UN PATTO TRA PRODUTTORI PER IL RILANCIO DEL SETTORE DEI CALL CENTER



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UN PATTO TRA PRODUTTORI PER IL RILANCIO DEL SETTORE DEI CALL CENTER Quella che segue è la piattaforma per una nuova politica per il settore dei call center, così come discussa ed integrata durante l Assemblea Nazionale dei quadri e delegati SLC-CGIL che si è tenuta a Roma il 28 giugno scorso. Su questa piattaforma, sulle proposte che qui si avanzano, non ci interessa come SLC-CGIL nessun riconoscimento di prima genitura. Ci interessa anzi raccogliere su queste proposte il massimo di consenso possibile, da parte di tutte le altre organizzazioni sindacali, delle singole aziende così come delle loro associazioni di rappresentanza, da parte delle istituzioni locali e nazionali. Al riguardo già dalle prossime settimane organizzeremo incontri, iniziative pubbliche, assemblee sui posti di lavoro, confronti a livello locale e nazionale per portare avanti una nuova strategia che metta la buona occupazione e lo sviluppo del settore al centro dell agenda politica, guardando al rilancio dell intera filiera e degli investimenti. Certi che il futuro di migliaia di posti di lavoro sia un tema su cui nessuno può sottrarsi dalle proprie responsabilità. L attuale fase del settore I dati dell ultimo semestre del 2009 e del primo semestre del 2010 stanno evidenziando nel settore dei call center in outsourcing problematiche che rischiano di far precipitare il comparto in una crisi occupazionale di proporzioni mai conosciute prime. Il settore risente della crisi generale, ma anche di problematiche specifiche legate in particolare a: - un rapporto squilibrato tra le grandi aziende committenti (private e a partecipazione pubblica) e i call center in outsourcing (gare al massimo ribasso, con assegnazioni a valori anche inferiori ai costi minimi contrattuali e infrastrutturali); - il venir meno di alcuni incentivi fiscali e/o previdenziali (esaurimento effetti legge 407, ecc.) che, in una fase recessiva, rendono difficilmente sostenibili i conti economici delle aziende; - l assenza di una politica industriale per l intera filiera delle Telecomunicazioni, di cui i servizi di CRM sono parte importante. 1

Da evidenziare alcune particolarità del settore: - il costo del lavoro è mediamente tra i più bassi del settore privato (-18% rispetto alla media Istat per le aziende del terziario) e nonostante ciò incide per circa l 80% sui ricavi complessivi delle aziende (dati Assocontact-Confindustria 2009); - il 70,5% degli addetti ha un età inferiore ai 40 anni, con un tasso di scolarizzazione superiore alla media (29% laureati, 54% diplomati); - il 73,5% degli addetti è concentrato in regioni meridionali ed insulari; - Il 67,9% degli addetti è di sesso femminile. Il quadro Regione per Regione Questo che segue è un quadro di quanto già avvenuto negli ultimi 9 mesi e, soprattutto, delle situazioni di rischio che nel prossimo semestre potrebbero consegnarci una situazione ancor più drammatica. Rischio connesso non tanto alla stabilità o meno delle specifiche aziende (Almaviva, Call & Call, Comdata, Transcom ecc.) che, prese singolarmente, hanno capacità e solidità evidenti, ma da un settore che sembra sempre più penalizzare le imprese più corrette e che investono in qualità, contro chi si improvvisa imprenditore. Il quadro si riferisce alle situazione al momento note alle Segreterie Nazionali delle OO.SS. Piemonte: 1200 persone in cassa integrazione in deroga a 0 ore (600 nella sola Novara, 200 a Torino, 150 a Trino Vercellese, 100 a Biella). Altri 800 posti di lavoro sono a rischio nell area di Torino e Ivrea. Lombardia: 1150 CIG in deroga a zero ora fra Milano e Monza. Circa 350 contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati a causa della crisi di Voicity Holding e del calo di volumi registrato da Almaviva. Ulteriori 1950 posti sono a forte rischio in provincia di Milano (Telecontacto, Media Call, ecc.), nel bresciano e nel bergamasco. Liguria: ci sono circa 1000 posti di lavoro cui futuro è legato al rinnovo di specifiche commesse dell Enel o del settore finanziario (Call&Call, Argos, ecc.) fra Genova e La Spezia, a cui occorre aggiungere la contrazione già registrata a La Spezia in Comdata (circa 200 unità), azienda che permane in forti difficoltà finanziarie. Toscana: la crisi della Answers di Pistoia è stata solo in parte risolta. Allo stato attuale ci sono ancora centinaia di persone in cassa integrazione per le quali non è certo il reintegro totale in tempi brevi. Lavoratori in CIGS sono presenti a Pisa, Arezzo e nella provincia fiorentina (per un totale di posti a rischio di circa 450 unità). Lazio: 265 procedure di licenziamento in corso (65 a Kronos a Pomezia, il resto dichiarate da Teleperformance a Roma, oggi in contratto di solidarietà). Altri 250 posti di lavoro di Omnia Network sono a forte rischio se non si chiarisce la vicenda della commessa Inps\Inail, ad oggi di fatto ancora non assegnata. A rischio anche parte dei volumi di E- Care a Roma (per circa 300 addetti). 2

Abruzzo: procedura di licenziamento per circa 300 lavoratori da parte della Transcom SpA. Crisi in parte superata grazie ad accordo con la E-Care SpA, ad oggi vi sono ancora 75 lavoratori della Transcom in cassa integrazione che rischiano di non rientrare nel circuito produttivo se non si sblocca l assegnazione della commessa Inps\Inail. In crisi occupazionale l azienda 3G di Sulmona (400 operatori) e altre aziende minori in provincia di Pescara (180 addetti). Campania: 300 posti persi per la crisi della Voicity ex Omnia Network. Difficoltà si registrano anche nei call center del casertano (680 posti a rischio) e nella provincia di Salerno (285 unità). Calabria: 2500 posti persi a seguito della crisi Phonemedia fra Catanzaro e Vibo Valentia. Altri 700 posti sono a forte rischio a seguito di crisi di aziende minori (Jonitel di Cosenza, Giary Group di Siderno, Blu Call a Rende e Catanzaro). Possibili difficoltà (commessa H3G) si annunciano anche per Datel Telic (gruppo Abramo) per circa un centinaio di lavoratori a rischio CIGS. Puglia: 500 lavoratori in CIG in deroga a zero ore a causa delle crisi Phonemedia e Voicity. 650 licenziamenti dichiarati a Taranto da Teleperformance (ora in Contratto di Solidarietà). Difficoltà si registrano anche in provincia di Lecce (Casarano) e in provincia di Foggia, per una stima di circa 550 addetti. Sardegna: 450 lavoratori di Video On Line2 a Cagliari (Gruppo Omega) sono senza stipendio da diversi mesi. Sempre a Cagliari ulteriori due aziende hanno dichiarato uno stato di crisi che coinvolge ulteriori 190 lavoratori. Sicilia: a questi numeri dobbiamo aggiungere le 650 unità di Trapani coinvolte dal tracollo di Phonemedia, i 100 lavoratori di Omnia Network licenziati a Palermo, 130 lavoratori in mobilità fra Catania e Agrigento. Sempre su Palermo, nel secondo semestre del 2010, bisognerà verificare la situazione della Alicos (gruppo Almaviva) e di 4you. Qui il calo dei volumi delle commesse Alitalia, Wind e Enel dovuto anche ad una politica di delocalizzazione delle attività all estero, mette a rischio circa 5500 posti di lavoro. A Catania oltre alla già nota crisi di Ratio Consulta (150 lavoratori in CIGS) si registrano possibili difficoltà per i call center operanti presso Mister Bianco (circa 900 addetti). Nel 2010 quindi il settore dei call center outsourcer rischia di perdere circa 15-16 mila posti di lavoro, su circa gli 80 mila addetti a tempo indeterminato. Probabilmente la crisi occupazionale è inoltre maggiore, in quanto non si hanno stime attendibili sulle cessazioni di contratti di apprendistato, inserimento, a termine, in collaborazione a progetto. Un dramma occupazionale che, in molte realtà soprattutto meridionali, rischia di diventare un vero e proprio problema sociale e potenzialmente di ordine pubblico. E urgente per tanto un intervento legislativo che aiuti il settore a sostenere l urto di questa crisi, almeno per il periodo 2010-2011. 3

Le responsabilità di Governo e Confindustria In questo scenario le responsabilità del Governo sono evidenti: nonostante le diverse proposte in campo, anche da parte delle singole aziende e di Assocontact, manca una strategia organica di salvaguardia occupazionale e di rilancio del settore. Anzi le recenti scelte governative contenute nel decreto anticrisi (n.78 del 2010) aggravano ulteriormente il quadro: 1) tagli lineari del 10% per il Ministero di Sviluppo Economico (tabella legata al Decreto): è da sottolineare che dei 2.666.866.000 euro di riduzioni complessive previsti nelle tre tranche del triennio 2011-2013, ben 2.458.970.000 sono imputati alla missione Sviluppo e riequilibrio territoriale : una straordinaria, esosa sottrazione di risorse del e per il Mezzogiorno, in continuità con la sottrazione di risorse ampiamente attuata in questi due anni. Ricordiamo che proprio nel Sud Italia si registrano oggi le maggiori sofferenze occupazionali nel settore. 2) Art. 40 (fiscalità di vantaggio per il mezzogiorno): il capolavoro è triplice. Da un lato si interviene potenzialmente sulla riduzione dell IRAP (che nel nostro settore pesa) solo nelle 8 Regioni meridionali (mettendo così in difficoltà gli insediamenti di call center nel centro nord); dall altro lo si lascia alla discrezionalità e alle risorse delle singole Regioni (quindi non vi è nessuna risorsa in più, anzi il taglio dei trasferimenti dal Centro alle Regioni, aggrava già le difficili condizioni di cassa esistenti); infine l incentivo non è finalizzato al mantenimento e/o riqualificazione delle imprese già operanti, ma alla costituzione di nuove aziende (quindi di nuovi call center), con il risultato che qualora qualche Regione trovasse le risorse necessarie si incentiverebbe un meccanismo perverso che già opera nel settore (cioè la chiusura delle attuali imprese e la costituzione a 100 metri di nuove realtà, con il ricatto occupazionale, i passaggi di contratto individuale, le selezioni che tutti si possono immaginare). In particolare si chiede la modifica immediata dell articolo in questione prima della conversione in legge del decreto. A questo si deve sommare la totale assenza di volontà da parte delle imprese committenti (che non si presentano neanche al Tavolo di crisi istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico) di definire una volta per tutte clausole sociali o capitolati di appalto tipo, scaricando sugli outsourcer la riduzione dei ricavi. Aziende tutte associate a Confindustria, diverse delle quali, per di più, a partecipazione e/o controllo pubblico (Ministero dell Economia, Regioni e Comuni). Le nostre proposte Come SLC-CGIL siamo profondamente convinti che nessuno sviluppo è possibile senza scommettere sulla qualità, senza valorizzare i diritti e le professionalità dei lavoratori. Non può esserci sviluppo dove prevalgono i ricatti occupazionali, il ritorno al precariato, la guerra tra poveri, la guerra tra Nord e Sud, l imprenditoria pirata (si vedano per tutti i casi di Omnia e Phonemedia), il non rispetto delle leggi e del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Recenti vicende anche in altri settori, dimostrano che sul ricatto e senza il consenso diffuso della grande maggioranza dei lavoratori non si fa molta strada. 4

L esperienza finora fatta, dalle stabilizzazioni ai tanti accordi di secondo livello, dalla sottoscrizione del recente CCNL fino alla possibilità (persino) di ricorrere ad ammortizzatori sociali (proprio perché in presenza di lavoratori con contratto a tempo indeterminato), ci indica infatti che la strada intrapresa da SLC-CGIL insieme al sindacato confederale tutto, è l unica strada giusta in grado di chiamare tutti a farsi classe dirigente e responsabile. Siamo convinti che non servano scorciatoie, che il dumping salariale o sui diritti è solo un gioco a somma negativa, e che invece quello che occorre è un vero e proprio patto di sistema. Per questo proponiamo a FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, al Governo e alla stessa Confindustria un PATTO TRA PRODUTTORI PER IL RILANCIO DEI CALL CENTER. In particolare, anche prendendo spunto da alcune proposte Assocontact-Confindustria Servizi innovativi, chiediamo: già presentate da 1) al Governo nazionale di: ricostituire (presso la Presidenza del Consiglio) l Osservatorio Nazionale sui call center, esperienza positiva di confronto ed iniziativa che vedeva tutti i soggetti istituzionali e sociali coinvolti e, purtroppo, successivamente azzerata; riconoscere a quelle aziende del settore che, con accordi specifici con il sindacato, garantiscano la tenuta occupazionale e lo sviluppo nonché la lavorazione in Italia delle commesse (si impegnano cioè a non delocalizzazione all estero, anche per una maggiore tutela dei dati e della privacy), una proroga della L.407, ovvero forme di sgravi contributivi che permettano alle realtà più sane di mantenere l occupazione (rallentando così anche il sempre più preoccupante fenomeno delle delocalizzazioni di attività customer verso paesi quali l Albania, la Tunisia e la Romania; con tutto ciò che ne consegue anche in termini di tutela dei dati sensibili). Al riguardo il Governo potrebbe inoltre: a) modificare le attuali normative per PON e POR, riconoscendo il sostegno al settore come strumento di tutela occupazionale non assimilabile agli aiuti di Stato, modificando (e in parte azzerando) le norme introdotte per la Governance dei Fondi strutturali e del FAS (c.d. Piano per il Sud ); b) mettere a detrazione dalla base imponibile dell IRAP (con trasferimenti sostitutivi alle Regioni) i costi di formazione realizzati mediante risorse interne aziendali, nonché forfettizzare solo per i contratti a tempo indeterminato un maggior abbattimento; c) riconoscere ai fini IRES un aumento della detraibilità dell IRAP versata superiore al 10/12% (tipica solo dei settori più labour intensive), una maggiore detraibilità degli interessi passivi, la piena detraibilità delle spese telefoniche; 5

d) riconoscere aliquote di ammortamento per gli investimenti superiori a quelle attuali, con un vincolo di destinazione sulle attrezzature informatiche o, in alternativa, individuare una finestra per il riconoscimento delle agevolazioni della c.d. Tremonti Ter per gli investimenti realizzati dalle imprese di call center, nel 2010, in software, hardware, ecc. applicare immediatamente alle imprese partecipate e/o controllate dal Ministero dell Economia le norme previste per gli appalti pubblici, responsabilità in solido, capitolati di appalto. In particolare da subito la stessa Consip (per gli acquisti centralizzati delle PP.AA:) dovrebbe ricevere esplicita indicazione di praticare gare secondo il principio dell offerta qualitativamente più congrua e non secondo il principio del massimo ribasso. Al riguardo il Governo potrebbe sviluppare una proposta sulla falsariga di quanto già l Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici ha deliberato per gli appalti delle PP.AA. e degli enti locali, estendendone la funzione anche agli appalti delle aziende a partecipazione pubblica; riconoscere il settore dei call center come settore industriale a tutti gli effetti, con unica classificazione ai fini INPS per accedere alla CIGO (in caso di cambio commessa, cambio hardware, ecc.) e ai contratti di solidarietà ordinari. Il settore dei call center è per sua natura soggetto a cambi improvvisi di volumi, a forti innovazioni in hardware e software, a picchi e cali improvvisi di attività; avviare un Piano straordinario di lotta all illegalità, all evasione contributiva e assicurativa, all elusione delle norme di legge e di CCNL nel settore dei call center, emanando specifica disposizione alla Direzione Generale dei Servizi Ispettivi, INPS, INAIL, Comando dei Carabinieri e della Guardia di Finanza presso gli ispettorati del lavoro. Senza legalità, senza una forte iniziativa di contrasto ai tanti imprenditori scorretti è difficile immaginare ogni sviluppo; Nello specifico evidenziamo che le misure sopra indicate (ipotizzando un costo aggiuntivo in spese strumentali per le ispezioni pari a 2/4 milioni di euro) avrebbero un costo complessivo nel biennio di circa 40/45 milioni di Euro (mettendo in sicurezza circa 80 mila addetti diretti, più l indotto, con un ritorno prevedibile dalla sola lotta all evasione contributiva e fiscale per oltre il 60% dell intero pacchetto ). 2) Ai Governi Regionali/comunali di: riconoscere le agevolazioni per la nascita di nuove imprese anche alle imprese che, in presenza di accordi sindacali e con la destinazione di almeno il 60% delle agevolazioni in nuovi investimenti, si impegnino a mantenere inalterati i livelli occupazionali (contratti a tempo indeterminato, determinato, apprendisti, inserimento), con l accredito delle agevolazioni in 10-12 sessioni semestrali (spalmando così gli incentivi non sui primi tre anni, ma su 5-6) e previa verifica del rispetto degli impegni di investimento e del rispetto degli accordi sindacali (anche in questo caso con interventi agevolativi, in alternativa, su spese telefoniche, acquisto software, ecc. vedi proposte sopra indicate); 6

di applicare immediatamente alle imprese partecipate e/o controllate dalla Regione e dalle istituzioni locali (municipalizzate, enti strumentali, ecc.) le norme previste per gli appalti pubblici, responsabilità in solido, capitolati di appalto; predisporre una specifica misura nei fondi regionali per gli investimenti pubblici in formazione rivolta ai call center, in particolare per sostenere la crescita di figure multiskill (operatori in grado di stare su più commesse, con conoscenze trasversali e di problem solving riconosciute e certificate) e per favorire la conversione da operatori di assistenza telefonica ad operatori multicanale (assistenza via web, lavorazione back office, ecc.) con capacità di personalizzare la gestione del singolo cliente (portafogli individuali, creazione di offerte e soluzioni specifiche, ecc.). 3) Alle imprese committenti e alle loro associazioni datoriali (a partire da ASSTEL) di: definire un Avviso Comune, contenente soglie minime di aggiudicazione di appalto, capitolati tipo di appalto, clausole sociali di salvaguardia occupazionale (con interventi di tipo ex-post e preferenziali ex ante). Come SLC-CGIL siamo pronti a definire casistiche tipo per commesse che a fronte di clausole sociali vincolanti sia il committente che l outsourcer non possono scendere sotto un determinato e specifico costo complessivo (costi contrattuali e costi per la salute e sicurezza). I committenti non dovranno assegnare commesse (o cambiare appaltatore) a imprese con lavoratori cui costi complessivi siano inferiori a quelli dei concorrenti con cui hanno avuto finora rapporti commerciali. I committenti possono cioè assegnare commesse (o cambiare appaltatore) esclusivamente su indicatori di qualità e non di costo del lavoro. Per esempio: Telecom o Wind possono anche togliere una commessa all impresa X (che ha tutti i lavoratori inquadrati al 3 livello del CCNL e rispetta le maggiorazioni per straordinario, ecc.), ma solo per assegnarla ad altra impresa che inquadri i lavoratori al 3 livello del CCNL, ecc. Oppure possono assegnare nuove commesse, ma solo ad operatori con un costo del lavoro pari o superiore a quello degli outsourcer con cui già hanno rapporti commerciali. La qualità deve divenire cioè la bussola dei rapporti commerciali tra committente ed outsourcer, a tutela anche dei consumatori e degli stessi impegni che le aziende di TLC prendono con AGCOM. In più i committenti, in quanto responsabili principali della tutela dei dati sensibili e della privacy dei loro clienti, devono prevedere espressamente il divieto di delocalizzare attività di customer care e di gestione dati fuori dall Italia. 4) Alle imprese in out sourcer di: assumere (anche tramite la creazione di specifici Osservatori bilaterali) il principio coerente con le clausole sociali di cui sopra - che in caso di difficoltà occupazionali le attività (ci riferiamo in particolare alle aziende pluri sito) non vadano collocate dove il costo è minore, ma dove è maggiore il rischio di riduzione dei livelli di impiego, garantendo a tutti i siti produttivi un equilibrio di attività; 7

destinare per i prossimi 3 anni almeno il 75% degli utili post imposte ad investimenti sul personale (occupazione, formazione) e su innovazioni di processo e prodotto; di sottoscrivere, per avere accesso ai diversi benefici, specifici accordi sindacali per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e contro ogni forma di delocalizzazione all estero di commesse prese in Italia. Accordi da sottoscrivere con i sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale; di non partecipare a tutte le gare in violazione o in assenza delle clausole sociali o in presenza di modalità di appalto al massimo ribasso, utilizzando i diversi incentivi pubblici al fine di consolidare l azienda e non di abbassare l offerta commerciale. Il nostro contributo, come Sindacato A sostegno di questa piattaforma ci mobiliteremo sin nei prossimi giorni a tutti i livelli, coinvolgendo le strutture confederali e di categorie, le RSU ed i comitati degli iscritti, fino a promuovere momenti unitari (SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL) di informazione e sensibilizzazione con tutte le lavoratrici e lavoratori del settore, pronti come SLC-CGIL all interno di un quadro dove vi siano tutti i diversi interventi necessari di sistema a fare la nostra parte, a ricercare soluzioni per migliorare l organizzazione del lavoro e le diverse punte produttive, con un governo condiviso di tutte le diverse flessibilità (multiperiodale, ecc.) presenti nel CCNL. Roma, 1 luglio 2010 8