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N. 5260/09 R.A.C.C. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Udine, sezione seconda civile, composto dai Signori Magistrati: dott. Alessandra BOTTAN PRESIDENTE dott. Gianfranco PELLIZZONI GIUDICE rel. dott. Francesco VENIER GIUDICE ha pronunciato il seguente decreto nella causa civile di 1 grado iscritta al n. 5260/09 R.A.C.C. promossa con ricorso e pedissequo decreto notificato in data 27.10.2009, cron. n. 20867, uff. Giud. unep del Tribunale di Udine da EQUITALIA FRIULI VENEZIA GIULIA SPA con proc. e dom. l avv. per mandato a margine del ricorso ATTRICE- RICORRENTE contro CURATELA DEL FALLIMENTO A SPA con proc. e dom. l avv. per mandato a margine della comparsa, CONVENUTA - RESISTENTE E contro AGENZIA DELLE ENTRATE DI UDINE rappresentata e difesa ex lege Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 1

dall Avvocatura dello Stato di Trieste; TERZA - CHIAMATA OGGETTO: opposizione allo stato passivo. Causa iscritta a ruolo l 8.09.2009. Relatore il Giudice dott. Gianfranco PELLIZZONI. FATTO E DIRITTO Con ricorso in opposizione allo stato passivo del fallimento A spa l Equitalia Friuli Venezia Giulia spa impugnava il provvedimento del giudice delegato della predetta procedura, che in sede di verifica della domanda supertardiva depositata in data 25.11.2008 e afferente a crediti tributari per complessive 236.638,67 di cui ai ruoli formati e resi esecutivi dall ente impositore in data 1.09.2008 e consegnati all esattore in data 10.10.2008 aveva rigettato il ricorso in quanto presentato oltre il termine di dodici mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo ( 6.06.2007), fissato nella sentenza dichiarativa di fallimento, sull assunto che il ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione tardive era giustificato dall espletamento della procedura di accertamento del credito, effettuata a mente dell art 36 bis del dpr. n. 600/73 e dell art. 54 bis del dpr n. 633/72, che prevedeva anche la comunicazione delle irregolarità presenti nella dichiarazione ai sensi dell art. 2, secondo comma, del d. lgs. n. 462/97, atteso che la maggior imposta dovuta era emersa solo in sede di liquidazione della dichiarazione modello 770 dell anno di imposta 2006, presentata dallo stesso curatore del fallimento in data 18.09.2007. Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 2

Nel costituirsi in giudizio la curatela fallimentare resisteva alla domanda chiedendone il rigetto, negando rilevanza per la giustificazione del ritardo all iter procedurale previsto dagli artt. 36 bis del dpr. n. 600/73 e 54 bis del dpr. n. 633/72, atteso che essendo stata l Agenzia delle Entrate tempestivamente informata della procedura concorsuale e della data di verifica del passivo, la stessa avrebbe dovuto comunque rispettare il termine di dodici mesi fissato per il deposito delle domande tardive. Su richiesta dell opponente veniva anche integrato il contraddittorio con l Agenzia delle Entrate Ufficio di Udine, che ribadiva la tempestività e correttezza del proprio operato, che si era attenuto all iter procedimentale previsto per la rettifica delle dichiarazioni in sede di liquidazione delle imposte dalla richiamata normativa. Il ricorso in opposizione allo stato passivo è infondato e va pertanto respinto, anche se per un motivo diverso da quello prospettato dal g. d. nel provvedimento impugnato. Il contestato decreto di rigetto ha infatti ritenuto la domanda inammissibile, in quanto : l agenzia delle entrate è stata informata dell intervenuto fallimento della società nei trenta giorni dal deposito della sentenza dichiarativa di fallimento e il termine di dodici mesi per la presentazione delle istanze ( tardive) ha iniziato a decorrere il 6.06.2007, mente l agenzia delle entrate ha provveduto alla notificazione obbligatoria di comunicazione delle irregolarità solo in data 8.05.2008, formando e rendendo esecutivi i ruoli d imposta in data 1.09.2008 e pertanto il ritardo non appare dovuto a causa non imputabile al creditore. E noto che ai sensi dell art. 101, quarto comma l. fall. le domande tardive possono essere presentate anche dopo il decorso del termine finale di cui al Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 3

primo comma, eventualmente prorogato nella sentenza dichiarativa di fallimento ( dodici o diciotto mesi in caso di particolare complessità della procedura - dalla data di deposito del decreto di esecutività dello stato passivo), se il ritardo sia dipeso da causa non imputabile al creditore, vale a dire quando sia dipeso da fattori causali esterni alla volontà del medesimo, quali la forza maggiore, il caso fortuito o l errore incolpevole, riconducibili all impossibilità della prestazione per causa non imputabile ai sensi dell art. 1218 cod. civ. e sempre che il creditore supertardivo adduca nell istanza - a pena di inammissibilità - i motivi del ritardo incolpevole ( in senso conforme v. Trib. Modena, 5.12.2008, in Fall., 2009, 622 e Trib. Macerata, 11.11.2008, ivi, 2009, 453). Il termine ultimo per la presentazione delle domande tardive è indubbiamente un termine perentorio di decadenza, superabile solo nel caso di non imputabilità del ritardo, che introduce una deroga processuale al principio della par condicio creditorum, non diversamente da quanto previsto nell esecuzione individuale per i creditori che non siano muniti di titolo. La riserva di ammissibilità della domanda oltre il termine di decadenza va in tal senso considerata una forma di riammissione in termini, con applicazione pertanto dei principi fissati dall art. 294 cpc in tema di mancata conoscenza dell esistenza del processo, a causa della nullità dell atto di citazione o della sua notificazione, sempre che tali nullità non siano sanate dal raggiungimento dello scopo, consentendo la cognizione del giudizio o dalla mancata costituzione tempestiva per causa non imputabile. In tale ottica si è ad esempio - ritenuto che il mancato avviso al creditore delle informazioni previste dall art. 92 l. fall. integri sicuramente l ipotesi Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 4

dell errore incolpevole, secondo una ipotesi già riconosciuta dalla giurisprudenza sotto il vigore della legge del 1942, dato che l ultimo comma dell art. 101 l. fall - vecchio testo contemplava esplicitamente l esenzione dalla sopportazione dell onere delle spese conseguenti al ritardo della domanda, nel caso in cui lo stesso fosse dipeso da causa a lui non imputabile, sempre che tuttavia il curatore non riesca a dimostrare che il creditore era comunque informato della pendenza della procedura concorsuale.. Nel caso in esame - secondo la prospettazione della curatela fallimentare - il termine ultimo per la presentazione delle domande tardive era rappresentato dalla data del 6.06.2008, dato che il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo era avvenuto in data 6.06.2007, con la conseguenza che la domanda presentata dalla ricorrente in data 25.11.2008 appariva sicuramente fuori termine e poteva pertanto venir considerata ammissibile solamente ove l Equitalia ( e conseguentemente l ente impositore Agenzia delle Entrate) avesse dimostrato che tale ritardo fosse dipeso da causa non imputabile, vale a dire da fattori causali esterni alla volontà del creditore. Sotto tale profilo l opponente ha per contro sostenuto che la domanda di insinuazione al passivo era stata presentata oltre il termine di dodici mesi fissato dalla legge a decorrere dal deposito del decreto di esecutività, in maniera del tutto incolpevole, in quanto il credito, relativo a due cartelle esattoriali, era sorto solamente a seguito dell attività accertativa dell Agenzia delle Entrate espletata dopo la dichiarazione di fallimento, la quale aveva provveduto - ex art. 36 bis del dpr n. 600/73 in sede di liquidazione - alla rettifica della dichiarazione modello 770/ 2006 presentata dallo stesso curatore in data 19.09.2007 ( vale a dire in data successiva alla dichiarazione di esecutività dello Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 5

stato passivo) e al conseguente complesso iter previsto dalla normativa fiscale in materia di accertamenti, che aveva portato alla iscrizione a ruolo dell imposta in data 1.09.2008 e alla consegna all esattore dei ruoli esecutivi in data 10.10.2008. In particolare tanto l opponente, quanto l ente impositore hanno sostenuto che l art. 36 bis, primo comma del citato dpr n. 600/73 consente di procedere alla liquidazione delle imposte, avvalendosi di procedure automatizzate di controllo della dichiarazione dei redditi entro l inizio del periodo di presentazione della dichiarazione dell anno successivo, mentre il successivo secondo comma impone di comunicare l esito della liquidazione, quando emerga una imposta o una maggiore imposta dovuta, al contribuente o al sostituto d imposta per evitare la reiterazione degli errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, con la conseguenza che tale complesso iter procedimentale aveva consentito di formare e rendere esecutivi i ruoli solo in data 1.09.2008 e di consegnarli all agente della riscossione in data 10.10.2008, rendendo con tutta evidenza incolpevole il ritardo nella presentazione della domanda tardiva. Tale tesi è solo parzialmente fondata dato che - diversamente da quanto opinato nell impugnato provvedimento di rigetto della domanda di insinuazione il termine ultimo per la presentazione delle domande tardive di dodici ( o diciotto ) mesi non necessariamente deve decorrere dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, ma può anche decorrere in determinate ipotesi - dalla data in cui viene meno la causa non imputabile, che ha determinato l impedimento alla presentazione della domanda tempestiva, atteso che lo stesso legislatore ha previsto un termine lungo di dodici o di diciotto mesi dalla chiusura della procedura di verificazione delle domande tempestive, per il Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 6

deposito delle domande tardive, implicitamente riconoscendo che situazioni soggettive particolari del creditore ( si pensi ai creditori esteri) o domande particolarmente complesse possono necessitare di tempi anche lungi per la loro predisposizione e deposito. Nella medesima ottica è lo stesso legislatore che ha riconosciuto la possibilità di proroga fino a diciotto mesi del termine ultimo per la presentazione delle domande tardive, proprio quando per la complessità della procedura si possa prevedere un numero elevato di domande o la presenza di creditori esteri, che necessitano di tempi più lunghi per il deposito delle istanze o delle difficoltà connesse all accertamento delle ragioni dei creditori. Ne deriva che per i crediti che sono sorti solo durante la procedura fallimentare o comunque che potevano essere fatti valere solo in corso di procedura, dopo il decorso del termine di cui all art 101, quarto comma il termine di dodici o di diciotto mesi di presentazione della domanda non può che iniziare a decorrere dalla data in cui è sorto il diritto alla pretesa creditoria o è venuta meno la causa che impediva la presentazione della domanda. In tal senso non appare - ad avviso del Tribunale - condivisibile la tesi che il creditore incolpevole una volta venuta meno la causa che impediva la presentazione della domanda abbia diritto ad un termine pari a quello spettante ai creditori tempestivi, vale a dire di 120 giorni o di 90 giorni, ove si voglia sottrarre il termine di trenta giorni per la presentazione delle domande in cancelleria, dato che è stato lo stesso legislatore a fissare il termine lungo di dodici ( o diciotto mesi) per la presentazione delle domande tardive e vi è comunque un termine ultimo, rappresentato dalla ripartizione finale dell attivo, oltre il quale non si può andare e non si vede pertanto la ragione, applicano i Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 7

principi fissati in tema di riammissione in termini, per cui il creditore incolpevole supertardivo debba essere trattato in maniera deteriore rispetto agli altri creditori tardivi ( v. in senso contrario, ma non condivisibile, Trib. Pescara, 10.02.2009, in Fall., I, 2010, 67, che tuttavia ammette anch esso che decorso il termine di 90 giorni il creditore supertardivo possa provare che necessitava di un termine più lungo per la predisposizione della domanda, evidentemente trascurando la circostanza che è stato lo stesso legislatore a decidere in maniera non modificabile quali siano i termini massimi entro cui il creditore tardivo può predisporre la domanda e depositarla in cancelleria, ai sensi del primo comma dell art. 101. fall., senza necessità alcuna, in tale prima ipotesi di addurre le ragioni del suo ritardo). La norma consente pertanto al creditore che non abbia avuto la possibilità di attivarsi senza sua colpa per ragioni connesse o alla natura de credito o ad altre cause parimenti non imputabili di insinuarsi con la domanda ultratardiva nel termine fissato dall art 101, primo comma, decorrente dalla data in cui è venuta meno la ragione ostativa alla presentazione dell istanza. Tale principio si ricava d altro canto anche da altre disposizioni presenti nella legge fallimentare e in particolare quelle riguardanti la cessione del credito e la surroga di cui all art 115, secondo comma l. fall. che consentono la partecipazione al concorso del creditore cessionario o che si sia surrogato senza limitazioni di tempo, se non quello ovvia della ripartizione finale dell attivo ( e senza neppure necessità, come previsto dalla disciplina del 1942 di una formale domanda di ammissione al passivo, ma con la semplice comunicazione al curatore ) e quelle riguardanti i crediti prededucibili contestati di cui all art. 111 bis primo comma, che se sorti dopo la chiusura della verifica dello stato Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 8

passivo o oltre il termine decadenziale in esame, possono comunque essere fatti valere con domanda ultratardiva, fino a quando tutte le ripartizioni dell attivo fallimentare si siano esaurite od infine quelle riguardanti l insinuazione al passivo dei crediti derivanti dal contratto di leasing pendente alla data di fallimento, nell ipotesi in cui il curatore abbia deciso di sciogliersi dal contratto in corso di procedura, ove il diritto di insinuarsi al passivo ai sensi dell art. 72 quater, terzo comma, l. fall., per la differenza fra il credito vantato alla data di fallimento e quello ricavato dalla nuova allocazione del bene, sorge solamente dopo che la società di leasing abbia provveduto alla riallocazione del bene ( v. sul punto Cass., 01/03/2010, n. 4862, secondo cui: In tema di effetti del fallimento su preesistente rapporto di leasing, ai sensi dell'art. 72-quater della legge fall. (introdotto dall'art. 59 del d.lgs. n. 5 del 2006 e modificato dall'art. 4, ottavo comma, del d.lgs. n. 169 del 2007), il concedente, in caso di fallimento dell'utilizzatore e di opzione del curatore per lo scioglimento del vincolo contrattuale, non può richiedere subito, mediante l'insinuazione al passivo ed ex art. 93 legge fall.,anche il pagamento dei canoni residui che l'utilizzatore avrebbe dovuto corrispondere nell'ipotesi di normale svolgimento del rapporto di locazione finanziaria, in quanto con la cessazione dell'utilizzazione del bene viene meno l'esigibilità di tale credito, ma ha esclusivamente diritto alla restituzione immediata del bene ed un diritto di credito eventuale, da esercitarsi mediante successiva insinuazione al passivo, nei limiti in cui, venduto o altrimenti allocato a valori di mercato il bene oggetto del contratto di leasing, dovesse verificarsi una differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e la minor somma ricavata dalla allocazione del bene cui è tenuto il concedente Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 9

stesso, secondo la nuova regolazione degli interessi fra le parti direttamente fissata dalla legge). Tale ultimo esempio in particolare ben chiarisce nell interpretazione dell art. 72 quater, l. fall. datane dalla Corte regolatrice che il diritto di insinuarsi tardivamente al passivo del fallimento, anche dopo il decorso del termine ultimo fissato dall art. 101, quarto comma, l. fall. può iniziare a decorrere - in determinate ipotesi solo dal momento in cui il relativo credito sia effettivamente venuto ad esistenza, o siano comunque state rimosse le condizioni che ne impedivano la sua esigibilità, a prescindere dalla circostanza che il creditore conoscesse o meno l esistenza della procedura concorsuale. Nel caso in esame appare evidente che il credito insinuato dall esattore è la conseguenza della liquidazione operata dall Agenzia delle Entrate ai sensi dell art. 36 bis del dpr. n. 600/73 della dichiarazione modello 770/2006 presentata in corso di procedura dallo stesso curatore in data 18.09.2007, dopo il deposito dl decreto di esecutività dello stato passivo, per cui il termine per la presentazione della domanda tardiva non poteva in alcun modo decorrere da una data addirittura anteriore al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi del sostituto d imposta, non essendo la pretesa erariale nemmeno ancora sorta, ma solo dal momento successivo alla presentazione della dichiarazione. Alla luce di tali considerazioni il termine di dodici mesi per il deposito della domanda tardiva non poteva che iniziare a decorrere dalla data in cui il curatore aveva presentato la dichiarazione dei redditi, atteso che era da quel momento che l Agenzia delle Entrate era posta in grado di verificare la dichiarazione ed eventualmente rettificarla in sede di liquidazione, ai sensi del richiamato art. 36 Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 10

bis del dpr. n. 600/73. Va tuttavia osservato che l opponente non ha rispettato neppure tale termine e quindi la domanda risulta comunque - inammissibile, in quanto la dichiarazione modello 770/2006 risulta essere stata presentata in data 18.09.2007, mentre l insinuazione al passivo risulta depositata solo in data 25.11.2008 e quindi oltre il termine ultimo decorrente in data 18.10.2008, a nulla rilevando che la comunicazione di irregolarità obbligatoria per legge sia stata notificata in data 8.05.2008 e il ruolo sia stato reso esecutivo in data 1.09.2008 e consegnato all agente della riscossione in data 10.10.2008. Appare infatti evidente che il termine ultimo entro cui può essere effettuata l attività di accertamento del tributo, ai sensi dell art. 36 bis del dpr. n. 600/73, che è un termine di decadenza dell attività accertativa dell Ufficio, nonché l analogo termine triennale per l iscrizione a ruolo del tributo, non impedisce in alcun modo che la liquidazione e la rettifica della dichiarazione una volta che questa sia stata presentata - nonché la successiva attività di iscrizione a ruolo del tributo e di consegna dello stesso al concessionario della riscossione - venga effettuata nei termini previsti dalla legislazione fallimentare, che non può subire deroghe derivanti dai termini più lunghi di decadenza del diritto dell erario di proceder all accertamento dei redditi e alla rettifica delle dichiarazioni, nonché di iscrizione a ruolo dei relativi tributi. Non vi sono dubbi al riguardo che sia l Agenzia delle Entrate, che l agente della riscossione non possono addurre come cause a loro non imputabili - ove siano state tempestivamente avvertite dell apertura della procedura concorsuale e della data di verifica delle domande tempestive i ritardi derivanti dall attività di rettifica delle dichiarazioni e/o di formazione dei ruoli e di consegna al Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 11

concessionario della riscossione, dato che una volta sorta la pretesa erariale o rimossa la causa che impediva la presentazione della domanda di insinuazione, il termine massimo fissato dall art. 101, quarto comma, l. fall. non può essere disatteso. Nel caso in esame appare - peraltro - evidente che l ente impositore ha rispettato i termini fissati dalla legge fallimentare per l insinuazione tardiva, dato che ha reso esecutivi i ruoli in data 1.09.2008 e li ha consegnati all agente della riscossione in data 10.10.2008 e quindi entro il termine ultimo del 18.10.2008 per la presentazione della domanda, mentre il mancato rispetto del termine è dipeso dal ritardo del concessionario della riscossione, che ha depositato la domanda tardiva solamente in data 25.11.2008. Appare equa la compensazione delle spese, sussistendo le gravi e eccezionali ragioni richieste dall art. 92, secondo comma, cpc, attesa la novità dei temi trattati e l assenza di specifici precedenti in materia. P.Q.M. Il Tribunale fra le parti definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta: respinge l opposizione, in quanto infondata; compensa fra le parti le spese del giudizio. Così deciso in Udine, lì 29.04.2011. Il Presidente Dr. Alessandra Botatn Il giudice rel.dott. Gianfranco Pellizzoni Decr. 29.04.2011 n. 5260/09 Racc. 12