I diritti del lavoro, le donne ECCO 2016

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I diritti del lavoro, le donne ECCO 2016

La Costituzione Articolo 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Articolo 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Articolo 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Articolo 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Articolo 38 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera Articolo 37 La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

La donna lavoratrice «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Se la sua approvazione non diede luogo ad alcuna discussione, il dibattito si fece vivace quando fu posto all attenzione e alla discussione il secondo comma: «Le condizioni di lavoro devono consentire l adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione».

Per quanto riguarda l accesso delle donne a tutti gli impieghi, negata come visto dal fascismo, fu approvato l articolo 51 non senza discussioni e riformulazioni dello stesso. In una prima proposta l articolo recitava: «Tutti i cittadini dell uno e dell altro sesso possono accedere agli uffici pubbliche e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, conformemente alle loro attitudini». L inciso, conformemente alle loro attitudini, era visto come una limitazione verso l accesso al lavoro e alla possibilità di esercitare una professione: le donne rischiavano, nuovamente, di vedersi aprire la strada solamente in quei campi giudicati «femminili». Dopo un partecipato dibattito l articolo venne modificato, fu tolta la parte riguardante le presunte «attitudini» e fu inserita la parte finale del testo: «secondo i requisiti stabiliti dalla legge».

Art. 51. Tutti i cittadini dell uno o dell altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi e` chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

Il diritto al lavoro Dall inizio del secolo al 1951 vi era stata in Italia una costante diminuzione della presenza femminile al lavoro, tanto che se nel 1901 le donne costituivano quasi un terzo della popolazione attiva, nel 1951 erano un quarto: le donne volevano invertire questa tendenza

Mestieri da donna?

Le delegate riunite nel Congresso mondiale della donna che si tenne a Copenaghen dal 5 al 10 giugno 1953 fissarono l elenco dei diritti che dovevano essere riconosciuti a tutte le donne indipendentemente dalla loro «razza, nazionalità e posizione sociale». Fra gli altri vi erano diritto ad un lavoro garantito diritto di libera scelta di una professione o mestiere diritto ad accedere a qualsiasi impiego pubblico e amministrativo pari possibilità di avanzamento in tutti i campi del lavoro per uguale lavoro uguale salario parità di diritto all assicurazione sociali diritto alla protezione della madre e del bambino da parte dello Stato riposo pre e post-natale retribuito riconoscimento alle lavoratrici agricole dei diritti accordati alle lavoratrici delle fabbriche: salari, lavoro garantito, protezione della madre e del bambino.37

Il primo intervento legislativo nel campo del lavoro femminile fu la legge n. 860 del 1950, ovvero la legge sulla tutela per le lavoratrici madri, tutela prevista nell articolo 37 della Costituzione.

«a decorrere dal 3 novembre 1950, data di pubblicazione della legge 26 agosto 1950, n. 859, i datori di lavoro non possono licenziare le proprie dipendenti, gestanti o puerpere, a meno che non si rendano colpevoli di infrazioni al contratto di lavoro»,

In moltissime realtà lavorative le donne venivano licenziate per matrimonio: a Roma, ad esempio, nel 1954 in alcune aziende esistevano regolamenti interni che prevedevano la risoluzione automatica del contratto di lavoro in caso di matrimonio;40 numerose segnalazioni venivano dall Emilia-Romagna, tanto che si ritenne di raccoglierne alcune in un «libro bianco» pubblicato dall Udi

A pari lavoro pari retribuzione

Nel 1959 a Ravenna i braccianti arrivano a fare 80 giornate di sciopero con una piattaforma rivendicativa che prevedeva aumenti salariali, fine della sperequazione salariale tra uomini e donne, contrattazione per l imponibile di manodopera. Uomini e donne, quindi, scioperavano in quegli anni sulle stesse piattaforme rivendicative e con le stesse modalità, dovendo affrontare le stesse difficoltà e gli stessi rischi.

Scriveva all inizio degli anni Cinquanta Camilla Ravera: Nelle fabbriche, nelle manifatture, nei laboratori, nelle aziende varie lavorano oggi milioni di donne. La conquista del posto di lavoro costa pesanti e faticose ricerche, insistenze, lotte: la strada per arrivare all occupazione è dura e penosa per tutti in Italia; ma durissima e cosparsa di particolari amarezze e umiliazioni per le donne, a cui si vuole concedere il lavoro soltanto a condizione che esso costi meno dell eguale lavoro maschile, che esoneri il più possibile dagli obblighi e contributi dell assistenza e della previdenza sociale, e dal rispetto delle qualifiche, delle carriere e così via

Sulle donne gravava anche il peso, al di fuori della fabbrica, delle molte responsabilità nella gestione del ménage familiare. La carenza di strutture, così come già accennato, peggiorava la situazione

L articolista de «Il Resto del carlino» proseguiva poi affermando che la scuola «dopo la macchina da scrivere e la cuffia telefonica, è stata la prima preda delle donne. emancipate». In questa situazione di scuola femminilizzata, concludeva il giornalista «le parole dell apostolo Timoteo non permetto alla donna di fare da maestra acquistano un forte sapore di ironia»

scala mobile scala mobile Sistema di rivalutazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Venne introdotta in Italia nel 1945 a seguito di un accordo tra la Confederazione generale dell industria italiana e la Confederazione generale del lavoro. Il meccanismo d indicizzazione delle retribuzioni, previsto dalla s. m., aveva lo scopo di proteggere il potere d acquisto dei salari, adeguando automaticamente la dinamica salariale a quella inflazionistica sulla base di aumenti che, a livello provinciale, erano uguali per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, ma diversificati per età e genere

scala mobile La riforma della scala mobile. Nel 1951 fu stabilito un sistema attraverso il quale, alle variazioni dell indice dei prezzi, scattavano corrispondenti aumenti delle retribuzioni. Il punto di contingenza era uguale per l intero Paese e per tutti i comparti dell economia nazionale, ma con valori diversi a seconda della categoria, della qualifica, dell età e del genere. L accordo confederale del 1975 stabilì invece l unificazione del valore nominale del punto di contingenza (a punto unico e pesante, implicando così variazioni percentuali molto più forti per le retribuzioni più basse).tale unificazione fu effetto della politica sindacale mirante all egualitarismo salariale, politica che, perseguita agli inizi degli anni 1970 e favorita anche dalla spinta inflazionistica che rendeva l indennità l elemento preponderante dell intero incremento retributivo, ebbe come conseguenza l appiattimento dei salari, fino ad allora fortemente ostacolato da una s. m. a punti differenziati. Il meccanismo venne successivamente criticato per le implicazioni fortemente lesive dei valori della professionalità, in particolare delle categorie medio-alte, e per l automatico generarsi di una spirale prezzi-salari. Di conseguenza, a partire dagli anni 1980 fu avviato un graduale processo di riforma della scala mobile.

l contratto collettivo nazionale di lavoro (abbreviato CCNL) è, nel diritto del lavoro italiano, un tipo di contratto di lavoro stipulato a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori dipendenti ed i loro datori di lavoro ovvero dalle rispettive parti sociali in seguito a contrattazione

Statuto dei lavoratori 1970 Titolo I - Della libertà e dignità del lavoratore (artt. 1-13) Titolo II - Della libertà sindacale (artt. 14-18) Titolo III - Dell'attività sindacale (artt. 19-27) Titolo IV - Disposizioni varie e generali (artt. 28-32) Titolo V - Norme sul collocamento (artt. 33-34) Titolo VI - Disposizioni finali e penali (artt. 25-41)

Art. 1. Libertà di opinione. I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge. Art. 4. Impianti audiovisivi. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti. Art. 8. Divieto di indagini sulle opinioni. - È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.

Art. 15. Atti discriminatori. È nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali

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