L apertura al tema della cittä: C. Sitte, Ch. Buls



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UniversitÄ degli Studi G. d Annunzio - Chieti-Pescara - FacoltÄ di Architettura Appunti delle lezioni di Teoria e Storia del Restauro, prof. Claudio Varagnoli L apertura al tema della cittä: C. Sitte, Ch. Buls Le operazioni di restauro condotto in Italia nella seconda metä dell Ottocento hanno come principale finalitä la liberazione di ampie porzioni del tessuto storico delle cittä. Il tema del restauro si sposta dal singolo edificio alle cittä, intorno alle quali crescono le periferie e i cui centri storici, costituiti da una struttura viaria a maglie strette e irregolari, non riescono a sostenere problemi legati alla modernizzazione come il traffico e l aumentata densitä. Una prima soluzione fu quella adottata a Parigi al tempo di Napoleone III dal Prefetto della Senna, il barone Haussmann, che realizzç un vasto programma urbanistico che prevedeva l apertura (percement) di nuove strade dall andamento rettilineo (i cosiddetti boulevards), a spese del tessuto antico, e il disegno uniforme dell architettura circostante ai nuovi assi viari. Lo schema fu ripreso da molte cittä europee e italiane, che adottarono la pratica dello sventramento, ossia dei tagli interni alla cittä. Il caso pié clamoroso Ñ forse quello di Napoli dove nel 1884 si sviluppç una gravissima epidemia di colera che venne imputata alla scarsa igiene nelle abitazioni della parte pié povera della cittä, quella del centro storico, priva di un sistema fognante, di aerazione e illuminazione a causa delle strade troppo strette. Con l utilizzo della legge sull esproprio per pubblica utilitä (1865), che consentiva alle amministrazioni di entrare in possesso di terreni e costruzioni dei privati, a Napoli venne varato un grande piano di risanamento (1885) che prevedeva, tra l altro, la creazione di una lunga strada rettilinea c.so Umberto I (il rettifilo appunto), che collegava Piazza Garibaldi con il nucleo antico della cittä, tagliando il tessuto edilizio senza riguardo per la disposizione della vecchia maglia viaria che scendeva verso il mare. Contro questo modello di rinnovamento urbanistico e il rischio che portava con sö esteso a larga scala, ossia quello di produrre profonde alterazioni al nucleo pié antico delle cittä, nasce un diffuso movimento di opposizione. A guidare la protesta contro lo sventramento sono soprattutto teorici di area tedesca. In particolare, l austriaco Camillo Sitte nel 1889 scrive L arte di costruire le cittå (il titolo originale tedesco Ñ La costruzione della cittä nei suoi fondamenti artistici). Non Ñ uno scritto sulla conservazione o sul restauro della cittä quanto, piuttosto, una sorta di guida alla progettazione delle nuove cittä e delle nuove periferie che interpreti e mantenga vivo lo spirito della cittä antica. L analisi che il testo compie sulle strade e piazze dei centri antichi europei (soprattutto francesi, tedeschi e italiani) fa emergere l estraneitä assoluta della strada rettilinea al tessuto medievale, che sposa invece la strada curva e la percezione graduale dello spazio che essa induce; la piazza antica viene poi ad essere non un semplice slargo di risulta, ma uno spazio delimitato da una precisa disposizione degli edifici al suo intorno. Il concetto di fondo che anima il testo dello studioso austriaco Ñ che la cittä va progettata su principi artistici: non si tratta ancora di urbanistica quanto piuttosto di arte di costruire la cittä.

Le teorie di Sitte, in antitesi con i principi di Haussman, hanno grande eco in tutta Europa e in particolare in Belgio, paese sensibile al tema della conservazione del patrimonio architettonico. Il borgomastro di Bruxelles, Charles Buls, tenta in questo periodo di rinnovare il tessuto storico della cittä mantenendone perç alcune prerogative formali; ad esempio, al momento di definire una nuova strada che conduce al Palazzo Reale, preferisce adottare un andamento curvo piuttosto che un asse rettilineo nel rispetto degli edifici antichi che si addossavano al tracciato preesistente. L approccio Ñ evidentemente diverso da quello di Haussman: non pié una demolizione sistematica e indifferente del tessuto storico, ma il tentativo di inserire le nuove strade in armonia con il disegno della vecchia cittä. Buls Ñ anche autore di un saggio intitolato L'esthetique des villes (L estetica delle cittä) dove pone l accento sull aspetto artistico delle cittä e sul disegno del loro spazio, con un approccio ancora distante dal concetto di pianificazione urbanistica. Buls viene invitato nel 1903 a tenere una conferenza che avrä notevole influenza - a Roma presso l A.A.C.A.R., l Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura di Roma, che era nata, come molte altre nello stesso periodo in varie cittä italiane, sul modello della SPAB (Society for the Protection of Ancient Buildings); la differenza rispetto alla SPAB, sorta con l intento di proteggere i monumenti dai restauri, sta nel fatto che l AACAR e le altre societä italiane avevano fra i loro scopi quello di promuovere restauri il pié possibile in chiave stilistica. L AACAR, fondata nel 1890, si compone di architetti e ingegneri che lavorano a stretto contatto con il comune di Roma, a cui forniscono proposte operative divenendo cosà una sorta di laboratorio delle nuove idee di progettazione e ridisegno della cittä storica. Opera-manifesto dell associazione Ñ il restauro stilistico di S. Maria in Cosmedin a Roma: un intervento preceduto da uno studio approfondito, ma deludente, che porta fra l altro alla perdita dell importante prospetto settecentesco perfettamente inserito nella storia edilizia del monumento. G. Giovannoni: vecchie cittä ed edilizia nuova. Il metodo storiografico Il principale esponente dell AACAR Ñ perç Gustavo Giovannoni, che nasce a Roma nel 1873 e si forma in un clima culturale ancora intriso del positivismo ottocentesco. â ingegnere e storico dell architettura, si dedica principalmente all architettura del Rinascimento e a quella di Roma antica, pubblicando una grande quantitä di studi. Il suo volume su Antonio da Sangallo il Giovane ha costituito la base di tutti gli studi successivi sull architettura cinquecentesca e proprio l architettura sangallesca, con il suo carattere massiccio, deciso e fortemente chiaroscurale ha rappresentato il modello estetico di riferimento degli architetti progettisti gravitanti nell orbita dell AACAR. Giovannoni non ha alcuna stima verso l architettura contemporanea, e la sua attenzione Ñ tutta rivolta verso il passato. A lui si deve la fondazione della facoltä di Architettura, che porta a compimento l intento perseguito giä da Boito senza successo: istituita prima come Scuola Superiore di Architettura per ingegneri, viene poi trasformata, fra il 1920 e il 1921, nella prima facoltä italiana di Architettura. Il modello didattico, da allora, Ñ rimasto invariato fino a tempi recenti, con alcuni insegnamenti che derivano da discipline umanistiche, altri mutuati dall ingegneria e altri ancora dalle Accademie di Belle Arti. Il nucleo perç attorno al quale le varie discipline si unificano Ñ costituito dalla storia dell architettura e dal restauro, discipline fondanti della nuova facoltä. Interessante rilevare che nello stesso periodo

nasce la scuola del Bauhaus, dove Walter Gropius elimina consapevolmente la storia perchö ritiene che solo cancellando il passato puç nascere la nuova architettura. Ma la cultura italiana muove evidentemente da posizioni opposte: Ñ solo dalla conoscenza profonda della storia che si possono trarre i principi per la progettazione del nuovo, un nuovo che inevitabilmente sarä fortemente ancorato al passato. Giovannoni ha avuto un importante carriera anche dal punto di vista politico, sebbene non fosse troppo ascoltato dal regime fascista, che aveva invece maggiore considerazione di Marcello Piacentini, pié abile e profondo conoscitore dell architettura moderna. Giovannoni ebbe comunque una grande influenza su molti concorsi e restauri di opere pubbliche. Il suo contributo Ñ quindi determinante per lo sviluppo del restauro nei primi quarant anni del XX secolo. Partecipa alle attivitä dell AACAR, conosce i testi di Sitte e Buls e giunge nei primi anni Dieci ad elaborare una personale teoria di intervento nei centri storici che espone in due articoli: Il diradamento nei vecchi centri e Vecchie cittå ed edilizia nuova pubblicati entrambi nel 1913 su Nuova antologia, importante rivista sulla quale avevano scritto fra gli altri anche Boito e Beltrami. Tale teoria prende il nome di teoria del diradamento, e la sua elaborazione muove dai problemi che gravano sulla cittä di Roma dopo la sua elevazione a capitale a seguito dell unitä d Italia. Giovannoni mette in guardia dai pericoli degli sventramenti indiscriminati, con i quali si rischia di cancellare brani importantissimi per la storia dell architettura. Un esempio su tutti Ñ offerto dall idea di trasformare piazza Navona in un asse rettilineo che avrebbe dovuto congiungere il nuovo Palazzo di Giustizia, oltre il Tevere, con il corso Vittorio Emanuele II. La proposta era concreta - subito dopo la costruzione del palazzo si comincia a realizzare un asse rettilineo che punta minacciosamente sulla piazza e prevedendo anche la ricostruzione dell intero fronte di edifici che dava sul Tevere, che avrebbe dovuto fare da accompagnamento al nuovo edificio sul fiume. La zona in questione ospitava uno dei tessuti storici pié carichi di memoria della cittä di Roma: oltre a piazza Navona vi era anche via dei Coronari, una strada rettilinea di origine medievale che accoglieva molti episodi edilizi rinascimentali e barocchi. Di fronte al rischio di sventramenti indiscriminati del centro storico, Giovannoni propone una via alternativa, fatta, piuttosto che di abbattimenti senza criterio, di piccole demolizioni mirate in punti precisi, opportunamente individuati dallo storico di architettura, dove sorgono edifici di scarsa rilevanza, frutto magari di aggiunte e rimaneggiamenti posticci. Attraverso queste piccole incisioni del tessuto, quasi a macchia di leopardo, si possono ottenere delle aperture del tessuto edilizio che consentono agli antichi edifici di respirare, di prendere luce ponendo cosà rimedio al problema igienico; al tempo stesso si favorisce la circolazione dei mezzi di trasporto moderni. Ai vantaggi di tipo strettamente pratico si dovrebbero, sempre secondo Giovannoni, accompagnare miglioramenti estetici, con il recupero di visuali particolari e di piccole piazze da cui godere della cittä antica. L idea, in definitiva, Ñ quella di diradare il tessuto antico per renderlo permeabile alle esigenze della cittä moderna. Giovannoni, ricorrendo ad una metafora, paragona la cittä ad un organismo vivente: suggerisce di seguire la fibra del tessuto antico, ovvero di comprenderne l andamento tipologico e morfologico, la disposizione della case, il tracciato viario e quindi, successivamente, operare quasi chirurgicamente al suo interno senza danneggiarne le parti vitali. Ogni intervento non puç prescindere dalla supervisione di un tecnico che conosca i problemi dell urbanistica, ma anche le

ragioni della storia dell architettura e sia perciç in grado di prendere le giuste decisioni. Le caratteristiche richieste disegnano perfettamente quella figura professionale che Giovannoni stesso mira a creare attraverso la nuova facoltä di Architettura. La sua teoria vorrebbe favorire un integrazione tra cittä antica e moderna, con la prima che si alleggerisce per poter soddisfare le esigenze della seconda conservando perç la sua identitä fatta di ambienti raccolti e piccole strade. Proprio questo basso profilo disegnato da Giovannoni per la nuova cittä lo allontanerä dalle esigenze scenografiche del regime fascista che preferirä il modello piacentiniano, ispirato ad una cittä antica profondamente ridisegnata con nuovi e moderni centri propulsori e con i monumenti antichi a fare da autorevole sfondo. Lo sventramento quindi finirä per prevalere sul pié morbido diradamento giovannoniano, del quale non vi sono molte applicazioni. Tuttavia alcune proposte avanzate per via dei Coronari saranno realizzate, mentre un altro piano di diradamento sarä varato per il cosiddetto quartiere del Rinascimento, anche se non interamente. Un intervento realizzato interamente secondo i principi del diradamento interessç invece Bergamo alta, dove un architetto che si ispira direttamente a Giovannoni, Luigi Angelini, interviene con estrema sensibilitä, ricavando gli spazi necessari alla vita moderna in zone esterne al centro monumentale vero e proprio. Un altro piano di diradamento era inoltre stato pensato per Bari vecchia da Concezio Petrucci nel 1931. Le posizioni teoriche sul restauro e le realizzazioni Il pensiero di Giovannoni sul restauro in senso stretto lo si trova sintetizzato alla relativa voce dell Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti della Treccani. La voce Restauro Ñ scritta nella seconda metä degli anni 30: in etä matura dunque Giovannoni arriva a formulare un pensiero strutturale sul restauro scendendo dalla scala urbana al singolo edificio. L architetto romano appare ai suoi contemporanei come una sorta di continuatore del percorso intellettuale iniziato da Boito e Beltrami, cioñ come sostenitore di quel restauro filologico che distingue tutte le parti che compongono l edificio e la sua storia. In realtä la sua posizione Ñ pié sfumata: sempre a favore della conservazione e degli interventi di stretta manutenzione, ha in realtä come obiettivo principale l approfondimento della storia dell edificio. Su questo terreno divampç un accesa polemica tra Giovannoni e Adolfo Venturi, uno dei padri fondatori della storia dell arte in Italia. In un volume relativo all architettura del Cinquecento, Venturi, applicando il metodo dello storico dell arte, analizza i prospetti e i dettagli formali dell architettura del periodo; Giovannoni firma una recensione polemica, nella quale sottolinea che l architettura va compresa come organismo, concepito cioñ attraverso le relazioni tra pianta, prospetto e sezione. E proprio la concezione dell architettura come spazio e non pié come superficie o come oggetto secondo Giovannoni - che deve caratterizzare l operato dell architetto e dello storico di architettura. Inoltre, l edificio va studiato non solo nello spazio, ma anche nel tempo, ovvero nelle sue trasformazioni, modifiche, aggiunte e tutto quanto contribuisce alla crescita dell organismoedificio. Nei confronti del restauro, Giovannoni ha un atteggiamento empirico, che parte dalla realtä del singolo edificio. Giovannoni non mette a punto una vera e propria teoria del restauro, ma individua cinque livelli a cui fare riferimento negli interventi sul patrimonio architettonico, cinque

tipi di intervento con un incidenza via via crescente sull edificio: - al primo livello si pone il consolidamento, un intervento che si ha sempre il dovere di considerare per primo e che ha per obiettivo quello di restituire alle strutture la loro compattezza statica. â opportuno fare appello per questo anche ai mezzi moderni, che consentono interventi sulle strutture non visibili. Il consolidamento Ñ cioñ per Giovannoni una soluzione auspicabile purchö resti nascosto; Ñ un interpretazione che trova anche oggi conferma in molti interventi che rimangono perç celati alla vista, ma che in realtä sono forse pié invasivi, distruggendo le parti interne delle strutture. Un esempio di consolidamento che anticipa i principi giovannoniani Ñ l intervento alla Loggia del Palazzo dei Papi a Viterbo, episodio importante del gotico dell Italia centrale. Nel Cinquecento si era provveduto a dei tamponamenti poichö le colonne sembravano troppo esili e si paventava il rischio di un crollo; agli inizi del Novecento, l architetto Giulio De Angelis libera queste colonnine realizzando, all interno del muro soprastante, una trave in cemento armato nascosta dietro il muro antico, che viene smontato e successivamente ricomposto. La trave scarica su due spallette laterali e consente cosà di riproporre le antiche colonnine, alcune delle quali sono perç rifatte. - al secondo livello c Ñ la ricomposizione, ovvero il rimontaggio dei blocchi caduti, detta anche anastilosi ; metodo indicato per gli interventi nelle aree archeologiche su quei monumenti che Giovannoni definisce morti, ossia privi ormai di una funzione vitale per la societä contemporanea; si distingue in genere tra un anastilosi diretta, che usa solo ed esclusivamente i conci ritrovati nello scavo; e una indiretta, che usa anche parti nuove per facilitare il rimontaggio, ma con minore scientificitä rispetto alla prima; - al terzo livello c Ñ la liberazione, che mira a mettere in luce l organismo architettonico e le sue peculiaritä storiche attraverso l eliminazione delle aggiunte che la storia dell architettura denuncia come estranee all edificio stesso; una sorta di diradamento applicato al singolo edificio che si esprime ad esempio nella rimozione delle superfetazioni, ovvero di quelle aggiunte dal carattere prettamente funzionale che non hanno alcuna qualitä architettonica. E importante rimarcare che Giovannoni non fa riferimento allo stile dell edificio, ma al recupero di quella sua consequenzialitä spaziale che gli consenta di tornare a vivere; - al quarto livello si pone il completamento, da eseguire quando si ritiene legittimo richiudere le lacune presenti nell edificio purchö si segua, come giä aveva indicato Boito, la strada della distinguibilitä. L intervento di ricucitura che completa l edificio antico non deve seguire lo stile ma differenziarsi anche nel materiale; soprattutto deve seguire le linee di nuda semplicitä, ovvero le linee di inviluppo dell architettura antica riprendendo soltanto il suo schema di base; - al quinto livello l intervento Ñ della massima incisivitä e prevede, se l edificio non Ñ di particolare pregio architettonico e al contempo si presta ad accogliere nuove funzioni - magari mantenendo solo la facciata come elemento di prestigio - un restauro di innovazione. Si potranno aggiungere delle parti nuove che potranno essere progettate in maniera da mimetizzarsi all interno o accanto all edificio antico. Il restauro di innovazione Ñ la soluzione dove si avverte con pié forza la tendenza a concepire l intervento come una continuazione dell architettura antica, attraverso una aggiunta nuova realizzata perç nello spirito e nello stile dell antico. Questi cinque livelli ad incisivitä crescente, per il tramite delle Soprintendenze, legittimeranno molti interventi disinvolti di liberazione e di completamento (basti pensare alla campagna di

medievalizzazione o comunque di revisione delle cattedrali pugliesi attuata negli anni Trenta). Nell esposizione del 1911, che celebrava i 50 anni dell unitä nazionale tenutasi a Roma nell area di Valle Giulia, l AACAR presentç una serie di progetti per la sistemazione del centro storico della cittä. Tra questi il piano per via dei Coronari, con il quale Giovannoni mirava a scongiurare lo sventramento di piazza Navona e la ricostruzione dell intero quartiere gravitante sulla via. L idea giovannoniana prevede in sostanza la realizzazione di una galleria sulla testata curva di piazza Navona, per agevolare il transito, quindi non una conservazione assoluta; inoltre in via dei Coronari alcune demolizioni dovevano mettere in mostra gli edifici di maggior pregio architettonico e migliorare le condizioni ambientali generali e i collegamenti. L obiettivo Ñ la salvaguardia del carattere intimo e tranquillo della cittä antica, convogliando il traffico nelle zone diradate. Ma le demolizioni chirurgiche proposte da Giovannoni, apparentemente indolori, generano in realtä grandi problemi di ricucitura del tessuto edilizio, risolti spesso attraverso l impiego di soluzioni a verde corredate da elementi di arredo urbano. La sistemazione proposta ed effettivamente realizzata Ñ quella di via dei Coronari, una strada di origine quattrocentesca nata da un percorso pié antico. L ipotesi del Comune era di distruggere tutte le abitazioni del quartiere di Via dei Coronari, adducendo come pretesto il fatto che fossero di altezza notevole e molto ravvicinate fra loro, quindi prive di luce e d igiene. Giovannoni propone perç una strada alternativa: sfoltire il tessuto edilizio demolendo gli edifici che causavano una riduzione della sezione stradale (come quelli che, ad esempio, nascondevano il fianco della chiesa seicentesca di S. Salvatore in Lauro). Si sarebbero cosà ottenuti degli slarghi e delle piazzette dalle quali godere della vista delle emergenze architettoniche. In alcuni casi, si proponeva anche l arretramento del fronte degli edifici per allargare la strada sulla quale prospettavano. Una strada di supporto avrebbe inoltre permesso di non far scorrere lungo via dei Coronari il traffico veicolare. Di fronte all emiciclo nord di Piazza Navona, si proponeva infine di liberare, attraverso la demolizione delle case che vi si addossavano, la torre medievale detta Sanguigna. Su questi principi si muove anche la proposta organica per la zona di Roma fra via del Corso e il Tevere, messa a punto da Giovannoni nel piano del 1919 per il Quartiere del Rinascimento. Il piano non fu realizzato, ma alcune sue indicazioni finiranno nel piano regolatore del 1931, mosso da altre finalitä. Lo sventramento incombente su Piazza Navona viene praticamente dirottato sulla via strettamente adiacente con la realizzazione, nel 1935 di Corso del Rinascimento, una strada rettilinea a sezione ampia che ha come sfondo la facciata di S. Andrea della Valle, che funziona un po da succursale di piazza Navona, evitandone l alterazione. Giovannoni studia poi altri interventi per il centro di Roma, proponendo di creare nuove strade non allargando quelle esistenti, spesso formate da edifici monumentali, ma demolendo i cortili interni, tagliando cioñ il tessuto edilizio nei punti di minor resistenza salvaguardando i prospetti degli edifici pié importanti; demolendo e ricostruendo invece per intero quelli artisticamente irrilevanti. La si potrebbe definire un operazione di facciata, visto che vengono salvati solo i prospetti, e si capisce da questo esempio come in realtä il diradamento preveda comunque consistenti demolizioni. Ma la convinzione sottesa ai tanti interventi proposti Ñ che la storia dell architettura si faccia soprattutto con i singoli monumenti, mettendo in disparte il tessuto storico. Oggi, invece, si tende a privilegiare la continuitä edilizia pié che le singole emergenze architettoniche.

Gli interventi di restauro sui singoli edifici integralmente attribuibili a Giovannoni sono difficili da interpretare alla luce della sensibilitä contemporanea. In S. Andrea a Orvieto, viene alterata una facciata tricuspidata, inventando un nuovo prospetto arbitrariamente concepito. S. Stefano Maggiore, detta anche S. Stefano degli Abissini, che si trova alle spalle di S. Pietro in Vaticano aveva un impianto frutto della riduzione, completata nel Settecento, di un edificio precedente a tre navate, le cui colonne divisorie erano state inglobate nei nuovi muri perimetrali. L intervento di Giovannoni porta alla ricostruzione dell organismo originario innanzitutto dal punto di vista archeologico, quindi con rilievi e saggi; non ricostruisce la chiesa a tre navate, ma assoggetta comunque l intervento di restauro alle esigenze di comprensione storica dell edificio. Elimina cosà tutte le decorazioni barocche, rimette a nudo l apparecchiatura in mattoni delle pareti ma soprattutto evidenzia, scavando delle nicchie, la presenza delle colonne e dell architrave d origine. L intervento Ñ tutto ispirato al principio di nuda semplicitä, espresso con un architettura quasi minimalista che poco concede alla decorazione; ci si limita anche in questo caso a diradare la massa muraria precedente per permettere la comprensione dell organismo antico. I frammenti dell antica chiesa ritrovati vengono esposti nei cortili adiacenti in applicazione dei principi di Boito.