RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI: UNA SFIDA PER LE NAZIONI UNITE *



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RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI: UNA SFIDA PER LE NAZIONI UNITE * Sono pieno di gratitudine per l opportunità che mi è stata data di parlare per la terza volta presso la sede della Nazioni Unite. Nel 1992 ho tenuto qui la mia prima relazione sul tema «Responsabilità globale: un nuovo ethos mondiale nel nuovo ordine mondiale». Già nel 1984, infatti, avevo formulato lo slogan «nessuna pace tra le nazioni senza pace tra le religioni», proponendolo al dibattito pubblico nel 1989, in occasione del World Economic Forum a Davos e della conferenza dell UNESCO a Parigi. Ho sviluppato il «Progetto per un ethos mondiale (Projekt Weltethos)» nell ampia cornice del mio libro del 1990, che porta lo stesso titolo. Nel 1994 parlai nuovamente in questa sede e mi confrontai in particolare col suggestivo saggio di Samuel P. Huntington dell Università di Harvard, Scontro tra le culture?, pubblicato nel frattempo. In quell occasione proposi tuttavia un approccio diver- * Questo contributo riproduce la relazione tenuta dall autore, originariamente in lingua inglese, il 19 febbraio 1999 presso la sede delle Nazioni Unite a New York, su invito di numerose ONG. Salutato in nome del Segretario generale dall Assistente per le relazioni esterne, sig.ra Gillian Sorensen, l autore ha condotto la discussione assieme all ambasciatore Juan Somavia che in quest occasione si è congedato dall Assemblea generale in qualità di nuovo Segretario generale della International Labour Organization (ILO) e al Prof. Bernett R. Rubin del Council of Foreign Relations. La versione versione tedesca del contributo è stata pubblicata in K.-J. Kuscher - A. Pinzani - M. Zillinger (a cura di), Ein Ethos für eine Welt. Globalisierung als ethische Herausforderung, Campus, Frankfurt/M.-New York 1999, pp. 27-37. Una diversa traduzione italiana del medesimo testo, condotta da Marco Iannello, è apparsa in «Rinascita della scuola», 24 (2000), n. 2, pp. 83-90.

30 so: invece di uno scontro tra culture un dialogo basato sull ethos mondiale. Non vi sorprenderà quindi che la risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite del 4 novembre 1998, relativa al dialogo tra culture, e la proclamazione dell anno 2001 quale «anno del dialogo tra culture», mi incoraggino molto. 1. DUE DICHIARAZIONI SUL TEMA «ETHOS MONDIALE» Prima di parlarvi della responsabilità degli uomini per i diritti umani, vorrei innanzitutto richiamare alla memoria alcuni principi fondamentali dell ethos mondiale: - l ethos mondiale non è una ideologia o una sovrastruttura nuova; - non rende superflua l etica specifica di ogni religione o visione del mondo: sarebbe ridicolo considerare l ethos mondiale come un sostituto della Torah, del Discorso della montagna, del Corano, del Bhagavadgita, dei Discorsi del Buddha o dei Detti di Confucio; - l ethos mondiale è soltanto un minimo necessario di valori comuni, di standards e di atteggiamenti fondamentali. In altre parole: esso rappresenta un consenso minimo su valori vincolanti, standards irrevocabili e atteggiamenti etici, che possano essere sottoscritti da tutte le religioni, al di là delle innegabili differenze dogmatiche e teologiche, e che possono essere condivisi anche dai rappresentanti di visioni del mondo a carattere non religioso. Questo consenso attorno ai valori può fornire un contributo decisivo per superare la crisi di orientamento odierna, diventata ormai un problema di portata veramente globale; - l ethos mondiale è quindi un progetto che richiede più di un decennio per essere realizzato; esso esige una trasformazione delle coscienze, che ad ogni modo ha fatto grossi passi avanti negli ultimi dieci anni. A chiunque prema che i diritti umani vengano pienamente rispettati e difesi più efficacemente su tutto il pianeta, dovrebbe pure interessare il diffondersi di una trasformazione della coscienza in ordine ai doveri degli uomini o alle loro responsabilità. Queste ultime devono essere considerate proprio in relazione alla sfida e agli sforzi di portata globale tesi a realizzare un ethos mondiale, un ethos per l umanità. Tali sforzi hanno ricevuto negli ultimi anni un ampio sostegno internazionale. Due documenti appaiono qui particolarmente significativi:

RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI 31 il 4 settembre 1993 i delegati del Parlamento delle regioni mondiali a Chicago approvarono per la prima volta nella storia delle religioni una «Dichiarazione sull ethos mondiale»; il 1 settembre 1997, anche qui per la prima volta, l InterAction Council degli allora capi di Stato e di governo si espresse a favore di un ethos mondiale e presentò alle Nazioni Unite una «Dichiarazione universale delle responsabilità umane», concepita per sostenere, rafforzare e completare i diritti umani muovendo da un punto di vista etico; inoltre il terzo Parlamento delle religioni mondiali, che si riunirà a Kapstad nel dicembre 1999, promulgherà un «Appello alle più influenti istituzioni sociali», basato sui principi della Dichiarazione di Chicago. Così come presso il Parlamento delle regioni mondiali, sono stato consigliere scientifico anche in seno all InterAction Council. Perciò sono stato pure responsabile del primo progetto di questa Dichiarazione delle responsabilità umane, col compito di includere in essa i numerosi miglioramenti proposti dagli uomini di Stato, dagli esperti appartenenti ai diversi continenti, religioni e discipline. Mi identifico quindi pienamente con tale Dichiarazione. Se tuttavia non mi fossi occupato per anni di questi problemi e non avessi scritto alla fine un libro dal titolo «Un etica globale per la politica e l economia planetaria», pubblicato nel 1997, che affronta con ampiezza di argomentazioni l intero spettro delle questioni qui richiamate, non avrei certo osato formulare un progetto di questo tipo. Esso si lega in maniera stretta alla Dichiarazione dei diritti umani del 1948 e alla Dichiarazione per un ethos mondiale del 1993, che richiedeva una continuazione politico-secolare. Tali dichiarazioni non rivelano quindi un carattere ingenuo: esse costituiscono piuttosto il frutto di uno sforzo spirituale. Dopo aver richiamato il contesto storico e personale, vorrei ora proporre alcune osservazioni che mi sembrano fondamentali per il nostro tema. 2. LA GLOBALIZZAZIONE RICHIEDE UN ETICA GLOBALE La Dichiarazione dell InterAction Council non rappresenta un documento fine a se stesso. Essa fornisce una risposta alla richiesta urgente di standards etici globali, a cui nel 1995 organismi internazionali così importanti come la Commissione delle Nazioni Unite per

32 l amministrazione globale e la Commissione mondiale per la cultura e lo sviluppo hanno dedicato dei capitoli consistenti delle loro relazioni. Lo stesso tema viene discusso da molto tempo presso il Word Economic Forum a Davos, così come in seno all Universal Ethics Project dell UNESCO. A quest argomento viene prestata crescente attenzione proprio in Asia, dove appare spesso problematico parlare di diritti umani senza menzionare al contempo le responsabilità umane. Il Mahatma Gandhi, interpellato sulla Dichiarazione dei diritti umani, disse: «il Gange dei diritti sgorga dall Himalaja delle responsabilità». La questioni sollevate da questi organismi internazionali e interreligiosi si pongono sullo sfondo di una considerazione di fatto: la globalizzazione in campo economico, tecnologico e mediatico si accompagna alla globalizzazione di problemi che vanno dai mercati finanziari e del lavoro fino alla tutela dell ambiente e al crimine organizzato. Se servono delle soluzioni globali per tali problemi, queste richiedono una globalizzazione dell ethos: non un sistema unitario di norme («Ethik»), quanto piuttosto un indispensabile minimum di valori etici comuni, atteggiamenti fondamentali e criteri («Ethos»), a favore del quale ogni regione, nazione o gruppo di interesse possa adoperarsi. In altre parole, è necessario un ethos umano comune. Non vi può essere alcun ordine mondiale nuovo senza ethos mondiale! Vorrei non essere frainteso: mi batto per la riscoperta e la reintroduzione di un ethos in ambito politico ed economico. Sono certo favorevole alla moralità (nel senso buono del termine) ma al contempo contrario al moralismo (la moralità in senso negativo). Ciò perché il moralismo e la moralizzazione sopravvalutano la moralità e le chiedono troppo. I moralisti fanno della moralità l unico criterio dell agire umano e non riconoscono l indipendenza relativa dei diversi ambiti di vita, come ad esempio l economia, il diritto e la politica. Di conseguenza essi tendono ad assolutizzare delle norme e dei valori legittimati per se stessi (come ad esempio la pace, la giustizia, l ambiente, la vita, l amore), trasformandoli in strumenti a disposizione degli interessi particolari di una istituzione (ad esempio un partito, una religione o un gruppo). Il moralismo si manifesta attraverso un insistenza unilaterale e penetrante su posizioni morali particolari (ad esempio in questioni come il comportamento sessuale, la contraccezione, l aborto, l eutanasia e così via), che rende impossibile il dialogo razionale con chi la pensa in maniera diversa. Per questo motivo mi sono opposto con successo all idea di far riferimento alle questioni appena menzio-

RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI 33 nate nelle due Dichiarazioni, dal momento che non vi è intesa su questi temi né a livello interreligioso né all interno di ogni singola religione. Se ci battiamo per alcuni standards etici comuni, non vogliamo quindi appoggiare né il fondamentalismo di qualsiasi specie né i politici opportunisti, che spesso ricorrono oggi al linguaggio sentimentale di un «ethos terapeutico nella pratica politica». Nessun uomo razionale vorrà certo misconoscere la seguente affermazione: il diritto richiede un fondamento etico! La sicurezza nelle nostre città e nei nostri paesi non può essere comprata col denaro, né garantita aumentando il numero dei poliziotti o delle carceri. In altri termini: l accettazione eticamente fondata delle leggi (che stabiliscono sanzioni e possono essere rese effettive con la forza dallo Stato) costituisce un presupposto di ogni cultura sociale. A che servono nuove legge ai singoli Stati e alle organizzazioni internazionali siano essi gli Stati Uniti, l Unione Europea oppure le Nazioni Unite quando una porzione significativa della popolazione, i gruppi di forza o i singoli non hanno intenzione di osservarle, ed escogitano continuamente vie e strumenti nuovi per imporre i loro interessi particolari in maniera irresponsabile? «Quid leges sine moribus?» ricorda un brocardo romano: cosa possono le leggi senza morale? 3. LE RESPONSABILITÀ UMANE RAFFORZANO I DIRITTI UMANI Una Dichiarazione delle responsabilità dell uomo sostiene e rafforza la Dichiarazione dei diritti umani dal punto di vista etico, così come già è stato sottolineato programmaticamente nel Preambolo: «Noi [ ] rinnoviamo e rafforziamo con ciò gli impegni già proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell uomo: la piena ammissione della dignità di tutti gli uomini, della loro libertà e uguaglianza inalienabile, e della loro solidarietà reciproca». Il fatto che in molte situazioni i diritti umani non trovano concretizzazione, anche quando ciò sarebbe nei fatti possibile, è dovuto, nella maggior parte dei casi, alla mancanza di volontà politica ed etica. È incontestabile che «lo Stato di diritto e l implementazione dei diritti umani dipendono dalla disposizione degli uomini ad agire secondo giustizia». Ciò non viene certo contestato neanche da coloro che si battono in maniera attiva per i diritti dell uomo.

34 Sarebbe naturalmente sbagliato credere che la validità giuridica dei diritti umani dipenda da un esercizio effettivo delle responsabilità. I diritti umani non possono essere intesi come una ricompensa offerta a chi si comporta bene. Ciò vorrebbe dire, nella pratica, che soltanto coloro che si sono dimostrati giuridicamente degni all interno della società, in virtù dell adempimento dei loro doveri, possono godere dei diritti. Un idea così assurda rappresenterebbe un attacco alla dignità incondizionata della persona umana, la quale costituisce di per sé un presupposto tanto dei diritti che delle responsabilità. Nessuno ha sostenuto, né intende farlo, che delle responsabilità umane determinate debbano essere assolte dai singoli o da una comunità prima di poter rivendicare i diritti umani. Tali diritti sono riconosciuti alla persona umana in quanto tale, ma quest ultima ha contemporaneamente diritti e responsabilità: per definizione ai diritti umani è associata la responsabilità della loro osservanza. Va da sé che i diritti e le responsabilità si lasciano distingue chiaramente; essi tuttavia non possono essere separati. La loro relazione va descritta in maniera differenziata. Non si tratta di insiemi determinati, cui e possibile aggiungere o togliere elementi dall esterno, ma di due dimensioni, correlate tra loro, dell esistere umano in campo individuale e sociale. Nessun diritto senza responsabilità! Questo slogan non è certo nuovo: esso rinvia all epoca in cui i diritti umani videro la luce. Una richiesta di questo tipo era già stata avanzata nel 1789, durante la discussione in merito ai diritti umani nel Parlamento rivoluzionario francese. Se si proclama una dichiarazione dei diritti umani, essa va combinata con una dichiarazione delle responsabilità umane: in caso contrario tutti godrebbero unicamente di diritti, in opposizione tra loro, e nessuno presterebbe più attenzione alle responsabilità reciproche, con l effetto di rendere impossibile il funzionamento dei diritti stessi. Quasi la metà del Parlamento rivoluzionario si dichiarò a favore sia dei diritti che delle responsabilità umane. Tale questione rimase in seguito oggetto di discussione. E che dire di noi, duecento anni dopo la Grande Rivoluzione? Noi viviamo perlopiù in una società nella quale i singoli gruppi troppo spesso fanno valere i propri diritti contro gli altri, senza riconoscere le rispettive responsabilità. Ciò naturalmente non succede perché i diritti umani sono stati codificati come tali, quanto per effetto di alcuni sviluppi errati collegati ad essi. Nella coscienza di molte persone tali sviluppi hanno alimentato l idea che i diritti abbiano una preminenza sulle

RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI 35 responsabilità. Al posto di una cultura che aspira alla realizzazione dei diritti umani, fa spesso capolino una non-cultura che avanza delle pretese giuridiche esagerate, la quale finisce col travisare gli obbiettivi sottesi ai diritti umani. Il necessario equilibrio tra libertà, eguaglianza e fratellanza (appartenenza) non costituisce semplicemente quancosa di assodato, ma un obbiettivo da realizzare continuamente. In conclusione, noi viviamo senza dubbio in una «società delle pretese», che si presenta spesso come «società delle pretese giuridiche», o più precisamente «delle liti giudiziarie». In questo modo lo Stato si trasforma in uno «Stato giudiziario». Ciò non richiede forse una attenzione rinnovata per le responsabilità, prima di tutto all interno dei nostri Stati costituzionali sovra-regolati, caratterizzati da una pur legittima insistenza sui diritti? Nonostante la Dichiarazione del 1948, siamo costretti a confrontarci, nella realtà di ogni giorno, con violazioni orribili dei diritti umani, che si estendono su scala planetaria. Ciò evidenzia come una dichiarazione o una spiegazione cade nel vuoto laddove gli uomini, e in primo luogo chi detiene il potere, assumono nei confronti dei diritti umani uno tra i seguenti atteggiamenti: li ignorano («hanno qualcosa a che fare con me?»), non prestano loro attenzione («devo curare solo gli interessi della mia azienda»), non li comprendono («a questo pensano le Chiese e le opere pie») oppure danno falsamente ad intendere di rispettarli («noi, il governo, gli imprenditori, facciamo già il possibile»). La «debolezza dei diritti umani» non è un carattere loro intrinseco, ma scaturisce dalla mancanza di volontà politica e morale da parte di chi è responsabile della loro realizzazione. Detto a chiare lettere: un impulso etico e la motivazione ad accettare delle responsabilità sono fattori irrinunciabili per una effettiva realizzazione dei diritti umani. Molti difensori di questi diritti, che operano attivamente sui vari fronti del mondo e che dicono «sì ad un ethos globale», hanno già fatto proprio questo punto di vista. Tutti coloro che intendono battersi con efficacia per i diritti umani dovrebbero quindi far proprio un nuovo impulso morale e una cornice etica di orientamento: il rifiutare tale punto di vista andrebbe infatti a loro svantaggio. La cornice etica di orientamento costituita dalla Dichiarazione delle responsabilità umane va sotto un certo profilo al di là dei diritti umani. La Dichiarazione dei diritti dell uomo non avanza una pretesa morale tanto estesa. Una Dichiarazione delle responsabilità deve andare oltre e penetrare ben più in profondità. Entrambi i principi fondamentali della Dichiarazione of-

36 frono già un orientamento etico per la vita di tutti i giorni, che è tanto comprensivo quanto basilare: si tratta dell imperativo fondamentale «ogni uomo va trattato in quanto uomo», e della Regola aurea «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te». Per non parlare delle richieste concrete avanzate dalla Dichiarazione delle responsabilità umane in riferimento alla sincerità, alla non-violenza, all equità, alla solidarietà, alla cooperazione ecc. Se la Dichiarazione dei diritti umani deve lasciare aperta la domanda relativa a cosa sia moralmente permesso o vietato, la Dichiarazione delle responsabilità umane offre a tal proposito delle risposte determinate non sotto forma di legge, ma di imperativo morale. Così come la Dichiarazione dei diritti umani, anche la Dichiarazione delle responsabilità umane rappresenta innanzitutto un appello morale. In quanto tale, essa non assume alcun carattere vincolante sotto il profilo del diritto internazionale, ma si limita a proclamare di fronte all opinione pubblica mondiale alcune norme basilari dell agire individuale e collettivo, che ognuna ed ognuno di noi dovrebbe fare proprie. Chiaramente un appello di questo tende a produrre degli effetti sul piano giuridico e politico; esso tuttavia non mira a realizzare una qualche forma di moralità legalizzata. Costituisce un elemento distintivo della Dichiarazione delle responsabilità umane il fatto di non aspirare ad essere fissata in forma di legge. Ciò sarebbe oltretutto impossibile per atteggiamenti etici come la sincerità o l equità. Il suo obbiettivo consiste piuttosto nel convincere gli uomini ad assumersi liberamente delle responsabilità. Una dichiarazione di questo tipo, pertanto, dovrebbe generare un vincolo più morale che giuridico. Non è il caso di preoccuparsi, quindi: moralità e spirito di solidarietà non posso essere «imposti» come obblighi. La migliore garanzia per la pace è costituita da uno Stato ben organizzato ed efficiente, che garantisce ai propri cittadini la rule of law. Lo Stato democratico in una società pluralistica dipende da un consenso sui valori, sulle norme e sulle responsabilità, proprio perché un consenso di questo tipo non può essere creato né prescritto. Chi si occupa dei diritti umani dovrebbe ben sapere che l art. 29 della Dichiarazione del 1948 contiene una definizione dei «doveri di ogni uomo nei confronti della società». Da ciò segue, con logica stringente, che una Dichiarazione delle responsabilità umane non può porsi in contrapposizione rispetto alla Dichiarazione dei diritti umani. E se negli anni Sessanta la concretizzazione all interno di patti internazio-

RESPONSABILITÀ UMANA PER I DIRITTI UMANI 37 nali dell articolo relativo ai diritti politici, sociali e culturali diventò possibile e necessaria, un parallelo sviluppo dell art. 29, che giunga a formulare delle responsabilità, non può essere considerato illegittimo negli anni Novanta. Al contrario, a partire da questo angolo visuale diventa chiaro che i diritti ed i doveri umani per la società non si limitano gli uni con gli altri, ma si completano reciprocamente in maniera feconda. Tutti coloro che si battono attivamente per i diritti umani dovrebbero scorgere in ciò un rafforzamento del loro punto di vista e della loro lotta. Non è un caso che l art. 29 parli di «giusti requisiti di moralità, ordine pubblico e benessere sociale nella società democratica». 4. CONCLUSIONE Il progetto «ethos mondiale» rappresenta un processo in corso. In breve tempo esso ha fatto passi da gigante. È arrivato il momento di portare avanti questo progetto con l aiuto di tutti voi, rappresentanti degli Stati membri, collaboratori delle Nazioni Unite ed esponenti delle organizzazioni non governative. Più concretamente: dovremmo cominciare a prepararci in vista del 2001, anno internazionale del dialogo culturale, rafforzando una base indispensabile per il dialogo tra culture, ovvero un minimum di valori etici, standards ed atteggiamenti comuni. La proposta dell InterAction Council dovrebbe essere accolta come base di discussione anche nei rispettivi ambiti del sistema delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni non-governative. Così come nei confronti della Dichiarazione dei diritti umani, anche in seno alla discussione sulla Dichiarazione delle responsabilità umane emergeranno naturalmente punti di vista tra loro diversi. Ma tale discussione è necessaria, e sono convinto che essa non creerà divisioni quanto piuttosto una consapevolezza nuova: quella dell importanza assunta da standards etici globali nell età della globalizzazione. Richiamando le parole della Conferenza delle Nazioni Unite, la ricerca di un ethos mondiale, che trovi formulazione tanto nei diritti che nelle responsabilità umane, costituisce «uno sforzo collettivo della comunità internazionale, teso a rafforzare la comprensione attraverso un dialogo costruttivo tra le culture all inizio del terzo millennio».

38 Potrei quindi riassumere la mia visione, in sé del tutto realistica, nel modo seguente: il nostro globo non sopravviverà senza un ethos mondiale; non vi sarà pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; non vi sarà pace tra le religioni senza dialogo e collaborazione tra religioni e culture. (Traduzione dal tedesco di Damiano Canale) BIBLIOGRAFIA H. Küng, Projekt Weltethos, Piper, München 1990 (trad. inglese: Global Responsability. In Search of a New World Ethic, Crossroad, New York 1991; SCM Press, London 1991; trad. italiana: Progetto per un etica mondiale. Una morale ecumenica per la sopravvivenza umana, Rizzoli, Milano 1991). H. Küng, Weltethos für Weltpolitik und Weltwirtschaft, Piper, München 1997 (trad. inglese: A Global Ethic for Global Politics and Economics, SCM Press, London 1997; Oxford University Press, New York 1998). H. Küng - K.-J. Kuschel (Hg.), Erklärung zum Weltethos. Die Deklaration des parlamentes der Weltreligionen, Piper, München 1993 (trad. inglese: A Global Ethic. The Declaration of the Parliament of World s Religions, SCM Press, London 1993). H. Küng (Hg.), Ja zum Weltethos. Perspektiven für die Suche nach Orientierung, Piper, München 1995 (trad. inglese: Yes to a Global Ethic, Continuum, New York 1996). H. Küng - K.-J. Küschel (Hg.), Wissenschaft und Weltpolitik, Piper, München 1998. H. Schmidt (Hg.), Allgemeine Erklärung der Menschenpflichten. Ein Vorschlag, Piper, München 1998 (trad. inglese: H. Schmidt-H. Küng (Eds.), A Global Ethic and Global Responsabilities. Two Declarations, SCM Press, London 1998).