I MODELLI DI BUSINESS DEL MERCATO TELEVISIVO



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I MODELLI DI BUSINESS DEL MERCATO TELEVISIVO I modelli di business nel sistema televisivo vengono definiti in base ai soggetti che finanziano le azioni di produzione e ed erogazione del servizio offerto. Questi rappresentano gli acquirenti e, in quanto tali, fonti dirette di ricavo. Considerato quanto detto in precedenza, vale a dire che nel mercato televisivo i buyer non corrispondono sempre con gli user, i soggetti in tal senso possono essere differenti: lo Stato, che finanzia l azienda televisiva attraverso il canone (pagato dai cittadini in forma di tassa di possesso dell apparecchio televisivo) o altri tipi di finanziamento; gli investitori pubblicitari, vale a dire le aziende che acquistano gli spazi pubblicitari per pubblicizzare e far conoscere i propri prodotti; i telespettatori, nel caso di abbonamento o pay-per-view. Pur rappresentando sempre i fruitori finali del prodotto audiovisivo, nel caso della tv a pagamento diventano anche i clienti diretti in quanto pagano direttamente per usufruire di un servizio; altre aziende o organizzazioni pubbliche, che acquistano servizi e prodotti dell azienda televisiva (contenuti, strutture di trasmissione, eccetera. A seconda del prevalere di uno o più di questi soggetti, e quindi di una o più di queste fonti di revenue, potremmo parlare di diversi modelli di business adottati dalle aziende televisive. MODELLO DELLA TELEVISIONE PUBBLICA La televisione pubblica è la televisione che offre il servizio televisivo pubblico e, in quanto tale, ha come referenti primari i cittadini di uno Stato. Il suo obiettivo primario è quello di informare, educare e divertire, offrire prodotti di qualità dall entertnainment all informazione e garantire l indipendenza editoriale in tutte le sue azioni. La mission della televisione pubblica influenza e condiziona la qualità dei programmi e la scelta dei contenuti, che devono sempre garantire la completezza dell informazione e l accessibilità a tutti i cittadini, comprese le minoranze. Questo modello di televisione è caratterizzato da due principali fonti di ricavo: 1

UN SETTORE REGOLATO LE 3 LEGGI DI SISTEMA La normativa nazionale regolante il sistema televisivo ha costituito, nel corso della sua evoluzione, uno degli elementi determinanti l attuale assetto concorrenziale. Per comprendere l odierna struttura del mercato televisivo e le relative dinamiche del settore, è necessaria, dunque, un analisi, seppur breve, dell evoluzione storica della legislazione a riguardo. Il sistema televisivo italiano è stato da sempre caratterizzato da una regolamentazione normativa poco efficace, talvolta addirittura assente, che inevitabilmente ha provocato lo sviluppo di posizioni competitive dominanti, mettendo in crisi i principi del pluralismo e della libera concorrenza. Nonostante i numerosi solleciti della Corte Costituzionale sin dalla nascita della televisione, volti a prevenire la realizzazione di concentrazioni monopolistiche o oligopolistiche e ad accelerare la promulgazione di un adeguata normativa in materia, la prima vera legge organica di sistema fu varata soltanto nel 1990: si tratta della Legge n. 223 del 6 agosto, più nota come «Legge Mammì». Diverse, tuttavia, sono state le critiche e i dubbi normativi, soprattutto in riferimento ai cosiddetti limiti antitrust. Per tale motivo, a questa prima legge di sistema, ne sono succedute altre due: la Legge n. 249 del 1997, nota come «Legge Maccanico», e la Legge n.112 del 2004, nota come la «Legge Gasparri». In seguito ai cambiamenti apportati dalla digitalizzazione e dalla convergenza mediatica, ancora oggi la normativa in materia necessita di continui aggiornamenti, in relazione all evoluzione del mercato audiovisivo e alla comparsa di nuove tipologie di competitors. PRIMA LEGGE DI SISTEMA: LA «LEGGE MAMMÌ» (L. N. 223 DEL 1990) La legge n.223 del 6 agosto 1990, più nota come la «Legge Mammì» dal nome dell allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni - Oscar Mammì può essere definita come la prima legge organica di sistema che l ordinamento italiano abbia emanato in materia radiotelevisiva. Fu emanata in seguito a un lungo dibattito, aspro e contraddittorio, scaturito dalla pubblicazione della Legge n. 10 del 1985, una legge di natura transitoria che avrebbe dovuto restare in vigore non oltre sei mesi e la cui validità, invece, si protrasse per ben cinque lunghi anni. Tale legge cercava di disciplinare, seppur in maniera provvisoria, il settore televisivo in assenza di un adeguato impianto normativo di regolamentazione, ormai caratterizzato da un mercato misto, pubblico e privato, sviluppatosi rapidamente a partire dalla metà degli anni settanta. La «legge Mammì» nasce, dunque, per rispondere all esigenza di un efficacie disciplina antitrust -relativa sia al possesso delle reti che alla raccolta 2

delle risorse economiche- che assicurasse la garanzia fondamentale del pluralismo informativo e della libera e corretta concorrenza. L impianto della legge si concentrava su cinque assi portanti: 1. la definizione di un quadro di principi comuni validi sia per il settore pubblico che privato, ovvero il rispetto del pluralismo, dell obiettività, della completezza e dell imparzialità dell informazione e dell apertura alle diverse tendenze politiche, sociali, culturali e religiose; 2. la regolamentazione del regime concessorio, che si traduceva in due atti di pianificazione: il piano nazionale di ripartizione e il piano di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione.; 3. la definizione di una specifica normativa antitrust, diretta a contrastare i fenomeni di concentrazione in atto e a garantire un sufficiente tasso di pluralismo attraverso la stipula di un preciso numero massimo di concessioni rilasciabili ad uno stesso soggetto. In particolare, esse non potevano superare né il 25% del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione, né essere superiori a tre; 4. la regolamentazione della pubblicità radiotelevisiva attraverso la definizione di cinque distinti concetti: il contenuto dei messaggi pubblicitari, la loro modalità di trasmissione, gli indici di affollamento pubblicitario, i rapporti tra emittenti e imprese concessionarie di pubblicità e, infine, una specifica focalizzazione sulle sponsorizzazioni. Per quanto riguarda nello specifico i limiti di affollamento pubblicitario la legge prevedeva: il 4% orario e il 12% settimanale per la concessionaria di servizio pubblico; il 18% orario e il 15% giornaliero per le emittenti private nazionali e il 20% orario e il 15% giornaliero per quelle locali; 5. l introduzione, infine, della figura del Garante per l editoria e la radiotelevisione, avente il compito di controllare il rispetto di tali norme. L approvazione della «legge Mammì», pur avendo il merito di disciplinare per la prima volta in maniera organica l intero settore della radiotelevisione, non riuscì, tuttavia, a fornire una soluzione adeguata ai numerosi problemi. Essa, di fatto, non solo sembrò legittimare uno scarso pluralismo, limitandosi a fotografare semplicemente l assetto allora esistente (il duopolio di RAI e Fininvest), ma apparve anche penalizzare le piccole emittenti locali e l intero settore dell informazione stampata, che videro sottrarsi notevoli risorse finanziarie. Con la sentenza del 28 luglio 1994 n. 420, la Corte Costituzionale dichiarò, inoltre, l incostituzionalità dell art. 15 della «legge 3

Mammì», il quale prevedeva la possibilità per un solo soggetto di possedere fino a tre reti su un totale di dodici pianificate. SECONDA LEGGE DI SISTEMA: LA «LEGGE MACCANICO» (L. N. 249 DEL 1997) La Legge n. 249 del 1997, la cosiddetta «Legge Maccanico», fu la seconda legge di sistema del settore. Essa stabiliva nuovi limiti antitrust per lo svolgimento dell attività radiotelevisiva. Nello specifico, analizzando le disposizioni maggiormente significative, essa prevedeva che: - a uno stesso soggetto non potevano essere rilasciate concessioni o autorizzazioni che consentissero di diffondere più del 20% delle reti televisive analogiche e dei programmi televisivi in ambito nazionale; - i soggetti destinatari di concessioni televisive in ambito nazionale non potevano raccogliere proventi per una quota superiore al 30 % delle risorse del settore televisivo in ambito nazionale (il medesimo limite era valido anche per le emittenti radiofoniche, via cavo o via satellite e per le concessionarie di pubblicità); - i soggetti titolari di partecipazioni in imprese operanti nel settore radiotelevisivo e dell editoria non potevano raccogliere proventi superiori al 20 % del totale delle risorse dei due settori. Una delle novità più significative introdotte dalla Legge Maccanico è l istituzione dell Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), concepita come un organismo operante nel complessivo settore delle comunicazioni (radiotelevisione, editoria e telecomunicazioni). Le principali attività previste in ambito radiotelevisivo per l AGCOM si traducono nella verifica di un equilibrata distribuzione delle risorse tecnologiche ed economiche tra gli operatori, effettuando una precisa analisi dei mercati finalizzata a individuare eventuali posizioni dominanti, per le quali applicare le dovute sanzioni. All Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono, dunque, attribuite le seguenti funzioni: - di regolamentazione: l Autorità, nel rispetto delle norme di legge, è chiamata a dettare disposizioni precise per i vari settori di competenza; - di vigilanza: effettua il monitoraggio constante dei mercati di competenza al fine di verificare che gli operatori rispettino le disposizioni normative vigenti; - sanzionatorie: l Autorità ha il potere ed il dovere di applicare sanzioni in caso di accertata violazione delle disposizioni di settore. 4

TERZA LEGGE DI SISTEMA: LA «LEGGE GASPARRI» (L. N. 112 DEL 2004) Gran parte del quadro normativo vigente sulla regolamentazione dell esercizio dell attività radiotelevisiva è disciplinato oggi dalla legge n.112 del 2004, terza Legge di sistema, nota come la «Legge Gasparri». La «Legge Gasparri», il cui iter di approvazione è stato particolarmente tormentato, nasce per rispondere a sollecitazioni di natura diversa: lo sviluppo del diritto comunitario in materia, le recenti modifiche della giurisprudenza costituzionale che assegnavano alle Regioni una nuova competenza legislativa in tema di ordinamento della comunicazione e soprattutto l evoluzione digitale e tecnologica dei media che, comportando un notevole aumento dell offerta dei canali, rendeva necessaria una nuova e specifica normativa antitrust. Dal punto di vista strutturale la «Legge Gasparri» si articola in cinque Capi: 1. Principi generali (artt. 1-13): si fa riferimento, in particolar modo, ai principi di garanzia e di pluralismo, alla libertà di espressione di ogni individuo, al diritto di ricevere un informazione completa e imparziale, così come all apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose. Sono, inoltre, espressi i principi generali in materia di informazione, i compiti del pubblico servizio nel settore radiotelevisivo e la tutela dei minori nella programmazione televisiva; 2. Normativa antitrust (artt. 14-15): vengono emanati nuovi criteri di accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel Sistema Integrato delle Comunicazioni1 (SIC) e vengono stabiliti nuovi limiti al cumulo dei programmi televisivi e radiofonici e alla raccolta delle risorse economiche. In particolare, possiamo sintetizzare le novità normative più significative a riguardo, in due punti principali: - limiti alla raccolta delle risorse economiche. Ciò si è tradotto, essenzialmente nella previsione di un unico limite ex ante, con verifica ex post, rappresentato dalla quota del 20% del totale dei ricavi complessivi provenienti dal Sistema Integrato della Comunicazione (SIC). Il limite si abbassa al 10%, invece, per le imprese (anche attraverso società controllate o collegate) i cui ricavi nel settore delle telecomunicazioni sono superiori al 40%; - limiti alla titolarità delle reti. Le norme stabiliscono che uno stesso fornitore di servizi media, anche attraverso società controllate o collegate, non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di 1 La legge 112/2004 nell art. 2, comma 1, definisce il nuovo Sistema Integrato delle Comunicazioni come «il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di INTERNET; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni» 5

diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi e più del 20% dei programmi radiofonici in ambito nazionale; 3. Definizione dei principi e dei criteri direttivi per l emanazione del Testo unico della radiotelevisione 2 : «il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione, denominato «Testo unico della radiotelevisione», coordinandovi le norme vigenti e apportando alle medesime le integrazioni, modificazioni e abrogazioni necessarie al loro coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione» 3 ; 4. Definizione dei compiti della concessionaria di servizio pubblico: vengono definiti i compiti del servizio pubblico, le regole di finanziamento e la relativa Disciplina della RAI-Radiotelevisione Italiana Spa; 5. Disposizioni transitorie per la regolamentazione del passaggio dall analogico al digitale: vengono stabilite nuove norme per l accelerazione e l agevolazione della conversione alla trasmissione in tecnica digitale. 2 Il decreto legislativo n. 44 del 2010, ha mutato il titolo nella nuova denominazione di «Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici», in osservanza delle direttive comunitarie europee, le quali promuovono una normativa integrata per l intero mercato mediatico, in virtù dei recenti processi di convergenza. 3 Legge 112/2004, art.16 6