Prof. ing. V. Dipaola - Caratteristiche del calcestruzzo e dell acciaio



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Transcript:

pag. 1 IL CALCESTRUZZO La composizione di un aggregato di inerti (sabbia e ghiaia o pietrisco), legati tra loro dalla pasta di cemento (cemento e acqua), dà luogo ad un conglomerato lapideo artificiale chiamato calcestruzzo. Si ottiene mescolando appunto acqua, cemento, elementi lapidei più o meno fini (aggregati) ed eventuali aggiunte chimiche (fluidificanti, superfluidificanti, pozzolane artificiali loppa d altoforno, ceneri volanti, fumo di silice), nelle opportune proporzioni. Nell impasto così ottenuto, inizialmente fluido, lentamente avvengono i fenomeni di presa e indurimento sino a renderlo solido ed in grado di sviluppare considerevoli caratteristiche meccaniche. Si riesce pertanto a colarlo allo stato ancora liquido in appositi contenitori (casseforme) che vengono di seguito rimossi ad ultimazione della fase di indurimento. Il risultato finale è una roccia artificiale che prende le forme del contenitore in cui viene versato. Le caratteristiche finali del materiale dipendono non tanto e non solo dalla natura e qualità dei singoli componenti, ma, soprattutto, dalla tecnologia di produzione e da un appropriato dosaggio degli stessi. In tal senso, particolarmente sentito è il problema del controllo di qualità applicato alla realizzazione del materiale; controllo che non può e non deve limitarsi esclusivamente alla determinazione della sua resistenza meccanica, ma che deve riguardare anche la valutazione, in corso d opera e finale, di tutte le sue altre caratteristiche. Ed infatti, modulo elastico, scorrimento viscoso, ritiro, durabilità del calcestruzzo, sono parametri determinanti per una buona vita della costruzione, alla stessa stregua, se non in misura maggiore, rispetto alla tensione di rottura. Attualmente la richiesta di calcestruzzi di qualità (MIX DESIGN) si è fatta precisa ed imprescindibile, ad esprimere l avvenuta presa di coscienza che essa è l unica garanzia contro i processi di degrado ed ammaloramento delle strutture. Le nuove generazioni del cls presentano in maniera marcata le innovazioni apportate dall impiego intensivo di additivi e di aggiunte minerali: questi ne hanno modificato radicalmente le caratteristiche, al punto da renderlo un materiale sotto molti aspetti ancora nuovo, con potenzialità soltanto parzialmente esplorate. La loro produzione è improntata all applicazione di procedure industriali di alta precisione, con dosaggi dei componenti affetti da errori assolutamente inferiori a quelli relativi al confezionamento dei normali cls. Alcune costruzioni hanno già sfruttato queste risorse: sono già stati costruiti grattacieli con strutture portanti in cls ad alta resistenza, capaci di esibire tensioni di compressione dell ordine dei 1000 dan/cm ; ed in laboratorio sono già state realizzate miscele capaci di attingere tensioni doppie ed ancora maggiori. In breve, nei prossimi decenni i cls di nuova generazione, caratterizzati da alte prestazioni, porteranno una nuova rivoluzione nel mondo delle costruzioni, così come il cls classico fece a partire dal 190 in tutta Europa e nel Nord America. I componenti Gli elementi che compongono il cls sono il cemento, l acqua e gli inerti, eventualmente integrati con additivi ed aggiunte per esaltare o modificare alcune caratteristiche. Il cemento con l aggiunta della sola acqua forma la pasta di cemento che, sviluppando le capacità leganti durante la fase di indurimento, costituisce la matrice della struttura. Le reazioni chimiche che avvengono durante la fase di presa (passaggio dallo stato fluido a quello solido) e di indurimento (incremento delle proprietà meccaniche), sviluppano una notevole quantità di calore che, soprattutto nei getti di grandi dimensioni, può indurre

pag. deformazioni termiche di entità non trascurabile. Al termine del processo di indurimento, per effetto dell evaporazione dell acqua d impasto in eccesso rispetto alle reazioni chimiche, si verifica una riduzione di volume che viene comunemente indicata come il ritiro del cls. Gli inerti svolgono il ruolo di inclusioni nella matrice, aumentando il volume complessivo e limitando il ritiro al termine dell idratazione. Con l aggiunta di solo inerte fino (sabbia) si ottengono le malte, mentre il calcestruzzo si ottiene aggiungendo all impasto anche l inerte grosso (Fig. 1). Fig. 1 Al fine di migliorare le proprietà, al cls realizzato con i componenti fondamentali vengono aggiunte piccole quantità di prodotti di sintesi, gli additivi o le aggiunte minerali. Il cemento Per cemento si intende un materiale dotato di proprietà adesive e coesive, capace di legare tra loro frammenti minerali e rocciosi in una massa unica. I cementi usati nella confezione del cls hanno la proprietà di far presa ed indurire nell acqua e vengono perciò chiamati leganti idraulici. Le Norme UNI ENV 197/1 (Cemento. Composizione, specificazioni e criteri di conformità) raggruppano i cementi in 5 tipi principali: Tipo I Cemento Portland, Tipo II Cemento Portland composito, Tipo III Cemento d altoforno, Tipo IV Cemento pozzolanico, Tipo V Cemento composito. Inoltre i cementi possono essere classificati in 3 Classi di resistenza meccanica a 8 giorni di stagionatura: 3.5 4.5 5.5 N/mm. Gli aggregati Gli aggregati, detti anche inerti, costituiscono un componente del cls di fondamentale importanza. Si tratta di elementi che non partecipano ai processi chimici di presa ed indurimento e sono aggiunti alla miscela allo stato sciolto con pezzatura e dimensioni variabili. Gli inerti ordinari possono essere naturali o di frantumazione, o anche artificiali (p.e. argilla espansa).

pag. 3 Essi costituiscono lo scheletro del cls allo stato indurito, arrivando ad occupare sino al 70% del suo volume totale e rappresentano un componente essenziale nei confronti della resistenza, della deformabilità e della durabilità del prodotto finito. In relazione al loro diametro medio, un aggregato è indicato come fine (sabbia, con diametro inferiore a 4 mm) o grosso (ghiaietto e ghiaia). Generalmente la produzione di inerti prevede una vagliatura degli stessi e la loro raccolta in classi granulometriche omogenee, ossia dotate di diametri massimi compresi tra due valori limite. Non si realizzano mai cls con una sola classe di inerti: l obiettivo principale, infatti, è di ottenere un volume minimo di vuoti tra i granuli dell aggregato, volume che dovrà essere riempito successivamente dalla pasta di cemento (Fig. ). Fig. Fig. 3 Gli inerti devono comunque avere, oltre ad una corretta distribuzione granulometrica, anche buone resistenza meccaniche, bassa porosità, forma possibilmente tondeggiante; in essi non devono essere presenti argilla o sostanze organiche che comprometterebbero le reazioni di idratazione. Per le dimensioni degli inerti occorre riferirsi alle UNI 9858 e alla ENV 06. L acqua L acqua d impasto deve essere limpida, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva; la UNI 9858 prescrive inoltre che l acqua d impasto deve ottemperare alle prescrizioni UNI 8981/7. In generale l acqua potabile è adatta. L acqua svolge la funzione fondamentale di permettere l idratazione del cemento; per un cls normale sono sufficienti circa 30 litri per 100 kg di cemento (rapporto a/c=0.3). Con tale rapporto a/c il cls non è però lavorabile; per aumentarne la fluidità occorre aumentare opportunamente il quantitativo di acqua. E comunque da sottolineare che l aumento del rapporto a/c provoca una notevole riduzione della resistenza finale (Fig. 3) ed aumento del ritiro del cls. Gli additivi Si tratta di composti chimici allo stato liquido o di polvere con cui vengono additivate le miscele. Queste sostanze sono in grado di modificare una o più caratteristiche prestazionali del cls, sia allo stato fresco come anche allo stato indurito.

pag. 4 Un cenno particolare meritano i fluidificanti (riduttori d acqua). Questi additivi permettono di ottenere miscele più lavorabili senza dover aumentare il rapporto a/c. Caratteristiche dello stato fresco La resistenza finale di un cls è assai influenzata dal grado di costipazione raggiunto durante la messa in opera: quindi della massima importanza è la consistenza dell impasto. La UNI 9858 raccomanda che la consistenza del cls al momento della posa sia uguale alla classe di abbassamento al cono di Abrams S3 o abbia uno spandimento della classe F3. Si richiede dunque un cls lavorabile e a misura della lavorabilità si assume la consistenza del cls. Questa viene espressa tramite la prova di abbassamento (slump) al cono di Abrams, indicata dalla UNI 9418 e rappresentata in Fig. 4. Fig. 4 La misura dell abbassamento del cls, liberato dal cono, indica la consistenza dell impasto. La classe S3 corrisponde alla denominazione semifluida e ad un abbassamento al cono di Abrams da 100 a 150 mm. Lo spandimento, secondo le UNI 800, consigliato per cls fluidi o molto fluidi, viene misurato su una tavola a scosse sulla quale è stato versato del cls. La classe F3 corrisponde ad un diametro, a spandimento avvenuto, da 40 a 480 mm. Il fenomeno di presa di un cls è legato alle complesse trasformazioni chimico-fisiche che avvengono allorché il cemento, venendo a contatto con l acqua, si idrata, cioè reagisce con essa (Fig. 5). Fig. 5

pag. 5 In particolare la presa consiste in un progressivo irrigidimento della pasta di cemento, ciò che comporta una riduzione progressiva della lavorabilità della miscela. A tale fase segue l indurimento, che si prolunga nel tempo crescendo asintoticamente. In ogni caso (Fig. 6) tale fenomeno si considera completato entro i primi 8 giorni (generalmente dopo tale periodo sono state sviluppate oltre il 90% delle resistenze meccaniche complessive). Fig. 6 Dalle modalità con cui avviene la stagionatura, che ha inizio subito dopo il getto, dipendono in parte le qualità del prodotto finito. In questo particolare momento il cls che costituisce il copriferro, ossia lo strato protettivo dell armatura, se essiccato precocemente può divenire poroso, compromettendo la durabilità dell intera struttura; se invece l acqua d impasto congela o sono presenti rilevanti gradienti termici nella massa del getto, si generano movimenti differenziali che producono pericolose fessure. Le condizioni ambientali durante e dopo la stagionatura influenzano quindi in modo determinante la risposta del cls. La UNI 9858 indica i vari metodi adottabili: coprire con teli di plastica, rivestire con teli umidi, nebulizzare la superficie con acqua, applicare prodotti stagionanti. I casseri possono essere rimossi quando si è certi che il cls abbia raggiunto una resistenza adeguata alle capacità portanti e di deformabilità richieste. Caratteristiche dello stato indurito Per un comune calcestruzzo, posto che si impieghi un aggregato di buona qualità e si seguano le corrette modalità tecnologiche e chimiche di produzione, le proprietà meccaniche vengono a dipendere prevalentemente dalla pasta di cemento che risulta essere il componente più debole. In effetti la sua resistenza teorica, deducibile in base alla relativa coesione molecolare, è molto più elevata di quanto non risulti dalla sperimentazione. Il fenomeno è spiegato dalla meccanica della frattura elaborata da Griffith, che fa dipendere la rottura dalla presenza di difetti all interno del materiale. Tali difetti sono costituiti da microfessure che si verificano, durante la presa e l indurimento del conglomerato, nella pasta cementizia e nell interfaccia con l aggregato, a causa del ritiro della pasta stessa e dell imperfetta adesione tra i componenti. Inoltre restano, sempre nella pasta di cemento, vuoti maggiori dovuti a imperfetta costipazione della miscela fresca.

pag. 6 In definitiva la resistenza del cls verrà intesa come una sua proprietà uniformemente diffusa, purché si tratti di dimensioni sufficientemente grandi rispetto a quelle massime dell inerte impiegato. Il comportamento del cls sotto carico è visualizzato nei diagrammi σ ε riportati in Fig. 7. Fig. 7 Da essi si rileva: - forte dissimmetria con resistenze a compressione molto più elevate di quelle a trazione; - comportamento deformativo non lineare fin da modesti valori delle tensioni; - deformazioni ultime a rottura notevolmente piccole con carattere prevalentemente fragile delle stesse rotture; - modulo elastico del tratto iniziale diverso per le differenti resistenze dei materiali; - caduta della rigidezza molto più rapida a trazione che a compressione. In particolare il tratto discendente delle curve di Fig. 7 può essere rilevato solo con prove a deformazione imposta. Se invece è la forza ad essere progressivamente incrementata, raggiunto il massimo della tensione il provino si rompe bruscamente. A trazione la sperimentazione è alquanto complessa avendo a che fare con valori molto piccoli delle deformazioni. In via indicativa si evidenzierebbe una dilatazione a rottura indipendente dalla resistenza del materiale. La misura della resistenza a compressione (UNI 613) è la più usuale delle prove sul cls indurito, in quanto prescritta tra gli obblighi del Direttore dei Lavori di un opera in cls. Essa viene espressa come resistenza caratteristica R ck, cioè quel valore al di sotto del quale viene a trovarsi, da un punto di vista probabilistico, il 5% dell insieme di tutti i possibili valori di resistenza misurati sul cls in esame. Il Decreto Ministeriale (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) del 14 Gennaio 008 Norme tecniche per le costruzioni, al punto 11..5 Controllo di accettazione, prescrive l obbligo del D.L. di eseguire controlli sistematici in corso d opera per verificare la conformità tra le caratteristiche del conglomerato messo in opera a quello stabilito dal progetto e garantito in sede di valutazione preliminare. Il controllo di accettazione va eseguito su miscele omogenee e si articola, in funzione del quantitativo di conglomerato accettato, nel: - controllo tipo A. - controllo tipo B. Nel tipo A ogni controllo di accettazione si esegue effettuando tre prelievi (ogni prelievo è costituito da due cubetti), ciascuno dei quali eseguito su un massimo di 100 mc di getto di

pag. 7 miscela omogenea. Risulta quindi un controllo di accettazione ogni 300 mc massimo di getto. Per ogni giorno di getto va comunque effettuato almeno un prelievo. I cubetti possono avere spigolo pari a 15, 0, 5, 30 cm (UNI 6130) a seconda della massima dimensione dell inerte. Il più comune ha spigolo di 15 cm per un diametro massimo dell inerte di 31.5 mm. Se R 1, R, R3 sono le tre resistenze di prelievo a 8 giorni di stagionatura, con R1 R R3, indicata con Rm = ( R1 + R + R3 )/ 3 la resistenza media, il controllo è positivo se sono verificate le seguenti disuguaglianze: R R + 3.5 (N/ mm ) R m 1 R ck ck 3.5 (N/ mm Più severo risulta il controllo tipo B, da applicare in costruzioni con più di 1500 mc di conglomerato e per il quale sono necessari almeno 15 prelievi (30 cubetti). Indicati con: n i= 1 R i ) ( Ri Rm ) ( n 15) Rm = ; s = n n 1 La resistenza media dei prelievi e lo scarto quadratico medio rispettivamente, il controllo è positivo se: R R + 1.48s (N/ mm ) n i= 1 R1 Rck 3.5 (N/ mm essendo R 1 il minor valore di resistenza dei prelievi. m ck Oltre alla resistenza cubica a compressione R ck, intesa come il valore frattile 5% della distribuzione di resistenza determinata su provini cubici, le Norme tecniche italiane (al punto 11..10.1 Resistenza a compressione) introducono anche la resistenza cilindrica f ck, intesa come il medesimo valore frattile ma riferita a provini cilindrici di diametro 150 mm e altezza 300 mm, con la possibilità di passare dalla resistenza cubica a quella cilindrica mediante l espressione: f ck = 0.83 R ck (f cm =f ck +8 MPa = resist. cilindrica media). La differenza tra le due resistenze, più che alla forma del provino, è dovuta al rapporto altezza/lato, pari ad 1 nel provino cubico e nel cilindrico. La risposta del cubico infatti è fortemente influenzata dall effetto cerchiante, derivante dalle tensioni tangenziali d attrito prodotte dal contatto diretto dei piatti della pressa sul provino (Fig. 8). ) Fig. 8

pag. 8 Quando il provino viene compresso si accorcia nella direzione del carico e tende a dilatarsi trasversalmente; le facce del provino non riescono a scorrere a causa dell attrito, per cui nascono delle forze tangenziali di confinamento del cls. Per tale motivo la deformazione del provino è massima al centro e minima nei punti di contatto e la rottura avviene con l espulsione delle zone laterali, mentre la zona centrale assume la forma di due piramidi contrapposte. Poiché l influenza dei piatti della pressa è limitata alle zone terminali del provino, in quello cilindrico la zona centrale, più alta che in quello cubico, può dilatarsi trasversalmente con formazione di fessure verticali. In questo caso la rottura assume l aspetto colonnare. Il D.M. 14/01/008 definisce al punto 4.1 (Costruzioni in conglomerato cementizio), le seguenti classi di resistenza e classi di impiego: C8/10-C1/15-C16/0-C0/5-C5/30-C8/35-C3/40-C35/45-C40/50-C45/55-C50/60- C55/67-C60/75-C70/85-C80/95-C90/105 STRUTTURE DI DESTINAZIONE CLASSE DI RESISTENZA MINIMA Per strutture non armate o a bassa percentuale di armatura C8/10 Per strutture semplicemente armate C16/0 Per strutture precompresse C8/35 Resistenza alla trazione (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.) Questa caratteristica meccanica del cls interviene nelle verifiche di deformabilità e di fessurazione della struttura (p.e. nel caso dei serbatoi). In sede di progettazione si può assumere come resistenza media a trazione semplice (assiale) del conglomerato cementizio il valore convenzionale: f ctm = 0.30 (f ck ) /3 (N/mm ). I valori caratteristici f ctk corrispondenti ai frattili 5% e 95% sono assunti rispettivamente pari a 0.7 fctm ed 1.3 fctm. Il valore medio della resistenza a trazione per flessione è assunto, in mancanza di sperimentazione diretta, pari a: f cfm = 1.f ctm. Modulo elastico (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.3) Il modulo elastico è molto influenzato dal tipo di maturazione subita dal cls. Per modulo elastico istantaneo del cls va assunto quello secante tra la tensione nulla e 0.50Rcm, determinato sulla base di apposite prove da eseguirsi secondo la norma UNI 6556. In sede di progettazione si può assumere il valore: E c = 000 (f cm /10) 0.3 (N/mm ). Tale formula non è applicabile ai cls maturati a vapore e non è da considerarsi vincolante nell interpretazione dei controlli sperimentali. Coefficiente di Poisson (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.4) Per il coefficiente di Poisson può adottarsi, a seconda dello stato di sollecitazione, un valore compreso tra 0 (conglomerato cementizio fessurato) e 0. (non fessurato).

pag. 9 Assumendo ν = 0., il modulo di elasticità tangenziale risulta: Ec Gc = 0.40 E. 1+ ν ( ) c Coefficiente di dilatazione termica (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.5) Il coefficiente di dilatazione termica del cls dipende dalla sua composizione e dalla stessa temperatura. Esso è compreso tra 9 e 1x10-6 C -1 per temperature normali. In sede di progettazione, o in mancanza di una determinazione sperimentale diretta (EN 1770), per il coefficiente di dilatazione termica del cls può assumersi un valore medio pari 10x10-6 C -1. Ritiro (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.6) Durante i processi di idratazione del cemento, si manifestano delle variazioni di volume ad essi imputabili. Poiché la principale causa del ritiro è la perdita dell acqua non combinata, il fenomeno dipende essenzialmente dalla composizione del cls, dalla geometria dell elemento, dall umidità e dalla temperatura dell ambiente. Un fattore determinante sugli effetti che può generare, è costituito dai vincoli alla deformazione. Infatti se il ritiro è libero, cioè avviene in un conglomerato abbastanza elastico ed in una struttura atta a muoversi liberamente, esso non genera autotensioni e di conseguenza neppure fessurazione; queste, invece, si presentano quando il ritiro è contrastato. Fig. 9 La deformazione totale da ritiro si compone di due termini, la deformazione per ritiro da essiccamento e la deformazione per ritiro autogeno. Il primo si manifesta lentamente in seguito alla migrazione delle particelle d acqua all interno della pasta cementizia indurita. Il secondo si sviluppa in seguito alla maturazione del cls e pertanto si manifesta nel periodo immediatamente successivo al getto (Fig. 9). Viscosità (D.M. 14/01/008 Art. 11..10.7) L incremento delle deformazioni del cls sotto un carico di lunga durata, in aggiunta alle deformazioni elastiche, è dovuto al fenomeno dello scorrimento viscoso o viscosità (creep). La deformazione viscosa, che si evolve con velocità sempre minore sino a stabilizzarsi asintoticamente, può superare di gran lunga ( o 3 volte) quella elastica, per cui assume una grande importanza nella risposta strutturale, in particolar modo ai fini degli incrementi di sollecitazione per effetti geometrici del secondo ordine.

pag. 10 Una stima della deformazione viscosa si ottiene, senza errori rilevanti, incrementando quella elastica iniziale attraverso un fattore di proporzionalità ϕ ( t,t o ) dipendente dal tempo: ε creep = ϕ( t, t o ) εel dove t o è il tempo di messa in carico e t è quello in cui si valuta la deformazione. Nella Fig. 10 è illustrato l andamento delle deformazioni sotto carico e allo scarico dopo un certo tempo t: la deformazione elastica viene recuperata immediatamente, anche se non del tutto, perché, nel frattempo, è variato il modulo elastico; vi è poi un graduale recupero non elastico, detto recupero da creep, che risulta non completo, perché sulla struttura permane una deformazione residua. Fig. 10 Le Norme forniscono i valori del coefficiente ϕ ( t,t o ) a tempo infinito, in funzione del tempo t o, dell umidità relativa e del rapporto convenzionale ho = A c u, essendo A c l area della sezione trasversale di cls ed u il perimetro della parte esposta a essiccamento. La durabilità (D.M. 14/01/008 Art. 11..11) La durabilità del cls è la capacità del materiale di durare nel tempo resistendo alle azioni aggressive dell ambiente circostante. La durabilità di una struttura in cls è la capacità di durare nel tempo garantendo il servizio per il quale la struttura stessa è stata progettata. Per garantire la durabilità delle strutture in c.a. ordinario e precompresso, esposte all azione dell ambiente, si devono adottare i procedimenti atti a limitare gli effetti di degrado indotti dall attacco chimico, fisico, dalla corrosione delle armature, dai cicli di gelo e disgelo. A tal fine il progettista, valutate opportunamente le condizioni ambientali del sito ove sorgerà la costruzione o quelle di impiego, deve fissare le caratteristiche del cls da impiegare (composizione e resistenza meccanica), i valori del copriferro e le regole di maturazione. Utili indicazioni in proposito possono trovarsi nelle Linee Guida sul cls strutturale edite dal Servizio Tecnico Centrale ovvero nelle Norme UNI EN 06-1 ed UNI 11104. ACCIAIO La risposta di una struttura in c.a. è fortemente condizionata dalla sua armatura. Questa, infatti, sia attraverso la distribuzione geometrica delle barre all interno del conglomerato, sia attraverso le caratteristiche costitutive del materiale, influenza lo stato tensionale e deformativo del complesso, vincolandone le modalità di rottura e condizionando in definitiva la stessa sicurezza strutturale dell immobile.

pag. 11 In pratica, l entità delle resistenze strutturali, la duttilità di elementi e giunzioni, le modalità di discesa del carico ai vincoli, sono tutte caratteristiche dettate dall acciaio di armatura, che, come un fascio di nervi destinato a dar vita alla più inerte massa del conglomerato (P.L. Nervi: Scienza o Arte del costruire?), rende efficace la costruzione. Acciai da cemento armato ordinario E ammesso esclusivamente l impiego di acciai saldabili qualificati secondo le procedure riportate nell art. 11.3.1 del DM 14/01/08 e controllati secondo le modalità riportate nei punti 11.3..10 e 11.3.3.5 dello stesso DM. Acciai per c.a. ordinario: laminato a caldo e trafilato a freddo Gli acciai per c.a. ordinario laminato a caldo, B450C, e trafilato a freddo, B450A, sono caratterizzati dai seguenti valori nominali delle tensioni caratteristiche di snervamento e rottura (Fig. 11): f y nom = 450 N mm ; ft nom = 540 N mm e devono rispettare i requisiti indicati nella seguente tabella: Tensione caratteristica di snervamento Tensione caratteristica di rottura B450C fyk f y nom ftk f t nom B450A ( f t f y ) k 1.15 (f t /f y ) k <1.35 ( ft f y ) 1. 05 k ( f y f y nom ) k ( f y f y nom ) 1. 5 k Allungamento (A gt ) k 7.5% (A gt ) k.5% Diametro del mandrino per prove di piegamento a 90 e successivo raddrizzamento senza cricche: φ < 1 mm 1 φ 16 16 < φ 5 < φ mm 5 mm 50 mm 4 φ 5 φ 8 φ 10 φ 4 φ Fig. 11

pag. 1 L acciaio per c.a. è generalmente prodotto in stabilimento sotto forma di barre o rotoli, reti o tralicci, per utilizzo diretto o come elementi di base per successive trasformazioni. Tutti i tondini di acciaio per c.a. devono essere ad aderenza migliorata (a.m.), cioè dotati di nervature trasversali, uniformemente distribuite sull intera lunghezza, atte ad aumentare l aderenza al conglomerato cementizio. Le barre sono reperibili sul mercato con diametro pari variabile di mm in mm e lunghezza commerciale di 1 metri (Fig. 1). Esse sono caratterizzate dal diametro φ della barra tonda liscia equipesante, calcolato nell ipotesi che la densità dell acciaio sia pari a 7.85 kg/dm 3. Il loro diametro deve essere compreso tra 6 e 50 mm. Fig. 1 Fig. 13 Fig. 14 Si intendono per reti elettrosaldate (e.s.) le armature costituite da due sistemi di barre ortogonali equidistanziate (max 330 mm), assemblate per saldatura negli incroci chiamati nodi Fig. 13. I tralicci sono dei componenti reticolari composti con barre ed assemblati mediante saldatura (fig. 14). Le reti e i tralicci sono realizzati con acciaio B450A ed hanno diametro φ compreso tra 5 e 1 mm. Come per il conglomerato cementizio, anche per le barre di armatura il D.M. 14/01/08 prescrive controlli di accettazione da effettuarsi sia in stabilimento di produzione che in cantiere (art. 11.3..10). In particolare i controlli di accettazione in cantiere sono obbligatori e devono essere effettuati su 3 spezzoni, marcati, di uno stesso diametro, per ciascun gruppo di diametri, sempre che il marchio e la documentazione di accompagnamento dimostrino la provenienza del materiale da uno stesso stabilimento. In caso contrario i controlli devono essere estesi agli altri diametri della partita. Le prove devono essere effettuate presso un Laboratorio Ufficiale e riguardano la resistenza e la duttilità. Possono essere richieste altre prove quali quella di piegamento e raddrizzamento (non devono manifestarsi cricche) e la prova di aderenza (beam test). Acciai da cemento armato precompresso Gli acciai da precompressione sono contraddistinti da un comportamento nettamente diverso da quello esibito dagli acciai per armatura lenta. Infatti, nel caso dell acciaio armonico (0.6% C + 0.6 1.7% Mn + 0.3% Va + 0.3% Cr) il diagramma σ ε di prova è sostanzialmente una bilatera (Fig. 11), con il secondo ramo

pag. 13 incrudente, assenza di snervamento e limitate deformazioni plastiche: gli allungamenti percentuali a rottura sono infatti molto più bassi di quelli tipici di un acciaio dolce (0.% C). L acciaio per armature da precompressione è generalmente fornito sotto forma di: filo: prodotto trafilato di sezione piena che possa fornirsi in rotoli (Fig. 15c); barra: prodotto laminato di sezione piena che possa fornirsi soltanto in forma di elementi rettilinei; treccia: trefolo: o 3 fili avvolti ad elica intorno al loro comune asse longitudinale (Fig. 15d); fili avvolti ad elica intorno ad un filo rettilineo completamente ricoperto dai fili elicoidali (Fig. 15a/b). Fig. 15 Le tensioni di rottura sono da 1.9 a 3.3 volte maggiori rispetto a quella fornita da un acciaio B450C: un filo trafilato a freddo φ 5 mm raggiunge 1770 N/mm, una barra φ 6 30 mm si rompe a 1030 N/mm, mentre un trefolo, costituito da 7 fili φ 5 mm trafilati a freddo, può raggiungere i 1770 N/mm. In contrapposizione alla elevata resistenza meccanica, ottenuta con l aumento della percentuale di carbonio e ulteriori aggiunte di elementi chimici nella lega, incrudimento mediante lavorazione a freddo e trattamento termico di tempra, l acciaio armonico presenta una scarsa duttilità, non è saldabile, è notevolmente sensibile alle alte temperature ed alla corrosione, non è lavorabile. Una ulteriore caratteristica di grande importanza per l utilizzo dell acciaio armonico in elementi precompressi è l entità della perdita di tensione a deformazione costante per rilassamento (Fig. 16). Fig. 16