Il rapporto di ricerca Eupolis Aree periferiche in Lombardia: specificità e prospettive sintetizzato in questo articolo apre riflessioni inedite riguardo alle principali configurazioni territoriali della povertà in Lombardia, che hanno a che fare con le nozioni di centro e periferia. L articolo propone,inoltre, una breve disamina delle politiche di contrasto alla marginalità sperimentate in Lombardia in questi anni, e del loro possibile sviluppo futuro. Nel 2004 la Lombardia si dotava, attraverso la legge regionale 11/2004[1], di uno strumento con il quale identificare i piccoli comuni cosiddetti svantaggiati, vale a dire i nuclei abitativi con non più di 2.000 abitanti per i quali si riscontri una situazione di svantaggio o di marginalità, sulla base di fattori quali la composizione demografica, il livello di benessere e l orientamento turistico. A titolo d esempio, un comune può essere considerato svantaggiato se il numero di anziani residenti è di molto superiore rispetto agli adulti giovani, se i redditi della popolazione sono mediamente bassi e se esso occupa una posizione marginale rispetto alle destinazioni turistiche più vicine. La legge si inseriva all interno di un più ampio disegno di coesione territoriale, basato sul sostegno dei comuni in condizione di svantaggio per ridurre le ineguaglianze fra aree. A dieci anni dall introduzione della legge, l istituto Eupolis[2] pubblica il rapporto di ricerca Aree periferiche in Lombardia: specificità e prospettive, nel quale indaga, fra il resto, una questione interessante: i comuni svantaggiati sono oggi i luoghi dove la povertà si concentra maggiormente?come vedremo, la risposta a questa domanda è tutt altro che scontata, e apre riflessioni inedite che hanno a che fare con le nozioni di centro e periferia. L articolo propone, da ultimo, una breve disamina delle politiche di contrasto alla marginalità sperimentate in Lombardia in questi anni, aprendo a possibili sviluppi futuri. 16

Povertà in città e povertà nei piccoli comuni La ricerca Eupolis muove dai dati dell osservatorio regionale sull esclusione sociale (ORES)[3], secondo i quali su 12 capoluoghi di provincia lombardi ben 9 presentano un tasso di povertà materiale, calcolato sulla base del numero di persone che si rivolgono a enti assistenziali, superiore al 5%. Prima in classifica è Varese (10,9%), seguita da Milano (10,3%), Cremona e Pavia (rispettivamente 9,3% e 9,1%). Per quanto riguarda i piccoli comuni, invece, la povertà estrema risiede nel 64% dei casi in comuni non definiti svantaggiati, mentre solo nel 12% dei casi nei comuni con svantaggio elevato e nel 17% dei casi in comuni con svantaggio medio. Si tratta di comuni localizzati soprattutto nella piattaforma alpina, nell asse padano e lungo l asse del Sempione. Non sembra dunque riconoscersi un parallelismo fra svantaggio locale e povertà, mentre sembra emergere un associazione fra povertà e ampiezza demografica del comune, come si evince anche osservando i dati contenuti in Tabella 1. Contrariamente alle aspettative i comuni svantaggiati, situati spesso in aree montane e comunque lontane dai centri economici e di potere, non sono oggi i luoghi dove povertà e marginalità sociale si concentrano maggiormente. In molti casi, invece, una maggiore presenza di povertà si trova nei capoluoghi di provincia, che sono solitamente città di medie o grandi dimensioni. Tabella 1 Distribuzione dei comuni primari rispetto alla classe di ampiezza demografica e al tasso d incidenza della povertà materiale. Lombardia, 1.1.2010 Classi di ampiezza demografica Tasso di incidenza della povertà materiale <=1% 1% 2% 2% 3% 3% 5% >5% Totale <=5000 69 46 26 33 17 191 5.000 20.000 90 60 35 32 16 233 20.000 50.000 9 13 12 9 4 47 50.000 100.000 0 1 2 2 2 7 Capoluogo 0 0 0 3 9 12 Totale 168 120 75 79 48 490 Fonte: ORES (2011) In Lombardia la maggiore concentrazione di povertà estrema si trova principalmente nell area metropolitana di Milano, nell alta Valtellina (Bormio, Livigno), ma anche nelle province di Bergamo-Brescia, Pavia e Varese (si veda Figura 1). Il risultato della ricerca Eupolis sembra essere coerente con l analisi proposta in un precedente contributo[4], secondo cui la maggiore crescita di povertà si è osservata recentemente nelle zone più ricche d Italia, che coincidono con le aree metropolitane o ad alta vocazione turistica.[5] 17

Figura 1 Distribuzione territoriale dei tassi di povertà materiale secondo la stima media*. Lombardia, 2010 Fonte: ORES (2011) Una povertà urbanizzata L evidenza empirica mostra una tendenza all urbanizzazione delle nuove forme di marginalità ed esclusione sociale, che colpiscono un ceto medio prevalentemente cittadino caratterizzato da crescente vulnerabilità e insicurezza sociale, più che gli abitanti di aree tradizionalmente periferiche e lontane dai centri economici e decisionali. Anche all interno delle città, inoltre, le nuove situazioni di impoverimento ed esclusione non interessano necessariamente le zone periferiche, ma sempre più anche i quartieri centrali. Nello sviluppo delle città molto spesso sono proprio i centri storici a diventare periferie, per lo spopolamento, l anzianità dei cittadini, l arrivo dei migranti e l allontanamento delle attività commerciali. I concetti di centro e periferia sembrano allora non valere più come tradizionalmente intesi, ma mescolarsi fra loro assumendo connotati differenti rispetto a quelli che siamo soliti definire. Questo ci obbliga a ripensare le categorie con cui siamo soliti leggere la realtà e con cui, di conseguenza, agiamo. 18

Povertà diverse Oltre a manifestarsi in modo più acuto, nelle città la povertà è in parte diversa rispetto a quella che si osserva nei piccoli comuni. Se in questi ultimi, con le dovute semplificazioni, si osserva prevalentemente una marginalità intesa come deprivazione, vale a dire povertà economica, nelle aree urbane prevale una marginalità di tipo sociale, che assume connotati sensibilmente differenti. Mentre nel primo caso prevale una condizione di mancanza di mezzi, nel secondo si fa riferimento a una posizione di sradicamento sociale e di status incerto, causata dalla transizione da un appartenenza all altra, o dall emergere di nuove forme di esclusione sociale. Secondo il rapporto Eupolis la marginalità nel senso di deprivazione è localizzata soprattutto nelle aree montane e nelle aree rurali dell asse padano, quindi nei piccoli comuni periferici, mentre la marginalità in senso sociale si concentra principalmente nell area metropolitana della città di Milano e nei piccoli comuni della cosiddetta città infinita, in corrispondenza della pedemontana lombarda che va da Varese a Brescia. E quest ultima fascia di territorio che vede, infatti, un ampliamento dei rischi sociali per la classe intermedia della società, esposta come mai in precedenza alla possibilità di perdere il suo status e di scivolare verso l impoverimento al verificarsi di eventi accidentali relativi alla condizione lavorativa, alla salute e alle relazioni familiari. Per queste persone prevale così un senso di marginalità che riguarda, in modo particolare, la propria posizione all interno della società. Gli interventi di contrasto alla marginalità In Lombardia gli interventi di contrasto alla marginalità hanno mostrato, in questi anni, una certa disomogeneità territoriale. Nelle aree periferiche, ad esempio, la diffusione dei servizi è meno sviluppata. Le aree metropolitane vedono invece una massiccia presenza di servizi, con un impegno particolare del terzo settore. Nonostante ciò, secondo l analisi dell ORES anche nelle città si avverte una sempre maggiore insufficienza di offerta nei confronti di una domanda crescente. In sintesi, gli interventi di contrasto alla marginalità presenti a livello territoriale in Lombardia sono: - azioni di sistema, legate alla programmazione zonale e all organizzazione generale degli interventi e dei servizi, compresa la messa in rete di soggetti del terzo settore con le relative procedure di accreditamento 19

- interventi per l inclusione sociale, che hanno lo scopo di rafforzare le capacità e i potenziali delle persone fragili (es. sostegno all affitto, inserimento lavorativo, microcredito, ) - rafforzamento della convivenza, per ridurre situazioni di marginalità presenti in contesti ad elevata presenza di etnie diverse (ad es. il bando sulla coesione sociale promosso da Regione Lombardia) - governo del territorio, per rigenerare la vita urbana di determinate aree attraverso il recupero di aree dismesse, housing sociale, servizi di prossimità (si pensi ai custodi sociali). Quali politiche in un sistema locale di welfare in cambiamento Il rapporto Eupolis si conclude con alcune indicazioni di policy. Il fenomeno povertà, in particolare nelle sue nuove manifestazioni che, come visto, interessano soprattutto i contesti urbani, necessita sempre più di modalità innovative di risposta. Una certa enfasi è posta, in particolare, sui servizi di prossimità, che secondo l istituto regionale dovrebbero occupare progressivamente una posizione centrale all interno del sistema di welfare. Tali interventi si caratterizzano per la loro dimensione micro, sia nelle attività che realizzano sia nel contesto territoriale nel quale agiscono. Rivolti prioritariamente a persone anziane e disabili, normalmente vengono svolti attraverso apposite convenzioni con associazioni di volontariato e imprese sociali locali. La novità dei servizi di prossimità consiste nel creare una nuova struttura di collaborazione fra servizi e progetti, che essendo più vicino agli utenti hanno più capacità di apprendere e rispondere ai bisogni e sono sensibili al mutare dei fenomeni sociali. Il sistema di welfare locale nei prossimi anni sarà con ogni probabilità chiamato a profondi cambiamenti. La nuova ridefinizione dei livelli di governo in comuni, province e aree metropolitane disegnerà nuove geografie e linee di intervento dove i concetti di centro e periferia assumeranno un importanza cruciale. Comprendere la distribuzione dei bisogni sui territori, individuando dove essa è più concentrata o al contrario rarefatta, sarà un passo fondamentale per predisporre sistemi di governance e di organizzazione dei servizi efficaci. 1. [1] Legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia. 2. [2] L Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione di Regione Lombardia. 20

3. [3] ORES (2011), L esclusione sociale in Lombardia. Terzo Rapporto, Guerini e Associati, Milano. 4. [4] Marcella Sala, Povertà e costo della vita, Newsletter n I 17 gennaio 2014. 21

Politiche e interventi di contrasto 22

Dati e ricerche Lotta alla povertà e Regioni: una mappatura delle politiche La Lombardia a confronto con le altre regioni italiane di Marcella Sala 14 novembre 2013 Temi > Povertà In questo contributo abbiamo ricostruito lo stato delle politiche di contrasto all esclusione sociale dal livello regionale, come si sono orientate le diverse regioni e il posizionamento lombardo. Complessivamente sono diciassette le regioni italiane che hanno in vigore almeno un provvedimento legislativo in materia di contrasto alla povertà.[1] Oltre alle politiche espressamente rivolte a combattere situazioni di disagio ed esclusione sociale, vi è poi una vasta gamma di interventi destinati di fatto prioritariamente alla fascia di popolazione povera o fortemente vulnerabile. In questo articolo si cerca di districare la complicata matassa delle politiche regionali su questi temi, individuando le linee comuni che hanno indirizzato i governi regionali negli ultimi anni. In materia di povertà e disagio sociale gli atti normativi regionali afferiscono sostanzialmente a tre macro-aree[2]: sostegno economico alle famiglie povere di tipo continuativo; sostegno economico alle famiglie povere una tantum; sostegno finanziario a progetti del terzo settore rivolti alle marginalità estreme. Il sostegno economico continuativo alle famiglie povere All interno del sostegno economico continuativo rientrano i contributi monetari erogati a cadenza regolare lungo un certo periodo di tempo, data la permanenza della condizione di bisogno. Possiamo ulteriormente distinguere fra misure di sostegno attivo, vale a dire quelle misure che si accompagnano a programmi e percorsi di inserimento sociale o lavorativo, e misure di sostegno passivo, che prevedono la sola erogazione monetaria. 23

Fra gli interventi di sostegno attivo si possono identificare quelli assimilabili al reddito minimo, così come si caratterizza a livello nazionale nella quasi totalità dei Paesi europei (ad oggi solo Italia e Grecia non hanno attivato una simile misura di protezione sociale di ultima istanza). Interventi di questo tipo si contraddistinguono per due caratteristiche essenziali: la presa in carico dei beneficiari attraverso programmi di inserimento sociale o lavorativo, personalizzati ed esplicitamente pattuiti, e la loro attitudine a rivolgersi all intera platea di soggetti al di sotto di una determinata soglia di reddito e/o patrimonio, indipendentemente dall appartenenza a specifiche categorie (il cosiddetto universalismo ). Sperimentazioni regionali di reddito minimo: c è chi abbandona Alcune regioni italiane sono state antesignane della misura, introducendola già qualche anno prima della sperimentazione nazionale del Reddito Minimo d Inserimento (RMI) condotta tra il 1999 e il 2003. E questo il caso delle Province Autonome di Trento e Bolzano e della Valle d Aosta, che la istituirono con legge regionale rispettivamente nel 1991 e nel 1994. Altre regioni hanno invece introdotto misure paragonabili al reddito minimo proprio sulla spinta della sperimentazione nazionale: è il caso della Basilicata, della Campagna, del Friuli Venezia Giulia e del Lazio. Sono poi parzialmente assimilabili al reddito minimo anche le esperienze della Sicilia, con i suoi lavori socialmente utili ( cantieri di servizi ) avviati nei 40 Comuni della sperimentazione nazionale, e il Veneto con la continuazione della sperimentazione del RMI nel Comune di Rovigo. Non tutte le esperienze citate hanno in realtà dato prova di efficacia nel contrasto alla povertà, [3] e alcune si sono concluse dopo poco tempo, talvolta per motivi politici o per mancanza di risorse. Attualmente il reddito minimo è ancora in vigore soltanto in Basilicata, nelle Province Autonome di Trento e Bolzano e in Valle d Aosta, e continua anche l esperienza dei cantieri di servizio siciliani.[4] Altre proposte per un sostegno attivo al reddito Negli anni le regioni hanno introdotto altre misure di sostegno attivo al reddito, che da un lato presentano elementi comuni al reddito minimo, nella previsione di progetti personalizzati per i beneficiari, dall altro se ne distanziano in quanto fortemente categoriali nella selezione di questi ultimi. Un esempio è rappresentato dai programmi di reinserimento lavorativo per disoccupati accompagnati da un indennità di partecipazione, come quelli previsti dalla Regione Piemonte nell ambito del POR-FSE 2007/2013. Si noti come in questo caso la selezione dei beneficiari non si basi sulla valutazione di un insufficienza reddituale del nucleo familiare, ma sulla semplice constatazione dello stato di disoccupazione. Sebbene non specificamente finalizzata al 24

contrasto della povertà, tuttavia, è evidente come la misura intervenga a favore di soggetti con reddito nullo e in condizioni di vulnerabilità sociale, e sia perciò inclusa a pieno titolo fra le politiche qui considerate. o per un sostegno passivo Vi sono infine misure di sostegno continuativo ai redditi di tipo passivo, finanziate da alcune regioni per lo più sottoforma di minimo vitale. Fra gli esempi più recenti vi è lo stanziamento di fondi da parte della Regione Sardegna per la concessione di sussidi mensili a famiglie in condizioni di povertà, finalizzate all abbattimento dei costi dei servizi essenziali (DGR 14/21/2010). Si tratta in ogni caso di una linea di policy marginale all interno del quadro complessivo. E la Lombardia? Nell ultimo triennio la Lombardia ha istituito alcune forme di sostegno attivo al reddito, privilegiando di volta in volta categorie specifiche di soggetti. In particolare l attenzione della Regione sembra rivolgersi alle famiglie con figli e al sostegno alla natalità. Si pensi ad esempio ai Fondi Nasko e Cresco, che garantiscono un contributo mensile alle madri in condizioni di indigenza a fronte di un progetto personalizzato messo in atto dai consultori familiari. Come spesso accade, peraltro, misure come quelle descritte risultano a scavalco fra due branche delle politiche sociali: quelle a sostegno della famiglia e quelle di contrasto alla povertà. Principali contenuti Regioni (esempi significativi) Misure attive di sostegno al reddito, assimilabili al Pre-RMI: Valle d Aosta; Provincia Autonoma di reddito minimo (universalità + percorsi di attivazione Bolzano; Provincia Autonoma di Trento.Post-RMI: dei beneficiari) Basilicata; Campania (Reddito di Cittadinanza); Friuli- Venezia Giulia (Reddito di Base per la Cittadinanza e F.do per il contrasto ai fenomeni di povertà e disagio sociale); Lazio (Reddito Minimo garantito; Sicilia (Cantieri Servizi); Veneto (Reddito di Ultima Istanza). Altre misure attive di sostegno al reddito rivolte a Lombardia (F.do Nasko e F.do Cresco); Piemonte, specifiche categorie di beneficiari Misure passive di sostegno al reddito Calabria ( minimo vitale ); Molise ( minimo vitale ); Sardegna (contributi per servizi essenziali), 25

Il sostegno economico una tantum alle famiglie povere Proprio per il loro carattere occasionale i contributi economici una tantum destinati alle famiglie in condizioni di povertà non prevedono generalmente progetti individualizzati per i beneficiari. Si tratta di misure volte principalmente a tamponare momentanee situazioni di bisogno o a offrire un sollievo in termini economici alle famiglie a rischio povertà. All interno di questo gruppo si può ulteriormente distinguere fra gli interventi di sostegno diretto al reddito familiare, vale a dire i contributi che integrano i redditi giudicati insufficienti a soddisfare le esigenze della famiglia, e quelli di sostegno indiretto al reddito, ovvero i contributi destinati a coprire specifici bisogni, quali il pagamento della rata del mutuo, le spese scolastiche, i voucher formativi in caso di perdita del lavoro, ecc. I pacchetti anti-crisi : gli esempi di Toscana e Calabria Fra gli interventi di sostegno diretto al reddito troviamo alcuni recenti pacchetti di misure regionali volti a fronteggiare l emergenza povertà, ormai ufficializzata dagli ultimi dati Istat relativi all anno 2012 (povertà assoluta pari al 6,8% delle famiglie italiane e all 8% della popolazione, per un totale di 4 milioni 814 mila individui[5]). Con la legge 45/2013 la regione Toscana, ad esempio, istituisce per il triennio 2013-2015 una serie di misure sperimentali[6] a favore delle famiglie povere con figli nuovi nati, con quattro o più figli o con figli disabili. Si tratta di un contributo economico una tantum erogato ai nuclei che presentano un Isee inferiore a 24.000 euro. Come si vede la soglia di accesso è piuttosto alta e sembra che il target non sia limitato alle famiglie che versano in condizioni di povertà, convenzionalmente identificate da un livello Isee non superiore a 15.000 euro. La stessa legge istituisce anche forme di microcredito a sostegno dei lavoratori in difficoltà. Si tratta quindi di un insieme di misure che intende offrire un aiuto economico occasionale privilegiando alcune tipologie di persone e famiglie. Un intervento anti-crisi simile a quello toscano è il contributo concesso dalla Regione Calabria alle famiglie in situazione di povertà nel cui ambito vivono persone non autosufficienti. In questo caso tuttavia la soglia di Isee massimo per accedere alla misura è di gran lunga inferiore (7.500 euro) e si richiede che la famiglia non possieda beni patrimoniali al di fuori della casa di abitazione: il target è decisamente focalizzato sulle famiglie in povertà estrema. 26

Il boom dei sostegni indiretti Gli interventi di sostegno al reddito di tipo indiretto sono riconducibili a una gamma piuttosto variegata di politiche, anche apparentemente distanti dal contrasto alla povertà in senso stretto. Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di tali misure a seguito dell esplosione di bisogni legati ad ambiti specifici, primo fra tutti quello delle spese abitative. Le famiglie che perdono il lavoro, infatti, si trovano a tagliare dapprima i pagamenti delle utenze domestiche, poi gli affitti e le rate del mutuo, esponendosi inevitabilmente al rischio di sfratto esecutivo. Sono nati così, o sono stati potenziati, i fondi regionali destinati al sostegno delle spese di locazione o i fondi per la concessione di riduzioni nel pagamento delle utenze domestiche (si veda il beneficio regionale per l energia elettrica del Friuli Venezia Giulia). Esempi di misure similari sono il sostegno economico per l accesso alle prestazioni sanitarie destinato ai lavoratori colpiti dalla crisi (Emilia Romagna) o gli assegni di studio per il trasporto scolastico o i libri di testo (Friuli, Lazio). E la Lombardia? La Lombardia è fra le maggiori seguaci del sostegno indiretto al reddito familiare, visto il proliferare di fondi istituiti per far fronte a specifiche emergenze. Si pensi al Fondo Sostegno Affitto, recentemente rivisto e modificato nel Fondo per le famiglie con disagio economico acuto, o ancora il Fondo rivolto a persone che hanno subito uno sfratto o un licenziamento. La Regione inoltre ha privilegiato negli anni un sistema di sostegno fortemente basato su doti e voucher sociali, strumenti pensati per accompagnare i cittadini nel proprio percorso scolastico, formativo, lavorativo e che si collocano a pieno titolo fra gli interventi di sostegno indiretto al reddito. E bene sottolineare che non si tratta in realtà di vere e proprie misure di contrasto alla povertà, essendo rivolte principalmente ad un ceto medio. [7] Principali contenuti Regioni (esempi significativi) Misure di sostegno diretto al reddito (contributi Toscana; Calabria, economici a integrazione del reddito familiare) Misure di sostegno indiretto al reddito (contributo Emilia Romagna (sostegno per prestazioni sanitarie); affitto, copertura spese sanitarie, indennità di Friuli Venezia Giulia (beneficio regionale per l energia partecipazione a programmi di inserimento elettrica; assegni per trasporto scolastico e libri di lavorativo, ) testo); Lazio (F.do per il diritto allo studio scolastico); Lombardia (Fondo Sostegno Affitto e successive modifiche; Dote Scuola; Dote Lavoro; voucher per le cure sanitarie), 27

Il sostegno al terzo settore Vi sono infine gli interventi afferenti al sostegno prevalentemente finanziario ai progetti del terzo settore rivolti alle povertà estreme. Tale sostegno può essere ricondotto a due ambiti principali. Il recupero e la distribuzione delle eccedenze alimentari Il sostegno economico alle iniziative di recupero e redistribuzione dei beni alimentari è ormai pratica diffusa nelle regioni italiane, che prevedono appositi stanziamenti di risorse nelle leggi finanziarie annuali. Diverse regioni hanno inoltre disciplinato la materia attraverso apposite leggi, ad esempio l Emilia Romagna (l.r. 12/2007 ) e più recentemente il Veneto (l.r. 11/2011) e le Marche (l.r. 39/2012). L inserimento sociale e lavorativo dei soggetti svantaggiati e i servizi per i senza fissa dimora Pressoché tutte delle regioni prevedono o hanno previsto in passato la destinazione di risorse al terzo settore per gli interventi di recupero e per i servizi dedicati ai senza fissa dimora, quali mense, dormitori, centri diurni, sportelli per l inserimento lavorativo, ecc. Di solito le regioni prevedono bandi regionali annuali rivolti alle associazioni di volontariato e alle cooperative del privato sociale. E la Lombardia? Con la l.r. 25/2006 la Lombardia ha stabilito i criteri di accreditamento per le attività di recupero e di redistribuzione delle eccedenze alimentari, e nel 2011 ha sottoscritto una convenzione con la Fondazione Banco Alimentare ONLUS, confermando il sostegno regionale in questo campo. La Regione si caratterizza anche per una particolare attenzione alla valorizzazione del Terzo settore, quale soggetto intermediario nell intercettazione delle famiglie in difficoltà e nell erogazione di interventi loro indirizzati. Ogni due anni è istituito così l apposito Bando per il volontariato e l associazionismo e per il sostegno delle attività con finalità di utilità e solidarietà sociale. 28

Principali contenuti Regioni (esempi significativi) Recupero e distribuzione delle eccedenze alimentari Stanziamento di risorse: Abruzzo; Sicilia, Disciplina della materia: Emilia-Romagna; Lombardia; Marche; Veneto, Inserimento sociale e lavorativo di soggetti Pressoché tutte le regioni prevedono o hanno svantaggiati e potenziamento dei servizi per i senza previsto stanziamenti in questo senso. fissa dimora In conclusione All interno del quadro finora descritto l elemento di maggiore omogeneità nelle politiche regionali italiane sembra essere il riconoscimento del ruolo essenziale svolto dal terzo settore in materia di povertà estrema e grave emarginazione. Meno omogeneo sembra invece l atteggiamento nei confronti delle fasce di povertà moderata, specie per quanto riguarda l attivazione di progetti di empowerment nonché valorizzazione delle potenzialità dei beneficiari. Inoltre, sembra che si tenda sempre più verso interventi rivolti a categorie specifiche di poveri, in primis le famiglie con figli a carico, o a problemi contingenti, perdendo di vista la trasversalità del fenomeno povertà e l opportunità di affrontarlo a tutto tondo. Si noti come questa impostazione generi inevitabilmente degli sconfinamenti fra obiettivi di politica sostanzialmente differenti. In particolare emerge la commistione fra politiche di contrasto alla povertà e politiche del lavoro, vista l importanza crescente che queste ultime rivestono all interno delle programmazioni regionali. Da ultimo, vale la pena ricordare che, al di là del tentativo di categorizzazione proposto in questo articolo, vi è una gamma più ampia di politiche sociali regionali che pur rivolte a tutte le famiglie, povere e non povere, generano conseguenze talvolta cruciali sulla condizione dei nuclei più vulnerabili. Si pensi alle politiche di conciliazione fra lavoro e carichi di cura, che facilitano la partecipazione delle madri al mercato del lavoro riducendo il rischio di povertà, alle politiche sanitarie che determinano il livello di compartecipazione alle spese per la salute, o ancora alle politiche di social housing. Anche l architettura di tali politiche può contribuire a decretare o meno la caduta in povertà delle famiglie a rischio, specie in periodi di crisi economica. Si apre però un campo esteso ed eterogeneo, non esauribile in una breve trattazione. Varrebbe la pena in futuro considerare l effetto combinato di queste ultime politiche con quelle qui discusse. 29

1. [1] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Commissione di Indagine sull Esclusione Sociale (2012), Rapporto sulle politiche contro la povertà e l esclusione sociale, Anni 2011 2012. 2. [2] Mesini D. e Dessi C. (2011), Le politiche e gli interventi di contrasto alla povertà, in Gori C. (a cura di), Come cambia il welfare Lombardo. Una valutazione delle politiche regionali, Maggioli, 2010 disponibile su www.lombardiasociale.it. 3. [3] Si veda Spano P., Trivellato U. e Zanini N. (2013). Le esperienze italiane di misure di contrasto della povertà: che cosa possiamo imparare?, Paper tecnico n. 1/2013, disponibile su www.redditoinclusione.it. 4. [4] Con la recente delibera 202/2013 la Regione Sicilia dichiara peraltro di apprezzare la proposta di espandere la sperimentazione dei cantieri di servizio a tutti i comuni dell isola quale piano straordinario per combattere la disoccupazione e il disagio sociale. 5. [5] Si veda anche il contributo di Dessi C. del 29 ottobre 2013: Consumi delle famiglie e povertà in Regione Lombardia, un commento agli ultimi dati Istat. 6. [6] Dopo il primo e il secondo anno saranno sottoposte a verifica per essere eventualmente riformulate. 7. [7] Gori C. (a cura di), Come cambia il welfare lombardo, Maggioli Editore, 2010. 30