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Transcript:

SEMINARIO STALKING Relazione finale a Cura della: dott.ssa Sabrina Camera. La violenza sulle donne, così come definita nella Dichiarazione per l'eliminazione della Violenza sulle donne emanata dalle Nazioni Unite nel 1993, è qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata. È una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di possesso da parte del genere maschile sul femminile. Il fenomeno della violenza di genere si coniuga in : violenza fisica(maltrattamenti); sessuale (molestie, stupri e sfruttamento); economica (negazione dell'acceso alle risorse economiche della famiglia anche se prodotte dalla donna); psicologica (violazione del sé). É in quest'ottica che si insedia il nuovo fenomeno denominato stalking divenendo una nuova paura che minaccia la vita dell'individuo. Come è ben noto, la condotta dello stalker si esplica in comportamenti che angosciano e spaventano la vittima; esso è in parte una creatura della contemporaneità, delle sue realtà ed ideologie sempre più contraddittorie. Anche se i comportamenti costitutivi di tale fenomeno esistono già dalle civiltà primordiali, esso prospera in una società nella quale l'altro è l'estraneo. Dunque, è facile comprendere che il fenomeno oggetto del seminario, presenziato dalla scrivente in qualità di esperto criminologa-formatore, costituisce una grave degenerazione della comunicazione e della relazione tra gli individui, che, in base a studi approfonditi, colpisce prevalentemente le donne ed in alcuni casi culmina in una violenza fisica, sessuale od omicidio; queste ultime condotte sono da identificare come il culmine di una violenza in escalation. Analizzando tale fenomeno, anche in base a degli studi effettuati in America a partire già dal 1998, si è evidenziato che esso è un derivato della violenza domestica; infatti, le condotte poste in essere dall'autore del reato di cui all'art. 612 bis c.p. possono derivare oltre che da amici, conoscenti, sconosciuti, anche dall'ex patner. Il fenomeno, purtroppo, viene alla luce spesso solo quando si verificano gravi delitti perpetrati in ambito familiare o all'interno di reti amicali; ciò è dovuto al fatto che le vittime spesso tacciono e non sporgono denuncia, contribuendo ad alimentare, sotto l'aspetto criminologico, il cosiddetto dark number (numero oscuro) della criminalità sommersa. 1

Quanto poc'anzi illustrato si genera per una serie di motivi : per quanto concerne il primo, è dovuto al fatto che la vittima presenta delle difficoltà ad uscire dal circolo vizioso della violenza, imputabili al ruolo che la donna svolge nell'ambito del rapporto relazionale, come ad esempio all'interno della famiglia, favorendo meccanismi di dipendenza inducendo una falsa contrapposizione tra i propri bisogni e quelli altrui, spesso quando vi è la presenza di figli minori; il secondo, afferente al timore che il loro aguzzino, al momento della denuncia, possa sviluppare una maggiore violenza nei loro confronti, mettendosi così in una situazione di maggior pericolo, provando, inoltre, un senso di colpa per tale comportamento violento manifestato dall'aggressore; infine, un ulteriore motivo, evidenziato anche dalle ricerche effettuate dal U.S. Department of Justice sul fenomeno dello stalking e della violenza domestica, è legato all'assenza di specifici protocolli operativi che permettano una presa in carico efficace e più articolata da parte degli organi di polizia evitando, in tal modo, il meccanismo di vittimizzazione secondaria connessa, appunto, ad atteggiamenti di minimizzazione dei problemi e/o di colpevolizzazione da parte degli operatori. Infatti, quest'ultimo aspetto è emerso durante il seminario, ed esattamente nella seconda parte dello stesso afferente alla prova di simulazione da parte degli operatori di Polizia Locale di fronte a tre distinte situazioni, che potrebbero manifestarsi durante l'esercizio delle loro funzioni di polizia giudiziaria come prescritto all'art.55 c.p.p.. Nello specifico, le tre situazioni oggetto di simulazione sono state: 1) quando la donna arriva presso il comando; 2) quando la segnalazione della violenza è telefonica; 3) quando l'intervento è al domicilio della donna. In questi tre eventi simulatori gli operatori di Polizia Locale hanno manifestato qualche difficoltà nell'apportarsi con la vittima, dovuta alla insufficienza cognizione del fenomeno in esame e all'assenza di un protocollo unitario di intervento; infatti gli stessi hanno posto in essere meccanismi a tutela della vittima dettati dalla loro sensibilità umana più che professionale, pertanto si sottolinea a parere della scrivente la necessità di intensificare corsi/seminari per diffondere le caratteristiche dello stalking con la violenza di genere. Ebbene, non bisogna dimenticare che la violenza derivante da stalking o da maltrattamenti in famiglia non si verifica solo nei territori dei grandi comuni, ma, come accade sempre più spesso, può manifestarsi in piccoli territori ove il fenomeno è sommerso e proprio per questo che gli operatori di polizia devono essere in grado di far fronte a tale problematiche in modo efficiente, affinché ci sia una repressione o prevenzione del reato, da un lato, e la tutela della vittima, dall'altro. 2

Proprio in ordine a quest'ultimo aspetto sono state stilate alcune linee guida elaborate in aula ed accolte dagli operatori di polizia locale presenti, in base sia alle loro esigenze dei vari comandi in cui operano, sia alla luce del fatto che alcuni di loro hanno avuto nella realtà fenomenica a che fare con queste tipologie di reati. Ebbene, in tutte tre le situazioni il punto di partenza per una efficace tutela della vittima è stato quello di - ASCOLTARE LA VITTIMA; MANTENERE DURANTE LA RACCOLTA DELLA DENUNCIA /QUERELA UN ATTEGGIAMENTO DI ASCOLTO NON GIUDICANTE, ATTO A FAVORIRE LA COSTRUZIONE D UNA RELAZIONE DI FIDUCIA, il ruolo della polizia, infatti, non è quello di stabilire chi ha torto o ragione, ma quello di raccogliere elementi utili alle indagini; LE DOMANDE POSTE ALLA VITTIMA DEVONO ESSERE FORMULATE IN MODO APERTO in modo che la stessa possa raccontare la sua storia. Le stesse devono riguardare (il suo vissuto all'interno della relazione di coppia; la presenza di violenza psicologica; gli episodi di conflitto violento; l'eventuale coinvolgimento dei minori; la continuità nel tempo degli episodi di violenza; l'eventuale presenza di testimoni anche estranei alla famiglia; eventuali denunce fatte in passato per situazioni di maltrattamento/violenza; caratteristiche ed abitudini dell'aggressore al fine di poterlo identificare); EVITARE DOMANDE COME PERCHE' SUO MARITO L'HA PICCHIATA MA UTILIZZARE IN CHE MODO L'HA PICCHIATA ; LA DONNA NON DEVE ESSERE CONVINTA OD OBBLIGATA A SPORGERE DENUNCIA, MA AIUTATA A CAPIRE IL SIGNIFICATO E L'UTILITA'DI TALE PROCEDURA, ACCOGLIENDO ED ESPLORANDO LE SUE PERPLESSITA' ED I SUOI TIMORI; IN CASO DI INTERVENTO DOMICILIARE ASCOLTARE SEMPRE LA DONNA SEPARATAMENTE DALL'UOMO, affinché l'incontro possa essere rilevatore di alcune verità, inoltre, se vi è la presenza di minori verificare la loro situazione ricordando che sono testimoni della violenza e quindi vittime di violenza assistita. È di fondamentale importanza rassicurare i bambini sulla positività della propria presenza come rappresentanti della sicurezza, evitando di minimizzare l'accaduto e la loro percezione di violenza. Evitare di farli assistere ai colloqui con i genitori, allontanandoli fisicamente ed impegnandoli /distraendoli in attività ludiche. Inoltre, come conseguenza del punto precedente FISSARE CON LA DONNA UN APPUNTAMENTO PER IL GIORNO SUCCESSIVO AL COMANDO O LASCIARLE I PROPRI RIFERIMENTI CON L'INVITO AD ESSERE RICONTATTATI, ESPLICITANDO LA DISPONIBILITA' DI AIUTARLA ANCHE SOLO A CAPIRE MEGLIO LA SITUAZIONE; 3

INFORMARE LA DONNA DEI SERVIZI PRESENTI SUL TERRITORIO ED APPARTENENTI ALLA RETE DI SOSTEGNO ALLA VIOLENZA PUO' ESSERE UTILE NEL CASO IN CUI LA DONNA NON SIA CONSAPEVOLE DELLA SITUAZIONE CHE STA VIVENDO E/O TROPPO SPAVENTATA A SEGUITO DELL'EPISODIO APPENA ACCADUTO; Quando la segnalazione della violenza viene fatta per via telefonica nel corso di un aggressione, subito prima o dopo, è importante: * cercare di tranquillizzare la donna invitandola, attraverso domande aperte, a farsi dare una descrizione dettagliata della situazione e del luogo in cui ci svolgono i fatti; *se è in casa, consigliare alla donna di uscire immediatamente (portando con sé i bambini) e andare in strada o rifugiarsi da un vicino, portando con sé un cellulare, i documenti ed un po' di denaro e attendere l'arrivo della polizia; *se è in strada, suggerirle di entrare in un negozio o di andare in un luogo affollato e di attirare l'attenzione di più persone possibili. La telefonata può essere fatta anche da minori su suggerimento o per libera iniziativa. In tal caso è importante rassicurare il minore sul proprio tempestivo intervento. Inoltre,sono stati individuati quali potrebbero essere alcuni elementi e/o comportamenti che assurgono a fattori di rischio per la donna che subisce violenza : la donna riferisce di temere per la propria vita; gli episodi di violenza sono ripetitivi ed assillanti; l'aggressore minaccia di uccidere lei o i bambini o minaccia di suicidarsi; aumentata frequenza e gravità degli episodi violenti nel tempo; abuso di droghe da parte dell'aggressore ; il maltrattatore ha saputo che essa ha cercato aiuto esterno. Nel momento in cui la donna o gli operatori di polizia avvertano pericolo per la loro incolumità personale, è necessario che gli stessi abbiano la possibilità di interagire con i servizi presenti sul territorio, come case rifugio, centri antiviolenza. Per questo è importante effettuare corsi seminariali in ordine a tale tematiche, affinché la polizia locale possa tempestivamente avere cognizione di cosa fare per tutelare la vittima e arginare la perpetrazione della commissione del reato. Vieppiù, durante il seminario e soprattutto al momento della dedicato alla simulazione e poi anche dal risultato del questionario sottoposto agli operatori di polizia locale è emerso un altro aspetto da non sottovalutare, quale quello che al momento dell'intervento degli operatori di polizia locale gli stessi, in alcuni comandi, sono soli per mancanza di organico. Dunque, come intervenire in modo efficace, qualora l'intervento provvedesse di portare un aiuto psicofisico alla donna se vi è un solo operatore? 4

Inoltre, altra problematica è legata al fatto che quando vi è l'applicazione di una misura precautelare, arresto o fermo, nei confronti dell'aggressore, gli stessi operatori di polizia locale, non avendo idonee strutture, come camere di sicurezza, possono mettere in pericolo la vittima e la loro incolumità in qualità di lavoratori. Pertanto, a parere della scrivente e alla luce di quanto illustrato con la presente, si invita la Regione Abruzzo in collaborazione con la Scuola Interregionale di Polizia Locale di divenire promotrici della stipula di un protocollo ad hoc, per l'intervento della Polizia Locale in ambito di violenza nei confronti delle donne, contenente linee guida, come una serie di nominativi di professionisti, psicologi, legali costituenti un team di pronto intervento, da un lato, e, dall'altra, una stipula di convenzioni con altri servizi presenti sul territorio, come ad esempio ASL, Consiglio dell'ordine degli Avvocati, Questura, Procura della Repubblica, Case rifugio, Centri antiviolenza al fine di costituire una vera e propria rete omogenea affinché la vittima possa uscire dalla violenza. Con ciò si potrà realizzare sempre più una efficace tutela alla vittima attraverso la giusta sensibilizzazione degli operatori di polizia locale verso il fenomeno della violenza della donna, sia sotto forma di stalking e altre tipologie di violenza che quotidianamente minano il bene sicurezza, da prima quella urbana e poi quella pubblica (art.54 T.U. sull'ordinamento degli Enti Locali), che nell'esercizio delle funzioni attribuite per legge alla polizia locale deve tutelare. Inoltre, la redazione di un protocollo di tal fatta contribuirebbe una vera ed effettiva cooperazione tra Polizia Locale e gli altri Corpi dediti alla sicurezza così come prescritto all'art. 54 co.2 T.U. sull'ordinamento degli enti locali. La scrivente si ritiene disponibile fin d'ora a realizzare, con contestuale redazione assieme alla SIPL e alla Regione Abruzzo, il documento ut supra presentato. Si allega il questionario sottoposto agli operatori della Polizia Locale presenti al Seminario dal titolo STALKING. Dott.ssa Sabrina Camera 5