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Pensioni - Assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti - Pensione ai superstiti - Reversibilità - In genere. Pensioni - Assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti - Pensione ai superstiti - Reversibilità - In genere - Trattamenti di reversibilità derivanti da pensione di vecchiaia - Divieto dì cumulo con le rendite vitalizie, ex art. 1, comma 43, Legge n. 335 del 1995 - Esclusione - Morte del dante causa conseguente all'infortunio indennizzato - Irrilevanza. Corte di Cassazione - 13.11/22.12.2000, n. 16132/00 - Pres. Dell'Anno - Rel. Amoroso - P.M. Buonajuto (Conf.) - INPS (Avv.ti De Angelis, Di Lullo, Pescosolido) - Coppo Ida (Avv. Cabibbo). Il divieto di cumulo - stabilito dall'art. 1, comma 43, legge 8 agosto 1995 n. 335 - fra le pensioni di inabilità, dì reversibilità o l'assegno ordinario di inabilità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, e la rendita vitalizia, liquidata per lo stesso evento invalidante a norma del DPR n. 1124 del 1965, non riguarda i trattamenti di reversibilità di vecchiaia, atteso che il riferimento del citato art. 1, comma 43, alle pensioni di reversibilità deve intendersi come fatto solo alla reversibilità originata dalla titolarità del dante causa di un trattamento a carico dell'inps derivante da infortunio o malattia professionale, che abbia altresì comportato l'attribuzione al medesimo di una rendita vitalizia a carico dell'inail (persistendo per i superstiti, in caso di morte del pensionato per ragioni legate causalmente all'infortunio o alla malattia, il divieto di cumulare il trattamento di reversibilità e la rendita INAIL); pertanto, anche ove l'infortunio indennizzato con rendita abbia per conseguenza la morte dell'assicurato, i superstiti possono cumulare il trattamento di reversibilità di vecchiaia con la rendita vitalizia a carico dell'inail, allo stesso modo di come il pensionato diretto può cumulare i due trattamenti (e configurandosi in caso contrario un dubbio di legittimità costituzionale, in relazione agli art. 3 e 38 Costituzione). FATTO. - 1. Con ricorso, del 14 ottobre 1997 Coppo Ada aveva adito il pretore di Casale Monferrato assumendo di essere titolare di rendita erogata dall'inail quale

superstite del marito Lino Narciso Bragion, titolare di pensione di vecchiaia. Si doleva del fatto che l'inps non avesse posto in pagamento il trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia sulla base dell'erroneo assunto del divieto di cumulo con la rendita INAIL in godimento. Si costituiva l'inps chiedendo il rigetto della domanda. Il pretore adito con sentenza del 10 dicembre 1997 accoglieva la domanda condannando l'inps al pagamento in favore della ricorrente della pensione di reversibilità di vecchiaia. Compensava tra le parti le spese di giudizio. Con atto d'appello del 21 gennaio 1998 l'inps impugnava tale pronuncia sostenendo sussistere il divieto di cumulo tra la rendita vitalizia INAIL ed il trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia. Si costituiva l'appellata chiedendo il rigetto dell'appello; proponeva altresì appello incidentale con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite. Il tribunale di Casale Monferrato con sentenza del 6/11 maggio 1998 rigettava l'appello condannando l'istituto appellante alla rifusione delle spese processuali in favore dell'appellata. Accoglieva poi l'appello incidentale e per l'effetto liquidava le spese di lite relativamente al giudizio di primo grado. Avverso tale pronuncia, notificata il 14 maggio 1998, ricorre l'inps con un unico motivo. L'intimata ha soltanto depositato procura. DIRITTO. - 1. Con l'unico motivo di ricorso l'inps denuncia la violazione dell'art. 1, comma 43, della legge n.335 del 1995. Secondo la difesa dell'inps deve ritenersi operante l'incumulabilità della pensione ai superstiti con la rendita INAIL prevista dall'art. 1, comma 43, legge 335/95 citata. Infatti la richiamata disposizione stabilisce che la pensione di reversibilità è incumulabile con la rendita INAIL, quindi non può fare riferimento all'evento morte, riconducibile al fatto invalidante. Erroneamente il Tribunale ricollega l'inapplicabilità della norma in questione alla circostanza che il dante causa risulta titolare di una pensione di vecchiaia per cui "l'istituto è obbligato alla prestazione in favore dei superstiti a ragione e conseguenza dell'anzianità anagrafica e/o contributiva del loro dante causa". Tale rilievo - secondo la difesa dell'inps - non è convincente in quanto, pure nella fattispecie della pensione ai superstiti proveniente da pensione di invalidità, l'inps è

obbligato alla prestazione in conseguenza dell'anzianità contributiva del dante causa. 2. Il ricorso è infondato. 2.1. L'art. 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335 (recante la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), nel disegnare il sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici obbligatori e requisiti di accesso ed il regime dei cumuli, prevede - al 43 comma - che le pensioni di inabilità, di reversibilità o l'assegno ordinario di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante, a norma del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, fino a concorrenza della rendita stessa. Aggiunge poi, con disposizione a carattere transitorio, che sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della legge medesima con riassorbimento sui futuri miglioramenti. Sostiene la difesa dell'inps che il divieto di cumulo riguarderebbe anche i trattamenti di reversibilità di vecchiaia i quali non potrebbero concorrere con le rendite INAIL spettanti ai superstiti ex art. 85 t.u. n. 1124/65 ove l'infortunio abbia per conseguenza la morte dell'assicurato. Tale tesi interpretativa però non può essere accolta perché contrasta sia con la ratio che con la lettera della disposizione sottoposta al sindacato di legittimità di questa Corte. 2.2. Lo scopo della incumulabilità (totale o parziale), prevista dall'art. 1, comma 43, L. n.335/95, cit., tra prestazione INPS (di inabilità, di reversibilità o assegno ordinario di invalidità) e rendita INAIL è quello di impedire che vengano erogate prestazioni a carico di enti diversi quando tali prestazioni siano originate dal medesimo evento invalidante e siano liquidate in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale. Ciò risponde ad una scelta del legislatore, ispirata essenzialmente ad un notevole rigore finanziario e giustificata dall'esigenza di contenimento della spesa previdenziale, accentuatasi all'epoca della riforma pensionistica. In mancanza di questa previsione espressa, opererebbe normalmente il cumulo, trattandosi di due assicurazioni distinte (quella contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e quella per invalidità, vecchiaia e superstiti), alimentate da distinte contribuzioni, tanto più che le prestazioni a carico dell'inail hanno una connotazione marcatamente risarcitoria, che non hanno i trattamenti di inabilità a carico dell'inps. Però, in un momento contingente

di difficoltà della finanza pubblica, il legislatore può porre la regola secondo cui il lavoratore assicurato e parimenti i suoi superstiti possono, per così dire, spendere l'inabilità conseguente ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale una sola volta, senza che da quella inabilità derivino, come conseguenza sul piano previdenziale, due distinte attribuzioni patrimoniali in senso lato compensative della medesima riduzione di capacità lavorativa e di guadagno. Una finalità analoga - ma con una portata più limitata - era già stata perseguita dal legislatore allorché, con l'art. 6 della legge n. 222 del 1984, ha previsto l'esclusione del diritto all'assegno privilegiato di inabilità, per causa di servizio, quando per lo stesso evento derivi il diritto a rendita a carico dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ovvero trattamenti a carattere continuativo di natura previdenziale o assistenziale a carico dello Stato o di altri enti pubblici. Non è quindi irragionevole (ex art. 3 Cost.), né viola il precetto dell'art. 38 Cost. una disposizione che, a fronte di un evento invalidante del lavoratore assicurato, appronti un unico intervento del complessivo sistema di sicurezza sociale, sicché manifestamente infondati sono i dubbi di illegittimità costituzionale del divieto di cumulo in sé; mentre - può subito dirsi anticipando un rilievo che sarà svolto in seguito - tali dubbi insorgerebbero ove il divieto di cumulo fosse esteso si da operare anche tra il trattamento derivante da infortunio sul lavoro o da malattia professionale ed altra prestazione previdenziale, quale il trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia, del tutto indipendente da quell'infortunio o da quella malattia. 2.3. Orbene, perché operi il divieto di cumulo in esame, occorre che ci sia lo "stesso evento invalidante", quale cerniera tra le due prestazioni previdenziali che altrimenti concorrerebbero tra loro. Ossia occorre che l'inabilità conseguente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale, rilevante al fine di far insorgere il diritto alla rendita INAIL, sia la stessa che viene valutata ai fine della spettanza, o meno, di (analoga) prestazione previdenziale a carico dell'inps. Orbene la morte del lavoratore assicurato, mentre può costituire l'evento di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, non costituisce mai un evento invalidante nel sistema dell'assicurazione generale per invalidità, vecchiaia e superstiti, bensì l'ordinario presupposto del trattamento di reversibilità dei superstiti. L'inabilità, rilevante in tale sistema e che non può concorrere con quella presa in considerazione dal parallelo sistema dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, è quella derivante da un evento diverso dalla

morte ed afferente direttamente al lavoratore assicurato; la quale poi, in caso di morte di quest'ultimo, può comportare un'attribuzione patrimoniale indiretta in favore dei superstiti (quale appunto il trattamento di reversibilità delle pensioni di inabilità) ed è questa che conserva, anche in capo ai superstiti, quella connotazione di sovrapposizione al trattamento riconosciuto all'inail in conseguenza dello stesso originario evento invalidante. Ed allora quando il cit. comma 43 dell'art. 1, nell'elencare le prestazioni a carico dell'inps, considerate in riferimento al divieto di cumulabilità così posto, richiama le pensioni di reversibilità (unitamente alle pensioni di inabilità e all'assegno ordinario di invalidità), non si riferisce agli ordinari trattamenti di reversibilità delle pensioni di vecchiaia, in quanto appunto la morte del pensionato di vecchiaia non può considerarsi "evento invalidante", né il trattamento è dovuto solo a condizione che l'evento - morte sia legato con nesso di causalità all'infortunio sul lavoro o alla malattia professionale del titolare della pensione diretta, così come invece l'art. 1, comma 43, cit. richiede che sia. L'evento - morte nel trattamento di vecchiaia è un fatto neutro che non altera il regime di cumulo del quale in ipotesi si trovi a beneficiare il titolare della pensione diretta che sia anche titolare di rendita vitalizia a carico dell'inail. Non rileva affatto, al fine della spettanza del trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia, distinguere secondo che il titolare diretto, già parimenti titolare di rendita INAIL, sia deceduto proprio a causa dei postumi dell'infortunio sul lavoro o della malattia professionale, ovvero per una causa del tutto diversa. In entrambe le ipotesi spetta indistintamente il trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia ai superstiti, mentre il quid pluris costituito eventualmente dal nesso di causalità tra la morte e l'infortunio sul lavoro o la malattia professionale rileva unicamente sul versante della spettanza, o meno, della rendita vitalizia INAIL ai superstiti (art. 85 DPR n. 1124/65). Ed allora il riferimento del comma 43 dell'art. 1 alla reversibilità deve intendersi come fatto solo a quella originata dalla titolarità del dante causa di trattamento a carico dell'inps (quale appunto la pensione di inabilità) derivante da infortunio o malattia professionale che abbia altresì comportato l'attribuzione al medesimo di una rendita vitalizia a carico dell'inail. In tal caso la morte del pensionato per ragioni legate con nesso eziologico all'infortunio o alla malattia professionale lascia persistere il divieto di cumulo anche per i superstiti che, al pari del titolare diretto, si trovano a beneficiare contemporaneamente del trattamento di reversibilità e della rendita a carico dell'inail. Il cit. comma 43 dell'art. 1 non si riferisce invece alla pensione di vecchiaia: come il

pensionato diretto cumula tale trattamento con l'(eventuale) rendita vitalizia a carico dell'inail, così i suoi superstiti cumuleranno tali due trattamenti sempre che ricorrano i distinti presupposti per la loro attribuzione. 2.4. Non senza considerare poi sul piano più strettamente dell'interpretazione letterale che il riferimento ai trattamenti di reversibilità è preceduto da quello alle pensioni di inabilità e seguito da quello all'assegno ordinario di invalidità, collocazione questa che mostra una matrice comune (quello del trattamento di inabilità) ed un'esigenza più mirata: quella di estendere il regime del divieto di cumulo dai trattamenti diretti a quelli indiretti, ma sempre aventi come presupposto l'inabilità e non già la vecchiaia perché è l'inabilità, e (ovviamente) non la vecchiaia, che può trarre origine da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale come richiesto, sempre sul piano dell'interpretazione letterale, dalla disposizione in esame che appunto parla di trattamenti di "pensioni di [... ) di reversibilità [... ), liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale". D'altra parte, quando il legislatore ha invece inteso riferirsi al regime di cumulabilità del trattamenti di reversibilità in generale, liquidati a prescindere dal fatto che la morte sia, o meno, conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, lo ha fatto espressamente come nella fattispecie del precedente comma 41 del medesimo art. 1. 2.5. Infine c'è da considerare che l'interpretazione accolta è anche quella conforme a Costituzione, mentre l'interpretazione opposta comporterebbe un non manifestamente infondato dubbio di legittimità costituzionale, apparendo contrario al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) consentire il cumulo tra pensione diretta di vecchiaia e rendita vitalizia INAIL e vietarlo tra trattamento di reversibilità della medesima pensione di vecchiaia e la stessa rendita vitalizia INAIL in favore dei superstiti. Il dubbio si porrebbe anche con riferimento all'art. 38 Cost. per inadeguata tutela previdenziale in quanto, ricorrendo i presupposti dell'attribuzione della rendita vitalizia INAIL in favore dei superstiti, tale attribuzione sarebbe sistematicamente schermata - e quindi di fatto azzerata - tutte le volte in cui ci fosse anche la parallela attribuzione del trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia fondata su un titolo che prescinde del tutto dalla circostanza che la morte possa essere stata, o meno, conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale sofferti dal titolare diretto. 2.6. In conclusione l'interpretazione sistematica, quella letterale e quella conforme a Costituzione concorrono tutte nel senso di far ritenere che il divieto di cumulo in questione non riguardi i trattamenti di reversibilità delle pensioni di vecchiaia.

2.7. Può aggiungersi - a corollario di questa conclusione - che l'ambiguità di fondo della disposizione (art. 1, comma 43) così interpretata è stata probabilmente presente allo stesso legislatore, che successivamente (con l'art. 55, lett. p), della legge 17 maggio 1999, n. 144) ha delegato il Governo a rivedere la normativa in questione proprio quanto allo specifico profilo del cumulo fra il trattamento di reversibilità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità la vecchiaia e i superstiti e la rendita per superstiti erogata dall'inail spettante in caso di decesso del lavoratore conseguente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale, ai sensi dell'art. 85 DPR n. 1124/65. E' mancata la norma delegata, ma una modifica a tale legge n. 144/99 era contenuta nel disegno di legge S - 4470, approvato dal Senato della Repubblica il 24 maggio 2000, che all'art. 1, comma 3, recava l'espressa abrogazione di tale specifico divieto di cumulo a partire dal 1 luglio 2000. La questione è attualmente all'esame del Parlamento in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2001 (DDL C - 7328 - bis) che contiene una disposizione analoga (cfr. art. 66 del testo approvato dalla Camera dei deputati il 17 novembre 2000 e trasmesso alla Presidenza del Senato il 20 novembre 2000, recante ora il n. S - 4885). Da ultimo identica disposizione (salvo il diverso riferimento temporale di applicazione) è poi contenuta nell'art. 1, comma 2, D.L. 24 novembre 2000 n. 346; disposizione questa che - con una tecnica alquanto insolita - rappresenta in sostanza un emendamento (governativo) della parallela disposizione all'esame del Senato. Tale normativa in fieri, pur in disparte il rilievo che essa è comunque destinata ad applicarsi per il futuro e quindi non rileva nella fattispecie che rimane regolata dalle disposizioni vigenti al momento della concorrenza delle prestazioni previdenziali in esame, tradisce comunque una formulazione altrettanto ambigua ed una tecnica legislativa imprecisa. Come il vigente art. 1, comma 43, cit. (applicabile nella fattispecie) nel porre il divieto di cumulo, parla tout court di pensioni di reversibilità - e quindi pone il problema di interpretazione finora esaminato - analogamente è ambigua una disposizione (quale quella dell'art. 66 DDL S - 4887 cit. e dell'art. 1 D.L. n. 346 del 2000 cit.) secondo cui il divieto di cumulo di cui all'art. 1, comma 43, non opera tra il trattamento di reversibilità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e la rendita ai superstiti erogata dall'inail spettante in caso di decesso del lavoratore conseguentemente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale, perché si continua a non distinguere tra il trattamento di reversibilità della pensione di inabilità per lo stesso evento che ha comportato

l'attribuzione della rendita vitalizia INAIL ed il generico trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia. Sicché rimane il problema interpretativo sopra esaminato e le conclusioni raggiunte non sono revocate in dubbio da questi ultimi recenti sviluppi della normativa in materia. 2.8. Nella fattispecie l'intimata è titolare di trattamento di reversibilità della pensione di vecchiaia nonché di rendita vitalizia INAIL ai superstiti e pertanto - come ha correttamente ritenuta la sentenza impugnata - non ricorre l'ipotesi del divieto di cumulo posto dall'art. 1, comma 43, più volte citato. (Omissis)