ACHILLE ALBONETTI Roma



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Transcript:

ACHILLE ALBONETTI Roma 5 agosto 2014 Professor Romano Prodi Bologna Caro Romano, grazie per la tua lettera del 24 luglio, in risposta alla mia del 13 luglio, con la quale commentavo il tuo Editoriale su Il Messaggero del 13 luglio 2014. È esatto, come affermi, che nel tuo Editoriale non hai scritto che la Primavera Araba è fallita. Il titolo, tuttavia, del quale, forse, non hai la paternità, dice testualmente: Politica estera. La Primavera Araba è fallita. Colpa anche dell Occidente. È pure esatto, come scrivi nella tua lettera, che non hai negato nel tuo Editoriale che la Storia è lineare. Il tuo scritto, tuttavia, contiene un elenco degli eventi negativi, che hanno caratterizzato la politica del Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e Libia dopo la Primavera Araba. Affermi che soltanto in Tunisia si sono avuti risultati positivi. Aggiungi, però: Non vi è motivo di essere contenti: dopo tre anni viviamo in un quadro più inquieto e meno sicuro di prima. Di aria di Primavera se ne respira ben poca. Concludi, poi, l Editoriale notando, per quanto riguarda la Libia, che L Italia, inserendosi in una guerra insensata e contro il suo interesse, ha contribuito a destabilizzare il Paese. Sei, quindi, tornato su questi temi nella tua intervista su L Espresso del 31 luglio 2014. In essa, tra l altro, affermi che gli Stati Uniti, con l intervento in Iraq, hanno commesso un errore strategico impressionante. Origine di tutti i successivi guai. Aggiungi anche che tali guai si sarebbero evitati se, in quel momento, i Paesi europei contrari alla guerra, come Francia e Germania, avessero fatto fronte comune con Russia e Cina. In realtà, Francia e Germania, dopo una forte opposizione e aver fatto fronte comune con Russia e Cina, hanno approvato le Risoluzioni annuali del Consiglio di Sicurezza dell ONU, che hanno affidato per dieci anni agli Stati Uniti la guida di una

coalizione internazionale per abbattere la dittatura pluridecennale e sanguinaria di Saddam Hussein e per instaurare un regime liberale e democratico in Iraq. Lo stesso è stato tentato, due anni prima e a partire dal 2001 in Afghanistan, con una coalizione, guidata ugualmente dagli Stati Uniti e approvata dall ONU. La Primavera Araba, invece, è iniziata circa tre anni fa, nel 2011, in Tunisia, in Libia, in Egitto, in Yemen e in Siria ad opera di insurrezioni nazionali contro regimi dispotici pluridecennali, appoggiati per decenni dagli Stati Uniti e dall Europa, in nome della stabilità e della pace. In tutti questi Paesi, come hai notato nell Editoriale su il Messaggero, i progressi verso la democrazia e la libertà sono scarsi o, addirittura, si è passati da un regime stabile e dittatoriale all anarchia e alla guerra civile. Invece di rimpiangere i Talebani in Afghanistan, Saddam Hussein in Iraq, Al Saleh in Yemen, Gheddafi in Libia, Mubarak in Egitto e la pace stabilita in Siria da Bashar al-assad, penso dovremmo ringraziare chi ha rimosso questi dittatori antistorici e sanguinari. Hanno tutti oppresso, torturato e abolito le libertà e i diritti e valori fondamentali. Dei Talebani in Afghanistan non vale la pena parlare. Saddam Hussein in Iraq ha usato i gas contro i Curdi e in un conflitto quasi decennale contro l Iran. Ha invaso il Kuwait. È stata necessaria una guerra con seicentomila soldati per costringerlo a ritirarsi nei suoi confini. Ugualmente antiliberali, antidemocratiche e sanguinarie come quella di Saddam Hussein in Iraq, sono state le dittature di Mubarak in Egitto, di Ben Ali in Tunisia, di Gheddafi in Libia, di Saleh in Yemen e di Bashar al-assad in Siria. Il corso della libertà e della democrazia non segue uno sviluppo lineare. E questo aspetto cruciale, spesso è dimenticato. Cristo duemila anni fa aveva proclamato la fratellanza e l uguaglianza. I successori di Cristo per centinaia di anni hanno incoronato, invece, despoti sanguinari. Negli Stati Uniti dopo la più importante rivoluzione liberale e democratica della Storia fu necessaria, per abolire la Schiavitù, la sanguinosa e fratricida Guerra di secessione del 1866. Erano trascorsi, invano, ben sessanta anni dalla espulsione della Monarchia britannica, dalla Dichiarazione di Indipendenza, dalla proclamazione degli Stati Uniti d America e dall instaurazione della Democrazia e della libertà. In Francia, dopo l abbattimento cruento di una Monarchia plurisecolare, si ebbero tre Imperi e cinque mutamenti della

Costituzione. E cosa dire, poi, di Charles Maurras e dell Action Française, e del Maresciallo Petain e di Vichy? In Europa, settanta anni di Comunismo e venticinque anni di Nazifascismo hanno contraddetto, nel Ventesimo Secolo sanguinosamente e clamorosamente i princípi, i valori e i sistemi della liberaldemocrazia, affermatisi con la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese più di cento anni prima. Illuminante è la storia dell America del Sud e della lotta contro le ricorrenti tendenze alla dittatura in quei Paesi. Per restaurare la democrazia e la libertà in Cile, ad esempio, dopo il colpo di Stato del Generale Augusto Pinochet, ci sono voluti diciassette anni. In quasi tutti gli altri Paesi, Governi autoritari si alternano con Amministrazioni democratiche. I Talebani in Afghanistan; Saddam Hussein in Iraq; Ben Ali in Tunisia; Gheddafi in Libia; Saleh in Yemen; Mubarak in Egitto; Bashar al-assad in Siria non sono la Storia. Sono Cronaca sanguinosa. La Primavera Araba appartiene invece, alla Storia. Ovviamente, questa è un opinione. Sovrano non è più il Monarca di diritto divino e di sangue. Il Popolo è Sovrano. Cittadini non sudditi oppressi. Su queste basi, negli scorsi due secoli si sono sviluppati due sistemi, sui quali è fondata la più clamorosa crescita politica, culturale, economica e sociale della Storia. Questa straordinaria crescita si è registrata nei Paesi, in cui i princípi e i valori di libertà sono stati adottati, insieme ai sistemi di competizione politica (democrazia rappresentativa) e di competizione economica (libero mercato). Anche lo sviluppo delle democrazie occidentali, frutto delle Rivoluzioni americana e francese, è considerato spesso in crisi. Lo dimostrerebbero, negli Stati Uniti, il Maccartismo e, ora, il Tea Party; in Gran Bretagna, il successo di Lafarge; in Francia, quello di Le Pen; e, in Italia, il Bossismo, il Berlusconismo e il Grillismo; in Ungheria Viktor Orban. Sono movimenti con tendenze autoritarie, plebiscitarie e populistiche, anticamera del dispotismo. In tutti questi casi di crisi della Democrazia si dovrebbe, forse, parlare piuttosto di Democrazia infante. Per ottenere una Democrazia rappresentativa matura e una competitività economica significativa c è ancora molto cammino da percorrere. La tentazione di tornare al dispotismo è sempre forte, se non si riesce a far coesistere la libertà e la democrazia con l ordine e l autorità. Uno Stato, una comunità, infatti, può vivere senza libertà anche per molto tempo - ma non senza ordine.

La Storia ha i suoi tempi. Ma è importante cercare di comprenderne i protagonisti, il significato degli eventi e, soprattutto, la direzione. Quanto alla politica recente degli Stati Uniti e dell Europa, molti sono stati gli errori compiuti. Non penso, tuttavia, abbiamo errato allorché siamo intervenuti contro i dittatori e i despoti in Afghanistan, Iraq, Libia, Yemen, Tunisia, Egitto e Siria. In Afghanistan, la fretta di Obama ha prima ridotto da dieci a due anni il periodo di permanenza di un contingente seppur limitato, dopo il ritiro previsto per la fine del 2014. Inoltre, Obama non è riuscito, fino ad ora, ad ottenere nemmeno un Accordo per due anni con il Governo uscente di Karzai. Forse, con il nuovo Governo sarà più facile. Lo vedremo tra poco. In tredici anni, però, qualcosa si è ottenuto. I Talebani sono stati cacciati dal Governo ed hanno avuto forti perdite. Per la prima volta nella Storia afghana, si sono tenute due elezioni politiche per eleggere il Parlamento. Milioni di alunni frequentano le scuole. Per alcuni anni si è assaporata l aria di qualche libertà. La battaglia non è certamente finita. Quotidianamente, si registrano attentati dei Talebani e può anche darsi che tornino al potere. In Iraq, Obama ha compiuto, forse, lo stesso errore commesso in Afghanistan. Ha ritirato il contingente militare senza essere riuscito a concludere un Accordo con il Governo iracheno per la permanenza di un nucleo ridotto con il compito di assistere il Governo nella ricostruzione politica, militare e amministrativa. Oggi, dopo le recenti elezioni, gli Iracheni supplicano gli Stati Uniti per assisterli contro gli estremisti Sunniti dell ISIS, che hanno sconfinato dalla Siria ed hanno addirittura istituito un Califfato. Ma in Iraq, come in Afghanistan, un regime aggressivo, sanguinario e illiberale è stato abbattuto. In Egitto, dopo l insurrezione popolare, che ha rovesciato la dittatura di Mubarak, si sono avute elezioni politiche e, in poco tempo, due Governi. C è il pericolo, tuttavia, che l attuale Presidente instauri nuovamente un regime autoritario. Ma, anche in questo caso, il popolo ha dimostrato di non accettare passivamente una pluridecennale dittatura ed è insorto invocando democrazia e libertà. In Libia, dopo l intervento europeo e americano in aiuto degli insorti che ha portato all eliminazione del despota Gheddafi è in corso una Guerra civile, nell indifferenza degli Stati Uniti e dell Europa.

In Siria, la Guerra civile, in atto da più di tre anni, ha già causato centottantamila vittime; migliaia di feriti; milioni di sfollati e vaste distruzioni. Obama, fin dall inizio dell insurrezione popolare, ha affermato che il dittatore siriano Bashar al-assad doveva andarsene. Poi, ha dichiarato che, se avesse usato armi chimiche, sarebbe intervenuto militarmente. Però, non lo ha fatto e le vittime e le distruzioni continuano nella quasi indifferenza generale. Ha così posto, involontariamente, le premesse per il gravissimo intervento militare della Russia in Crimea e Ucraina. E l Europa? Vicina a questi Paesi, per geografia e Storia, più degli Stati Uniti, è deplorevolmente assente. Nel tuo Editoriale su il Messaggero saggiamente rilevi, a questo proposito, che noi Occidentali, noi europei e noi italiani non abbiamo dato proprio nessun aiuto, nè politico, nè economico, per favorire una soluzione migliore. E concordo. L Ucraina non è un Paese arabo, ma il conflitto in corso rientra, in qualche modo, nel recente corso della Storia. Anche in questo Paese, infatti, si è avuta una rivolta popolare, che ha rovesciato un Governo autoritario. Di fronte alla reazione tardiva dell Europa e degli Stati Uniti è intervenuta la Russia di Putin. Si è annessa militarmente la Crimea e sta tentando di condizionare il nuovo Governo ucraino, appoggiando surrettiziamente i separatisti filorussi. Questo centro di crisi attualmente è, forse, il più grave, perché coinvolge i rapporti tra due potenze militarmente nucleari, gli Stati Uniti e la Russia. Tocca, inoltre, pesantemente, gli interessi economici e politici europei, l Alleanza Atlantica e la NATO. La crisi in Ucraina dovrebbe costituire un ulteriore incentivo per un iniziativa europea. L unità raggiunta recentemente sul tema difficile delle sanzioni alla Russia, è un segnale incoraggiante. Ugualmente lo è la ferma posizione della Germania con la guida della Merkel. Da ultimo, la recente nomina, per la prima volta, di un Generale tedesco, il Brigadiere Generale Markus Laubenthal, a Capo di Stato Maggiore della U.S. Army in Europe, è un ulteriore conferma. Nella tua intervista all Espresso, a seguito del commento del cronista Gigi Riva che rileva forse Kiev è l unico luogo dove gli Stati Uniti si sono impegnati davvero, tu affermi: Mancava l Europa e sono arrivati loro. Ho sempre pensato che, nella costruzione dell Europa unita, la politica estera e di difesa saranno gli ultimi passi.

Mi domando, tuttavia, se è saggio che l Unione Europea si concentri, quasi esclusivamente e da circa sessanta anni, sui problemi economici e finanziari. Schuman, Adenauer e De Gasperi avevano compreso il problema e, all inizio degli anni Cinquanta, avevano avviato la costruzione europea con il Progetto, purtroppo fallito, di Comunità Europea di Difesa. Tre Ministri della Difesa, il francese Chaban Delmas, il tedesco Franz Joseph Strauss e l italiano Paolo Emilio Taviani, avevano addirittura concluso, nel 1957, un Accordo per un armamento nucleare europeo. Sessanta anni fa, cioè, si era compreso che nel 1945, con il lancio di due bombe atomiche a Hiroshima e a Nagasaki, è iniziata l epoca nucleare. E, in tale epoca, la divisione dell Europa rende i Paesi europei irrilevanti e indebolisce la più grande Alleanza della Storia: l Alleanza Atlantica, quella con gli Stati Uniti. Giustamente tu affermi, nella intervista all Espresso, che gli Stati Uniti sono ancora la potenza numero uno, ma da sola non è in grado di reggere i destini del Pianeta. Un tuo allievo, Enrico Letta, appena eletto Presidente del Consiglio italiano, ha dichiarato testualmente: Agli elettori che chiedono più lavoro e più crescita non possiamo rispondere soltanto con il progetto di Unione Bancaria. Non capirebbero e ci rincorrerebbero con i forconi. C è dunque, un deficit non soltanto politico, ma anche istituzionale. Già una volta l Europa era morta chiudendo gli occhi a Sarajevo e Srebrenica, quando non era stata capace di prendere una vera iniziativa davanti alla guerra che dilaniava i Balcani. Oggi, la sensazione di impotenza si ripete con la crisi siriana. Manca un vero Esercito europeo, che ci permetterebbe anche di ridurre le spese militari che pesano sui bilanci nazionali. ( Corriere della Sera 1 giugno 2013). È urgente riprendere il discorso. L Italia potrebbe proporre un iniziativa tra i Paesi interessati nell ambito delle cosiddette Cooperazioni rafforzate, previste dai Trattati europei esistenti. Non occorrono aumenti dei bilanci della Difesa. Con progetti comuni nel settore terrestre e aereonavale, evitando duplicazioni e sprechi assurdi, si possono ottenere risultati enormi. Due parole ancora sugli Stati Uniti. Con Obama la tentazione della politica isolazionista è ripresa. Dobbiamo ricordare che la politica estera americana è iniziata duecento anni fa con la Dottrina Monroe. L America agli Americani e completo disinteresse per il resto del Mondo. Nel Ventesimo Secolo le due Guerre Mondiali, in particolare la Seconda, hanno, invece, visto gli Americani come protagonisti ed

hanno testimoniato la fine delle centralità dei Paesi europei ed il loro progressivo declino. Le tentazioni isolazioniste attuali degli Stati Uniti non vanno esagerate. Direi che sono ricorrenti. L economia degli Stati Uniti è, tuttora, dinamica ed è la più forte del mondo. Il bilancio americano della Difesa è impressionante. Dieci portaerei nucleari e diecimila ordigni atomici. Dozzine di basi in ogni parte del mondo e circa duecentomila militari all estero: in Europa, circa cinquantamila; circa trentamila in Giappone e altrettanti in Corea del Sud, Filippine, Australia, Medio Oriente, Africa. Nessun Stato al mondo può proiettare una simile potenza aeronavale, nucleare, ideologica, politica, economica e culturale come quella degli Stati Uniti. Il vero problema della politica estera oggi, come accennato, è il crescente declino e l irrilevanza dell Europa. È urgente provvedere con una nuova iniziativa nel campo della politica estera e della difesa. L Italia può avere un importante ruolo. Dopo il fallimento del Progetto di Comunità Europea di Difesa, il rilancio avvenne a Messina. I Trattati per la Comunità Economica Europea (Mercato Comune) e per l Euratom sono stati firmati a Roma e si chiamano Trattati di Roma. Fino a dicembre, l Italia presiede il Consiglio dell Unione Europea. Quanto alla Cina, da circa trenta anni questo grande Paese sta avendo una crescita economica, sociale e culturale impressionante. La deve all adozione, seppur controllata, dei princípi liberali dell economia di mercato. Pechino si concentra saggiamente, per ora, sul rafforzamento dell economia ed evita di impegnarsi nella politica internazionale. È quasi assente nei principali centri di crisi. Deve ancora affrontare, però, il problema ben più difficile del superamento del regime comunista e dell introduzione del sistema liberale, democratico e rappresentativo. Un compito enorme. *** Ancora grazie per la tua lettera e i tuoi recenti scritti, che mi hanno dato l occasione per esporre alcune riflessioni, forse presuntuose, che riguardano alcuni temi attuali e vitali, quali la Primavera Araba, il ruolo degli Stati Uniti, dell Europa e della Cina. Sono riflessioni per me, ma anche per te, già Presidente del Consiglio italiano, già Presidente della Commissione dell Unione

Europea. Ora autorevole candidato alla Presidenza della Repubblica. Un caro saluto Achille